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Autore: nikita82roma    04/10/2016    4 recensioni
E’ passato poco più di un mese dalla nascita di Lily in quel giorno così importante per Kate. Cosa avranno fatto i nostri Caskett? Come si saranno adattati alla nuova vita con la piccola, ad essere genitori e coppia? E intanto si avvicina una data speciale che non vogliono trascurare...
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Lily, come sempre, riportò Kate alla realtà, trascinandola fuori dalla spirale dei ricordi ancora dolorosi. Il suo pianto improvviso la fece focalizzare interamente su di lei, alzandosi di scatto sui tacchi vertiginosi appena indossati ed andando verso la sua culla. Capì subito che doveva semplicemente essere cambiata e si spostò nella sua stanza per farlo con più comodità sul fasciatoio. Si calmò subito sotto le carezze che sua madre pazientemente le riservava ogni volta, si lasciò cambiare e rivestire in tutta tranquillità: Lily e Kate riuscivano a calmarsi a vicenda, la piccola aveva bisogno di sua madre tanto quanto lei aveva bisogno della figlia.
Kate raggiunse poi suo padre e Martha proprio mentre sentì che Castle aveva chiuso l’acqua della doccia: ancora ne avrebbe avuto per un po' conoscendo i suoi tempi sempre eccessivamente lunghi quando doveva prepararsi per uscire, era sempre lui la primadonna che si faceva attendere.
Jim fu ben felice di vedere figlia e nipote e mentre Kate gli adagiava la piccola tra le braccia, Martha non poté esimersi dal complimentarsi con Beckett per il suo aspetto: era vestita in modo semplice e sobrio, nulla si troppo elegante con un filo di trucco, nulla di eccessivo come era nel suo stile. Solo sulle scarpe aveva osato, scegliendone un paio che sapeva che Rick apprezzava particolarmente ed era una piacevole sensazione ritrovarsi a camminare sui tacchi così alti dopo tanto tempo, era una di quelle cose che le dava sicurezza e sapeva l’effetto che provocava.
- Katherine, tesoro, sei splendida, fatti vedere! - le disse Martha girandole intorno e facendola arrossire. - Richard impazzirà vedendoti così! 
Kate sorrise senza rispondere altro se non un timido “grazie” all’indirizzo di sua suocera, cercando rifugio nello sguardo del padre che però era troppo impegnato a cullare Lily per curarsi di lei. Lo guardò allora con affetto pensando come quella bambina stesse facendo bene anche a lui, come un delicato balsamo che veniva spalmato su ferite ancora aperte, Lily stava curando le cicatrici di molte persone in modo diverso a cominciare dalle sue.
Castle uscì dalla camera prima di quanto Kate si aspettasse anche lui vestito con un completo nero non troppo formale ed una camicia dello stesso colore lasciata sbottonata nei primi bottoni e senza cravatta. Questo la rassicurò sul fatto che non sarebbero andati in nessun posto troppo elegante. Controllò l’ora, era ancora presto per cena ma Rick sembrava già sul punto di voler uscire. Salutò di nuovo Jim e poi prese il suo cappotto e quello di Kate aiutandola ad indossarlo. Beckett recuperò la sua borsa controllandone ancora il contenuto e prima di uscire andò a salutare ancora una volta Lily.
- Divertitevi! - gli disse Martha prima che uscissero
- Stai tranquilla Katie! - aggiunse Jim nel vedere come sua figlia indugiava sulla porta guardando la piccola tra le sue braccia. Poi si aggrappò letteralmente al braccio di Rick e si lasciò condurre fuori.

- Puoi anche respirare - le disse Castle mentre scendevano con l’ascensore fino al garage, provando a farla sorridere. Kate sospirò. Voleva, voleva terribilmente trascorrere quella serata sola con Rick. Ne avevano bisogno ed era giusto così, ma l’idea di lasciare sola sua figlia per andarsi a divertire con suo padre la faceva sentire profondamente in colpa. Era un comportamento da genitori irresponsabili quello? Era egoista da parte sua? Aveva delle responsabilità adesso, delle priorità. Stava mettendo se stessa davanti a sua figlia? Era una buona madre?
- Sei un’ottima madre anche se una sera esci con tuo marito, nonché padre, e pensi a divertirti. 
Castle aveva risposto ai suoi pensieri o aveva detto ad alta voce le sue paure?
- Lo so Kate che stai pensando a questo. - le porte dell’ascensore si erano aperte e Rick la condusse verso la Ferrari. 
Sospirò ancora. La leggeva dentro come nessuno al mondo. 
Rick fece dondolare le chiavi tra le dita e gliele porse, Kate le afferrò e sorridendo andò verso il posto di guida noncurante dei tacchi vertiginosi che indossava.
Fece rombare un paio di volte il motore mentre Castle sorridendo si allacciava la cintura di sicurezza
- Dove devo andare, Castle?
- Intanto vai, dove vuoi, poi dopo ti guiderò io!
Kate lo guardò e gli sorrise ancora. Rick sapeva quanto lei amasse guidare e quanto le piacesse farlo con quell’auto che per lui era stato solo un costoso sfizio ed un modo per far colpo sulle donne ed ora era più che felice che fosse sua moglie a divertirsi con la sua Ferrari, dato che lui non doveva più fare colpo su nessuna. 
Kate guidava sulle strade ancora abbastanza trafficate di New York senza poter sperimentare a pieno la potenza di quel veicolo, ma si stava rilassando veramente molto e si divertiva quando si fermava ai semafori e vedeva gli altri automobilisti ed i passanti curiosi cercare di capire chi fosse all’interno dell’auto nonostante i vetri oscurati. Era veramente tanto tempo che non guidava più ed anche quel piccolo espediente era stato un modo per tornare alla normalità: lei in auto, Castle sul lato passeggero che non le toglieva gli occhi di dosso. Era salita su una macchina del tempo ed era il ritrovarsi di una sensazione così piacevole che istintivamente le venne da prendere la mano di lui e stringerla forte. Sapeva benissimo che lui aveva capito il perché e le piaceva sentire come lui fosse totalmente rilassato sotto la sua stretta, lo fece anche lei, tenendo a bada le emozioni ed uscendo piano dalla città, in cerca di strade meno trafficate.
 
Dopo un po’, quando stavano rientrando in città, Rick la guidò fino alla loro meta, un posto che ormai conosceva bene anche lei. 
- Ceniamo qui? - Chiese lasciando le chiavi per far parcheggiare l’auto mentre entravano nella hall del Four Season
- Se per te va bene sì
- Certo, va benissimo!
Avevano passato una settimana in quell’hotel, nella loro vacanza in città per festeggiare l’anniversario ed il suo compleanno e ricordava quei giorni che erano stati molto più belli di quanto avrebbe potuto mai immaginare.
Precedette Castle andando verso il ristorante, ma lui si era fermato e quando Kate si accorse che non era più al suo fianco si girò a guardarlo e tornò indietro.
- Che c’è Rick, hai cambiato idea? - Castle sorrise e le mostrò una tessera magnetica. Kate sorrise.
- Dopo cena hai impegni? - Le chiese prendendole la mano e baciandole il dorso.
- Forse… c’è un uomo dal rude fascino che mi ha invitata ma non so se accettare…
- Io credo che dovresti, Kate… dovresti assolutamente… - La baciò sorprendendosi di ritrovarla così alta con quei tacchi che non vedeva l’ora di sfilarle, insieme al resto.
- Sì, credo che dovrei… - gli disse sulle labbra appena si separano da quel bacio diventato subito troppo intenso ed inadeguato per il luogo - … e sarà meglio non dare spettacolo qui!
Rick ridacchiò offrendole il braccio per accompagnarla al ristorante. Aveva riservato lo stesso tavolo della sera del loro anniversario, più isolato dal resto della sala, quella sera interamente frequentata da coppie che come loro stavano festeggiando, ma Castle ci avrebbe scommesso, nessuno era innamorato come lui in tutta quella sala. Avrebbe sfidato chiunque di quegli uomini a dimostrare il contrario. Lasciarono i cappotti al guardaroba e poi attraversarono la sala, già discretamente affollata, per arrivare al loro tavolo e fece un cenno d’intesa al cameriere che tornò poco dopo non con i menu come Kate si sarebbe aspettata, ma con un mazzo di rose rosse.
- Per lei signora Castle - Disse il ragazzo che immediatamente se ne andò lasciandoli soli, mentre Rick osservava soddisfatto lo stupore di Kate. Doveva essere sincera, le era dispiaciuto quel giorno non averne ricevuta nessuna. Castle non le regalava mai rose rosse, lo faceva solo in quell’occasione. Gliene aveva sempre regalato un mazzo per San Valentino, dal primo che avevano trascorso insieme, facendogliele arrivare di nascosto a casa la mattina prima di andare al distretto in forma anonima, perchè ancora la loro storia era segreta per i più e da allora ogni anno le aveva fatto trovare una dozzina rose rosse. Ma quelle erano molte di più avvolte con un tulle bianco ed un nastro dorato.
- Buon San Valentino amore mio.
Nel biglietto c’erano scritte due sole parole “Always, Rick” ma non c’era bisogno di aggiungere altro. 
Improvvisamente quella cena le sembrò un’inutile perdita di tempo nel quale doveva darsi un contegno e nascondere quello che voleva realmente fare, baciarlo fino a farlo rimanere senza fiato, ad esempio, ma era solo la prima delle cose che stava pensando. E la più casta. Dovevano proprio mangiare? Si disse di darsi un contegno e di non fare la ragazzina alla prima cotta, eppure lo sbirciava da dietro il menu, sembrava assorto a leggere i piatti proposti fino a quando non si accorse che anche lui stava facendo la stessa cosa.
- Non sta bene che mi spii da dietro il menu, Castle! - lo rimproverò un po' stizzita per essere stata beccata
- Uhm… e allora perchè tu spii me allo stesso modo?
- Io stavo solo controllando quello che facevi tu!
- Mordendoti il labbro? - chiese Rick mimando il suo gesto. Punto suo. Tornò a leggere il menu, questa volta seriamente. 
Voleva ordinare qualcosa di semplice, che non richiedesse troppo tempo o preparazioni elaborate per poi godersi la sua serata con Castle in solitudine. Sospirò. Da quando era diventata così… così… impaziente? Forse da quando era troppo tempo che non passava una serata sola con lui. Si impose di calmarsi e godersi la cena con suo marito, di non vederla come una perdita di tempo come aveva fatto fino a quel momento. Doveva pur essere sempre in grado di non comportarsi come un’adolescente. 
- È una scelta complicata? - le chiese Rick sentendola sbuffare
- Molto complicata, Castle.
- Posso aiutarti ordinando io per entrambi? Ti fidi di me?
- Mi fido sempre di te.
- Ok… 
Chiamò il cameriere e gli indicò sul menu quello che aveva scelto per loro, per poi passare al vino e allo champagne. 
Kate osservò la flûte riempirsi con il liquido dorato e le bollicine che vibravano in superficie e la stessa operazione compiersi nel bicchiere di Rick. Pensava che si sentiva allo stesso modo e che quelle bollicine erano uguali a quei brividi che solleticavano i suoi sensi. Rimaneva ad osservare Castle incantata dai suoi modi gentili ed educati con i quali aveva ordinato la cena, chiesto che gli fosse servito lo champagne e si era premurato che le portassero un’altra sedia dove poter appoggiare i fiori: erano quelle piccole attenzioni così da lui.
La vibrazione del cellulare lasciato nella borsetta la fece ridestare dai suoi pensieri e guardare Rick con un lampo di paura negli occhi, visto che il suo pensiero fu subito proiettato in un’unica direzione che la ancorò alla realtà facendola tornare da quel mondo dei sogni dove galleggiavano solamente lei e Castle. Lo cercò con le mani tremanti e senza nemmeno guardare chi la stesse chiamando rispose.
“Beckett!”
Trattenne il fiato per un attimo, nel quale la sua mente aveva già elaborato scenari nei quali erano costretti a tornare a casa perché a sua figlia era successo qualcosa di grave e si stava preventivamente preoccupando ed incolpando per non essere presente davanti ad un emergenza. Poi i suoi lineamenti si distesero e produsse il più classico dei sospiri di sollievo.
“No, signora, non sono sua nipote, ha sbagliato numero”
Castle sorrise nel vedere Beckett cercare di rimanere calma nel rispondere alla sua interlocutrice mentre roteava gli occhi verso l’alto e scuoteva la testa ripetendo più volte che no, non era lei la persona che cercava, sempre con meno gentilezza.
Appoggiò poi il telefono sul tavolo e ogni tanto gli lanciava uno sguardo furtivo mentre aveva cominciato a mangiare l’antipasto, che però non sfuggì a Rick.
- Chiama tuo padre.
- Perchè dovrei chiamarlo?
- Perchè così ti dirà che Lily sta dormendo e tu sarai più tranquilla.
- Non ti dispiace?
- Che ti preoccupi la prima volta che lasciamo sola a casa nostra figlia? No, sono felice. - le disse prendendole la mano sotto la sua. 
Chiamò Jim e andò esattamente come gli aveva detto Castle. Lily si era addormentata e lui e Martha avrebbero mangiato a breve. Si sentì stupida a preoccuparsi così.
- Ehy, è normale, Kate.
Rick le sorrise cercando di sciogliere la sua tensione. Anche lui aveva pensato più volte a Lily sola a casa con Jim e Martha, non perché non si fidasse di loro, ma perché era normale farlo, c’era già passato con Alexis, era qualcosa di istintivo con il quale Kate doveva ancora imparare a convivere.
- Come farei senza di te, Castle? - Disse quella frase senza pensarci, era esattamente quello che le passava per la mente in quel momento ed era un qualcosa alla quale non era abituata. Rick alzò gli occhi immediatamente dal suo piatto.
- È una cosa che non dovrai scoprire mai.
Non avevano bisogno di dirsi altro in quel momento, perché nei loro occhi leggevano esattamente i pensieri dell’altro. Le paure reciproche che venivano dissipate a vicenda, il loro amore che aveva resistito a prove incommensurabili che era sempre più solido. Erano cambiati molto, entrambi, da quel primo San Valentino festeggiato lontano da sguardi indiscreti tra le mura dell’appartamento di Beckett, erano cresciuti, insieme, si erano scoperti a vicenda, avevano imparato a conoscersi ed accettarsi anche quei lati dei loro caratteri più spigolosi contro i quali ogni tanto ancora gli capitava di scontrarsi. Avevano imparato a comprendere ognuno le debolezze dell’altro e a non usarle come punto scoperto per ferirsi, ma si facevano da scudo per tenersi al riparo. Non sempre ci riuscivano e non era sempre facile, però sapevano che ormai si conoscevano talmente bene che se avessero voluto si sarebbero potuti distruggere a vicenda: era uno dei rischi che avevano valutato ed accettato inconsciamente quando con il tempo si erano totalmente aperti uno all’altro, abbattendo barriere e muri, era questa la più alta forma di fiducia che si dimostravano a vicenda, mettere completamente a nudo la propria anima delle mani uno dell’altro ed essere certi che fosse il posto più sicuro del mondo.

I loro silenzi ed i loro sguardi furono interrotti da un rumore sordo di qualcosa sbattuto sul tavolo che fece tintinnare i bicchieri per le vibrazioni. In un gesto sincronizzato guardarono immediatamente entrambi dalla stessa parte e tutti e due rimasero a bocca aperta per lo stupore.
- È il resto… - Una donna dai capelli rossi con un succinto abito fin troppo aderente per le sue curve generose aveva poco delicatamente messo sul tavolo alcune banconote da 100 dollari. Kate non stava capendo nulla della situazione e spostava nervosamente lo sguardo dai soldi sul tavolo, alla donna a Castle che con un’espressione allibita tanto quanto la sua fissava invece solo la sconosciuta.
- Co… cosa… - balbettò lo scrittore
- Boston, settembre, rooftop… I soldi che mi hai lasciato sono stati decisamente troppi per i drink ed quello che c’è stato dopo - si voltò guardando Kate con un sorriso finto come molte altre parti del suo corpo - immagino che la tua signora non sapesse…
Poi si avvicinò all’orecchio di Castle, rimasto paralizzato da quella situazione, sussurrandogli in modo quasi impercettibile
- Nessuno mi tratta come una prostituta, soprattutto se io non voglio, nemmeno Richard Castle.
La donna come era venuta se ne andò, tornando nella sala e sedendosi al tavolo in compagnia di un uomo decisamente più anziano di lei, continuando a lanciare delle occhiate compiaciute verso il loro tavolo.
Kate la seguì con lo sguardo, incapace di guardare altrove, soprattutto di guardare Castle che invece la fissava senza dire una parola. Poi Beckett abbasso lo sguardo sul tavolo, prese le posate e molto lentamente le poggiò sul piatto ancora non finito. Chiuse gli occhi. Respirava molto lentamente come se volesse cercare dentro di se un senso a quello a cui aveva appena assistito che non fosse quello che era fin troppo palese.
- Lascia che ti spieghi Kate. - La voce di Rick era un sussurro tremante. Voleva dirle qualcosa, qualsiasi cosa per spiegare quella situazione, gli uscirono le due frasi più stupide e sbagliate che poteva dire, lo sapeva anche lui. Le classiche frasi del marito colpevole che cerca una giustificazione. - Non è quello che sembra, credimi. Non è successo nulla. Non…
- Castle, ti prego, stai zitto.
- Kate… ascoltami, per favore - La sua supplica non ottenne alcun effetto, nemmeno una risposta. Avrebbe voluto prenderla e portarla via da lì, obbligarla ad ascoltarlo, gli avrebbe spiegato tutto di quella notte. Come si era sentito quando lei gli aveva detto del bacio con Vaughn, dei suoi dubbi, delle sue paure per il loro futuro e soprattutto gli avrebbe detto che non era veramente successo niente, perché sì, lo aveva pensato ma poi era stato impossibile ed il perché Kate lo doveva sapere, perché glielo aveva detto molte volte: perché lei è la sola. Ma Rick non disse niente e Kate dopo qualche altro istante fatto di profondi sospiri e denti serrati, prese il cellulare dal tavolo, la sua borsa e si avviò a grandi falcate verso l’uscita. Rick provò a fermarla prendendole il braccio mentre se ne stava andando, ma questo la rallentò solo un attimo, solo il tempo di voltarsi e di incrociare per la prima volta i loro sguardi e vedere quegli occhi che fino a pochi minuti prima erano lo specchio dei suoi, essere taglienti mentre lo guardavano e poteva giurare che erano anche lucidi e fu la cosa che gli fece più male.
- Ho bisogno di fare due passi. Non mi aspettare.

Kate si strinse nel suo cappotto mentre a passo svelto camminava per le vie di New York insolitamente poco trafficate. Dalle vetrine vedeva solo ristoranti affollati di coppie più o meno felici e qualche fioraio ancora aperto per i ritardatari. Decise di non farsi male ancora di più, smettendo di guardarsi intorno e camminando a testa bassa. Nel suo procedere veloce urtò un paio di volte delle coppie che camminavano, invece molto lentamente abbracciate, scusandosi balbettando qualcosa e non facendo caso alle loro risposte, non facendo caso a nulla a dir la verità.
Non sentiva dolore. Non sentiva niente. Si sentiva vuota. Come se tutto quello che era dentro di lei fosse improvvisamente defluito via, lasciandola svuotata di tutto. Sentiva il suo cuore battere e rimbombare nel petto sicura che il nulla dentro di lei accentuasse il rumore. 
Ci mise poco ad arrivare all’entrata di Central Park, si trovò lì davanti senza sapere se era quella la sua meta prima ancora di cominciare a camminare o se era arrivata lì per caso. Alzò il bavero del cappotto per contrastare l’aria fredda che cominciava a soffiare più forte mentre percorreva il vialetto. Ringraziò che nessuna coppia aveva deciso di appartarsi su quelle panchine, la vista di qualcuno che amoreggiava felice non l’avrebbe sopportata ancora. In fondo lei, prima di Castle aveva sempre odiato San Valentino e tutte le altre feste convenzionali dove scambiarsi regali ed effusioni sembrava d’obbligo. Perchè adesso addirittura ci rimaneva male se lui non le regalava le rose? Da quando si era conformata così alle feste consumistiche?
Castle… sentiva il suo nome sbattere da una parte all’altra della sua mente e del suo corpo ed ora sì sentiva un senso di angoscia crescente pungerla da dentro. Doveva essere tra le sue braccia adesso e si strinse da sola le mani al petto perchè quel vuoto faceva male. Si sentiva tradita, ma non nel senso convenzionale del termine, a quello avrebbe pensato poi. Perché non le aveva detto nulla? Era un momento complicato, particolare. Lo avrebbe persino capito. Lei gli aveva detto quello che era successo con Vaughn, si era confidata, lo aveva affrontato, pronta anche a subire la sua ira o, quel che è peggio, la fredda indifferenza con cui le aveva risposto. Lui no. Non aveva detto nulla, nè al momento nè dopo. Non si era confidato e nemmeno fidato a dirglielo. Perché? Perchè non dire niente se non significava nulla, se non era successo nulla? Aveva rallentato il passo mentre gli occhi pungevano per le lacrime che premevano per uscire.
Non Castle. Non Rick. Lui non le avrebbe mai fatto una cosa del genere. Se lo ripeteva, ma lo sguardo di quella donna, i soldi sul tavolo e la faccia terrorizzata di Rick roteavano come una trottola nella sua mente creando un’immagine diversa, dove erano lui e lei insieme avvinghiati e non riusciva a togliersi quella sua costruzione mentale da davanti agli occhi.
- Dammi la borsa! 
Alzò lo sguardo e davanti aveva un ragazzo visibilmente in stato di alterazione dovuto da alcol o droga o entrambi. Aveva in mano un coltello da caccia con la quale la stava minacciando. Non c’era nessuno intorno, decide di assecondarlo e prendere tempo. Gli passò la borsa che afferrò guardando nervosamente all’interno. Prese i pochi dollari che teneva nel portafoglio gettandolo poi a terra, controllò se c’erano altre cose di valore e vide il pacchetto che aveva preso per Castle, lo aprì ma esaminato il contenuto lo buttò a terra.
- È acciaio! Non ha nessun valore!
Kate guardò in basso e vide la luce del lampione illuminare la piastrina in mezzo alla terra. “Non ha nessun valore”. 
- Dammi i tuoi gioielli, forza sbrigati! 
Si sfilò gli orecchini. Li buttò a terra davanti a lui e lo vide piegarsi incerto per raccoglierli. Atterrarlo e disarmarlo non sarebbe stato complicato.
- Gli anelli, veloce!
Kate guardò la sua fede e se la stava per togliere quando un’ombra la sorpassò fiondandosi su quel ragazzo che già instabile cadde sotto il peso di quell’uomo molto più grosso di lui. Non ci mise molto a capire chi fosse appena mise a fuoco la scena. Li vide divincolarsi a vicenda, colpirsi, sentì gridare prima uno e poi l’altro fino a quando non vide suo marito che boccava a terra con il suo peso l’altro. Kate si mosse velocemente cercando di recuperare la sua borsa dalla quale estrasse un paio di manette e si avvicinò ai due. 
- Beckett ma…
- Zitto Castle! Chiama la centrale mentre lo ammanetto a quella panchina. 
Kate lo immobilizzò, poi lo trascinò verso la panchina più vicina ammanettandolo alla base mentre lui la guardava non capendo assolutamente nulla di quello che stava accadendo.
- Capitano Beckett, NYPD. Ti ha detto male stasera, mi dispiace. - Gli disse Beckett rialzandosi e pulendosi le mani sbattendole tra loro per lavarsi la polvere del terriccio. Il ragazzo sospirò guardandosi la mano che si era tagliato mentre si era scontrato con Castle.
Rick nel frattempo stava raccogliendo gli effetti personali di Kate che il rapinatore aveva lanciato via e vide anche la piastrina d’acciaio. La raccolse e la osservò passandoci un dito sopra per pulirla. Lesse l’incisione “Always, Kate” e sorrise amaramente pensando che era esattamente quello che lui le aveva scritto nel biglietto. La mise in tasca e poi diede la borsa a Kate che la prese senza dirgli una parola. Rimasero in silenzio appoggiati alla staccionata in attesa della pattuglia che sarebbe venuta a prendere il ragazzo.
- Mi hai seguito! - Disse poi Kate severamente.
- Sì.
- Non era una domanda Rick, era un osservazione. - Rispose lei secca. Guardavano entrambi nell’oscurità davanti a loro, senza il coraggio di rivolgersi uno sguardo.
- Sei stato un incosciente Castle. Era armato. - La sua voce nascondeva male la rabbia mista alla preoccupazione per quella situazione che lui, ancora una volta, non aveva valutato, facendo di testa sua.
- Io volevo solo…
- Cosa Castle? Cosa volevi? Sono un poliziotto. So difendermi. Stavo solo studiando la situazione per capire quando agire, in modo che non fosse pericoloso. Non è questo che abbiamo detto? Non rischiare inutilmente! - Kate aveva alzato la voce e Rick provò a risponderle più volte ma poi preferì non dire nulla.
- Scusami, Kate.
- Potevi farti male Rick!
- Non per quello. Scusami per tutto il resto…
- Capitano Beckett! - Due agenti stavano percorrendo velocemente il vialetto del parco per raggiungerli. Lei gli indicò il rapinatore ammanettato che fu subito preso in custodia da loro, tra le sue lamentele per il taglio alla mano.
- Dovreste venire in centrale, per la deposizione - disse uno degli agenti imbarazzato nel doverlo dire al suo superiore, interrompendo, pensava, quella romantica serata con suo marito - è la prassi Capitano…
- Certo, vi seguiamo. - Rispose Beckett facendo cenno a Castle di andare con lei.
   
 
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