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Autore: Biblioteca    30/09/2016    1 recensioni
In una delle scene iniziali del film, Jasmine dice di non essere mai uscita dal palazzo. E se in realtà fosse una bugia?
Magari Jasmine ha incontrato Rajah proprio durante una fuga segreta, molti anni prima, quando era ancora bambina?
(Pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jasmine, Rajah, Sorpresa, Sultano
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Sei sicuro di aver guardato da per tutto!?”
Il volto bonario del sultano in quel momento era deformato da una smorfia di pura furia, mentre il colorito oscillava tra il rosso e il viola.
Destinatario di tanta rabbia era il povero capitano delle guardie, inginocchiato a terra.
“Mi dispiace maestà, ho cercato ovunque: ho visitato tutte le stanze del castello, incluse quelle interdette anche a noi soldati, ho fatto il giro del giardino tre volte. Mi sono addirittura arrampicato su una palma! Ma della principessa Jasmine non c’è traccia.”
Il sultano era noto per il suo carattere bonario e calmo, che si diceva fosse aumentato di molto con la vedovanza.
Solo, con la sua figlioletta, il sultano lasciava gran parte delle sue mansioni al gran visir Jafar e raramente si mostrava ai suoi sudditi.
Ancora deteneva però gran parte del potere, aveva reso la sua città fiorente ed era noto per aver sempre concesso la grazia ai suoi prigionieri, anche quando aveva il potere e il consenso di non farlo.
Ma in quel momento, tutta quell’aura di bontà era svanita.
La piccola Jasmine, la sua adorata figlioletta (che allora aveva solo dieci anni) era sparita dalla vista delle sue guardie del corpo.
E il sultano era accecato dall’ira e dalla paura.
Che il destino avesse deciso di portare via anche sua figlia? E se qualcuno l’aveva rapita cosa sarebbe accaduto? Certo, lui avrebbe dato il suo regno pur di riaverla con sé, ma se i rapitori avevano scopi diversi dal riscatto?
E soprattutto, come aveva fatto una bambina alta come un soldo di cacio a sfuggire a quell’imbecille?
Stava per urlare all’uomo tutto l’odio che aveva in corpo quando una voce lo fermò.
“Papà!”
Il sultano e la guardia guardarono verso il corridoio dove la piccola Jasmine saltellava verso di loro.
“JASMINE!”
Il sultano si gettò su di lei lasciandosi cadere per terra e stringendola forte.
“Jasmine! Dove eri finita!? Le guardie non ti trovavano più! Hai idea di quanto mi hai spaventato!?”
Jasmine divenne tutta rossa.
“Ero a giocare nella mia stanza….”
“Cosa?! Ma il capitano era entrato a vedere!”
“Sì! Lo so!” si affrettò a dire la piccola “E io mi sono nascosta.”
Il sultano sorrise.
“Ah! Birbante! Volevi farmi uno scherzo eh?  Guardia, lasciami solo. Voglio parlare a tu per tu con mia figlia.”
Ben felice di essere sfuggito in tempo all’ira del sultano, oltre che del ritorno della stessa principessa, la guardia fece un ulteriore inchino e lasciò la stanza.
“Jasmine, questi non sono scherzi da fare… Ho avuto paura per te, tanta paura…. Se dovessi perdere anche te…. Non so cosa ne sarebbe di me…”
Il padre la prese dolcemente in braccio per portarla nella sua stanza.
“Ora vieni… si è fatta ora di dormire.”
“Papà?”
“Cosa c’è?”
“Io in quanto principessa, ho il potere di dare ordini, vero?”
“Ah! Bhè… Non proprio… la tua parola non può essere legge ma…”
“Se io volessi ordinare di far liberare qualcuno…. Lo posso fare?”
“Oh bhè… In realtà no. Sono io che decido il tempo di detenzione di un prigioniero. Però, se tu inizi da ora a studiare le nostre leggi, poi quando sarai grande…”
“Ho letto il libro con le nostre leggi papà. Ma non ce n’è nessuna per liberare Rajah.”
“Rajah? E chi è Rajah?”
“È una mia amica…. La tengono chiusa dentro una gabbia e lei piange tutto il tempo. È così triste… perché hanno trasformato la sua mamma in un tappeto.”
Il sultano sussultò per un momento.
“Jasmine…. Questa Rajah…. È…. Una persona?”
“No, è una tigre!”
Il sultano tirò un sospiro di sollievo.
“Però… anche lei non ha la mamma….”
Il sultano annuì.
“Un momento…. Ma questa Rajah dove l’hai vista?”
Jasmine ci impiegò un po’ prima di rispondere.
“Ho visto passare una carovana di mercanti. Lei era in una delle gabbie e dietro c’era la sua mamma… come tappeto.”
“Capisco…” Il sultano non immaginò neanche per un momento che la figlia potesse aver mentito.
Non immaginò neanche per un momento che la piccola Jasmine aveva deciso, per il suo decimo compleanno, di regalarsi una passeggiata fuori dalle mura del palazzo, tutto di nascosto a suo padre e alle guardie.
La bimba, aveva approfittato di una distrazione del capitano, per salire su uno dei carri che entravano carichi di merce e uscivano carichi d’oro. Coperta da un semplice sacco, la bimba si era avventurata per la prima volta fuori dalle mura del palazzo sperando di trovare un amico.
E aveva visto Rajah. La tigrotta, chiusa in una gabbia minuscola, lanciava suoni acuti e striduli verso una pelle di tigre appesa in bella mostra.
E siccome Jasmine aveva avuto in dono da suo padre un libro sugli animali (l’uomo li amava al punto da possederne diversi nel giardino e da collezionarne dei modellini in miniatura, permetteva addirittura a Jafar, il gran visir, di portarsi dietro un pappagallo, che però a Jasmine stava antipatico), sapeva che le tigri cucciole passano molto tempo a fianco delle madri. Quindi quel cucciolo ingabbiato doveva per forza essere il figlio del tappeto appeso.
Jasmine aveva provato un misto di disgusto e orrore.
Si era avvicinata alla gabbia per guardare meglio la tigre.
Senza paura, aveva infilato la mano tra le sbarre e le aveva accarezzato la testa.
“Anche la mia mamma è morta….”
Il felino si era girato e i suoi occhi gialli avevano incontrato quelli scuri di Jasmine. Si erano guardate a lungo in silenzio prima che il mercante cacciasse via la bimba in malo modo.
“Vattene stracciona! Vai a fare la ladruncola altrove!”
Jasmine era scappata. Ma aveva deciso che avrebbe liberato Rajah ad ogni costo.
“Per favore papà! Per favore! Ordina a quel mercante di liberare Rajah!”
Il vecchio sultano stese Jasmine sul letto.
“Solo se mi prometti che non mi farai mai più prendere uno spavento come quello di oggi.”
Il che equivaleva a dire per sempre addio alla possibilità di uscire dal palazzo.
 “Papà?”
“Dimmi figlia mia.”
“Se io fossi prigioniera, tu cosa daresti per liberarmi?”
“Tutto” rispose subito il sultano “anche la mia stessa vita.”
Jasmine annuì lentamente. Se suo padre era pronto a tanto, allora doveva esserlo anche lei.
“Ti prometto che non sparirò mai più dalla tua vista papà.”
Il sultano sorrise compiaciuto.
“Va bene. Ora dormi. Domani, vedrò che cosa posso fare.”
 
Continua…
  
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