Fanfic su artisti musicali > McFly
Segui la storia  |       
Autore: RubyChubb    06/05/2009    2 recensioni
La classe scoppiò in un boato di risate, cosa più tipica della neve d’inverno, e i tre fecero finta di non aver sentito. La loro vita era in quel modo da quando i loro genitori li avevano messi al mondo, c’erano più che abituati. Danny era il parafulmine, quello a cui venivano scoccate le prime frecce; dopo di lui, veniva direttamente Tom, detto anche FletChin, per via della prominenza del suo mento, ed infine Dougie, più propriamente definito Handjob Station. Tutti quei soprannomi avevano il copyright Made in Judd, ovviamente, era stato lui ad averli inventati. Quello stronzo se lo erano portati dietro dal primo anno di scuola elementare, non potevano liberarsene fino al termine di quell’ultimo anno scolastico di liceo. Eppure, in fin dei conti Danny lo invidiava un po’. Aveva una vita facile, piaceva alle ragazze ed aveva tutto quello che voleva. Se ne fregava dei voti, del suo futuro, aveva il papà che lo aspettava a braccia aperte.
Sentì qualcosa bussare alle sue spalle e si voltò verso Dougie. Con un gesto veloce del dito indice il suo amico gli indicò la porta.
Oh no… Ci risiamo.
Genere: Romantico, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccomi qua con il primo capitolo di questa storia :)  Spero che vi sia piaciuto anche il prologo e ringrazio _Blackisavampire per aver commentato <3 E tu Ciry, acqua in bocca!
Da questo in poi, ogni capitolo avrà un piccolo sottotitolo, nonostante non esista alcun titolo. E' un verso della canzone "The heart never lies", dei McFly, che uso senza alcuno scopo di lucro...  Maledetti, ogni volta che vedo quel video mi viene da piangere. Comunque, vi lascio alla storia :) Per il momento i capitoli saranno piuttosto corti, datemi il tempo di ingranare! Spero che di appassionarvi almeno un pochino tanto da spingervi a lasciare un commento, di qualsiasi tipo, ne sarei felice. <3
Alla prossima!
RubyChubb





CAPITOLO 1




Some people laugh and some people cry




Chiuse il libro di geologia e si stropicciò gli occhi. Ne aveva abbastanza di falde, zolle tettoniche, provvedimenti anti sismici e magmi vari. Voleva dedicarsi ad altro. Aveva bisogno di dedicarsi ad altro. Poteva dire che la giornata era stata nella norma, non erano successe cose molto spiacevoli. La professoressa di letteratura, quella vipera, aveva provato a fregarlo rifilandogli una domanda piuttosto difficile su Walt Whitman, chiedendogli a quale poesia fosse appartenuto il verso 'Emetto il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo'. Ci aveva pensato un po’, sentendosi gli occhi di tutti su di sé, ma aveva risposto senza un tremito nella voce.
Canto di me stesso.”, aveva risposto con sicurezza.
Ovviamente corretto.”, aveva detto lei, la signorina Jackson.
Un brusio si era levato in sottofondo ed aveva distinto tra le tante voci il classico ‘secchione gran figlio di puttana’, ma non ci aveva fatto caso. Di solito, però, quando tornava a casa e si chiudeva nella sua stanza, quelle parole tornavano a suonargli nella testa… Si disse di non pensarci, che quelli erano solamente degli stupidi e che se avessero fatto quello che la professoressa aveva detto loro avrebbero potuto rispondere con la medesima facilità. Non capiva il perché di tutto quell’odio nei suoi confronti, in fondo faceva solamente il suo lavoro di studente. Non era nemmeno uno di quelli che alzava la mano per rispondere ad una domanda posta alla classe, piuttosto preferiva spararsi, lo faceva solo se era direttamente interpellato. Non era colpa sua se teneva alla sua carriera scolastica, se si sentiva bene quando il suo nome era corredato da dei bei voti. Era fatto così, sua madre gli aveva insegnato quello e non gli pareva di nuocere al mondo.
Fine della storia.
Sistemò il libro dentro allo zaino, gli sarebbe servito per la lezione del giorno dopo. Sbadigliò e dondolò la testa, la cervicale gli doleva sempre alla sera. Prese il suo portatile, fece attenzione che il filo non si scollegasse dalla presa elettrica, si sedette sul letto ed allungò le gambe sul materasso. Lo accese e, prima ancora che il logo del sistema operativo illuminasse il centro buio dello schermo, tre colpi alla porta lo disturbarono.
Vieni pure.”, disse.
Daniel?”, lo chiamò sua madre, affacciandosi in camera.
Che c’è, mamma?”, le domandò.
Le sorrise grattandosi la testa e si sistemò gli occhiali sul naso.
Tutto bene a scuola?”, gli domandò, come faceva sempre dopo cena.
Kathy, sua madre, aveva un sesto senso: veniva sempre a porgergli quella domanda pochi secondi dopo che aveva chiuso il libro, senza vederlo compiere quel gesto. Appariva così, dal niente, e voleva sapere come era andata la sua giornata.
Bene.”, le disse.
Perfetto.”, rispose lei.
Gli sorrise e se ne andò, non chiedeva mai niente di più, aspettava che fosse lui a parlarle dei suoi problemi, il che capitava praticamente quando lo stress non gli permetteva di vivere tranquillamente. La cosa non era frequente, era un tipo piuttosto calmo e remissivo, non eccedeva mai in grandi esplosioni di rabbia. Tornò al suo portatile, che si era ormai quasi completamente acceso, digitò la password e il sistema operativo si avviò da solo.
Bussarono ancora.
Mamma?”, la chiamò.
La porta si aprì.
No, cretino, siamo noi due!”, si presentò Dougie, seguito da Tom.
I suoi due migliori amici assediarono la camera e, come una rivelazione venuta dall’alto, si ricordò che era martedì, la serata che usualmente passavano insieme lì dentro.
Mi ero quasi dimenticato.”, disse ai due, che si erano già accomodati, “Fatemi comunque sistemare una cosa.”
Tom era seduto per terra, sul grande cuscino rossastro di cui si sentiva quasi il proprietario; Dougie si era appollaiato sulla sedia che sua madre aveva trasformato in una piccola poltrona rivestita di velluto scuro. Lui, sul suo letto, si connetté alla rete; in automatico, partì il programma che lo collegava al resto del mondo. Ma soprattutto ad una persona in particolare.
La trovò già on line e la contattò.

I’m RATLEG scrive:
Ci sono i due scemi, arrivo più tardi.

La risposta arrivò pochissimi secondi dopo

BecauseTheNight scrive:
:-) Meglio tardi che mai… A dopo!

Cambiò il suo stato personale in ‘non al computer’ e si dedicò ai due.
Cosa facciamo stasera ragazzi?”, domandò loro, “Avete portato qualcosa da vedere?”
Ho dimenticato il film a casa…”, disse Dougie, scuotendo la testa.
Però il tuo videogame ce l’hai nella tasca dei pantaloni!”, sbuffò Tom infastidito.
Danny rise. Erano così diversi e così uguali da come li aveva lasciati quella mattina. Innanzitutto, si erano tolti la divisa scolastica, mentre lui era ancora in camicia e pantaloni di stoffa. Si era liberato della cravatta ed aveva arrotolato le maniche ai gomiti. Dougie, nei suoi abiti larghi, poteva nascondere quello che voleva nelle tasche dei pantaloni. Tom, invece, preferiva non tradire il suo status di incorreggibile sfigato indossando quelle t-shirt tutte colorate, con i loghi dei suoi film e manga preferiti.
Erano decisamente un trio di deficienti male assortiti.
Beh…”, disse Danny, sistemandosi i capelli spettinati sulla fronte, unica pecca del suo modo di essere, “Possiamo anche dedicarci a qualche altra cosa che non sia la visione di un film…”
Ma questa è la serata dei film!”, protestò ancora Tom, visibilmente scocciato dalla dimenticanza di Dougie, “Non possiamo rimandare!”
E allora cosa vogliamo fare?”, chiese Danny, stringendosi nelle spalle.
I tre si guardarono con aria interrogativa, aspettando una proposta decente.
Sfigati!”, si sentirono chiamare.
La voce squillante di Vicky, sua sorella, stroncò in due il silenzio. Era apparsa sulla soglia della porta.
Pronti a masturbarvi in gruppo?”, chiese ridendo.
Danny scosse la testa, Vicky riusciva sempre a metterlo in imbarazzo con la sua eccessiva esuberanza. Erano l’uno all’opposto dell’altra: Vicky poteva assordare chi aveva la sfortuna di capitare sotto il tiro della sua conversazione; lui preferiva starsene zitto ed ascoltare gli altri. Lei era individuabile a centinaia di metri di distanza, per via dei suoi capelli sempre di colore diverso; lui odiava letteralmente farseli tagliare tanto che quando capitava sua madre, parrucchiera di professione, doveva quasi legarlo alla sedia. Era per quello che lasciava che i suoi capelli crescessero e diventassero quei ricci spettinati. Tutta colpa di quando, da piccolo, Kathy aveva cercato di spuntargli i capelli e, per poco, non gli aveva tagliato un orecchio.
Insomma, lui e Vicky non sembravano nemmeno fratelli, se non fosse stata per la somiglianza del loro viso.
Se vuoi darmi una mano…”, le disse Dougie, ironizzando e facendoli ridere.
No, grazie.”, rispose lei, “Non saprei dove cercarlo.”
Sebbene ogni volta volesse provarci, Dougie non riusciva mai a farla zittire.
Non sapresti cosa farne, è diverso!”, insistette lui, che sicuramente pensava di aver vinto.
Lo darei al cane.”, sbuffò lei, “Che lo sputerebbe subito! Buona serata segaioli.”
E se ne andò, la sua era sempre una toccata e fuga.
La posso sposare?”, domandò Tom, “Così me la porto dietro per zittire questo cretino.”
Ebbe inizio la loro serata. Dougie sproloquiò per mezzora sul suo videogioco, informandoli che lo aveva concluso dopo un’illuminazione avuta in seguito ad un Big Mac alto quattro piani. Tom, invece, aveva passato il pomeriggio a cercare di concludere il suo lavoro per la valutazione mensile del corso di disegno.
Ho sputato il sangue, ma ce l’ho fatta.”, disse, “Volete vedere?”
Si era portato il tubo porta-disegni appositamente per quello. Ovviamente gli dissero di sì e pochi attimi dopo un foglio formato A3 venne srotolato davanti ai loro occhi. Danny impiegò qualche attimo, ma quello che vide fu inconfondibile. Deglutì un carico di saliva grosso quanto l’Oceano Pacifico.
Uh! Colpo basso, FletChin!”, esclamò Dougie scoppiando a ridere.
Tom fece altrettanto e lo mise inevitabilmente in imbarazzo. Incrociò lo braccia e lo fulminò con lo sguardo.
Andiamo, l’ho fatto per te!”, cercò poi di scusarsi il suo amico, “Lo appendi come un poster e te la puoi vedere quando vuoi!”
Non sei divertente, Tom.”, gli fece.
Non hai proprio senso dell’umorismo!”, lo brontolò Dougie, “E’ un capolavoro e Tom te lo ha donato. Sai che non si guarda in bocca ai cavalli, se ti vengono regalati…”
Dougie aveva ragione, quel ritratto era semplicemente perfetto, Tom aveva del talento da vendere e i suoi disegni lo dimostravano. L’aveva riprodotta con matite e carboncino, seduta al suo posto con il mento appoggiato sulla mano e lo sguardo perso fuori dalla finestra. Lei soltanto, gli altri banchi erano vuoti. Lo osservò ancora, chiedendosi se appenderlo oppure no.
Non poteva farsi ossessionare da Alicia all’ennesima potenza.
Grazie Tom.”, gli disse, arrotolandolo ancora e appoggiandolo sulla scrivania, “Appena troverò una bella cornice lo appenderò da qualche parte.”
Come rovinare la serata con un disegno. Di lì a poco, infatti, i suoi amici se ne andarono e lo lasciarono solo. Dette un’ultima occhiata ad Alicia.
Forse le aveva rivolto la parola per tre volte in quei quattro mesi, ed in tutte quelle occasioni aveva iniziato a balbettare come un cretino, finendo per dirle solamente ‘c-c-c-ciao’. A nulla erano valsi i tentativi dei suoi amici di avvicinarlo a lei, che sembrava sempre distante e distaccata. Vicky l’aveva vista una sola volta, Danny gliel’aveva indicata di soppiatto, trovandola in giro per il centro commerciale.
Lasciala perdere.”, gli aveva detto lei, che in quanto più grande e donna doveva saperne molto più di lui, “Ha l’aria della ricca perfettamente stronza.”
Se quel monito fosse servito a qualcosa. Ripose il disegno e tornò sul suo letto, al suo portatile.

I’m RATLEG scrive:
Eccomi! Se ne sono andati.

BecauseTheNight scrive:
Stavo quasi per andarmene… Sono tremendamente stanca.

Guardò l’ora, erano già le undici passate. Di solito erano già nel vivo della discussione, ma per quella sera non avrebbero parlato molto.

I’m RATLEG scrive:
Com’è andata l’interrogazione di matematica?

BecauseTheNight scrive:
Non mi ha beccata, fortunatamente… L’ho scampata bella!

I’m RATLEG scrive:
Quindi niente insufficienza… Cazzo, non me ne va bene una!

BecauseTheNight scrive:
Oh, bell’amico che sei Ratleg! XD Dovresti essere felice quanto me!

I’m RATLEG scrive:
Stai tranquilla, lo sono! Allora, cosa mi racconti?

Incrociò le mani sotto al mento ed attese il lungo resoconto della giornata di Allie, la ragazza con cui passava le sue serate sul web. L’aveva conosciuta su uno dei tanti forum dedicati al suo musicista preferito, il Boss, il cui poster riempiva la parete sopra al suo letto. In una discussione, lei aveva scritto che le sue due canzoni preferite erano Because The Night, da cui aveva preso il suo nickname, e If I Should Fall Behind, a cui lui stesso era molto legato. Un topic dopo l’altro erano arrivati lì, ad aspettarsi davanti alla finestra di un programma per la conversazione istantanea.
Di lei sapeva molto poco: era sua coetanea ed abitava nei dintorni di Londra, frequentava un liceo uguale a tutti gli altri. Oltre a quei piccoli particolari nient’altro, tranne tutto il resto. Quello di cui parlavano non riguardava i loro voti a scuola, né il loro gioco preferito da piccoli, ma era loro stessi, quello che avevano dentro. Entrambi venivano derisi a scuola per quello che erano, entrambi odiavano il mondo intorno a loro, entrambi volevano essere lasciati in pace da tutti. Non volevano essere più giudicati, ma solo rispettati.
Era un piacere trovare qualcuno disponibile a capirlo alla perfezione, lo faceva stare bene.

BecauseTheNight scrive:
Ti racconto che per un solo momento ho quasi provato la voglia di prendere mio padre e raccontargli tutto, TUTTO. Sono piuttosto stufa di quello che mi sta succedendo… Odio questa casa, odio questo posto, odio questa famiglia… Odio tutto e non va bene, mi fa venire l’ulcera. Odio la mia scuola, odio i miei compagni di classe…

I’m RATLEG scrive:
Calmati Allie… Perché poi non gli hai parlato?

BecauseTheNight scrive:
Perché quando ho chiesto di starmi a sentire, lui ha ricevuto una chiamata sul suo cercapersone ed è dovuto fuggire. Sono rimasta sola… O meglio, sola e chiusa dentro la mia stanza.

Danny rabbrividì, come ogni volta che leggeva quelle parole.

I’m RATLEG scrive:
Potresti anche decidere di non sbarrare la porta di camera tua… Non viene ad infastidirti spesso.

BecauseTheNight scrive:
Conosci la guerra preventiva?

I’m RATLEG scrive:
Piuttosto bene…

BecauseTheNight scrive:
E dire che mi piaceva quando l’ho conosciuto.

I’m RATLEG scrive:
Non sentirti in colpa, non ne hai alcuna.

BecauseTheNight scrive:
E invece sai che ne ho una, una soltanto. Averli fatti conoscere, sono stata io. Se quella sera mi fossi fatta i cazzi miei, a quest’ora mio padre non si sarebbe mai trasferito qui ed io non avrei mai conosciuto quella grandissima testa di cazzo di mio fratellastro.

Di nuovo altri brividi scorsero lungo la sua schiena. Poteva non sapere il suo cognome, dove abitasse e che scuola frequentasse, ma sapeva tutto di quello che accadeva dentro le mura di casa sua.

BecauseTheNight scrive:
Questa situazione sta diventando insostenibile… Prima o poi scappo di casa.

I’m RATLEG scrive:
E dove vorresti andare?

BecauseTheNight scrive:
Ho abbastanza soldi per andarmene. Sono maggiorenne e posso fare quello che voglio.

I’m RATLEG scrive:
La Allie che conosco non è così infantile e dispotica.

BecauseTheNight scrive:
Beh, allora tanto piacere Ratleg, sono la nuova Allie!

Si disconnetté d’un colpo e lo lasciò fissare lo schermo con aria interrogativa. Era stato tutto così improvviso che non si era reso conto di niente. Era stata forse una litigata quella che si era appena conclusa così bruscamente? Se voleva essere fedele alla sua visione del concetto di litigio, la risposta era no: un litigio si svolgeva tra due persone che si urlavano in faccia senza ascoltarsi, come facevano i suoi genitori prima che divorziassero, quando lui aveva dieci anni e sua sorella dodici. Tra lui ed Allie non era accaduto niente di tutto quello: l'aveva semplicemente avvertita dell’immaturità della sua decisione, non gli era sembrato di aver commesso alcun crimine, ma doveva essersi offesa, vista la sua netta reazione.
Il pensiero lo torturò finché non si addormentò: se Allie fosse davvero scappata di casa, non se lo sarebbe mai perdonato. Avesse saputo dove abitava, sarebbe andato da lei per farla ragionare, per convincerla a confessare a suo padre quello che stava sopportando: la presenza di un fratellastro, il figlio della compagna del padre, che… Sentì il sangue bollire nelle vene, cercò di pensare alle disequazioni di terzo grado e si addormentò.


.*.*.*.


La mattina successiva fu esattamente uguale a quella precedente, le uniche variabili erano le lezioni che seguiva. Prese appunti a letteratura, evitò l’interrogazione di geologia, fece fatica a districarsi con alcune date storiche e, con suo grande piacere, l’ora di matematica arrivò. Non si ricordava, a quel tempo era troppo piccolo, ma ci fu qualcuno che lo vide giocare con le sue automobiline su un grande tappeto disegnato con numeri e formule matematiche, che adesso doveva trovarsi nella soffitta di casa. Non sapeva se quel tizio fosse stato un conoscente di famiglia o un parente, ma quello gli chiese quante macchine avrebbe avuto se avesse raddoppiato le due con cui stava giocando. Oggi nella sua mente la domanda suonava troppo difficile per un bambino di quattro o cinque anni, molto probabilmente gliel’aveva posta in tutt’altre parole… Eppure Danny aveva risposto quattro, alzando le dita della mano sinistra, e quello gli aveva regalato un cioccolatino. Doveva avere i numeri nel sangue, nei geni, ed era comunque l’unico nella sua famiglia a capirci qualcosa.
Sentì tamburellare alle spalle e voltò la testa di pochi millimetri, giusto per inquadrare Dougie con la coda dell’occhio, che gli passava un bigliettino.
Il disegno?
Danny imprecò silenziosamente mentre leggeva quelle parole.
Sta dove deve stare.
Gli rispose e gli passò il pezzetto di carta di soppiatto. La professoressa Gambler era entrata da pochi minuti, si stava prendendo il tempo comodo per sistemarsi sulla sua sedia ma la classe doveva comunque rispettarla con il silenzio. Pochi attimi e vide una pallina atterrare sul suo quaderno.
Lo trovo perfettamente uguale alla realtà…
Non rispose e infilò il biglietto nella tasca della sua giacchetta. Non fece nemmeno in tempo a prendere la penna tra le dita che un’altra pallina volò sul suo banco.
Se sa fare quello che dicono, saresti proprio fortunato!
Non si voltò e non gli ringhiò semplicemente perché la prof si stava impegnando nell’appello. Un nome dopo l’altro vennero chiamati tutti e gli assenti annotati sul registro.
Bene.”, disse l’insegnante, una volta concluso il suo rito, “Tra i tanti ho visto un nome che fa al caso mio.”
Diciotto teste si abbassarono, diciotto paia di occhi vollero evitare di sfiorare anche lievemente la figura della donna per paura di essere scelti per l’interrogazione. Tutti diventarono improvvisamente interessati al contenuto delle loro unghie, alle doppie punte, all’orlo della gonna, agli scarabocchi sui banchi…
Lewis.”, chiamò poi la Gambler.
Un sospiro di sollievo collettivo ed Alicia fu costretta ad alzarsi. Danny vide subito la sua espressione scocciata ed individuò nel mormorio generale qualche battutaccia nei suoi confronti, ma Alicia se ne stava già alla lavagna con il gesso in mano. Incrociò le dita per lei, che di numeri ne capiva tanto quanto lui di disegno. Come Tom, Alicia aveva talento con le matite ed i colori, mentre lui solo con le calcolatrici. Aveva avuto modo di vedere alcuni suoi lavori per puro caso, quando qualche tempo prima una vecchia e grossa cartella marrone le era caduta da sotto il braccio ed il suo contenuto si era sparso per il corridoio. Le aveva dato una mano solo perché si era trovato quei fogli sui piedi, altrimenti si sarebbe voltato dall’altra parte per la paura. Aveva addirittura provato a complimentarsi con lei per la sua bravura, aveva visto delle riproduzioni di paesaggi campestri che sembravano quasi delle fotografie, ma da una parte aveva preso a balbettare come un’idiota e dall’altra Alicia lo aveva a malapena ringraziato.
Tornò con la mente al presente e si focalizzò sull’interrogazione, mentre la classe intorno a lui prese a farsi i fatti propri. Una volta scelto il capro espiatorio, il resto dei sospettati di omicidio era sempre pronto a cantare il proprio inno alla libertà.
Il teorema di Pitagora.”, le propose la professoressa e le dette campo libero.
In un triangolo rettangolo”, spiegò Alicia con sicurezza, “l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa è pari alla somma dell'area dei quadrati costruiti sui cateti.”
Brava, esultò Danny, anche se era piuttosto facile, lo insegnavano alle elementari. L'insegnante le chiese quindi di enunciare la sua teoria tramite dei grafici e, una linea dopo l’altra, una formula dopo l’altra, Alicia dette la dimostrazione chiara e palese del teorema di Pitagora. Gli venne quasi da sorridere, sebbene le mani sudassero freddo.
Alicia indossava sempre quegli anfibi neri, i cui lacci apparivano ogni giorno più consumati. I capelli bruni se ne stavano comodi sulle spalle e sulla schiena, lievemente mossi, qualche ciocca più chiara li colorava qua e là. Dalla tasca destra della sua giacchetta spuntava una cuffia, sicuramente collegata ad un i-pod, mentre dal taschino sul petto faceva capolino un paio di occhiali da sole di buona marca. Danny non sapeva niente di lei, tranne quello che aveva dedotto osservandola e traendo ipotesi dalle voci che correvano nei corridoi della scuola. Famiglia piuttosto ricca, viveva con i suoi a qualche chilometro da lì, in una villetta della campagna circostante la cittadina di Watford: molto probabilmente si era trasferita da quelle parti per motivi di lavoro dei suoi, così supponeva Danny, dopo aver vissuto in un quartiere centralissimo di Londra.
Nel frattempo l’interrogazione era andata avanti.
Adesso dimostrami ancora l’esattezza dell’ipotesi di Pitagora”, le fece la professoressa, “con il teorema di Euclide.”
Altrettanto facile, si disse Danny, ed attese la risposta. Nessuna parola. Alicia si mordeva le labbra e non rispondeva.
Avanti…”, la esortò la Gambler, “Cosa devi fare innanzitutto?”
Alicia guardò il gesso che teneva tra le dita, sembrava in cerca di ispirazione o di un suggerimento che non sarebbe mai venuto.
Doveva soltanto tracciare l’altezza sull’ipotenusa c partendo dal vertice del triangolo rettangolo, la quale avrebbe diviso l’ipotenusa stessa in due segmenti, detti pq. Di seguito, i due cateti a e b elevati alla seconda erano uguali alla somma tra p e q, moltiplicata per c, ed infine il tutto risultava essere uguale a c alla seconda, cioè all’ipotenusa al quadrato. Semplice, ma non altrettanto scontato per Alicia. Non poteva aiutarla, quindi cosa fare?
La professoressa sospirò.
Lewis, non puoi imparare la formuletta a memoria per poi essere incapace di dimostrarla…”, disse la donna scuotendo la testa, “Significa che non hai capito niente di quello che abbiamo spiegato negli ultimi mesi.”
Ma professoressa”, cercò di difendersi lei, “questi concetti si riferiscono al programma del mese passato!”
A dire la verità è del programma del primo anno…”, disse l’altra, “Ma non per questo devi scordarteli.”.
Alicia era un caso perso, purtroppo. Qualche risatina rianimò la classe.
Non ho voglia di spiegarti ancora queste cose.”, disse la donna, “Jones, fallo tu al posto mio.”
Una bastonata sulla nuca, ecco cosa avrebbe preferito. Un calcio nelle palle, un pugno in un occhio, uno schiaffo sulle labbra. Essere investito da un auto, da un bus, da un camion, piuttosto che alzarsi e raggiungere la lavagna, fare fronte alla causa di gran parte dei suoi problemi ormonali e lasciarsi deridere da mezzo mondo.
La classe era in stand by, in molti lo fissavano chiedendosi se avrebbe scollato il culo dalla sedia. Se al posto di Alicia ci fosse stata una pianta grassa, Danny non avrebbe esitato un attimo nello spiegare in tutto e per tutto come Euclide era riuscito a dimostrare che la somma dell’area dei quadrati costruiti sui cateti era uguale all’area di quello costruito sull’ipotenusa. Avrebbe soltanto guadagnato ulteriori prese per il culo dai suoi compagni, ma lo avrebbe fatto per piacere personale.
Con Alicia al posto della pianta grassa era diverso. Molto diverso.
Jones?”, lo chiamò la Gambler, “Daniel Jones?”
S-Sì?”
Verresti alla lavagna ad illustrare alla sua compagna di classe il teorema di Euclide che spiega la veridicità delle affermazioni di Pitagora?”
Tom si voltò verso di lui, la sua espressione era tutto un dire. Non aveva scampo.
Va be-bene…”
Premette i palmi delle mani sul banco e si alzò. Testa bassa, sguardo fisso sul pavimento, e presto fu davanti alla lavagna, così vicino che poteva vedere solo quella, e non Alicia accanto a lui. Cercò un pezzo di gesso, ma ne trovò solo uno, microscopico, sulla piccola soglia di legno.
Tieni.”
Alicia gli allungava la mano con quello che cercava. Lui non seppe cosa fare.
Prendilo.”, disse ancora lei.
Le avvicinò la mano lentigginosa e attese che Alicia posasse il gesso sul palmo, non aveva certo il coraggio di sfiorare le sue dita, avrebbe rischiato l’infarto. Tornò sul grigio della superficie della lavagna e cercò di concentrarsi. Sapeva cosa doveva fare: il triangolo rettangolo era disegnato davanti a lui, doveva solo cancellare quello che Alicia aveva già scritto e iniziare di nuovo da capo. Prese la spugnetta con mano tremante e la fece cadere a terra, sollevando una nuvoletta di polvere. Le prime risatine nacquero alle sue spalle. La raccolse, tolse l’inutile e si preparò a scrivere. Il gesso stridette sulla lavagna, gemiti di dolore furono seguiti da altra ilarità.
Signor Jones, per cortesia, si sbrighi.”, disse la professoressa, spazientita, “Non è mia intenzione prendere la pensione alla fine di questa dimostrazione.”
Inghiottì la poca saliva che la sua bocca era ancora capace di produrre. Prese un profondo respiro e si concentrò.
Se tra-tracci una linea che va da-dal vertice…”, la sua voce ebbe un picco stridulo.
I compagni esplosero in una risata di gruppo.
Fino alla ba-base, cioè dall’angolo formato dai due cateti chiamato C all’ipotenusa, an-anch’essa c…”
Disegnò la linea, che risultò piuttosto storta e tremolante.
Ottieni l’altezza del tri-triangolo rettangolo.”
Gli occhi erano fissi su quello che aveva prodotto, mentre sentiva quelli di Alicia su di sé. Era terrorizzato e si faceva una gran pena.
Oliate la bocca di Daddy Jones…”, Harry consigliò ad ignoti ascoltatori che subito risero di lui.
Judd, silenzio!”, lo zittì la Gambler, ma ormai era troppo tardi.
Danny sospirò e lasciò il braccio cadere lungo il fianco. Era un caso perso, clinicamente irrisolvibile.
Jones, continua pure.”, gli disse la professoressa.
Si fece coraggio.
Que-questa linea divide l’ipotenusa in due parti.”, scrisse una p e una q lungo le due sezioni della base del triangolo, “Se sommi queste due se-semirette e le moltiplichi per l’ipotenusa...”
Perchè dovrei farlo?”, lo interruppe Alicia, “Che senso ha sommare pq per poi moltiplicarle per c?”
Beh…”, si grattò la testa, “Pe q sono le due parti di c.”
Le indicò le lettere e Alicia sembrò annuire.
P più q mi dà c… E quindi cmoltiplicato per se stesso mi dà c al quadrato.”
Gli occhi di lei si stringevano in fessure.
E come hai de-detto tu-tu prima…”, le ricordò, “I due cateti a b del tri-triangolo elevati al quadrato e so-sommati tra di loro sono uguali all’ipotenusa al quadrato… a alla seconda più b alla seconda uguale c alla seconda…”
La fronte di Alicia si aggrottò.
Quindi…”, fece lei, fregandogli rapidamente il gesso tra le mani.
Danny si ritrasse così velocemente che lei non se ne accorse. Alicia disegnò alla perfezione i tre famosi quadrati sui vari lati del triangolo rettangolo.
Euclide mi dice la stessa cosa di Pitagora.”, disse la ragazza, “La somma dei due quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa… Solo che si inventa questa storia della linea tra il vertice dei cateti e l’ipotenusa.”
C-che si chiama altezza.”, le evidenziò.
Lei annuì, guardando con soddisfazione il disegno alla lavagna.
Forte!”, esclamò poi.
Visto che non era così complicato?”, disse la professoressa con aria sconsolata, “Andate a posto. Lewis, un’altra insufficienza del genere e non passi l’anno scolastico.”
Alicia sembrò non ascoltarla; gli porse il gesso e gli sorrise con calore e riconoscenza, prima di voltarsi e tornarsene al suo posto.
Danny ebbe una tripla ischemia, quattro infarti al miocardio e sei o sette embolie polmonari.












   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > McFly / Vai alla pagina dell'autore: RubyChubb