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Autore: Little_Lotte    28/09/2016    6 recensioni
Atene, 1995.
Dopo lunghi anni di pace e di silenzio, le antiche armature di Bronzo si risvegliano, in cerca di nuovi Cavalieri ai quali affidare il proprio potere, e spetterà proprio ai neo cavalieri d'Oro - Shun di Virgo, Hyoga di Acquarius, Shiryu della Bilancia, Seiya di Sagitter, Ikki del Leone e Marin dei Pesci - addestrarli ed infondere loro tutta la propria conoscenza.
Ma il tempo è trascorso per tutti e molte cose sono cambiate, laggiù al Grande Tempio: I nuovi Maestri saranno in grado di adempiere il compito affidatogli da Athena?
Ed i nuovi allievi sapranno essere all'altezza di chi li ha preceduti?
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando Cleo salì sull'aereo, si ritrovò puntati addosso almeno una decina di paia di occhi.

La piccola arrossì imbarazzata e subito chinò il capo a terra, per sottrarsi alla sfacciataggine di quelli sguardi; detestava essere al centro dell'attenzione e quella non era certo una situazione in cui potesse facilmente sgattaiolare in un angolo, senza che gli altri si accorgessero di lei.

Però, chissà, se fosse stata abbastanza brava a...

“Ragazzi, vorrei presentarvi Cleo. Lei è l'ultima passeggera che stavamo aspettando, adesso possiamo finalmente partire.”

Cleo si voltò di scatto in direzione di Marin, guardandola di traverso.

“Grazie, Marin... Ti ringrazio davvero di cuore! Avevo proprio bisogno di attirare ulteriormente l'attenzione su di me.”

“So che siete ancora molto confusi e frastornati, ma vi prometto che scoprirete tutto a tempo debito.” disse ancora Marin, rivolgendosi ai giovani passeggeri “Atene non è lontana, arriveremo al Grande Tempio prima che faccia buio.”

“Il Grande Tempio?” borbottò una ragazzina castana dalle prime file “Accidenti, questa storia si fa sempre più assurda e complicata!”

Cleo sospirò profondamente, guardandosi distrattamente attorno senza mettere realmente a fuoco; vi erano molti bambini insieme a lei, ma per qualche strana ragione non nutriva alcuna curiosità nei loro confronti, ancora troppo confusa e spaventata da prestare attenzione a qualsiasi cosa che non fossero semplicemente le sue sensazioni.

“Coraggio, Cleo, mettiti a sedere. Dobbiamo partire, non possiamo più aspettare.”

Cleo annuì in silenzio e trascinò il proprio bagaglio fino al primo posto libero, in fondo al corridoio. Si accomodò di fianco ad un ragazzino dai capelli rossi e gli occhi azzurri, intento a giocherellare con il modellino di un'auto da corsa.

“Ciao.” bisbigliò il ragazzino, guardandola di sottecchi e restando in attesa di una sua risposta, mentre lei si allacciava la cintura di sicurezza.

Cleo lo fissò con aria diffidente, per poi rispondere con voce bassa e fioca: “Ciao”, senza aggiungere altro.

Il ragazzino azzardò un secondo tentativo.

“Il mio nome è James, molto piacere. E tu come ti chiami?”

La bambina sospirò leggermente.

“Cleo.” rispose secca, senza guardare realmente in direzione del suo interlocutore.

Non voleva essere scortese – non era certo da lei – ma l'imbarazzo era ancora troppo forte e data la sua tipica diffidenza nei confronti dei suoi coetanei, faceva molta fatica a lasciarsi andare e a dare confidenza ad un perfetto sconosciuto, anche se dall'aria tanto innocente come quel bambino.

James abbozzò un sorrisetto impacciato, cercando di far sentire Cleo a proprio agio.

“Quanti anni hai, Cleo?” chiese, con voce morbida e rassicurante.

Cleo si sentì un po' più rasserenata e gli sorrise di rimando.

“Ho dieci anni.” rispose “E tu, invece?”

“Oh, anche io!” esclamò James con entusiasmo “Che bello, spero che andremo d'accordo! Mi piacerebbe se diventassimo amici.”

Il sorriso di Cleo si incupì leggermente.

“Sì... Piacerebbe anche a me.” bisbigliò “Non avevo molti amici, nel mio istituto. In effetti, non avevo proprio amici.”

“Oh, a chi lo dici!” esclamò tristemente “Neppure io sono mai riuscito a legare con i miei amici. Mi prendevano sempre in giro per via dei miei modellini!”

James si strinse l'automobilina al petto, chinando lo sguardo con aria imbarazzata.

Cleo lo guardò dolcemente, provando un profondo senso di simpatia e tenerezza nei confronti di quel bizzarro ragazzino.

“Mi piace il tuo modellino.” disse “E' davvero fico.”

Il volto di James s'illuminò di colpo: “Dici sul serio?”

“Sì, assolutamente!”

“Ne avevo tantissimi in orfanotrofio, solo che Marin non mi ha permesso di portarli.” L'espressione sul volto di James s'incupì nuovamente “Sai, mi è dispiaciuto un sacco lasciarli, anche se Marin mi ha promesso che potrò comprarne di nuovi, se mi comporterò bene.”

“Lo stesso vale anche per i miei libri.” gli rispose Cleo “Anche io ne ho dovuti lasciare molti in istituto, ma Marin mi ha permesse di portare con me il mio preferito e ha detto che potrò comprarne di nuovi quando arriveremo ad Atene. Sono contenta, Marin mi sembra una persona davvero buona.”

James annuì sorridente e solo in quel momento i due si accorsero che l'aereo, finalmente, stava incominciando a muoversi e dare inizio al decollo.

“Hey, ci stiamo muovendo!” esclamò entusiasta James, sporgendosi dal proprio sedile per guardare oltre il vetro del finestrino “Che forza, stiamo salendo in mezzo alle nuvole!”

Cleo si raggomitolò nel proprio sedile e gettò nuovamente lo sguardo a terra, sforzandosi in tutti i modi di non guardare fuori dal finestrino. Non era mai salita su un aereo, prima d'ora, e l'idea di trovarsi in mezzo al nulla, a centinaia e centinaia di metri da terra, non la faceva certo sentire a proprio agio.

“Wooow, è davvero incredibile!” James continuava a fissare il paesaggio circostante con aria sognante, il naso spiaccicato contro il vetro appannato del finestrino “Le persone sembrano così piccole da quassù!”

“F-fantastico.” farfugliò nervosamente “P-però preferirei non guardare, se non ti dispiace.”

James si voltò curiosamente verso Cleo e sorrise.

“Che c'è, hai paura?” domandò.

Cleo annuì in silenzio.

“Non sei mai salita su un aereo prima d'ora?”

“No. Neppure una volta.”

James sospirò profondamente.

“Nemmeno io.” ammise “Però mi sono sempre piaciuti gli aeroplani! Mio papà diceva che un giorno, quando sarei stato abbastanza grande, mi ci avrebbe portato. Però è morto prima di poter mantenere la sua promessa.”

Cleo ebbe un leggero sussulto e si voltò immediatamente in direzione di James, per guardarlo negli occhi; le iridi azzurre del bambino luccicavano a causa delle lacrime e lei avrebbe voluto tanto voluto saperne di più, ma era troppo timida e rispettosa da rischiare di porre una domanda che potesse in qualche modo apparire sfacciata o fuori luogo.

Per sua fortuna, James era – al contrario di lei – abbastanza chiacchierone ed impulsivo da confidarsi con una perfetta sconosciuta senza porsi troppi problemi al riguardo.

“I miei genitori sono morti in un incidente d'auto.” raccontò il bambino “Stavamo tornando a casa ed eravamo in ritardo... Papà andava molto veloce e non ha visto la macchina che sbucava. Anche io ero insieme a loro, ma soltanto loro due sono morti.”

Cloe trattenne a stento le lacrime.

Era una bambina estremamente sensibile – oltre che intelligente – e le fu chiaro fin da subito che cosa si nascondeva fra le lacrime e le parole di James: Un senso di colpa malcelato, con il quale evidentemente non aveva ancora imparato a convivere.

“Ogni anno, per il mio compleanno, andavamo a mangiare la pizza in città e mamma e papà mi permettevano di mangiare una doppia porzione di gelato.” proseguì il bambino, con voce incrinata “Sai, questa me l'hanno regalata quando ho compiuto sette anni.”

Mostrò fieramente l'automobilina che stringeva fra le mani.

Cleo la scrutò con maggiore attenzione, i suoi grandi occhi azzurri che si spalancarono vivaci per l'interesse.

“Lo hai costruito con il tuo papà?” domandò.

“Sì, lo abbiamo fatto la sera del mio compleanno, dopo la pizza ed il gelato.” rilanciò fieramente James “Papà aveva promesso di regalarmene uno diverso ogni anno per il mio compleanno, ma poi lui e la mamma sono morti e così...”

Cleo annuì in silenzio, con fare comprensivo.

Poi, con voce flebile e timorosa, si azzardò a domandare: “Tu te li ricordi ancora i tuoi genitori?”

James tirò su col naso.

“Sì.” rispose mestamente “Mi ricordo tutto di loro: Il profumo della mia mamma, il fatto che mi portava sempre la colazione a letto la domenica e le corse in campagna con papà, il villaggio di Natale che avevamo costruito in taverna e le favole della buonanotte. Gli volevo un sacco di bene e adoravo la nostra casa, ma dopo che sono morti mi hanno portato via da lì e mi hanno rinchiuso in orfanotrofio.”

Cleo annuì nuovamente, per poi sospirare.

“Dev'essere stato difficile per te.” mormorò con voce mesta “Sai, io non so che cosa significhi... Io non ho mai conosciuto i miei genitori!”

“Cosa?” James fissò la bambina con aria di sorpresa “Dici davvero?”

Cleo annuì.

“La mia mamma è morta quando sono nata e non avevo nessun papà, così le infermiere mi hanno portato alla Casa Famiglia Estia, dove ho vissuto per tutta la mia vita.” spiegò “Non è stato molto bello, i miei compagni mi prendevano sempre in giro e nessuno voleva mai giocare con me. Dicevano sempre che piangevo troppo.”

James sospirò con fare mesto e sconsolato.

“Ti capisco.” bisbigliò mogio “Neppure io avevo degli amici in orfanotrofio, sono sempre stato solo.”

Poi, di colpo, venne colto da un'improvvisa illuminazione.

“Però, adesso, possiamo essere amici noi due!” esclamò con entusiasmo e rivolgendo a Cleo un ampio sorriso “Che ne pensi? Ti piacerebbe?”

Un sorriso altrettanto vasto e smagliante si fece strada lungo le labbra della bambina.

“Oh, sì!” rispose “Sì, mi piacerebbe davvero moltissimo!”

“Bene, allora...” James sollevò il dito mignolo e lo avvicinò al volto di Cleo, con fare allusivo “Amici.”

Lei annuì e sollevò a sua volta il proprio mignolo, intrecciandolo con quello di James.

“Amici.” dichiarò fermamente.

Poi i due scoppiarono in un'allegra risata, sigillo di quella candida promessa.

“Sono davvero contenta di averti trovato, James.” disse poi Cleo, in tono sinceramente sollevato “Questa storia dei Cavalieri di Athena mi spaventa a morte, non so davvero che cosa ci aspetta! Tu hai qualche idea?”

James scosse il capo.

“In realtà non credo di aver capito molto.” ammise “Marin ha detto che dovremo imparare a combattere, ma che non si tratta solamente di questo. Sono molto curioso, in effetti.”

Cleo avvertì un violento brivido lungo la schiena.

Combattere... Dunque Marin aveva detto la verità, avrebbero dovuto davvero imparare a lottare, fare a pugni e cose di questo genere. La sola idea le dava letteralmente il voltastomaco e, più di ogni altra cosa, le faceva provare il desiderio di mollare tutto e fare ritorno in istituto.

“I-io non sono certa di volerlo fare.” balbettò “Non ho voglia di combattere, io... Non sono neanche capace!”

Si voltò nervosamente in direzione di James, fissandolo intensamente.

“Tu ci riesci a combattere?” domandò.

Il ragazzino scrollò le spalle.

“Beh... No.” rispose, elencando mentalmente tutte le volte in cui i suoi compagni di orfanotrofio lo avevano spinto a terra e malmenato “Ma posso sempre imparare! Anzi, voglio assolutamente imparare a farlo!”

Cleo lo guardò timidamente.

“Non... Non hai paura di far male a qualcuno?” chiese.

James sbuffò.

“Nessuno si è mai preoccupato di farne a me.” disse “Forse adesso è arrivato il momento che anche io impari la lezione.”

Cleo non rispose e si limitò ad osservare con attenzione lo sguardo cupo e profondo dell'amico; doveva aver sofferto molto, pensò fra sé e sé, ed era evidente che - a differenza di lei, che per natura aveva sempre preferito sottrarsi agli scontro ed era sempre stata poco incline al sentimento di vendetta – nutrisse ancora un forte rancore nei confronti dei suoi vecchi compagni.

Istintivamente, posò la propria mano su quella di James e la strinse forte, più che poté.

Il ragazzino ebbe un lieve sussulto e si girò rapidamente, confuso da quel gesto improvviso.

“Cleo...”

“Ci faremo forza a vicenda, James.” pronunciò la bambina, in tono fermo e deciso “Qualunque cosa accada, saremo sempre insieme e ci aiuteremo a superare i momenti brutti. D'accordo?”

James arrise e fece segno di sì con la testa.

“Promesso.” confermò “Da questo momento in poi, noi due siamo una squadra!”

I due intrecciarono nuovamente i propri mignoli in un gesto d'intesa e poi si rilassarono finalmente sulle proprie poltrone, godendosi il resto del viaggio. Cloe notò con sua enorme sorpresa che non aveva più paura, anzi, adesso sentiva di avere nel cuore abbastanza coraggio da poter affrontare qualsiasi cosa.

Certo, sapeva anche che sarebbe bastato molto poco affinché la paura, prima o poi, prendesse nuovamente possesso di lei, ma per il momento non le importava; il solo fatto di aver finalmente trovato un amico, era per lei abbastanza da mettere da parte tutte le sue solite preoccupazioni.

Almeno per un po'.

*

In quello stesso momento, al Grande Tempio.

Shaina aveva approfittato dell'assenza di Seiya – come al solito impegnato a conferire di “questioni di grande importanza” con la dea Athena – per ritirarsi a pregare e mettere un po' di ordine nella propria mente; sapeva che nessuno, a quell'ora del pomeriggio, avrebbe disturbato la sua quiete e così finì col trattenersi un po' più a lungo del solito, senza preoccuparsi troppo di avvisare il compagno del proprio ritardo.

“Tanto lui non se ne accorgerà neanche.” pensò fra sé e sé, accovacciata davanti all'altare “E' troppo distratto ultimamente, non fa che parlare dei nuovi Cavalieri di Athena e del risveglio delle armature. Mi domando se si sia accorto che in me vi è qualcosa di diverso, probabilmente il sospetto della mia gravidanza non lo sfiora minimamente.”

Sospirò profondamente, con mestizia, poi dolcemente posò una mano sopra il proprio ventre ed iniziò a carezzarlo amorevolmente, con movimenti lenti e circolari.

“Tuo padre ci procurerà un sacco di problemi.” disse, scuotendo il capo con fare sconsolato “Temo proprio che non sarà facile, per noi due.”

Rimase in silenzio per pochi istanti, fissandosi il ventre come se fosse in attesa di una risposta.

Ridacchiò flebilmente.

“Perdonami, piccolino.” mormorò con voce tenera “Non sei ancora nato e già ti faccio carico di tutti i miei problemi... Sono davvero una pessima madre! Non sarà per niente facile crescerti, spero solo di imparare qualcosa nel corso dei prossimi mesi.”

“Shaina? Sei qui?”

Shaina ebbe un violento sussulto ed immediatamente si rimise in piedi, allontanandosi di qualche passo dall'altare per non destare alcun sospetto. Aveva perfettamente riconosciuto a chi appartenesse quella voce che chiamava il suo nome e si trattava certamente dell'ultima persona che avrebbe mai desiderato potesse vederla in simili condizioni.

“S-sì, Mia Signora.” farfugliò nervosamente l'Ofiuco, mentre la dea Athena si apprestava ad andarle incontro “S-sono venuta qui al tempio per pregare un po'. Io... Avevo bisogno di un po' di tranquillità per...”

“Non devi giustificarti con me, Shaina.” la interruppe Athena, con fare comprensivo “Non ho la necessità di essere messa al corrente di ogni spostamento dei miei Cavalieri, mi è sufficiente sapere che posso sempre contare sulla loro lealtà e loro cieca obbedienza.”

Shain annuì in silenzio e poi chinò rispettosamente il capo, in segno di riverenza.

“Io ti sono leale e fedele, Mia Signora.” rispose in tono fermo e sincero “Nutro in voi fiducia ed assoluta deferenza, non potrei mai mancarvi di rispetto o disobbedire ad uno dei vostri ordini.”

Athena sorrise ampiamente, con aria compiaciuta.

“Questo lo so bene, Shaina.” dichiarò fieramente “Ed io stessa so di poter sempre contare sui tuoi onesti servigi, in qualsiasi momento di difficoltà. Ecco perché sono venuta a cercarti, devo affidarti un compito di estrema importanza.”

Shaina fissò confusamente la dea.

“A me?” domandò incredula.

Athena fece segno di sì con la testa.

“Sì, esattamente.” confermò “Mi occorrono i tuoi servigi, Sacerdotessa di Ofiuco, ho bisogno delle tue abilità da combattente, del tuo coraggio e della tua sapienza.”

Shaina non riusciva a credere alle sue orecchie.

Non era insolito che la dea Athena rivolgesse parole di encomio ed elogi ad uno dei suoi fedeli cavalieri, ma ciò non era mai realmente accaduto con lei, quanto meno non in forma diretta; certo, Shaina era certa di essere tanto valida e coraggiosa quanto gli altri Cavalieri e di essere altrettanto necessaria all'attuazione dei piani di Athena, ma la giovane divinità si era sempre ben guardata dal farglielo presente.

“Che cosa ti prende, Shaina? Qualcosa turba i tuoi pensieri, forse?”

L'Ofiuco ebbe un leggero sussulto.

“No, io... Sto bene.” farfugliò “E' solo che... Onestamente, Mia Signora, non mi aspettavo una richiesta di questo genere. In effetti, confesso di esserne piuttosto sorpresa.”

Un rapido sorrisetto sornione comparve a quel punto sul volto di Athena.

“Tu sottovaluti la tua importanza, Shaina.” dichiarò la fanciulla, ed incominciò a camminare lentamente intorno all'Ofiuco, come un famelico avvoltoio che lambisce la sua preda “Davvero pensi che potrei fare a meno di te, in un momento simile?”

A quel punto, Shaina non poté non ricollegare la richiesta di Athena a quanto Seiya le aveva raccontato qualche giorno prima riguardo alle Armature di Bronzo.

“Presumo tu ti riferisca all'arrivo dei nuovi allievi.” mormorò senza scomporsi troppo.

Athena annuì silente.

“Va bene, ma questo che cosa ha a che fare con me?” insistette l'Ofiuco “Credevo che spettasse solamente ai Cavalieri d'Oro addestrare i giovani cadetti, così era stato concordato in partenza.”

“Vuoi forse farmi credere che non ti reputi all'altezza di un simile compito?” la interruppe Athena, in tono visibilmente provocatorio “Eppure mi sembra di ricordare che tu abbia già addestrato un potenziale cavaliere di Athena, molto tempo fa.”

Il volto di Shaina s'incupì di colpo, mentre i ricordi affioravano beffardi nella sua mente.

Cassios... Come poteva averlo dimenticato?

Erano trascorsi anni dal periodo dell'addestramento, anni dalla sua morte, e ormai la fanciulla faticava a ricordare l'ultima volta in cui aveva rivolto lui un pensiero, o l'ultima volta in cui si era soffermata a pregare sulla sua tomba, recandogli dei fiori.

Il tempo aveva davvero cancellato il suo ricordo?

Gli anni felicemente trascorsi al fianco di Seiya avevano permesso alla nostalgia di sbiadire e all'antico affetto nutrito nei confronti di Cassios di mutare in bieca indifferenza?

I suoi occhi verdi di riempirono di lacrime e la cosa, naturalmente, non passò inosservata allo sguardo attento di Athena, che si avvicinò lentamente a Shaina e con voce gentile e premurosa le chiese: “Va tutto bene, Sacerdotessa?”

Shaina non si sforzò di mentire.

“No.” rilanciò “Io non... Non pensavo a Cassios da molto tempo ed è stato molto doloroso rituffarmi nei ricordi. Io... Perdonami, Athena, non ce la faccio!”

L'Ofiuco si coprì vergognosamente il volto con le mani, per nascondere il pianto al quale oramai si era abbandonata. Athena la osservò attentamente, quasi intenerita da quell'improvvisa dimostrazione di debolezza.

“A volte non è così male dover indossare una maschera.” disse, soffermandosi ad osservare il volto nudo di Shaina – da tempo, oramai, era decaduta l'usanza di far indossare una maschera alle sacerdotesse di Athena e tuttavia, la dea ancora faticava ad abituarsi a quei lineamenti morbidi e graziosi “Può essere utile a nascondere le debolezze.”

Shaina risollevò velocemente il capo e rivolse alla dea un'espressione di rivalsa.

“Io non ho bisogno di nascondere le mie debolezze.” ringhiò “Non sono certo una vigliacca, conosco la mia vera forza e non ho paura di di mostrarmi ai nemici per ciò che sono veramente.”

Un sorrisetto compiaciuto si fece, a quel punto, rapidamente strada lungo il bel volto di Athena.

“Allora accetta questo incarico.” disse “Accetta di addestrare uno di questi nuovi allievi, sono certa che farai un ottimo lavoro! I ragazzi hanno bisogno dei tuoi insegnamenti, tu sei una delle combattenti più valenti che io abbia mai conosciuto.”

Shaina rivolse alla dea un ennesimo sguardo perplesso.

“Tu... Lo pensi davvero, mia Signora?” le domandò incerta.

Athena s'incupì lievemente.

“Mi duole constatare che ancora tu stessa fatichi a crederlo.” mormorò con voce mesta “Ormai sono trascorsi anni, Shaina, credevo che i rancori fra di noi fossero oramai storia passata.”

Il volto di Shaina si fece paonazzo e la fanciulla chinò velocemente il capo, vergognosa e mortificata.

“Perdonami, Athena.” sussurrò “Non volevo mancarti di rispetto.”

“Non lo hai fatto.” assicurò Athena “Lo so, tu ed io abbiamo avuto molti dissapori in passato e non te ne faccio alcuna colpa. Del resto, io stessa ho desiderato più di una volta di vederti sparire dalla mia vita.”

“Cosa?”

“Shaina, ti prego... E' stato tanto tempo fa.” tagliò corto Athena, facendosi lievemente rossa in volto “Ero solamente una ragazzina, tendevo a lasciar prevalere la mia parte umana e non sapevo esattamente cosa stessi facendo. Sono cambiata molto da allora e lo sei anche tu: Cerchiamo di dimenticare il passato e concentriamoci sul presente. D'accordo?”

Shaina affondò gli incisivi nelle sue labbra carnose e fece segno di sì con la testa.

“Sì, certo.” confermò “Naturalmente, Mia Signora, hai la mia parola.”

“Dunque accetterai di addestrare uno dei futuri Cavalieri di Athena?”

Shaina indugiò per pochi istanti, prima di rispondere con un fermo e deciso: “Sì, accetto.”

Non era del tutto certa di desiderare davvero un simile onere – non dopo quanto era accaduto a Cassios – ma voleva dimostrare ad Athena di essere abbastanza forte e determinata, o quanto meno di essersi gettata il passato alle spalle ed aver cancellato ogni minima traccia di rancore nei suoi confronti.

Cerco di scrutare nello sguardo di Athena un qualsiasi indizio che rivelasse la sua tutt'altro che contentezza di fronte a quella rivelazione, ma l'espressione statica e serafica della dea non lasciava trasparire alcunché. Forse, pensò Shaina, era davvero sinceramente persuasa delle proprie parole.

“Le tue parole mi rendono estremamente lieta, Sacerdotessa.” pronunciò Athena, senza scomporsi minimamente “Adesso vieni con me, dobbiamo andare all'Arena per accogliere Marin ed i nuovi allievi. Ormai dovrebbero essere qui a momenti.”

Shaina annuì silente e seguì l'altra fanciulla fuori dal tempio, voltandosi un'ultima volta in direzione dell'altare e fissandolo intensamente, come a voler portare a termine la propria preghiera.

“Dei onnipotenti, vi prego: Proteggetemi e fate sì ch'io non debba, prima o poi, pentirmi di aver fatto questa scelta.”

Poi, a testa alta e rigonfiando il petto di orgoglio, si allontanò insieme ad Athena, pronta ad abbracciare nuovamente il proprio destino.

*


“Accidenti, James... Hai visto quanto è grande questo posto? Non ti fa paura da morire?”

James ridacchiò sommessamente, sforzandosi comunque di mantenere un tono di rispetto per non mettere a disagio la sua nuova amica. Il viaggio fino ad Atene si era concluso ottimamente – non vi erano stati né ritardi, né sgradevoli turbolenze durante il viaggio – ed una volta giunti a destinazione, Marin aveva guidato tutti i piccoli viaggiatori verso quella che aveva chiamato “La Grande Arena”, un luogo che assomigliava moltissimo ad un antico Anfiteatro greco, ma che ad una prima occhiata non sembrava essere mai stato adibito alla messa in scena di opere teatrali o di spettacoli di alcun genere.

Tutti i presenti sembravano essere profondamente colpiti ed ammaliati da quel luogo pieno di fascino e di storia, ma non Cleo, la quale era rimasta letteralmente paralizzata d'innanzi all'immensità del sito, e a malapena riusciva a muovere un muscolo o a proferire parole sensate, che non assomigliassero solamente ad un vagito o ad una specie di rantolo soffocato.

“C-come fai a non essere spaventato, James?” domandò nervosamente Cleo, continuando a guardarsi intorno e stupendosi nel non riscontrare sul volto dell'amico la sua medesima preoccupazione “Non hai visto questo posto? Probabilmente utilizzavano questi spazi per far combattere i guerrieri... Forse lo fanno ancora! Oh santo cielo... E se lo facessero anche con noi?”

James scoppiò a ridere.

“Sei davvero buffa, lo sai?” la canzonò “Non devi aver paura, ricordi cosa abbiamo detto in aereo? Ci faremo forza e ci proteggeremo a vicenda, non dovrai mai temere niente finché sarai assieme a me.”

Cleo sollevò un sopracciglio e lo guardò malamente.

“Ne sei davvero sicuro?” domandò con poca convinzione “Perché non sono certa che sapresti come difendermi nel caso in cui qualche guerriero grosso e violento ci attaccasse!”

James alzò gli occhi al cielo.

“Credimi, Cleo, nessun guerriero grosso e violento proverà ad attaccarci.” disse “Non oggi, almeno.”

Cleo ebbe un sussulto e così, per alleggerirsi la mente la quei pensieri negativi, incominciò a guardarsi intorno e ad osservare tutti i suoi compagni di avventura: La prima persona che le saltò all'occhio fu una bambina dai lunghi capelli biondi, raccolti in una coda di cavallo; i suoi occhi verdi e sbarazzini si guardavano attorno avidamente, come a voler memorizzare ogni singolo particolare di quei luoghi.

“Wow, è davvero bella!” pensò Cleo “Chissà come si chiama! Magari potremmo diventare amiche, se solo osassi avvicinarmi a lei.”

Poi spostò lo sguardo in direzione di altre due bambine - una di colore, con occhi scuri e penetranti, e degli splendidi capelli ricci e corvini, ed un'altra castana ed apparentemente molto più grande della sua età, i capelli raccolti in un elegantissimo e preciso chignon – che parlottavano fra di loro; la castana teneva un grosso libro dalla copertina rigida sotto braccio ed entrambe ridevano e scherzavano con complicità, come se a legarle fosse un'amicizia di vecchia data.

Difficilmente, pensò Cleo, sarebbero state disposte ad ammettere un nuovo membro alla loro cerchia privata: Meglio tenersi alla larga da loro.

Altri due bambini sembravano troppo immersi nei propri pensieri da prestare attenzione a lei – specialmente quel tipo mingherlino con gli occhiali – ed un altro di loro, invece, era impegnato a parlare con Marin, forse in cerca di rassicurazioni a giudicare dall'espressione preoccupata che aleggiava sul suo volto.

Infine, il suo sguardo si soffermò su di un bambino dai capelli di media lunghezza, tenuti fermi da un mezzo codino: i suoi occhi erano verdi e pungenti, quasi di ghiaccio, ed il suo volto era solcato da un'espressione enigmatica, indecifrabile agli occhi di Cleo.

La bimba non poté che esserne immediatamente colpita ed ammaliata.

“Accidenti.” mormorò in direzione di James, alludendo al ragazzino “Hai visto quel tipo?”

James scrutò il soggetto in questione con attenzione e curiosità.

“Ha una bella maglia.” fu il suo giudizio “Di solito non amo quella tonalità di rosso, ma a lui sta piuttosto bene.”

Cleo sospirò profondamente e continuò a fissare il bambino con interesse, fino a quando egli stesso non si voltò nella sua direzione e lei non distolse velocemente lo sguardo, voltandosi dal lato opposto per celare l'imbarazzo.

“Oh, cielo... Che vergogna!” pensò fra sé e sé, sentendosi avvampare “Speriamo solo che non mi abbia vista in faccia!”

Fortunatamente, arrivò ben presto qualcuno a salvarla da quella situazione imbarazzante: Una giovane fanciulla dai lunghi capelli castani e l'aspetto regale, il portamento elegante ed uno sguardo austero, quasi algido.

Dietro di lei, un intero corteo di uomini in armatura dorata avanzava con passo fiero e composto.

“I Cavalieri d'Oro!” pensò immediatamente Cleo, fissando i nuovi arrivati uno ad uno, con occhi e bocca spalancati “Accidenti, sono davvero loro! Però, sono davvero splendidi... Marin non aveva parlato di quanto fossero belli.”

Le furono necessari una manciata di secondi per realizzare che in mezzo a quel plotone vi era anche una giovane fanciulla, anch'essa con indosso una sorta di armatura – non dorata come quella dei suoi compagni – e con uno sguardo talmente duro e severo da farle quasi spavento.

Cleo si sentì rabbrividire.

Adesso le parole di Marin non erano più una mera accozzaglia di frasi senza alcun senso, tutto stava pian piano prendendo forma e l'idea di diventare a sua volta, un giorno, un Cavaliere di Athena era sempre più concreta e palpabile, tanto da farla tremare di terrore.

La bimba si guardò intorno ed osservò con maggiore attenzione i suoi compagni, in cerca di quello stesso terrore che al momento si era impadronito del suo corpo: La maggior parte di loro era immobile come una statua di marmo, intento a fissare i Cavalieri con occhi candidi e rigonfi di stupore, segno inequivocabile che – sì – anche loro sembravano non trovarsi del tutto a proprio agio in quell'improbabile situazione.

“Mia Signora!” esclamò ad un tratto Marin, accortasi solo in quel momento dell'arrivo della cricca “Siete arrivata, finalmente.”

La fanciulla accorse in direzione della donna dai lunghi capelli castani e le si inginocchiò di fronte, baciandole le mano in segno di rispetto. Fu proprio in quel momento che Cleo si rese pienamente conto di chi fosse realmente quella tanto splendida quanto algida sconosciuta: la dea Athena.

“Lieta di vedere che hai compiuto la tua missione senza alcun intoppo.” mormorò quest'ultima, abbozzando in direzione di Marin un leggero ed impercettibile sorriso “Sapevo di poter contare su di te, mia cara Marin. Tuo figlio sta bene, al momento è a casa insieme ad una delle mie ancelle di fiducia; sappi che non vede l'ora di rivederti.”

Gli occhi di Marin si riempirono di colpo di lacrime.

“Oh, Athena... Anche io non vedo l'ora di rivederlo e di abbracciarlo nuovamente.” gemette “Mi è mancato così tanto!”

Athena allungò una mano verso il volto di Marin e lo carezzò dolcemente con il dorso, in segno di affetto. Poi, dopo essersi voltata in direzione dei nuovi arrivati, prese un lungo respiro d'incoraggiamento ed iniziò a parlare.

“Benvenuti ad Atene, miei giovani apprendisti!” esclamò ad alta voce, così che tutti all'interno di quell'immenso spiazzo potessero udirla “E' per me un vero piacere accogliervi qui, nella mia solenne dimora. Immagino che sappiate tutti qual è stato il motivo della vostra convocazione e perché vi trovate qui, oggi.”

Tutti i fanciulli annuirono in silenzio, fin troppo intimoriti da quell'austera presenza per parlare.

“Per secoli i miei cavalieri hanno difeso la Terra e la giustizia su di essa, indossando le sacre armature di Bronzo che recano il nome delle Costellazioni.” proseguì Athena “Con il trascorrere degli anni hanno abbandonato le loro vestigia di Bronzo per indossare quelle d'Oro ed hanno lasciato che le prime giacessero avvolte da un sonno temporaneo, nell'attesa che i loro nuovi portatori si rivelassero al mio cospetto.”

“Sta parlando di noi.” echeggiò un ragazzino dalla carnagione mulatta, gonfiando il proprio petto con orgoglio.

Cleo, invece, afferrò d'istinto il braccio di James e lo strinse forte, facendolo sussultare.

“Ahia!” gemette il ragazzino, guardando malamente la sua amica “Ma che ti prende, si può sapere?”

“Ho paura.” rispose Cleo, irrigidendosi tutta d'un colpo “Questa storia mi spaventa da morire, James. Come accidenti fai ad essere così tranquillo, non ti rendi conto di quello a cui andiamo incontro?”

“Forse me ne renderei conto se tu mi lasciassi ascoltare.” sibilò James, strattonandola con forza per liberarsi il braccio “Maledizione, Cleo... Datti un contegno!”

Cleo fece segno di sì con la testa ed incominciò a respirare lentamente, cercando di smaltire quella pesante sensazione di angoscia. Era talmente incentrata sulla propria ansia che quasi non prestò orecchio alle parole di Athena, la quale – nel frattempo – era intenta a presentare uno ad uno i suoi fedeli Cavalieri e ad annunciare ai nuovi arrivati quanto sarebbe accaduto loro l'indomani.

“E' ancora troppo presto per stabilire chi di questi Cavalieri sarà il vostro Maestro, ma domani saranno finalmente svelate tutte le carte in tavola: Ci ritroveremo al Grande Tempio, a mezzogiorno in punto, ed ognuno di voi sarà sottoposto ad un rituale che rivelerà a quale delle Sacre armature è più affine il vostro Cosmo. Ora avete il mio permesso di riposarvi, Marin vi scorterà ai vostri alloggi e noi ci rivedremo domani mattina, per dare inizio alla cerimonia. Mi raccomando di riposare e non angosciarvi troppo, avete ancora molte prove da affrontare e desidero che le sosteniate tutte al massimo delle vostre forze. Arrivederci, miei cari ragazzi.”

Detto ciò, si congedò senza aggiungere altro, immediatamente seguita da tutti i suoi cavalieri ad eccezione di Marin, la quale – come da ordini della sua dea – non aveva ancora finito di prendersi cura dei nuovi arrivati. La Sacerdotessa si avvicinò lentamente a Cleo e le mise una mano sulla spalla, cogliendola talmente di sorpresa da farle fare un balzo per lo spavento.

“Va tutto bene, Cleo?” chiese, arridendo lievemente.

Cleo annuì timorosamente, con fare incerto.

“S-sì.” farfugliò “Insomma, io... Almeno credo, non lo so. Credo di essere piuttosto confusa, a dire il vero.”

Marin rise più forte.

“Stai tranquilla, piccola, è una sensazione che conosco molto bene.” la rassicurò, parlandole con quel suo solito tono di voce morbido e materno “Ci sono passata anche io, molti anni fa, e capisco che in un primo momento tutto questo possa sembrarti assurdo e... Beh, pericoloso, sotto certi aspetti.”

Cleo fece nuovamente segno di sì con la testa e Marin ampliò il proprio sorriso, carezzandole la testa per infonderle coraggio.

“Andrà tutto bene, non temere.” disse “E adesso andiamo, tu ed i tuoi compagni dovete riposare. Non avete idea di quanto dovrete faticare nei prossimi giorni. Coraggio, ragazzi: Seguitemi e non perdetevi in chiacchiere, da queste parti fa buio piuttosto presto.”

Tutti i ragazzi seguirono Marin senza alcuna protesta, in fila indiana ed in silenzio, come se avessero già interiorizzato quel senso di ordine e di disciplina che, a partire dall'indomani, sarebbe stato per loro all'ordine del giorno.

Cleo si soffermò, prima di andar via, ad osservare un'ultima volta quell'immensa e sabbiosa arena, adesso avvolta da un silenzio che lasciava in qualche modo presagire il chiasso infernale delle battaglie che, di lì a breve, si sarebbero certamente consumate al suo interno.

Troppo tardi, si disse, per tornare indietro.

La Casa Famiglia era ormai un lontano ricordo e per quanto la spaventasse l'idea di quel che avrebbe dovuto affrontare nei giorni a seguire, non era comunque abbastanza da farle rimpiangere la sua vecchia vita.

“Allora, Cleo? Ti vuoi muovere? Marin ha parlato di una cena ed io muoio di fame! Sbrighiamoci, non voglio certo che gli altri finiscano tutto!”

Cleo rise sotto i baffi e si decise a seguire James dietro al resto della truppa.

La vita poteva anche avere in serbo per lei un destino agrodolce, ma qualcosa le faceva sperare che in fin dei conti, non sarebbe stato poi così terribile.

La presenza costante di un prezioso amico ed alleato al suo fianco, per esempio.






N.d.A: Vi chiedo davvero scusa per il ritardo, purtroppo questo mese di settembre si sta rivelando più impegnativo del previsto ed il tempo per scrivere è stato davvero poco.
Spero di cavarmela meglio al prossimo giro. :D
Grazie come sempre a chi ha letto, ci sentiamo fra due settimane!

 

  
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