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Autore: Kia_do87    07/05/2009    2 recensioni
Vi siete mai chiesti che cosa si nasconda dietro al carattere cinico e malefico della piccola Jane? Magari un passato turbolento o una serie di eventi poco invidiabili da chiunque altro. Leggere per scoprire. 4^ classificata al concorso "Ci sono anch'io" indetto da princess of vegeta 6
Genere: Malinconico, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BIRTHDAY





"Alec! Ridammela subito!" urlo a mio fratello mentre lo rincorro per tutta la casa.
Alec regge nella mano destra la mia bambola preferita, quella col vestito viola.
"Prima devi riuscire a prendermi!" mi provoca lui voltandosi verso di me e facendomi la linguaccia.
"Bambini fate i bravi, vostra madre sta riposando" Mary-Anne ci rimprovera bonariamente; lei è la nostra tata oltre che la nostra vice mamma, a lei possiamo dire tutto, ci racconta le favole per farci addormentare e dorme nella camera accanto alla nostra.
Adorabile piccola Mary-Anne.

"Jane!".
Chi interrompe il mio sogno ad occhi aperti?
"Demetri…" rispondo con tono gelido facendogli intendere di scegliere con cura le sue prossime parole, oggi non è giornata.
"Aro ti vuole parlare" dice semplicemente.
Mi teme come tutti e fa bene.
"Digli che arrivo subito" concludo tornando a fissare la parete grigia di fronte a me mentre vecchi fantasmi del mio passato tornano a farsi spazio nella mia mente.

"Mamma!" urlo con tutto il fiato che ho in gola, ma il rumore delle travi che crollano e ci sbarrano la strada fa del mio urlo un sussurro.
Il fuoco sta divorando la casa.
"Mary-Anne, dov'è la mamma?" chiedo piangendo disperata.
"Non lo so Jane, ora cerchiamo di uscire" risponde la ragazza spaventata.
E' lei l'adulta, lei deve portarci in salvo.
"Vado a cercarla!" urla Alec sciogliendosi dalla presa della tata.
"No Alec torna qui!" strilla lei afferrandolo per un braccio prima che possa scappare via.
Papà, mamma…


"Aro" dico una volta arrivata al suo cospetto.
"Jane, cara, c'è una prigioniera che non vuole saperne di parlare".
"Ci penso io" rispondo con una semplicità disarmante.
L'ennesima neonata da torturare, ormai sono abituata ai loro strilli. Le loro urla sono diventate musica per le mie orecchie.
Mi dirigo silenziosa verso i sotterranei, in attesa di cominciare un'altra giornata di ordinaria amministrazione.

"Mi dispiace bambini, dicono che non posso tenervi" mormora Mary-Anne tra le lacrime.
"No Mary-Anne!" urla Alec "Che ne sarà di noi?".
"Vi manderanno in un orfanatrofio".
La fine del nostro mondo fatto di bambole e vestiti di lusso, istitutori e tende di velluto.
La prigionia.
Un uomo ci strappa dalle braccia della nostra ex-tata.
Mamma e papà sono morti nel rogo che ha dilaniato la nostra bella casa fino alle fondamenta, lasciando al suo posto un insipido scheletro fatto di mattoni e travi bruciate.
"Ce la faremo Jane, dobbiamo solo restare uniti" mi sussurra Alec stringendomi la manina.
"Ho paura Alec" sussurrò con la mia vocina di bimba di cinque anni.
"Anche io Jane" mi risponde mio fratello facendosi forza per entrambi.

La osservo da dietro le sbarre, ha i capelli corti ed è palesemente impaurita. Povera piccola neonata, non ha la minima idea di che cosa la aspetti.
Di solito mi diverto a svolgere questo tipo di compiti ma oggi si vede che ho un po' la luna di traverso, sento che potrei sbranare il mio stesso fratello per una parola di troppo.
Ordino al vampiro di guardia di farla uscire e lui esegue senza battere ciglio per poi condurla nella sala delle torture, la mia stanza preferita.
"Come ti chiami?" le domando fredda mentre la guardia la lascia cadere a terra senza troppi complimenti.
"Isabel…" risponde lei tremante.
Non avere paura piccola, non ancora, il gioco non è neppure iniziato.

"Sciocca bambolina, questo gioco non fa per te".
Madison, la più grande tra noi orfanelle, il nostro dittatore spietato, la nostra peggiore nemica. "Ehi tu, sputo!". Ce l'ha con me.
Mi alzo in piedi e a testa bassa mi dirigo al suo cospetto, come un'umile schiava si dirige al cospetto della sua regina.
I miei abiti di seta, le mie bambole, i miei strumenti … il mio pianoforte.
Tutto perduto.
Ora possiedo solo l'abito color rosso pallido che indosso, sbiadito a causa della sporcizia, e la mia stupida, piccola ed insignificante vita.
I miei capelli erano di un biondo lucente, da fare invidia all'oro. Mary-Anne adorava acconciarmeli in mille pettinature ogni giorno diverse.
Ora sono solo un groviglio informe di fieno sporco che mi cadono lunghi oltre le spalle.
Non ricordo nemmeno più come sia fatta una spazzola.
Il tempo cancella molte cose.
"Madison…" mormoro con voce atona abbassando lo sguardo e il capo.
Uno schiaffo mi colpisce in pieno viso ma nonostante ciò non cado, resto salda in piedi.
"Quando parli con me devi dire -Vostra Altezza-, zappaterra!" sbraita quella grossa mucca da latte, se la portassimo da un macellaio sfameremmo l'interno orfanatrofio per due giorni.
Ora basta, questo è troppo.

Le urla di Isabel mi sommergono le orecchie mentre mi accingo ad interrompere il contatto visivo con lei.
Il suo corpo è scosso da tremiti insostenibili, si accartoccia come una foglia secca, come un ragno ferito, come una vittima che non si rende conto di essere soltanto un morto che cammina e che presto tacerà per sempre.
"Come puoi essere così crudele?" mi urla contro con gli occhi fuori dalle orbite.
La mia reazione è che non ho una reazione, le sue parole mi rimbalzano contro come se Renata mi proteggesse dal loro veleno.
Il mio volto è la maschera della neutralità, oggi nemmeno le torture riescono a farmi provare quel brivido di piacere che di solito accompagna le urla disperate dei condannati alla mia compagnia; di solito godo nel vedere le mie vittime affogare nel mare del dolore e amo fare scommesse con me stessa su quanto dureranno. Ma oggi no.
Oggi rivedo in Isabel la mia carissima amica Madison, ma a differenza di quanto si possa credere non la odio ne porto rancore nei confronti di quella palla di lardo.
In quel posto vigeva la legge del più forte e la più forte era sempre stata lei, fino a quando sono arrivata io.

"Che cosa lei stai facendo?!" urla Ashley spaventata.
Madison è a terra che si contorce in preda ad un dolore inimmaginabile, chissà perché tutti ricollegano a me la fonte del tormento della loro padrona.
"Lasciala stare, Jane, smettila!" gridano altre ragazzine di cui non conosco i nomi.
Perché devo smetterla? E' così divertente, sarà senz'altro un sogno.
No, niente sogno. La frusta della signorina Pigman mi permette di comprendere che è tutto reale; Madison non urla più, probabilmente è svenuta, anche se al momento non importa, non mi lambicco nemmeno il cervello nella speranza di trovare una spiegazione razionale a ciò che è successo, sono solo felice perché comunque vada a finire quella è stata la giornata più particolare e gratificante della mia vita.

La crudeltà è un fatto di punti di vista.
Dal mio punto di vista ad esempio io non sono crudele, torturandola le sto permettendo di espiare per aver osato mettersi contro i Volturi, così la sua coscienza sarà pulita ed il suo tradimento nei nostri confronti perdonato, quando andrà all'altro mondo.
"Sei un mostro!". Mi urla contro quell'insulso ammasso di carne morta.
Probabilmente non si riferisce alla mia natura di vampira perché altrimenti sarebbe un mostro anche lei, no, sicuramente mi ritiene tale per via del mio potere.
Il potere di dare dolore, il potere di togliere la vita senza muovere un muscolo, io sono una dea in mezzo ai comuni vampiri.
Io non sono un mostro, sono avanti sul percorso.

Per due giorni mi hanno rinchiuso in una stanza, da sola, nella penombra, in mezzo alle ragnatele e con la polvere che mi si infila nelle corde vocali rendendo la mia voce un lamento d'agonia.
Una cella, la mia prigione.
Al tramonto del terzo giorno la porta si apre e una donna mi prende per un braccio tirandomi in piedi senza troppe cortesie, mi fa uscire dalla cella e, anche se solo per un momento, scorgo la figura di mio fratello ferma nel corridoio.
Vorrei parlargli, dirgli che gli voglio bene, ma lui capisce tutto questo semplicemente guardandomi negli occhi.
"Ricordati Jane, noi siamo due dei in mezzo ai mortali" mi sussurra mentre la donna mi obbliga a proseguire, mi conduce fuori, nel cortile dove un sacco di gente urla ingiurie sul mio conto e solo ora mi rendo conto di che cosa mi aspetta.
Al centro del cortile c'è un palo di legno robusto circondato alla base da molte fascine di paglia e rami secchi.
"Morte alla strega!".
"La puttana del diavolo deve morire!".
"Abbandona il corpo di quella povera bambina e tornatene all'inferno da cui provieni, spirito demoniaco!".
Mi legano mani e piedi al palo e danno fuoco alla paglia che brucia rapidamente emettendo una coltre di fumo che mi secca la gola e mi penetra nei polmoni.
Tossisco anche l'anima per un lasso indefinito di tempo e proprio quando mi sento morire un angelo nero accorre in mio aiuto.
Mi avvolge nel suo nero mantello finchè perdo definitivamente i sensi.
Al mio risveglio mi sento bruciare maledettamente forte la gola, ma la causa non è più il fumo bensì qualcosa di differente… ho una sete che non ho mai provato in vita mia e qualcosa mi dice che l'acqua non riuscirebbe a lenire questo mio bisogno impellente.
Al mio fianco scorgo la figura di Alec che mi sorride con le braccia incrociate al petto, c'è qualcosa di diverso in lui, è più bello di come lo ricordavo.
"Dove siamo?" domando con voce roca.
Ma per quanto tempo ho dormito?
"In Italia" mi risponde lui.
Italia?
"Vieni sorellina…" comincia poi tendendomi la mano destra "…è l'ora della colazione".

"Vieni avanti, Jane".
Avanzo come mi ordina di fare il mio padrone, il mio salvatore, il mio dio in terra, la voce del comando.
"La neonata è morta, ma non sapeva niente" dico con voce atona ma decisa, come piace a lui. L'espressione di Aro è indecifrabile.
"Non avevo dubbi in merito, sapevo che non avremmo ottenuto informazioni utili da lei".
La mia espressione passa da neutrale a stupita.
"Allora perché perdere tempo a torturarla?" domando allibita.
Lui mi osserva con un mezzo sorriso, come se fosse la cosa più ovvia del mondo; ma non lo è, non per me almeno.
"Sai che giorno è oggi, Jane?" mi domanda con un sorriso.
In effetti non ne ho idea, non è che le date contino molto per quelli come noi. Tutti i giorni sono uguali ai precedenti ed ai successivi, non vi è alcuna differenza per me tra il venerdì e il lunedì o tra il sabato e la domenica, è solo uno scorrere di tempo sempre uguale, per tutta all'eternità.
"Dovrei saperlo?" gli domando con voce impertinente, ma a lui piace quando sono impertinente, ha sempre detto che possiedo grinta da vendere e che è un pregio per una della mia età.
"Oggi è il giorno in cui ti sei svegliata qui a Volterra, è la ricorrenza del tuo primo giorno da vampira" mi spiega pazientemente lui.
Continuo a non capire dove voglia arrivare. Che cosa centra la ricorrenza della mia avvenuta trasformazione con la tortura …
Solo poi capisco e un sorrisetto sadico si delinea sulle mia labbra.
Lui capisce che ho capito, non gli sfugge mai nulla.
"Devi dirmi qualcosa?". Mi incoraggia.
So bene che cosa devo dirgli.
"Grazie del regalo, mio signore" dico abbassando il capo in segno del rispetto che nutro nei suoi confronti.
"Buon compleanno, figlia mia".

  
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