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Autore: Carme93    30/09/2016    0 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo diciannovesimo
Spensieratezza
 
«È normale» commentò Harry, ma di fronte all’espressione scioccata ed indignata di James si premurò di specificare: «Gli imbrogli sono tipici del Torneo. Non te l’ho raccontato un milione di volte? Hai sempre adorato la storia del Torneo Tremaghi. E non ti ho mai nascosto che sono stato aiutato».
«Beh adesso odio quella storia» sbuffò il ragazzo. «E si può sapere perché a me nessuno ha detto nulla?».
«Perché la McGranitt è una donna ligia alle regole e corretta, non imbroglierebbe mai e nemmeno si abbasserebbe a livello di gente come Vulchanova» replicò Harry.
«Chi cavolo se ne frega delle regole? Ha messo a repentaglio la mia vita!».
«Tecnicamente no. Le prove sono fatte in modo da non fare davvero male ai Campioni. C’erano guardiamaghi pronti ad intervenire per tutto il perimetro».
«Ma nessuno ha fatto nulla per ucciderlo» s’inserì Albus colto all’improvviso da quel pensiero.
«No» assentì il padre pensieroso.
«Meglio così» disse ferma Ginny Potter.
«Perché non l’hanno fatto?» insisté Albus, beccandosi un’occhiataccia dalla madre. Harry si limitò a sospirare, poi dopo aver riflettuto ancora disse: «Forse volevano metterlo alla prova… vedere come se la sarebbe cavata… In fondo hanno altre due prove».
«È possibile che sapessero che sono ofidiofobico?» chiese James. «Dumbcenka mi guardava divertito».
«Può darsi» sospirò ancora Harry. «Ora dobbiamo andare, però. I tuoi compagni ti staranno aspettando per festeggiare. Lily, Al perché non accompagnate la mamma all’Ingresso?».
I due ragazzi annuirono, consapevoli che lo scopo principale del padre fosse quello di rimanere da solo con James.
«Jamie, perdonami».
James osservò sorpreso il padre. «Io? Perché?».
«Avrei dovuto proteggerti ed evitare questo stupido Torneo. E poi se colpiscono te, lo fanno per colpire me».
«Sarai anche Harry Potter, ma non puoi decidere sempre tutto» replicò James incupendosi. «Meglio così» aggiunse amaro.
«Che c’è?» indagò Harry, perplesso per quel tono.
«Nulla di importante».
«James, che ti passa per la testa?».
Questa volta fu il ragazzo a sospirare. «Alle volte essere figlio tuo è… insomma… difficile…».
Harry annuì senza sapere che cosa dire. «Anche essere me è difficile, ed essere un buon padre… o quanto meno decente… mi viene molto difficile… alle volte improvviso con un enorme paura di farvi soffrire…».
«Non intendevo questo!» replicò James, senza guardarlo negli occhi. «È difficile essere i figli di Harry Potter! Io non so se ti rendi conto di quello che hai fatto e di quello che sei!».
«No, forse no. La verità, però, è che la gente ingigantisce le cose. Io non sono mai stato solo. Mai. Ho sconfitto Voldermort perché con me c’erano Ron, Hermione, Neville, tua madre e tanti altri maghi, decisamente migliori di me. E soprattutto ho avuto fortuna» fermò sul nascere le sue proteste. «Sì, credo di essere un mago capace. Non dico questo. Non sono fuori dal normale, però».
«Il problema sono proprio gli altri, papà! Non tu. Gli altri mi guardano e cercano qualcosa di te in me. La maggior parte. Ci ho messo tempo a capirlo, ma è così. Danny e Tylor cercavano te in me, non me! E non sono gli unici! Pensano che debba essere come te o come i Weasley… tipo la fissa per il Quidditch… lo odoro, ok? È il mio sport preferito. Però per me è solo un modo per divertirmi. La gente non vuole divertirsi con me, vuole che io vinca sempre, come te… e poi… quando sono bravo in qualcosa la gente pensa che dipenda da te. Ho il massimo dei voti in Difesa, ma tutta la classe pensa che sia così solo perché Williams è uno dei tuoi Auror! Mi fa schifo questa cosa!» sbottò James.
Harry lo scrutò amareggiato e James distolse subito gli occhi di nuovo: forse non l’avrebbe mai ammesso a voce alta, ma lui voleva assomigliare a suo padre, voleva diventare un buon mago; ma avrebbe voluto farlo come James, non come la brutta copia di Harry Potter.
 «Mi dispiace, James. Non so che dirti. Non mi pento di nulla di quello che ho fatto. Per evitare che la gente pensi, che avrei dovuto fare? Non sconfiggere Voldermort o non avere voi? Avere te, Al, Lily e la mamma per me è stupendo. Non scambierei questa vita con nessun altra. Mi dispiace per i problemi che voi vi fate, ma ti assicuro che io non vi vorrei diversi da quello che siete, nemmeno di una virgola. Però sono contento che tu abbia iniziato ad essere soltanto James. Credevi che non me ne fossi accorto? La tua ostentata arroganza è sparita. Forse non te ne sei accorto, ma è così. Smetti di pensare alla gente. Non serve a niente. Non puoi aspettarti che tutti ti approvino, non inizierai mai a vivere se no. James, tu sai di meritarti i voti che prendi dalla T in Incantesimi alla E in Difesa. Lo so io, lo sa la mamma, lo sa Williams. Gli altri che non sanno chi sei, quanta importanza hanno?».
«Hai ragione, ma mi danno fastidio» borbottò James.
Harry sorrise. «Beh questo è poco ma sicuro. Ci devi fare l’abitudine. Sai quante volte ho litigato con i Serpeverde? Prova a chiederlo alla McGranitt e vedi che ti dice».
Anche James si aprì in sorriso. «Meglio di no… preferirei evitare la Presidenza… Non si sa mai».
Harry rise e gli circondò le spalle con un braccio. «Andiamo dagli altri. E non perdere la tua allegria mi raccomando. Ce la faremo insieme».
James annuì, poi prima di raggiungere gli altri disse: «Senti per la T in Incantesimi…».
«Nemmeno la mamma te ne ha voluto parlare, perché dovremmo farlo noi?» lo interruppe Harry con un ghigno divertito stampato in faccia.
«Non rideresti se avessi a che fare con la Shafiq tutti i giorni!» s’indignò James.
«Ma tu non hai visto la faccia di tua madre quando stavamo scendendo nella tenda del prontosoccorso e la Shafiq l’ha fermata per dirle questo. Merlino, per un attimo mi sono chiesto se avrei avuto il coraggio di arrestare mia moglie per aggressione o peggio per omicidio».
James allora scoppiò a ridere sentendosi finalmente molto più leggero. Salutati i genitori, i tre fratelli si diressero verso la loro Sala Comune.
«Non lo fare mai più» disse Lily, bloccando James fuori dal ritratto della Signora Grassa.
«Cosa?».
«Farmi spaventare come oggi! Avrei voluto raggiungerti, ma Ali, Hugo e Marce me l’hanno impedito!».
James sorrise e l’abbracciò di slancio. «Non è che l’abbia deciso io, eh? Comunque farò del mio meglio, promesso. Non mi piace rischiare la pelle, men che meno con un serpentona arrabbiata».
Albus e Lily risero, poi tutti e tre insieme, ignorando le domande assillanti della Signora Grassa, entrarono. Un forte boato accolse James.
«Viva Potter!».
«Vai James!».
«Sei stato grande!».
James sorrise stupidamente e si lasciò trascinare dai Grifondoro festanti.
«Dove l’avete preso tutto questo cibo?» chiese James fiondandosi sopra un vassoio di sandwich, mentre i compagni lo tiravano da una parte all’altra.
«Opera dei Malandrini» replicò Robert accanto a lui.
«James, whisky incendiario o qualcosa di babbano?» chiese Belson.
James lo guardò malissimo: certo che ne aveva di coraggio. «Non voglio niente da te, Belson! E questa roba non dovrebbe nemmeno avvicinarsi alla nostra Sala Comune!».
«Ma Jamie, noi siamo amici dal primo anno» si lamentò l’altro alitandogli addosso per quanto era vicino. James infastidito dall’odore dell’alcool si allontanò.
«Daaaii Potter, facci vedere quella bottiglia» lo incitò un ragazzo del settimo anno.
«Forza, leggi quell’indizio» rincarò un ragazzino più piccolo.
Eccitato James obbedì. Recuperò la bottiglia e mentre la Sala diventava silenziosa in attesa, tentò di togliere il tappo di sughero. Tirò più volte senza successo, poi sollevò lo sguardo sui compagni. «Non si apre» disse sorpreso. Robert disse «Fammi provare», così gliela passò. Per un po’ la bottiglietta passò per le mani di tutti i Grifondoro, ma alla fine ritornò al proprietario.
«Dev’esserci qualche incantesimo o qualche trucco» si arrese Robert. «Hai tempo per pensarci, adesso divertiti».
James seguì il suo consiglio ed imitò i compagni che avevano già dimenticato la bottiglietta. La festa durò fino a tarda notte e terminò solo perché Neville ritenne opportuno intervenire per evitare una sfuriata della McGranitt.
*
«Buongiorno a tutti, vi ruberò solo qualche secondo. Come molti di voi sapranno, un avvenimento importante del Torneo Tremaghi è il Ballo del Ceppo. Il suo scopo è quello di favorire maggiormente la conoscenza tra le nostre Scuole. Il Ballo si terrà nel periodo di Natale. Nei prossimi giorni vi sarà comunicato il giorno preciso. Vi auguro di trascorrere una buona giornata ad Hogsmeade e vi raccomando di essere delle buone guide per i nostri ospiti e, come sempre, di farli sentire come se fossero a casa loro».
«Non è che quelli di Durmstrang invitino a baci e abbracci» borbottò Roxi.
«Poco ma sicuro» assentì Gretel, seguendo il suo sguardo puntato sul tavolo dei Serpeverde. I ragazzi di Durmstrang era fin troppo silenziosi, con l’eccezione della ragazzina con cui aveva stretto amicizia Arthur.
«Sembra che nascondino sempre qualcosa» sussurrò Frank.
«Già. Comunque non è un problema nostro» disse Roxi con un ampio sorriso. «Pronti ad assaltare Mielandia?».
«Come sempre» risposero in coro Frank e Gretel.
«Allora andiamo. Dobbiamo comprare anche i regali di Natale. Sapete già cosa comprare?».
«Insomma» replicò Frank pensieroso. «Ci sto ancora pensando».
«Mia madre spera che io venga invitata per il Ballo» disse con una smorfia di disgusto Gretel. «Mi ha mandato dei soldi per comprarmi un vestito alla boutique Dupois».
«Eh?! Quanti cavoli di galeoni ti ha mandato?» chiese sorpresa Roxi.
«Più di quanti ne abbia mai toccati tutti insieme» rispose ella eccitata. «E naturalmente non ho nessuna voglia di comprare un vestito né di andare ad uno stupidissimo Ballo. Tanto non mi inviterà nessuno. Potrò sempre dire questo a mia madre. Non mi chiederà i soldi indietro».
«Quindi noi del terzo non possiamo andarci?».
«Non lo sappiamo ancora, Roxi. La Preside lo specificherà nei prossimi giorni, immagino» replicò Frank. «Comunque nemmeno io ho tanta voglia di andarci».
«Concordo» disse Roxi. «Mio padre sarà sicuramente in negozio. Viene sempre quando c’è l’uscita ad Hogsmeade. Devo andare a salutarlo. Se per voi non è un problema ci andrei subito. Mi darà sicuramente qualche galeone».
*
«Sapete già chi inviterete al Ballo?» domandò curiosa Demetra.
James quasi si affogò con la sua burrobirra e si affrettò a negare, non riuscendo ad evitare di lanciare uno sguardo a Benedetta, che a sua volta era arrossita.
«No, ma io non so ballare, quindi…» mormorò Benedetta.
«Io sono fidanzato» disse Robert.
«E allora? Guarda che puoi invitare qualcuna anche come amica!» replicò Demetra. Robert bevve un lungo sorso della sua burrobirra e poi disse: «Ok, allora va bene. Tu hai già un accompagnatore?».
Gli altri tre lo fissarono sorpresi, poi Demetra rispose: «No. Vuoi che andiamo insieme?».
«Sì, se ti va».
Demetra arrossì lievemente e poi annuì. «A questo punto devo assolutamente trovarmi un vestito! Vieni Benedetta?».
La ragazza scrutò l’amica già in piedi con un certo nervosismo. «Dove dovremmo andare?».
«A comprare un vestito elegante».
«C’era scritto nella lista del materiale scolastico. Se non l’ho portato, ci sarà un motivo».
«Per comprarlo qui, naturalmente!» trillò Demetra.
«Veniamo anche noi» saltò su James, quando una rassegnata Benedetta si preparava a seguire l’altra Grifondoro. Robert gli rivolse uno sguardo truce, che James ignorò bellamente mentre pagava e seguiva le ragazza fuori dai Tre Manici di Scopa.
«Da dove cominciamo?» chiese James.
«Il negozio di abiti babbani. Non costa molto e vende abiti per ogni occasione» rispose prontamente Demetra.
«Ma sei impazzito?» sibilò Robert all’orecchio di James.
«No, voglio solo far loro compagnia».
Robert alzò gli occhi al cielo, pensando che lo scopo dell’amico non fosse solo questo. «La verità, James! O non ti seguirò in questa cosa».
«I Campioni devono aprire le danze, me l’ha detto papà. Io devo avere una partner o la McGranitt mi ucciderà. Magari accompagnandole riuscirò a chiederlo a Benedetta».
«Ti darò una mano» concesse Robert con un lieve sorrisetto malizioso.
Procedettero per qualche minuto lungo la High Street, poi un’entusiasta Demetra li guidò in una traversa a destra. La stradina acciottolata era luminosa quanto la principale. Il villaggio di Hogsmeade era cresciuto parecchio dai tempi dei loro genitori: maghi intraprendenti avevano aperto nuovi negozi, proprio come quello a cui erano diretti, e molti avevano deciso di trasferirsi, soprattutto tra i Purosangue, nell’unico villaggio interamente magico della Gran Bretagna.
«Eccoci!» disse felice Demetra.
L’insegna del negozio recitava Liberty. L’edificio risaltava in mezzo alla fila di villette, che lo circondavano: era molto colorato e nelle vetrine erano esposti vestiti di tutti i tipi.
«Entriamo» disse James scuotendoli.
L’interno era ancora più sorprendente. Era evidente che fosse stato allargato con la magia, soppalchi e vari livelli dati dal pavimento sopraelevato.
«Buongiorno! Posso aiutarvi?» domandò loro una voce squillante. Apparteneva ad una ragazza, che dimostrava all’in circa una ventina di anni ed indossava dei semplici jeans strappati alle ginocchia ed una maglietta bianca con il nome del negozio a lettere cubitali.
«Sì, grazie. Cerchiamo vestiti da cerimonia» rispose Demetra.
«Per tutti e quattro?».
«No, solo per le ragazze» rispose Robert.
«Perfetto, venite con me».
Seguirono la ragazza in quello che dopotutto era un vero e proprio labirinto. «Quanto volete spendere?».
I ragazzi si osservarono a vicenda. «Non più di una cinquantina di galeoni» rispose Demetra.
«Anche di meno» mormorò imbarazzatissima Benedetta. «10-15 galeoni… sono già tanti…».
«Ok, ora vi mostro qualcosa».
James e Robert decisero che non avrebbero più creduto alle parole delle donne: qualcosa era diventato un intero piano di abiti, che Demetra costrinse Benedetta ad indossare e loro a fare da consiglieri.
«Questo no» disse subito Robert, quando Demetra uscì dal camerino con un lungo vestito fucsia ed una specie di mantellina che le ricadeva sulle spalle.
«Già questo colore non piace nemmeno a me».
Benedetta indossò un abito turchese senza il minimo entusiasmo, non sarebbe mai stata a suo agio con qualcosa del genere addosso. Quando uscì dal camerino fece una smorfia che avrebbe voluto scoraggiare ogni commento da parte dei due ragazzi.
«Ti sta bene» disse Demetra.
Benedetta la fulminò con lo sguardo. «No, no è troppo scollato… insomma siamo a dicembre».
Demetra alzò gli occhi al cielo melodrammatica. «Per questo c’è la stola. Ragazzi, voi cosa ne dite?».
«Deve piacere a lei» tentò diplomatico Robert, preoccupato dall’espressione di James, cui tirò una gomitata perché dicesse qualcosa.
«Sì, sì hai ragione. E poi non mi piace. Sembra più grande…». James approfittò del momento in cui entrambe le ragazze erano nei camerini e si rivolse all’amico: «Merlino, se la invita qualcun altro io muoio… hai visto le sue spalle? Sono così bianche…».
Robert lo scrutò per qualche secondo poi sentenziò: «Ormai ti ho perso…».
«No! Sii serio! Sei il mio migliore amico! Mi devi aiutare!».
«E così come sto?» li interruppe Demetra.
Indossava un vestito dorato, la parte superiore era una specie di corpetto brillantato e la parte inferiore era ampia e gonfia.
«No, Merlino. Non puoi prendere qualcosa di semplice?» chiese Robert un po’ bruscamente. Demetra lo fulminò.
Alla fine, cioè dopo due ore di agonia per i due ragazzi, Demetra scelse un vestito che arrivava alle ginocchia, rosa chiaro: sopra ricamato e sotto velato, con nastro satinato alla vita sempre dello stesso colore.
«Bene, signorina sono 40 galeoni. Proprio come voleva lei» disse la commessa. Demetra sorrise.
Benedetta, invece, aveva molte più difficoltà nella scelta. Si vedeva che era visibilmente turbata e sarebbe voluta uscire al più presto da lì. James si avvicinò per parlarle a bassa voce. «Che succede?».
«Questa cosa del Ballo è davvero stupida. Non ci voglio andare. E poi…» tentennò un attimo ed aggiunse, «chi mi inviterebbe? Insomma a parte te e Robert nessun ragazzo mi calcola... Mi aiuti con Demetra? Voglio andarmene da qui».
James vide i suoi occhi lacrimosi ed annuì. «Ad un patto, però».
«Quale?».
«Misuri un ultimo vestito. Uno che ho visto io».
«Va bene, ma poi ce ne andiamo e non parliamo più di questa storia, ok?».
«Promesso» disse James portandosi ostentatamente una mano sul cuore facendola scoppiare in un risolino nervoso. Sorrise e le porse un abito blu notte, con le spalline decorate con dei finti diamanti.  Quando uscì dal camerino per poco a James non venne un colpo: era davvero bella.
«Stai benissimo! Su, non puoi rifiutarti di prendere questo!» intervenne subito Demetra.
«No, io non…» tentò Benedetta a disagio.
«Ma come non ti piace?» insisté l’altra. Benedetta rivolse uno sguardo supplichevole a James.
«Robi, perché tu e Demetra non scendete a pagare il suo vestito? Cerco io di convincere Benedetta».
Appena rimasero da soli, James si avvicinò all’amica. Il suo cuore batteva in modo anormale. «Stai davvero bene. Che problema c’è?» le chiese dolcemente.
Ella era arrossita. «Costa troppo, Jamie. Sono 60 galeoni. Sei andato a scegliere uno dei vestiti più costosi!» mormorò.
James rimase senza parole e si diede mentalmente dello stupido: appena aveva visto il vestito aveva pensato che le sarebbe stato a pennello, ma non aveva guardato il prezzo. Avrebbe voluto spiegarglielo, ma quando aprì la bocca disse semplicemente:
«Scusa, non l’ho fatto apposta».
Scesero le scale insieme e James avrebbe voluto consolarla e dirle che nessun altro avrebbe dovuto invitarla perché lui la voleva al suo fianco e non le interessava come si sarebbe vestita, ma ancora una volta non trovò il coraggio. Quanto meno, però, riuscì a proporre qualcosa di più sensato. «Ti va una cioccolata calda? Oggi fa davvero freddo. Credo che, se non stanotte, nei prossimi giorni nevicherà».
«Magari, adoro la neve. Anche se non sopporto il freddo. Una cioccolata sarebbe perfetta».
«Dopo mi aiuterai a trovare un regalo per mia mamma?».
«Ok, anche se non sono molto brava in queste cose».
«Lo sei più di me e tanto basta» le sorrise James.
*
«Abbiamo preso tutto?» chiese Gretel.
«Mi pare di sì» replicò Frank pensieroso.
Roxi annuì avventandosi sulla sua cioccolata calda. «Mi passi quei biscotti al cioccolato?».
Frank le porse il piatto.
«A che pensi?» gli chiese Gretel.
Il ragazzino scrollò le spalle e si concentrò sulla sua tazza. «Calliance».
«Senti, devi ignorare i suoi insulti. Ne abbiamo parlato all’infinito» sbuffò Roxi.
«La prossima volta che mi darà fastidio, giuro che gli risponderò a tono» disse deciso Frank.
«Questo è un buon proposito» commentò Gretel.
«Attenzione» saltò su Roxi, facendoli sobbalzare. Frank e Gretel iniziarono a guardarsi intorno chiedendosi che cosa avesse visto. Roxi, invece, si sporse in avanti ed affondò due dita nella panna che ricopriva la cioccolata di Frank e poi prima che questi potesse reagire gli disegnò due folti baffi sulle labbra. «Se continui a rimuginare sempre troppo sulle cose, diventerai vecchio e brontolone».
Scoppiarono tutti e tre a ridere. «Chi ti dice che da vecchio avrò i baffi?» chiese divertito Frank.
«Preferisci la barba?» chiese Roxi, mentre già passava ai fatti. Risero ancora più forte.
«Pulisciti» disse frettolosamente Gretel lanciandogli un tovagliolo. «È entrato Mcmillan».
Frank obbedì, ma la ridarella dei tre non si placò.
«Roxi, hai le mani sporche vero?» chiese una volta più calmo Frank.
«E dove avrei dovuto lavarle?».
«E io ora come me la bevo?».
«Togli la panna con il cucchiaio» propose Gretel, dopo che avevano smesso di sghignazzare per l’ennesima volta.
«Dobbiamo fare qualcosa di divertente» propose Roxi.
«Stamberga Strillante?».
«Non è che sia molto divertente» mormorò Frank.
«Possiamo sempre farci una passeggiata prima di tornare al Castello» continuò Roxi.
«Che farete durante le vacanze?».
«In famiglia, come sempre» rispose Roxi e Frank annuì.
«Forse quest’anno riesco a convincere i miei a festeggiare il mio compleanno con degli amici. Voi ci verreste?».
«Certo, che domande!» rispose con un ampio sorriso Roxi.
«Sì, va bene» replicò Frank.
«Ah, ragazzi. Stanotte ho finito i disegni del Diario. Guardate» dallo zainetto Roxi tirò fuori una specie di quadernone pergamenaceo. Che ne dite?
«Sono bellissimi» sussurrò Frank.
«Siete grandi ragazzi».
«Volevo solo che la storia dei Fondatori non andasse perduta» borbottò imbarazzato Frank.
*
«Quindi noi potremmo o non potremmo andare al Ballo? E se ci imbucassimo? Insomma tra tutti gli studenti che ci saranno potranno accorgersi di noi?».
«Amy» iniziò paziente Emmanuel Shafiq, «Non sappiamo ancora se ci sarà permesso. La Preside non ha detto nulla. E comunque sì, se ne accorgerebbero. Ci conoscono».
«Che palle» commentò la ragazza.
«Non sei per nulla fine, Mitchell» disse infastidito Pratzel.
«Sei solo geloso, Pratzel perché nessuno ti vorrebbe come accompagnatore».
«Come osi?!».
«Sei brutto, brufoloso ed antipatico» disse Amy.
«Amy! Come ti salta in mente?!» disse Emmanuel. «E tu posa quella bacchetta!» aggiunse tentando di bloccare la mano dell’amico.
«Io non ho paura di una palla di lardo» replicò Amy estraendo la bacchetta a sua volta. «Stupeficium».
Emmanuel si scostò appena in tempo e così anche Pratzel che passò subito al contrattacco. «Evertestatim!».
Amy evitò l’incantesimo e gridò: «Gambemolli». Sta volta centrando l’obiettivo.
«Stronza! Stupeficium!».
«Sei lento, Pratzel! Non sarai mai al mio livello».
«Smettetela o finiremo nei guai!» disse Emmanuel frapponendosi fra i due compagni.
«Sai una cosa, Shafiq? Mi hai rotto anche tu con il tuo buonismo» sbottò Pratzel.
«Sì, spostati. Lascia che lo sistemi per le feste! Così vedrà cosa sa fare l’Americana» intervenne Amy spingendolo di lato.
«Me ne occupo, io» disse una voce alle sue spalle: Samantha Tylerson. «Ora basta, o sarò costretta a togliere punti a Serpeverde».
Emmanuel, visto che la situazione era ora nelle mani della loro Caposcuola, si voltò e si avviò da solo lungo High Street. Vagò per un po’ a caso: era rimasto profondamento turbato dalle parole dei due compagni, soprattutto di Pratzel. Vicino alla Boutique Dupois trovò un gruppetto di Corvonero del suo anno. Subito individuò Fabiana. Le salutò, avvicinandosi.
«Ciao, Emmanuel» disse la piccola Weasley arrossendo lievemente.
«Ti va di fare un giro insieme a me?».
«Sì, ok» rispose Fabiana divenendo sempre più rossa. Le sue amiche ridacchiarono. «Allora cos’hai?» gli chiese sorprendendolo. «Sei triste».
Il ragazzino le raccontò del litigio fra i compagni.
«Lasciali perdere. Sono stupidi. Di Pratzel l’ho sempre pensato. La Mitchell, invece, attacca briga con tutti. Da quando è arrivata vi ha fatto perdere un sacco di punti».
«Già, ma ti assicuro che non è male. È simpatica, ma poi se ne esce con questi modi violenti».
«Magari è arrabbiata e si sfoga così. Ho sentito dire che i suoi hanno divorziato. Dev’essere davvero brutto. Io non sopporterei mai se i miei prendessero una decisione del genere e loro litigano spesso».
«I miei non litigano quasi mai, ma alle volte ciò mi fa ancora più paura. Sembrano troppo perfetti. È normale che i genitori litighino. E poi da tempo ho scoperto che i miei non parlano mai davanti a me di ciò che li preoccupa».
«Lo fanno perché ti vogliono bene. Sai quanto mi fa male sentire i miei litigare?».
«Secondo me in ogni cosa ci vuole una via di mezzo, anche in questo caso. Non sono più un bambino io, ed i tuoi dovrebbero contenersi un po’».
«Sono d’accordo, ma tanto gli adulti vedono più facilmente i nostri errori e non i loro».
«Senti, ti va se durante le vacanze ci incontriamo per studiare insieme?».
«Sì, ma insomma i tuoi vorrebbero?».
«Perché non dovrebbero?».
«Beh sono una Weasley ed i tuoi…».
«Non dire idiozie… Mi hanno insegnato a non fare alcuna discriminazione. Ti troveranno simpatica».
*
«Scommettiamo che Elphias ed Isobel sono stati tutto il giorno da Madama Piediburro?» chiese ghignando Rose.
«Sicuro e dove se no?» rincarò Scorpius ridacchiando insieme a Cassy.
«Ma quanto siete infantili» borbottò Albus.
«Dimmi, mio piccolo Al» iniziò Rose, facendo ridere Cassy e Scorpius, mentre Dorcas e Alastor assunsero un’aria preoccupata. «hai intenzione di studiare al posto di andare al Ballo del Ceppo?».
«Sì» rispose semplicemente il ragazzo, sorprendendo tutti. «Devo finire di tradurre il libro che ho trovato in biblioteca».
«Quando ci dirai di cosa parla?» approfittò Scorpius. Albus dal momento in cui aveva percepito il loro scarso entusiasmo per il nuovo possibile indizio, aveva deciso di non dir loro nulla.
«Quando finirò di tradurlo. Penso di farcela entro la fine delle vacanze».
«È vero che vostro cugino ha perso la spilla?» chiese Scorpius.
«Sì» rispose seria Rose. «Zio Neville ha ritenuto che Fred non meritasse di essere il Capitano».
«E ancora non ci parla. Hai visto stamattina, nemmeno ci ha salutato» aggiunse Albus.
«È lui quello che ci perde. Io spero che l’anno prossimo la daranno a me la spilla».
«Rose! Come fai a dire certe cose! Stiamo parlando di Freddie!» la rimproverò Albus.
 «Fred ha avuto la sua possibilità» replicò la ragazzina con occhi bramosi.
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Ecco un nuovo capitolo, decisamente molto più tranquillo rispetto al precedente (da qui il titolo). Ho ritenuto necessario inserire il confronto tra James ed Harry, in quanto ritengo che sia inevitabile che la maggior parte della gente guardi in modo diversi i figli di Harry ed ognuno di loro reagisce in modo diverso, ma appunto come dice Jamie il problema sono gli altri. Tale riflessione non è stata senz’altro immune da “Harry Potter e la Maledizione dell’erede”, non so cosa ne pensiate voi, ma io non sono rimasta particolarmente entusiasta. Per il resto si tratta di un capitolo di transizione, dove non succede nulla di particolare se non i continui e fallimentari tentativi di James con Benedetta.
Per quanto riguarda i prezzi dei vestiti: ho letto da qualche parte che un galeone corrisponde a circa 5 sterline e ho utilizzato questo criterio.
Il diario di cui parlano Frank, Gretel e Roxi è quello della leggenda dei Fondatori, chi ha letto L’ombra del passato sa di cosa parlo; per chi non l’avesse letto, è molto semplice: in questo diario è raccontata una leggenda riguardante i Fondatori e Rose, incosciente, la riporta in auge; dopo varie vicissitudini si scopre che Frank è l’erede dei Fondatori (non per linea di sangue). Alla fine dell’anno Frank ha ottenuto dalla McGranitt di poter prendere in prestito il vecchio diario in modo da poterne scrivere degnamente la fine.
Ditemi cosa ne pensate e se il capitolo vi è piaciuto J.  Le recensioni anche negative (purché siano costruttive) sono sempre ben accette.
A presto,
Carme93
   
 
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