Forse non tutti lo sanno, ma la gente indossa delle maschere. Sempre, anche nei momenti più insignificanti della propria vita. E certamente non parlo delle maschere di carnevale, di quelle che saltavo fuori a Rio de Janeiro, o i vestiti da usare nella notte delle streghe. Parlo di maschere “invisibili” . Ora vi chiederete: che si è cannato questo? Vi spiego subito.
Queste maschere “invisibili” non nascondono il volto, né parti del corpo. Nascondono un pezzo di anima. Quella fragile, insicura, in bilico. Quella che non vorremo mostrare a nessuno, ma che scompare nei momenti più duri della vita, rendendoti vulnerabile, proprio quando necessita essere forti. Prima o poi, tutti mostriamo in nostro vero volto. Avvolto dalle lacrime, dalla disperazione, dalla rabbia. Sono in pochi ad averla sempre appresso. Ed io posso vantarmi di essere tra questi. Ho sempre nascosto la mia anima, dietro una faccia allegra, solare e spensierata. Nemmeno ora, che è uno dei momenti di crisi più nera, mi abbandona. Sono sette anni che la porto in volto, e ho giurato a me stesso che non me la sarei mai tolta fino al mio letto di morte. L’unico mondo in cui rivelo la mia anima è questo: un mondo di tante parole, che, messe assieme, si completano a vicenda, assumendo significato. Un po’ come le persone, che hanno bisogno di essere unite, per assumere un senso e riuscirne a darne uno, alla propria esistenza. Questi insiemi rendono un idea delle cose, evocano immagini ed emozioni, che nella vita normale non dimostrerei mai. Ecco perché amo la scrittura: mi permette di farmi vedere in faccia, senza essere giudicato. Perché, in fondo, è questo che conta nella vita: il giudizio degli altri. Conta sempre il giudizio di qualcun altro, ovunque tu vada. Per questo motivo, continuerò a scrivere i miei sfoghi e le mie sclerate qui, consapevole che nessuno mi potrà giudicare.
Guardatemi bene in faccia, ora. Perché se un giorno ci dovessimo incontrare, io non sarei così.