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Autore: FreeMara    02/10/2016    0 recensioni
Kimama non sapeva di essere una semidea. Ma nessuno lo sa davvero finchè non è ormai tardi.
Vita in pericolo, mostri che ti attaccano... la solita semidivina storia per tutti.
Che sia il momento di cambiare le regole? E' il momento di scoprirlo, e stravolgere i piani di tutti gli dei.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nero.
E’ tutto nero.
Alcuni potrebbero dire “No, è solo il buio, in realtà è tutto colorato.”
Invece no, non proprio. La cabina di Ade ha le pareti di un rosso molto scuro che, ovviamente, al buio sembrerebbe totalmente nero se non fosse per qualche torcia di fuoco greco che brucia tutta la notte. I mobili invece sono semplici, sormontati solo da alcune decorazioni in pietra nera o viola.
Nico mi ha detto di averla ideata personalmente insieme a una certa Annabelle (o era Annabeth?)
 Ad alcuni potrebbe non piacere ma io la trovo affascinante mentre dalle finestre entrano i primi raggi di luce che si uniscono al bagliore del fuoco. Deve essere l’alba.
Credevo che dopo cena mi avrebbero rispedito immediatamente da quelli di Ermes, dal momento che Thanatos non ha una cabina, ma Nico mi ha offerto un letto; di certo lo spazio non gli manca e poi Thanatos lavora per Ade, se non ricordo male dalle lezioni di Storia antica.
 Un’altra cosa che ricordo dalle lezioni è che Thanatos non dovrebbe nemmeno avere dei figli: non ce n’è traccia nella storia ed è plausibile dal momento che la Morte non può permettersi una “debolezza” nel suo “lavoro”.
Thanatos.
Per anni, sul pavimento nella cabina di Ermes, ho pensato a chi poteva essere mio padre: certamente non Zeus (non sarei una brava leader) o Poseidone (non so nuotare); sono pessima nei lavori manuali per Efesto e non ho le doti di Apollo. Nei duelli ho sempre fatto la figura della schiappa, così ho eliminato Ares. Odio le feste e ho cancellato anche Dionisio. Non ho mai pensato seriamente ad Ade, nessuno l’ha mai fatto.
Speravo in Ermes o in qualche divinità minore, ma nessuno mi ha mai riconosciuta.
Per questo mi sono fatta avanti per l’impresa, sperando che se avessi trionfato, mio padre si sarebbe voltato e guardandomi avrebbe detto “Eh già, quella è proprio la mia ragazza! Facciamoglielo sapere subito o si sentirà abbandonata per tutta la vita”
E invece no, sono dovuta morire per ricevere un po’ di attenzione.
Certo, è stata una morte gloriosa per salvare i miei amici, ma sono comunque morta senza aver mai conosciuto mio padre; così sono dovuta morire e tornare dalla terra dei morti, incontrare un ragazzino che sembra aver fatto il viaggio insieme a me per sapere che è stato mio padre a uccidermi.
La conchiglia suona, ora di colazione. Sarà una giornata meravigliosa.
Corro in bagno per prepararmi, sorpassando un Nico appena sveglio che si stropiccia gli occhi. Sembra un piccolo fantasma pallido con i capelli arruffati e il pigiama stropicciato.
Chiudo la porta mentre mi ci appoggio, guardandomi allo specchio: indosso ancora i vestiti di ieri sera, in assenza del pigiama; i capelli formano una lunga massa di nodi neri, gli occhi invece assumono un colore rossiccio mentre li strofino che poco si abbina al verde e al grigio.
Non ho un aspetto migliore di Nico.
Appesa su un gancio  c’è una maglia del campo, sfolgorante arancione con un pegaso stampato sopra. Non è di Nico, lui non la indossa. E’ per me.
Butto la vecchia camicetta rubata (Nat direbbe “presa in prestito”) nel cestino e indosso la maglia, dopo cinque anni.
Lavo velocemente la faccia, rendo presentabili i capelli districando i nodi e legandoli in una coda ed esco dal bagno, mentre Nico mi aspetta alla porta.
Ha lo stesso completo di ieri sera, anche se ha lasciato la giacca sul letto e sul fianco gli ricade una spada nera. –Andiamo?
Ci avviamo in silenzio al padiglione della mensa. Nico non sembra un tipo molto socievole,  così cerco con lo sguardo Nathan fra la marea di ragazzi che si sta riversando nella mensa: lui è finito nella cabina di Ermes come indeterminato, così come lo era prima di morire. Ha rincontrato vecchi amici, sembra si stiano divertendo molto.
Io e Nico entriamo per ultimi, aspettando che prima si siedano tutti gli altri. Solo ora mi accorgo di quando sia affollata la mensa! Molti più tavoli, molti più ragazzi. Cabine nuove per gli dei minori e meno indeterminati da Ermes, non stento a credere che ci siano sempre più ragazzi al Campo.
Al tavolo dodici, dove di solito siedono i satiri con il signor D e i suoi due figli, manca ancora Chirone. Brutto segno.
Una mano fredda mi afferra il braccio. –Vieni, c’è un tavolo libero.
Nico mi trascina verso un tavolo vuoto, lontano dagli altri stracolmi di ragazzi.
-Questo è il tuo tavolo? Cioè, è il tavolo di Ade?
Mi fa un mezzo sorriso. –Si, è questo. Ma è sempre vuoto, sono l’unico figlio di Ade e non resto mai molto tempo al Campo.
-E ora perché sei qui?
Per un momento guarda altrove, poi fissa di nuovo gli occhi sul tavolo. –Niente. Questioni diplomatiche.
Cerco di capire dove ha puntato gli occhi prima, ma c’è solo  il tavolo di Afrodite: molte ragazze intente a spettegolare, anche se una di loro, che dovrebbe essere la capocabina, è abbracciata a un ragazzo biondo con gli occhi azzurri e una cicatrice sul labbro. Carino, ma non ha i tratti tipici di Afrodite.
-Se non vuoi stare seduta qui puoi anche andare dal tuo amico.- Nico sta facendo a pezzi quelli che sembrerebbero pancakes. Non deve essere abituato alla compagnia. O all’idea di poter avere compagnia.
Il tavolo di Ermes è vicino a quello di Afrodite ed è uno dei più rumorosi. Non riesco a vedere Nat in mezzo a tanti ragazzi.
Mi giro di nuovo verso Nico. –No, sto bene qui. E poi sedersi ai tavoli delle altre cabine è contro le regole, no?
Gli ricompare quel mezzo sorriso. –Tecnicamente, sei seduta al tavolo di un’altra cabina. Ma Thanatos lavora per Ade, quindi direi che non faccia molta differenza.
-Quindi anche io sono al tuo servizio?
Nico sta per rispondermi quando degli zoccoli fanno tremare il pavimento. Chirone sembra proprio stanco e so che in parte è colpa mia.
Non dice niente, ma mentre si dirige al suo tavolo principale mi lancia un’occhiata di cui conosco il significato.
Deve parlarmi alla Casa Grande.
Finita la colazione tutti i semidei si disperdono verso le loro attività: duelli, lezioni di greco antico, tiro con l’arco. Io invece sono diretta alla Casa Grande
Stranamente Nico si offre di accompagnarmi, e devo ammettere che ne sono felice: non sono mai riuscita a sostenere una discussione con Chirone. Inoltre Nico sembra sapere molte più cose di me su Thanatos.
Per raggiungere la Casa Grande dobbiamo tornare indietro verso le cabine e passare l’armeria e le fucine.
Il cammino è molto silenzioso esattamente come prima, solo la spada di Nico che urta sulla sua gamba a riempire un po’ l’aria.
Passando davanti l’armeria mi chiedo se non dovessi procurarmi una nuova spada. Quella che avevo è andata persa nell’impresa, ma sarebbe inutile procurarmi un’arma se non dovessi restare al Campo.
Arrivati alla Casa Grande vedo che Chirone sta parlando con Nat. Sono stata una stupida a non pensare che avrebbe voluto parlare anche con lui: non si tratta solo di mio padre ma anche della fuga dagli Inferi.
Credo gli stia raccontando proprio di come siamo scappati perché Chirone ascolta molto attentamente mentre Nat parla senza fermarsi, aggiustandosi ogni tanto il ciuffo di capelli biondi che gli ricade sulla fronte.
Si accorgono della nostra presenza solo quando Nathan smette di parlare e si gira verso di me, facendomi l’occhiolino. Intanto Chirone mi si avvicina
-Ah, Kimama! Sono contento tu sia venuta con Nico. Abbiamo molte cose di cui parlare. Vorrei chiederti scusa per come ho reagito ieri sera, ma sai… una figlia di Thanatos è cosa rara. Anzi, -si ferma un attimo, come per mettere insieme le parole giuste. –non dovresti nemmeno esistere. Nel corso dei secoli ci sono sempre stati problemi tra gli dei e la loro progenie. Sicuramente ricorderai il patto tra gli dei maggiori, Zeus, Poseidone e Ade, che promisero di non generare altri figli, anche se quella promessa non durò a lungo. Ma Thanatos è il dio della Morte, è colui che riscuote le anime dei defunti, raccoglie chi deve morire. Dimmi, tu riusciresti ad uccidere tua madre?
Mia madre. Come potrei uccidere mia madre? –No, assolutamente no.
Chirone mi rivolge un piccolo sorriso. –Dopo tanti secoli a contatto con gli umani, gli dei hanno appreso da voi qualcosa di tanto straordinario ma così letale: i sentimenti. Perfino un dio non riuscirebbe ad uccidere qualcuno che gli è a cuore. Immagina la sua stessa figlia. Per gli altri dei sembreresti avvantaggiata dalla Morte. Pensa a questo, affrontare cento battaglie, subire cento ferite e non riuscire mai a morire. Invincibile, quasi immortale. E’ un privilegio che spetta solo agli dei.
Non so che dire, sono cose che già sapevo. Chirone ha ragione , la Morte non può avere debolezze.  -Ma io sono morta. Cinque anni fa, nell’impresa. Thanatos non mi ha fatto alcun favore.
-Non poteva, sarebbe stato scoperto. Solo il fatto che esisti è per lui un crimine, renderlo noto agli altri dei lo avrebbe messo dei guai.
-Quindi è questo che sono per lui, un crimine?
Mi appoggio alla prete, il mio cervello sta esplodendo di pensieri, ma per fortuna Nico riesce a dire quello che sto pensando.
-Quello che ha detto Chirone è giusto, ma allora perché riconoscerla proprio adesso? L’ha ignorata per anni, perché non farlo ancora? Soprattutto dopo la sua fuga dagli Inferi.
Chirone muove gli zoccoli quando è nervoso. Non è proprio cambiato. –Più tardi dovremo discutere di questo, Nico, avrai saputo qualcosa da tuo padre riguardo queste falle negli Inferi, se non è lui stesso in pericolo. In ogni caso penso che Thanatos l’abbia riconosciuta ora perché ha bisogno di lei.
Guardo Chirone sconvolta. –Thanatos avrebbe bisogno di me? Perché?
-In questi ultimi mesi l’Olimpo si è isolato, non abbiamo più notizie o informazioni dagli dei; ho motivo di credere che questi due avvenimenti siano collegati e per questo non c’è da escludere la possibilità che Thanatos sia in qualche guaio. Ade potrebbe sapere qualcosa dal momento che non risiede sull’Olimpo, ma fino a quando non avremo informazioni sicure, possiamo limitarci solo a fare delle congetture. – Chirone fa un lungo sospiro. –Direi che questo è quanto. Nathan, Kimama, siete congedati. Nico, io e te abbiamo molte cose da fare.
-Aspetta un attimo!- Nathan si piazza davanti a Chirone. –Quando avrai detto a Ade di me e Kim, della nostra fuga, che ne sarà di noi? Torneremo negli Inferi?
-Io penso che due semidei fuggiaschi siano l’ultimo dei problemi di Ade, dopo dei buchi nel suo sistema e un probabile dio in pericolo. Finché la situazione non sarà risolta, starete al sicuro qui al Campo.
Mentre Chirone si allontana, Nat mi si avvicina. –Chirone, però tu non credi che la nostra presenza qui al Campo sia giusta, non è vero?
Non riceviamo nessuna risposta.
-E’ questo che pensi, Nat?
Camminando per il Campo molti si girano a fissarci. Siamo quelli morti, quelli fuggiti, quelli un po’ sbiaditi, quelli tornati dalla morte.
-Siamo scappati dagli Inferi, già questo non è esattamente corretto…
-Come se tu sapessi la differenza tra corretto e sbagliato.
-…inoltre pensa a quanti semidei, quanti eroi siano morti ingiustamente, ma noi siamo gli unici ad essere tornati qui. E’ un po’ ingiusto, non credi anche tu?
Ogni tanto anche Nat dice qualcosa di sensato. Non avevo mai pensato a quest’aspetto ma ha perfettamente ragione; ora posso capire anche il perché di tanti sguardi avversi: chissà quanti hanno perso un fratello, un amico, una compagna in battaglia, qualcuno che non rivedranno più, e noi che non abbiamo nessuno siamo tornati al Campo.
-Hai ragione, è un po’ ingiusto. Ma non è colpa nostra, no?
Nat mi sorride, e quando sorride riesce sempre a rassicurarmi. –Certamente non è colpa nostra. Ma lascia fare ai grandi e ti incolperanno anche della guerra di Troia.
Non riesco a fare a meno di ridere, ma c’è qualcosa che non quadra. –Cosa hai in mente, allora?
Si guarda intorno. Siamo di fronte alle fucine, la Casa Grande si erge poco dietro di noi. Nathan ha gli occhi fissi su una delle finestre della soffitta della Casa. Una figura immobile dietro al vetro ci guarda prima di allontanarsi.
Non oserà davvero… Non può davvero pensare a una cosa simile!
-Bene, Kim! Prima dell’impresa ci serviranno delle armi nuove. Che ne dici di fare un giro nelle fucine?
Mi afferra la mano e inizia a correre verso l’edificio, mentre io ho ancora lo sguardo fisso su quella finestra.
L’Oracolo ci sta aspettando.
   
 
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