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Autore: babyluna    26/09/2016    1 recensioni
"Dammi un solo motivo per cui, ora, non dovrei essere qui.
Solo uno, e giuro che ti lascerò sola, se è quello che vuoi.
Ma se non hai motivo, allora sappi che resterò qui e non me ne andrò mai più."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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                                                                         HOLD YOUR HEAD HIGH

 

                                                                                                 *

There's a warning coming in
Storm coming overhead
Stop lying in your bed
There's nowhere to hide
There's lightning in the sky
Storm coming in the night
Stop running, stand and fight
Hold your head high

                                Alunageorge

                                                                                                                   *




Hermione amava la neve.

Bianca, fredda, leggera. Esattamente come avrebbe voluto essere.

Aprì la bocca cercando di acchiappare qualche fiocco che entrava dalla finestra aperta; sentì un piccolo fiore freddo posarsi sulla lingua, sciogliendosi immediatamente.

Si strinse nella vestaglia di lana e richiuse la finestra; poi afferrò la spazzola dal comodino e lentamente si portò davanti al grande specchio che stava innocuo nell'angolo della stanza.

Prese un lungo respiro, aprì gli occhi e li fissò in quelli del riflesso, che la osservava con un'espressione apatica.

Si tolse la vestaglia dalle spalle e la fece ricadere semplicemente a terra, rimanendo con addosso solo la biancheria. Hermione rabbrividì guardando quelle gambe così sottili, le spalle ossute, le guance scavate. Non era ancora abbastanza magra.

Si passò distrattamente una mano sulla pancia piatta, pensando a quanto le sarebbe piaciuto sentir scorrere le costole sotto le dita.

Alzò il polso e si spazzolò i capelli con gesti precisi, rendendoli soffici e leggermente vaporosi, al contrario dell'ammasso disordinato che aveva appena sveglia.

Guardandosi, gli occhi le si riempirono di lacrime. Perché non era come la neve? Perché non poteva essere fredda, bianca, perfetta?

Cadde in ginocchio davanti allo specchio, singhiozzando, la mano appoggiata sul vetro freddo.

Si strinse le braccia attorno alle ginocchia, cercando di essere il più piccola possibile. Ogni tanto, un singhiozzo le usciva dalla gola.

“Hermione?” una voce la chiamò timidamente dall'altro lato della porta.

La ragazza sussultò e si alzò istantaneamente in piedi, barcollando leggermente.

“Sono già le otto, vieni a fare colazione?” Hermione sentì la preoccupazione e l'impazienza nella voce di Calì.

“Sì, sì... arrivo” disse in fretta, asciugandosi le lacrime. Si infilò velocemente la divisa e uscì sulle scale che portavano alla Sala Comune; fuori dalla porta, Calì la guardava curiosa.

“Andiamo?” disse, scendendo un gradino.

“Certo” rispose Hermione con finta sicurezza, e la seguì sulla scalinata.

Anche quella mattina, pensò, non avrebbe mangiato.

 

 

*

 

Descrivi accuratamente il movimento del polso e la formula dell'Incantesimo di Estensione.

“Estensione, estensione...” Hermione pensava, le dita premute sulle tempie; l'aula era immersa in un silenzio assordante, a parte il ticchettio dell'orologio che scandiva il tempo in un angolo della cattedra. Il professor Vitious si allungò sul banco e lesse l'ora; erano le nove e quaranta.

“Venti minuti, ragazzi, forza” disse con la sua voce stridula, riscuotendo gli studenti che ormai avevano rinunciato a finire il test e innervosendo chi doveva ancora rispondere a poche domande, come Hermione. La ragazza si ricordò d'un tratto la formula dell'incantesimo e la scrisse sullo spazio bianco con una grafia frettolosa.

Gliene mancavano ancora tre, la domanda sull'Incantesimo di Riconoscimento, quella sull'Incanto Patronus e infine la più difficile, ovvero la descrizione minuziosa della Legge di Willow.

Era sicura di aver letto le risposte, la sera precedente, prima di essere crollata sul letto, sfinita. No, forse in realtà non le aveva lette. Sapeva solo che non le ricordava, e in fondo perché perdere tempo? Era tutto inutile... Avrebbe preferito dormire, la testa appoggiata sulle braccia...

E in quello che sembrò un attimo, la campanella suonò, venti sedie grattarono il pavimento nello stesso momento e Hermione alzò la testa di scatto, spaesata. Raccolse il suo foglio e si trascinò fino alla cattedra, per poi posarlo sulla pila di compiti ordinati. Rimase perplessa dal fatto che tutte le verifiche che aveva potuto vedere fino a quel momento erano completamente scritte, mentre la sua aveva alcuni spazi bianchi. Stette ferma qualche secondo dov'era, bloccando gli studenti dietro di lei che aspettavano di consegnare il compito e andarsene.

“Levati” Una voce la riscosse dalla sua confusione, facendola spostare istantaneamente di lato; si rese conto che ad aver parlato era Draco Malfoy. Lo guardò mentre consegnava il compito, un'espressione indifferente disegnata sul volto pallido, e si spostava verso di lei.

Hermione riuscì a sentire sui capelli il tocco di un milione di anni prima, che ora, davanti a lui, le sembrava reale. Il profumo del ragazzo le ricordava quel tramonto che li aveva visti insieme, per la prima e ultima volta. Inspirò l'odore della neve e sorrise fra sé. Fredda, bianca, leggera. Anche la sua pelle sembrava neve. Avrebbe voluto allungare una mano e sfiorarla, per sentire se ne aveva anche la consistenza. Ma Draco si limitò a passarle davanti, con la stessa postura decisa di quella sera, senza essere invadente, senza passare inosservato. Hermione si mosse lentamente seguendo il suo profumo freddo, finché non lo vide raggiungere Astoria. I due camminarono verso l'uscita, senza scambiarsi una parola. Hermione notò che Astoria aveva la mano leggermente staccata dal corpo, probabilmente in attesa di una stretta che non ottenne. Rimase immobile davanti al suo banco, osservando i pugni stretti di Draco abbandonati sui fianchi. Poi, quando si rese conto che era uscito dall'aula, raccolse la sua borsa. Mentre allungava il braccio, si accorse che sul polso si vedeva l'osso, come una piccola pietra sotto la pelle. Un sorriso le increspò le labbra.

 

*

 

La risata di Ginny echeggiò nella Sala, sovrastata da molte altre voci. Hermione si voltò a guardarla: era proprio bella, con quei capelli rossi e qualche lentiggine sugli zigomi. Non c'era da stupirsi che gli occhi scuri di un Corvonero la stessero guardando dall'inizio della cena. Lei non se ne era accorta, ma Hermione sì. Nel suo silenzio notava molte più cose degli altri. Non sapeva chi fosse quel ragazzo, ma credeva fosse del sesto anno, come Ginny. Aveva occhi grandi e a mandorla, la pelle chiara, a contrasto con i capelli neri. Il compagno di fianco a lui lo riscosse, facendolo girare di scatto. Hermione sorrise fra sé.

“Perchè ridi?” le chiese Ron, sedutole di fronte.

“Niente” rispose lei in fretta. Ron non sembrò soddisfatto dalla sua risposta, e la guardò sospettoso.

“Stavo guardando quel ragazzo di Corvonero. Credo di non averlo mai visto prima”

Ron si irrigidì, e Hermione seppe all'istante di aver detto la cosa sbagliata.

“Lo guardavi?”

“Sì, Ron. C'è qualche problema?”

“Oh, no, figurati. A malapena guardi me, sono felice che almeno qualcuno attiri la tua attenzione.

Hermione sbuffò e si tirò una ciocca di capelli, infastidita.

“Ron, stai facendo il drammatico.”

Io sto facendo il drammatico?” Ron ostentò una finta espressione stupita, che fece innervosire ancora di più Hermione. “Ma guardati. Sempre a piangerti addosso, dovresti smetterla, veramente.”

Il viso di Hermione si congelò; Ron vide le sue braccia irrigidirsi ai lati del corpo, i pugni chiusi.

“Hermione, io... Scusa, non intendevo dire questo. Ho parlato senza pensare...” Ron la prese per il polso; nel frattempo, Harry e Ginny si erano girati a guardarli, preoccupati. Harry cercò di mandare un avvertimento all'amico, ma i suoi occhi erano fissi su Hermione, che si liberò di scatto dalla stretta di Ron.

“Non toccarmi!” sibilò, furiosa. Ron impallidì nel sentire quanto fosse sottile il suo polso. Cercò di afferrarlo, per accertare di non essersi sbagliato, ma Hermione si era già spostata. “Smettila di toccarmi!” il suo tono di voce fece girare qualche testa a guardarla. La ragazza si alzò e corse lungo il tavolo di Grifondoro, sperando che né Ron, né nessun altro la seguisse. Salì le scale senza sapere dove andare; sapeva solo di volersi nascondere, voleva scappare, solo per una sera.

Percorse i corridoi del castello senza accorgersi che le lacrime stavano cominciando a sfiorarle le guance. Correva quanto le sue gambe deboli le consentissero, appoggiandosi ogni tanto al muro, poi riprendeva a correre, mettendo più distanza possibile fra lei e gli altri.

Senza accorgersene, era arrivata al settimo piano. “Ho bisogno di un posto dove nascondermi” pensò, istintivamente. Subito, sul muro si disegnarono i contorni di una porta di legno scuro. Hermione allungò la mano e non appena si fu formata la maniglia la spinse ed entrò di corsa, chiudendosi la porta alle spalle. Finalmente riprese fiato; sentì l'aria fluire nel suo corpo leggero, riportandole energia. Si fece avanti lentamente, osservando la stanza in cui si trovava. Era una semplice sala dalle pareti di legno, con un grande tappeto bianco e morbido al centro del pavimento. Hermione si trascinò fino ad esso e si sdraiò, avvolgendosi nella pelliccia e asciugandosi le lacrime. Trasse un lungo respiro, cercando di liberare la mente. Voleva che fosse vuota, così avrebbe potuto dormire senza incubi. Almeno, lo sperava.

D'un tratto, dietro di lei sentì dei passi. Si morse il labbro, chiedendosi perché non potesse, finalmente, stare da sola. Immaginava già il tocco di Ron sulle spalle, la sua voce roca che le diceva di alzarsi, il silenzio rancoroso che avrebbe pesato fra loro come una grossa pietra. Ma dopo qualche secondo di attento ascolto, si rese conto che quelli non erano i passi di Ron. Erano passi leggeri, veloci, che non avrebbe saputo attribuire a qualcuno che conosceva. D'un tratto, delle mani fredde e morbide le scostarono i capelli e la presero per le spalle, alzandola con più forza di quanto ci si potrebbe aspettare da delle mani del genere. Hermione sussultò, spaventata, e sentì il panico farsi strada nella sua gola. Chiuse gli occhi e cercò di divincolarsi da quella presa forte, arretrando sul tappeto. Capì che non sarebbe riuscita a spostarsi. Era troppo debole.

Con un singhiozzo, aprì gli occhi. Percepì l'odore di inverno prima di vedere chi le stesse davanti. I suoi occhi verdi la guardavano. Erano spaventosamente apatici, come sempre. Ma Hermione, nonostante la vista offuscata dalle lacrime, credeva di vedere un fondo di tristezza impercettibile. “Perchè sei qui?” Le chiese, semplicemente.

Hermione singhiozzò, come una bambina. Cercò di mettersi dritta e rispondere, si sentiva tremendamente stupida. Ma non appena aprì la bocca, scoppiò in lacrime. Draco la strinse con pazienza e la fece sdraiare sul tappeto, mentre lei era scossa da un violento tremore. Lo sentì allontanarsi, e tentò una debole protesta, ma lui non la sentì. Dopo qualche secondo, Hermione avvertì una cosa morbida e calda coprirle le spalle. Draco si era alzato per prendere una coperta in un angolo, e gliel'aveva messa addosso. Hermione lo vide seduto accanto a lei. Cercò di alzarsi, ma lui la spinse di nuovo giù. “Non alzarti. Ci sono io, ora dormi.” Hermione sentì un moto di rabbia sovrastare la tristezza. Come poteva trattarla così, come una bambola? Come poteva solo credere che bastasse? Non aveva bisogno di coperte. Aveva bisogno solo di un tocco che non fosse quello di Ron. Si alzò mettendo insieme tutte le sue forze, e, ignorando la sua rigida sorpresa, si appoggiò al torace di Draco. Lui reagì con stizza. “Cosa credi di fare, Mezzosangue?” il suo viso ostentava disprezzo, e una punta di tristezza. Hermione sbuffò, sprezzante. “Oh, non farmi credere di chiamarmi così dopo tutto quello che è successo. Non farmi credere di averne ancora il coraggio.”

Draco tacque. Poi, con un movimento lento, la avvolse con il braccio e la strinse a sé. Non sapeva cosa stesse facendo, come sempre, ultimamente. Sapeva che l'unica cosa di cui lei avesse bisogno, in quel momento, era avere qualcuno accanto. E faceva finta di non saperlo, ma era esattamente ciò di cui aveva bisogno anche lui.

Lo sapevano benissimo entrambi, Hermione scossa dai singhiozzi, Draco che le accarezzava i capelli distrattamente: se si erano ritrovati insieme nella Stanza delle Necessità, era perché avevano desiderato la stessa cosa.

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Bentornati! Chiedo perdono per il ritardo nel pubblicare il capitolo, ma è stata una settimana un po' impegnata e ho avuto poco tempo. Ammetto di non essere pienamente soddisfatta di questo capitolo, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, come sempre.

A presto (spero) con il prossimo capitolo :3

Babyluna

   
 
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