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Autore: Echocide    26/09/2016    3 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes]
Sono trascorsi alcuni mesi da quando la minaccia di Coeur Noir è stata sventata e il gruppo di Portatori di Miraculous è alle prese con la vita di tutti i giorni: le relazioni sentimentali, il nuovo mondo universitario in cui sono sballottati...
Ma Parigi non è mai tranquilla e una nuova minaccia giunge dal passato, assieme a una persona che sembrava persa per sempre.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 2.981 (Fidipù)
Note: E mentre tutto il mondo impazza per gli spoiler rilasciati da Jeremy Zag, io continuo allegra e beata con Miraculous Heroes 2! Allora, la volevate un po' di azione? La stavate aspettando? Sì? Bene, sarete accontetati! Anche se...anche se...beh, si tratta di Maus quindi non vi aspettate granché (almeno per ora). Detto questo...beh, a conti fatti non c'è niente da dire. A meno che non volete qualche informazione random sulla Tour Eiffel, altrimenti passo subito ai ringraziamenti: grazie a tutti voi che leggete, che commentate, che inserite questa storia in una delle liste, che mi supportate (e sopportate).
Grazie di tutto cuore a tutti voi!





Rafael osservò l’uscita della facoltà di Archeologia, cercando fra la folla di studenti una capigliatura bionda e sorrise, quando vide la sua ragazza uscire: Sarah stava leggendo attentamente qualche appunto, fermandosi poi in mezzo al marciapiede e aggrottando lo sguardo, facendo sorridere maggiormente Rafael.
Il ragazzo si dette una spinta, allontanandosi dal muro al quale si comodamente poggiato in attesa, e dopo aver dato un’occhiata alla strada, attraversò velocemente raggiungendo l’altra parte; ridacchiò, notando come la ragazza non si era accorta di lui e fece per sorprenderla alle spalle, quando la vista di un uomo, che si mischiava alla folla di studenti, lo fermò: «Rafael?» mormorò Sarah, voltandosi verso di lui e sorridendogli: «Che ci fai qua? Rafael?»
«Mio padre?»
«Cosa?» domandò la ragazza, voltandosi nella direzione guardata dal moro e non trovando nient’altro che studenti: «Ma che…?»
«Mi sembrava di aver visto mio padre.» mormorò Rafael, scuotendo la testa e massaggiandosi la nuca: «Forse mi sarò sbagliato.»
«Io te l’ho detto che ho un professore che si chiama come lui.»
«Ma se fosse tornato a Parigi sarebbe venuto a casa ed io sono solo.» spiegò il modello, scuotendo il capo e alzando le spalle: «Magari è solo uno che gli somiglia.»
«E che ha lo stesso nome.» aggiunse Sarah, fissandolo con sguardo eloquente: «E’ mai successo che venisse a Parigi e non ti facesse visita?»
«No, mai.» dichiarò Rafael, scuotendo il capo e alzando le spalle a mo’ di scusa: «Oltretutto mi avvisa sempre, qualcosa del tipo: “Ehi, figlio! Sto arrivando!” e dopo qualche settimana me lo trovo davanti al portone di casa.»
«Mh…»
«Era solo qualcuno che gli somigliava.» sentenziò Rafael, posandole una mano fra i capelli e scompigliandole: «Piuttosto avevo una cosetta in mente…» iniziò, venendo interrotto dallo squillo del suo cellulare e di quello di Sarah; entrambi presero i loro telefoni, leggendo il mittente della chiamata: «E’ Alex.»
«Anche a me.»
«Come fa a chiamarci in contemporanea?» sbottò Rafael, premendo in tasto di risposta e venendo accolto da musica ritmata: «Alex?»
«Qui è Alex alla console! Forza, maestro Fu! Muova quelle chiappe!»
«Ditemi che non sono l’unico che si sta immaginando qualcosa che non dev’essere immaginato.» sbottò la voce di Adrien, giungendo alle orecchie di Rafael: «E qualcuno mi spieghi come fa Alex ad averci chiamato tutti!»
«Sono un genio dell’informatica, mon ami.» sentenziò Alex, mentre la musica veniva abbassata: «Comunque ero qua, tranquillo tranquillo a casa, che stavo collegando il mio programmino di “Caccia al cattivo”.»
«Caccia al cattivo?» domandò Lila, infilandosi in quell’assurda chiamata di gruppo: «Qualcuno mi può spiegare qualcosa.»
«Era il programma che usavamo a New York.» spiegò Sarah, sospirando: «Piuttosto come hai fatto a collegare tutti i nostri cellulari?»
«Beh, il tuo Sarah era già collegato e mi è bastato scaricare una piccolissima app di mia invenzione sui vostri telefoni per…beh, avervi tutti insieme appassionatamente.»
«Come hai fatto?» domandò l’italiana, sospirando pesantemente: «Insomma non ti ho mai dato il mio…»
«Signore, quando ci siamo trovate per fare shopping. Ecco perché non dovreste mai andare al bagno in gruppo, lasciandomi solo con i vostri cellulari.»
«E i nostri, Alex?» domandò incuriosito Rafael, sbuffando: «Sono certo che non ti ho mai lasciato il mio cellulare…»
«Quando sono stato a casa tua dopo la Mogui-malattia.»
«E il mio? E quello di Wei?»
«L’altro giorno, qua dal maestro Fu.» spiegò brevemente Alex, ridacchiando: «Dovreste stare più attenti ai vostri telefoni, seriamente! Non vi siete nemmeno accorti che li stavo usando. Comunque, non era per questo che vi ho chiamato: allora, stavo collegando il mio programmino alla rete della polizia francese quando, per fare una prova, ho provato ad ascoltare un po’ di comunicazioni e…rullo di tamburi, please…c’è bisogno del vostro aiuto.»
«Che succede?» domandò Marinette, rimasta in silenzio fino a quel momento: «Non c’è stata nessuna notizia.»
«Ecco perché io sono utile, mia dolce Marinette.»
«Tua dolce un corno, Alex.»
«Uh, le chat noir est…ehi, come si dice geloso in francese?»
«Alex!» fu la parola che uscì dalla bocca di tutti, facendo ridacchiare l’americano.
«Ok, torniamo seri. Per rispondere alla tua domanda, Marinette: riesco ad anticipare la televisione e i giornali perché...beh, sono in contatto diretto con la polizia e, a quanto sembra, c’è un pazzo che sta urlando dalla Tour Eiffel e sembra abbia anche un esercito privato.» spiegò velocemente il ragazzo, accompagnato dal rumore dei tasti della tastiera: «Il tenente Roger ha chiamato le forze speciali, sembra che il nostro amico sia intenzionato a distruggere il simbolo di Parigi e di fregarsene di tutti quelli che ci sono sopra. Che dite? E’ il momento degli eroi?»
«Direi di sì.» dichiarò Adrien, sospirando: «Ragazzi, ci vediamo alla Galleria Lafayette?»
«Ok.» mormorò Alex, digitando velocemente qualcosa: «Sarah, appena ti sei trasformata in Bee passa il numero che hai memorizzato agli altri, così rimaniamo in contatto tutti quanti.»
«D’accordo.»
«Alla Galleria, allora.» sentenziò Rafael, spegnendo il cellulare e portando una mano al monile che teneva al collo: «Bene, un posto per nasconderci e trasformarci.»
«I bagni della facoltà?» propose Sarah con un sorriso, indicando l’edificio di fianco a loro: «Non so se c’è carta igienica, ma non penso ci interessi.»
«A meno che non vogliamo fare delle mummie.» sentenziò Rafael, marciando spedito verso l’interno dell’edificio.


Tortoise correva velocemente lungo la strada, dando un’occhiata ai tetti e notando le figure colorate dei suoi compagni: «Ok, ancora niente dal tipo.» dichiarò la voce di Alex, provenire dalla gemma al centro del suo scudo: «Comunque sappiate che domani vi procuro degli auricolari.» sbottò l’americano: «Che vi metterete una volta trasformati.»
«Uao, stiamo diventando purrfessionali.» scherzò Chat, saltando per strada e raggiungendo Tortoise: «Pretendo la base segreta ultratecnologica, Hacker.»
«Beh, posso farla. Trovami una bat-caverna, prima.»
«Una chat-caverna, vorrai dire.»
«Bee!» tuonò la voce di Volpina dall’alto, facendo sospirare Tortoise e ridacchiare Chat: «Dovremmo sopportarli per molto?»
«Finché non me ne andrò, Volpy.» rispose Alex, mentre la musica dal suo lato aumentava di volume: «Comunque non è male l’idea di un ritrovo con tanto di ultime tecnologie. Devo sentire la cara Willie se mi presta i soldi…»
«A proposito come sta?» domandò Ladybug, lanciando il suo yo-yo contro un comignolo e dandosi lo slancio per saltare, allungando una mano e aiutando Peacock a raggiungere la parte opposta della strada: «E’ sparita nel nulla e non si è fatta più sentire.»
«E’ in Tibet. A quanto ne so, è circondata da capre.» rispose velocemente Alex: «Quanto vi manca per raggiungere la Torre?»
«Poco.» sentenziò Ladybug, atterrando sul tetto e facendo un cenno a Peacock al suo fianco; corsero, arrivando alla fine opposta dell’edificio: «Siamo in Place de Fontenoy.»
«Place de Fontenoy, Place de Fontenoy…» mormorò Alex, digitando velocemente sul pc: «Devo mettervi dei localizzatori ai vostri cellulari da supereroi.»
«Ci sono già, Hacker.» gli spiegò Chat, fermandosi all’inizio della piazza e riprendendo fiato: «Magari devi…»
«Ok, vi vedo sulla mia mappa!» esclamò Alex, battendo le mani: «Chat tu sei una zampetta verde; Ladybug una coccinella, Bee un’apetta, Peacock ha una codina di pavone, Tortoise è una piccola tartaruga e Volpina ha il musetto della volpe.»
«Perché io volevo proprio sapere come venivo in mappa.» sbuffò l’eroina in arancio, atterrando vicino a Tortoise e Chat Noir: «Dobbiamo superare questo edificio e ci siamo, giusto?»
«Esatto, mia cara.» sentenziò Alex immediatamente: «Ah, se vi interessa: la tv ha mandato un’edizione straordinaria  del notiziario.»
«Con Hacker siamo molto più veloci.» sentenziò Peacock, osservando la torre poco lontano e i due elicotteri che volano vicino: «Andiamo a fare il nostro dovere?»
«Andiamo.»


Alex osservò le sei icone muoversi, battendo nervosamente le dita sul tavolo: «Ai miei tempi non era così.» commentò Fu dietro di lui, facendo sorridere l’americano.
«Ai suoi tempi mandavate piccioni viaggiatori per darvi appuntamento?» scherzò Alex, mettendo il muto al microfono e voltandosi verso il vecchietto che, seduto al tavolo basso, osservava divertito il tutto: «Oppure…»
Fu si alzò, avvicinandosi al giovane e battendogli una mano sulla schiena: «Torna al tuo lavoro, quei sei hanno bisogno del tuo aiuto.»
«Chissà perché Papillon non è voluto andare con loro…»
«Magari inizia a sentire gli anni.» dichiarò Fu, alzando le spalle e uscendo dalla stanza, mentre Alex alzava nuovamente il volume del microfono: «Scusate, la natura aveva chiamato...»
«Non c’interessa saperlo!» sbottò la voce di Volpina, facendo ridere l’americano: ah, aveva avuto una grande idea ad andare a Parigi.


Il Tenente Roger Raincomprix sentì quasi le lacrime agli occhi, quando vide i sei eroi di Parigi balzare davanti la barricata della polizia: «Ci pensiamo noi.» dichiarò spavaldo Chat Noir, sorridendo e facendogli un cenno con la mano: «Bene, bene. Chi abbiamo qua?»
«Chat, ti prego, non farlo arrabbiare.»
«My lady, far arrabbiare il prossimo è la mia specialità.»
«Concordo.» sbuffò Peacock, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa, mentre al suo fianco Bee e Volpina tenevano d’occhio il piccolo manipolo di soldati che era stazionato alla base della torre: «Pure questi in nero.» sbuffò l’eroe in blu, sorridendo: «A quanto sembra il nero va di moda fra i cattivi.»
«Benvenuto, eroi di Paris!» esclamò una voce maschile e anziana, facendo alzare la testa i tutti e sei verso l’alto della torre: «Io aspettare voi, ja.»
«Lui aspettare noi?» domandò Chat, indicando prima la torre e poi tutti loro: «C’è qualcosa che mi sfugge….»
«E non solo a te, ja.» mormorò Ladybug, osservando un oggetto volare verso di loro: «E’ un drone?» domandò, aggrottando lo sguardo e facendo vagare lo sguardo sugli altri, in cerca di un qualche tipo di risposta.
Il piccolo apparecchio si fermò a mezz’aria davanti a loro, la piccola lente centrale si illuminò e un ologramma azzurrino si materializzò davanti a loro: un ometto, alto quanto Fu e stempiato, era fermo con le mani in tasca e sorrideva allegramente: «Eroi Miraculous, ja.» dichiarò il nuovo arrivato: «Io essere molto contento di fare vostra conoscenza. Lasciare che mi presenti: io essere Arzt Maus.»


«Male, male, male, male, male!» iniziò a dire Alex, appena sentì il nome dell’ometto: «Ragazzi, ragazzi. E’ quello che vuole i Miraculous. Yuuh. Qualcuno può considerare il tipo alla postazione pc? Andiamo, ragazzi.»


«Maus.» mormorò Ladybug, facendo un passo indietro e ricordando immediatamente quello che aveva detto Alex, quando era arrivato: «Devo dire che la immaginavo diverso.»
«Quindi il nostro nemico è questo nonnetto?» domandò Chat, incrociando le braccia al petto e fissando incredulo l’ologramma: «Non scherziamo.»
«Mi hanno insegnato che i vecchi vanno rispettati e non menati.» dichiarò Tortoise, sorridendo al loro nemico: «Sinceramente, non ho il coraggio di toccarlo…»
«Beh, è un ologramma. Sarebbe un po’ impossibile…» mormorò Bee, chinandosi e osservando l’anziano negli occhi: «Salve. Io mi chiamo Bee e se lei sarebbe così gentile da dirci da quale casa di riposo ci sta chiamando, magari…»
«Bee, questa era crudele.»
«Ma io ero seria, Chat!» esclamò la ragazza, alzandosi e osservando il compagno in nero: «Magari non ci sta tanto con la testa e…»
«Voi non prendere sul serio me! Me! Grande scienziato di Quantum!» tuonò Maus, facendo un cenno con la mano e richiamando le guardie vicino a lui: «Voi affrontare mie guardie e poi non scherzare più.»
«Ok. Mi sa che il nonnetto ha chiamato i rinforzi.» dichiarò Peacock, mettendo mano ai ventagli e osservando il piccolo gruppetto di guardie: «Che dite? Lo facciamo un po’ di movimento?»
«Dubito che con questi possiamo parlare, ja.» dichiarò Ladybug, facendo roteare il suo yo-yo e lanciandolo contro due guardie dello scienziato, imprigionandole con il filo e tirandole verso di lei: «Due in meno, ja!»
«La mia signora trova tutto questo divertente?» domandò Chat, balzando indietro ed evitando l’attacco di due nemici, colpendoli entrambi con un doppio calcio rotante: «Io la mia parte l’ho fatta.» sentenziò, osservando Tortoise lanciare il suo scudo e abbatterne quattro, mentre Peacock, Bee e Volpina ne sconfiggevano uno ciascuno, annientando immediatamente le forze nemiche: «Beh, tutto qui?»
«Voi avere sconfitto mie guardie!» esclamò sconvolto Maus, osservando i suoi subordinati per terra e poi alzando lo sguardo verso loro sei: «Non finire qui! Io promettere!» dichiarò, facendo un secondo cenno con la mano: l’ologramma si spense e il drone volò via, sotto lo sguardo stranito dei sei ragazzi.
«Ok. Cosa è successo?» domandò Volpina, osservando il piccolo manipolo di soldati in nero per terra e poi gli altri: «Insomma, arriviamo qui, troviamo questo nonnetto che dichiara di essere Maus e ci manda contro degli idioti, perché questi sono idioti!, per cosa?»
«Forse voleva tastare il terreno?» buttò lì Tortoise, recuperando il suo scudo e assicurandoselo alla schiena: «Sinceramente non so cosa pensare: è stato tutto così…»
«Veloce? Improvviso? Senza senso?» mormorò Ladybug, voltandosi e osservando il Tenente Roger giungere verso di loro: «Può occuparsene lei?» domandò, indicando il gruppetto di nemici e sorridendo all’uomo che, toltosi il berretto per asciugarsi il sudore dalla fronte, annuì con la testa.


«Loro essere forti.» decretò Maus, battendo il pugno sul tavolo e osservando irato i sei, che correvano via dal luogo dello scontro: lo sottovalutano, lo deridevano. Ma lui avrebbe fatto vedere chi era.
Oh, se lo avrebbe fatto.
Anche Pavo pensava di essere invincibile, ma era caduta fra le sue mani e anche quei ragazzini avrebbero fatto la stessa fine, portandogli anche i loro Miraculous e, finalmente, avrebbe potuto mostrare al mondo il frutto delle sue ricerche: nessuno l’avrebbe deriso perché inseguiva chimere.
Avrebbe dimostrato che la chimera era realtà.


Marinette si lasciò cadere sulla chaisse longue, gettando un’occhiata al ragazzo che, seduto alla scrivania, stava osservando i loro kwami giocare: «Che ne pensi?» domandò, alzandosi leggermente e poggiando il peso sui gomiti.
«Che in questa posa sei meowravigliosamente invitante?»
«Adrien…»
«Riguardo alla piccola rissa che abbiamo avuto con cui tipi…» il biondo sbuffò, gettando indietro la testa e fissando il soffitto: «Non lo so. E’ stato tutto così…»
«Facile? Veloce?»
«Esattamente. Neanche il tempo di arrivare, che abbiamo risolto la situazione.» borbottò Adrien, voltandosi poi verso la botola aperta e sorridendo: «Buonasera, Sabine.»
La madre di Marinette sgranò gli occhi, sorridendo poi alla vista del ragazzo: «Non sapevo che ci fossi anche tu.» esclamò, salendo gli ultimi gradini: «Ti fermi a cena da noi?»
«Volentieri.» dichiarò Adrien, alzandosi in piedi: «Almeno non mangio da solo.»
«Perché? Dov’è tuo padre?» domandò Marinette, rimanendo sulla chaisse longue: «In effetti è un po’ di giorni che non lo vedo.»
«E’ partito ieri per Milano. Penso tornerà nel fine settimana.»
«Adrien, sei nostro ospite finché Gabriel non sarà a casa.» sentenziò Sabine, fissandolo seria: «Dovevi dirmelo. Vuoi rimanere a dormire qui?»
«E dove lo mettiamo?» domandò Marinette, cercando di ignorare il sorrisetto divertito che si era formato sulle labbra di Adrien: in verità il ragazzo stava trascorrendo ogni notte nella sua camera: «Il divano non è comodo e…»
«Con te, ovviamente.» dichiarò sua madre, serenamente: «Pensi che sia nata ieri? So benissimo com’è quando si è giovani e innamorati. Tuo padre ed io…»
«Non voglio saperlo!» sbottò Marinette, alzandosi in piedi e fissando la madre sconvolta: «Non voglio sapere assolutamente niente.»
Sabine ridacchiò, scuotendo il capo e facendo vagare lo sguardo sui due giovani: «Comunque, mi fido di entrambi e so che siete responsabili, quindi non vi ho mai detto nulla in questo periodo.»
«Voglio morire.» mormorò Marinette, portandosi le mani al volto e accucciandosi per terra, mentre Adrien tossicchiava imbarazzato: «Perché questo pavimento non sprofonda mai quando serve?»
«Sprofonderesti in cucina, tesoro.» dichiarò Sabine, sorridendo alla figlia e voltandosi poi verso il ragazzo, leggermente rosso in volto: «Per cena c’è zuppa di pesce. Una ricetta di mio zio Cheng.»


Sarah osservò intenerita Rafael e Flaffy, mentre dormivano sul divano: la televisione illuminava la stanza, le note della canzone di  Megara, mentre veniva convinta dalle muse che era innamorata di Hercules, risuonavano nell’aria: «Rafael ci tiene veramente a Flaffy.» commentò, sistemandosi in modo da fissare il ragazzo che dormiva con la testa poggiata contro lo schienale del divano e il piccolo kwami, che si era rannicchiato contro il suo collo.
«Sì.» commentò Mikko, osservando anche lei la scena: «Quando abbiamo accettato i poteri, Flaffy era il più piccolo fra di noi e…beh, è rimasto quello più piccolo; Rafael è molto paziente con lui e, anche se non fanno altro che litigare, si vede che si vogliono bene.» commentò la kwami, volando verso la sua umana e strusciandosi con il viso.
«Già.» mormorò Sarah, ignorando il film che andava sulla tv – era il terzo o il quarto che vedevano quella sera – e rimanendo a sorvegliare il sonno del ragazzo, con un sorriso dolce sulle labbra.


Lila osservò il monitor del pc, leggendo velocemente l’articolo: «Che cosa stai studiando?» le domandò Wei, porgendole una ciotola piena di cereali e yogurt: «Non è francese.»
«No, è tedesco. Grazie ai miei so parlare e leggere francese, tedesco, spagnolo, un po’ di russo e poco poco il cinese.» spiegò velocemente l’italiana, sospirando: «Comunque è un articolo su Dottor Maus. A quanto sembra da giovane ha cercato di convincere la società scientifica che esisteva un’energia molto più potente e pulita di quella nucleare.»
«Il Quantum.»
«Esattamente. Purtroppo non ha potuto portare fatti concreti ad avvalorare la sua tesi e venne deriso da tutti.»
«E adesso vuole la sua rivincita.» concluse Wei, annuendo mentre osservava la foto dello scienziato, dove saliva imbarazzato su un auto: «Direi sia un po’ capibile.»
«Capibile? Per la sua vendetta – chiamiamola così – vuole i nostri Miraculous e creare qualcosa di altamente distruttivo.» sbottò Lila, voltandosi verso il ragazzo e vedendolo portarsi alle labbra il cucchiaino pieno di yogurt e cereali: «Quello sarebbe mio.»
Wei sorrise, buttando giù il boccone e infilando nuovamente la posata nella scodella, portandolo poi alle bocca di Lila che, afferratogli il polso, chiuse le labbra attorno al cucchiaio: «Wayzz! Stasera battaglia di Hogwarts a tutto volume! O sentiamo cose che non vorremmo sentire!» urlò Vooxi, facendo ridacchiare Wei mentre la ragazza fissava irata il proprio kwami.
«Io lo uccido.»
«Sono un kwami, Lila.»
«Troverò il modo di ucciderti, Vooxi. Stanne certo.»

   
 
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