Aeternum vale 

Nami non credeva in un aldilà, non riusciva a credere nell’esistenza di un essere superiore.
Non dopo aver vissuto a stretto contatto con Arlong, non dopo la morte di Bellemere.
Secondo qualcuno avrebbe dovuto credere in un qualche dio, e ringraziarlo per aver trovato una ciurma come quella di Rufy, in cui aveva trovato non solo dei compagni, ma dei fratelli, un’amante ed una figura materna.
Ma Nami pensava che più che ringraziare una fantomatica divinità, avrebbe dovuto ringraziare quello che gli antichi chiamavano Fato, dal quale niente e nessuno poteva fuggire.
Il Fato aveva in mano la vita di tutti gli esseri, programmava le loro vite da prima che nascessero, e tagliava il filo della vita mentre la programmava. 
Per questo, nonostante tutto non di disperò. Accettò il sangue viscoso scorrerle sul volto, sul suo corpo. Accettò il dolore delle ossa rotte. Accettò il duro e freddo pavimento su cui si trovava. 
Osservò con le ultime forze che le rimanevano, mentre le sue membra diventavano sempre più fredde, ciò che rimaneva di quel campo di battaglia improvvisato. Tutti continuavano a combattere, indifferenti ai corpi che erano costretti a calpestare per continuare a sopravvivere. Qualcuno le calpestò il braccio sinistro, quello rotto, ma stranamente non avvertì nessun dolore. Era contenta che nessuno le stesse prestando attenzione, non voleva essere vista. Ma il Fato non aveva ancora finito con lei, infatti fra i tanti che combattevano, uno sembrò notarla, e gli occhi di entrambi si riempirono di lacrime. 
Suoni le arrivavano ormai ovattati alle orecchie, impedendole di distinguerli, e così non riuscì mai a capire quelle parole che il suo amante le stava rivolgendo. Dovevano essere disperate, le parole di un uomo distrutto. 
Ma i suoi occhi riuscivano ancora a vedere lucidamente i lineamenti dolci e quasi femminei del suo uomo, i capelli biondi che tante volte aveva sfiorato, e quelle labbra che mai si sarebbe stancata di baciare.
Sanji le aveva afferrato una mano, ma ormai uno strano torpore l’aveva avvolta a tal punto da non farle più avvertire il freddo del pavimento, né il calore delle mani del suo amato. Non avvertì le braccia forti che la circondarono, stringendola a se in un disperato tentativo di trattenerla al suo fianco.
-Addio per sempre- riuscì a pronunciare prima che l’ultima goccia di vita scorresse via.