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Autore: HeyAM    05/10/2016    0 recensioni
Quando lo vide la prima volta, nella sua uniforme, il sangue le si gelò nelle vene. Non era il primo tedesco che vedeva, ma lui era tutta un'altra cosa, quel teschio sul copricapo urlava morte.
Ha dato lui l'ordine lui di uccidere la moglie, vive per l'ideologia di Adolf Hitler, l'uniforme lo ha divorato.
Per lei il rosso è il colore dell'amore, per lui quello del sangue, ma cosa succede se si incontrano?
Dal prologo:
E lui era lì, guardava con sguardo freddo ciò che accadeva attorno a lui, dava l'impressione di essere alto anche se era seduto, le mani erano coperte dai guanti di pelle nera. Gli occhi azzurri dell'uomo la congelarono, sentì una strana sensazione dentro di sé, le cose sarebbero cambiate.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Quella situazione si era fatta alquanto imbarazzante, i due soldati si aggiravano per il piano terra mentre l'ufficiale era dinnanzi a lei, a qualche passo di distanza, che la sovrastava con quello che lei pensò fosse almeno un metro e novanta di altezza. 
Ogni tanto voltava il capo, verso la finestra, controllando quasi con ansia se il padre stava tornando a casa dal fienile.
"Ho letto che suo fratello è nostri prigioniero." Disse questo all'improvviso catturando la sua attenzione che alzò lo sguardo su di lui. La cosa la rese inquieta, quanto potevano sapere di loro?
Annuì con un cenno del capo.
"Sì, da circa un mese credo." Il tedesco non disse più nulla, rimase davanti a lei, le mani una sopra l'altra dietro la schiena, a Elisabetta incuteva timore solo guardarlo.

L'atmosfera divenne più sciolta quando Mauro Colli, seguito dalla figlioletta, entrò in casa. Sul volto un misto tra paura e rabbia, Elisabetta immaginò quanto lo potesse irritare vedere i tedeschi in casa sua ma non disse ovviamente nulla lasciando che fosse il genitore ora ad occuparsi della cosa.
"Herr Colli, buongiorno." Lo salutò l'ufficiale con il miglior falso sorriso che potesse sfoggiare.
"Buongiorno" titubante l'altro, ansioso di sapere cosa volesse l'altro.
"Sono lo Sturmbannführer Schwartz." Si presentò lui. Elisabetta non ne capiva molto di questioni militari, ma anche lei comprese che quello doveva essere il grado e l'altro il cognome. 
"Come spiegavo a sua figlia abbiamo bisogno di legna e siamo certi che otterremmo la vostra collaborazione." E nuovamente quel sorriso falso fece capolino sul volto sbarbato di Schwartz.
A Colli non andava bene come cosa, se ne accorse Elisabetta quando strinse i pugni e prima di rispondere si lasciò andare ad un grugnito, si accorse anche di come Schwartz abbassò lo sguardo sulle mani dell'uomo sollevando impercettibilmente il sopracciglio destro.
"Seguitemi." Disse quindi, nulla più, nulla meno.
L'ufficiale disse qualcosa in tedesco ai due uomini e questi seguirono l'uomo mentre il biondo rimaneva con le due sorelle.

"Dovrebbe insegnare a suo padre che non si deve avere certe reazioni." Disse lui all'improvviso una volta che i tre ebbero lasciato la casa.
Lei si irrigidì, sapeva benissimo a cosa lui si riferisse.
"Signore, è stato un anno duro per mio padre, non è colpa sua..." tentò di giustificarlo lei, seppur sapeva bene che non sarebbe stato facile.
Lui la guardò attentamente, impassibile, solo ora si era accorta che sua sorella aveva lasciato la stanza e ne fu felice, non voleva che sentisse le parole del tedesco.
Vedendo che non rispondeva si preoccupò, tornò ad alzare lo sguardo su di lui cercando per la prima volta gli occhi della SS.
"Signor Schwartz" pronunciando per la prima volta il cognome dell'uomo. "Per favore non gli faccia nulla, a mia madre manca già mio fratello, se prende anche mio padre ne uscirebbe distrutta."
Ne fu quasi stupito lui, sollevò il sopracciglio destro e poi accennò un sorriso che Elisabetta vide come alquanto sinistro. 
"Elizabeth" cominciò lui facendole gelare il sangue nelle vene e avanzando un passo verso di lei, costringendola ad indietreggiare, cosa che risultò poi per lei impossibile visto che si trovò con solo il mobile della cucina dietro, che le toglieva ogni altra via di fuga. "Elizabeth, non sarà per una sua supplica che decido se fare qualcosa a suo padre o no." Rispose lui, tanto che la giovane temette sul serio per il padre. 
L'ufficiale fece per aprire bocca per continuare ma lei lo interruppe.
"Non ha fatto nulla, alla fine la vostra legna la avrete comunque, siete ingiusti." Partì come un treno lei, non voleva perdere l'ultimo uomo rimasto a casa. 
Solo dopo si accorse però di cosa aveva detto, temette una reazione dall'ufficiale, che arrivò, ma non quella che lei si aspettava.
L'uomo scoppiò a ridere. 
"Ma davvero pensi che faccio arrestare una persona solo per quello? Sareste tutti in prigione allora in questo posto!" Esclamò lui, l'accento tedesco sempre presente nella sua pronuncia.
Elisabetta ne rimase sorpresa, ma ne fu sollevata, dopotutto voleva dire che il padre non avrebbe avuto conseguenze.
Appena l'altro ebbe finito la frase uno dei due soldati entrò in cucina, si rivolse in tedesco all'ufficiale che rispose sempre nella sua lingua. 
Dopodiché guardò la ragazza. 
"auf Wiedersehen Elizabeth." Non capiva il tedesco, ma comprese che doveva essere una sorta di saluto. Quando vide la jeep dei tedeschi allontanarsi si abbandonò sulla sedia, pensando a quando stupida era stata a rispondergli in quella maniera.




Erano tornati altre volte a prendere la legna, ma l'ufficiale non era più andato con loro.
Ormai avevano capito che bastava il loro arrivo per capire che serviva la legna e senza scambiare nessuna parola qualcuno di loro li portava nella legnaia lasciando che si servissero come meglio volevano.
Non potevano farci nulla, ma l'inverno non voleva dar loro tregua e la legna cominciava a scarseggiare. 

Era appena passato mezzogiorno quando la solita jeep entrò nel cortile di casa loro. 
Sua mamma stava lavando le stoviglie, mentre lei e il padre sedevano ancora a tavola, Marina invece era fuggita subito dopo aver finito di mangiare per andare a giocare nella camera che le due sorelle condividevano. 

"No, non avranno ancora legna, è da due giorni che non ne usiamo noi!" Esclamò suo padre saltando in piedi. Sua mamma si voltò verso di lui scuotendo il capo sconsolata.
"Mauro... Non possiamo farci nulla lo sai..." disse lei scrollando appena le spalle con fare rassegnato, lasciandosi poi ad un sospiro.
"Oh si che invece possiamo farci qualcosa!" Continuò lui inviperito per poi dirigersi a gran passo verso la porta.
"Papà fermati!" Si alzò anche Elisabetta cercando di fermarlo, sapeva che questa volta non se la sarebbe cavata se fosse uscito.
Ma l'altro era già fuori dalla porta, l'unica cosa che poté fare era vederlo attraverso la finestra urlare contro i tedeschi facendo segno di andare via. Questi non sembravano però capire o anche solo essere intenzionati a lasciare l'abitazione.
Ancora in preda all'attacco di rabbia questo si accovacciò, prese dei sassi dal selciato e cominciò a scaraventarli verso le due SS che questa volta non sembrarono molto clementi con lui.
Uno di loro si lanciò verso Colli, era molto più alto e giovane di lui, tanto che non gli ci volle molto per stendere suo padre a terra. A questo punto sua mamma corse fuori mentre lei non riusciva a muovere un singolo passo. 
"Lasciatelo... Lasciatelo..." urlava sua mamma disperata ma questi non accennavano a volerla ascoltare. Successe tutto velocemente: il soldato che aveva buttato Mauro Colli a terra si rialzò tenendo il contadino ancora al suolo, mentre l'altro puntava ora la pistola contro il padre. 

Elisabetta temeva una reazione anche dalla madre e solo questo la spinse ad uscire dalla casa giusto in tempo per vedere il padre caricato sulla jeep e bloccare la madre che urlava ai soldati di lasciarlo andare, per poi scoppiare a piangere contro la figlia quando la macchina si diresse verso il comando cittadino.




Alla fine si era lasciata andare anche lei alle lacrime, avrebbe voluto non farlo, per sua sorella era già stato abbastanza vedere la madre piangere, ma poi aveva ceduto pure lei. Si era chiusa in camera, nel suo silenzio, finché la madre non era venuta a bussarle.
Le faceva male vederla in quelle condizioni, aveva i chiari segni che ne testimoniavano il pianto e della donna di quattro anni fa ormai era rimasto ben poco.
"Betta, vado in paese a chiedere di tuo padre..." sospirò lei, lei si alzò del letto e scosse il capo. 
"Mamma è meglio se vado io, rimani con Marina te, ha bisogno di averti vicino." Tentò di accennare un sorriso, almeno per rassicurare la donna.

Mezz'ora dopo si trovava davanti alla porta di quello che era stato il municipio ma ora non era altro che il comando delle SS.
Tremava ma cercò di farsi forza, a loro serviva avere loro padre a casa, o almeno sapere quale fossero le sue sorti.

Varcata la soglia si trovò davanti due tedeschi, nella loro divisa verde, il capo scoperto. Quando la videro si scambiarono delle occhiate accompagnate da sorrisetti che la fecero sentire a disagio. 
Dopotutto non era una brutta ragazza, non era altissima vero, ma era sicuramente più bella della media.
Avrebbe voluto rispondergli a tono, ma se voleva ottenere anche solo qualcosa di utile doveva portare pazienza.
"Scusate, avrei bisogno di parlare con il signor Schwartz." Disse quindi lei ma vedendo le facce dei due capì che molto probabilmente non parlavano l'italiano. Uno dei due sparì in uno degli uffici e ne tornò con un ragazzo che avrà avuto circa uno o due anni più di lei. 
"Signorina, come posso aiutarla?" Domandò questo, aveva una pronuncia molto buona, probabilmente in un contesto diverso non avrebbe detto che fosse realmente tedesco. 
"Io avrei bisogno di parlare con il signor Schwartz." L'altro la guardò perplesso ma poi annuì. 
"Mi segua." Disse solo salendo la rampa di scale che portava al piano di sopra. Non si accorse di quasi nulla ciò che accadeva affianco, concentrata solamente su quello che avrebbe detto all'ufficiale.
"Prego." Disse quindi il giovane lasciandola davanti alla porta di un ufficio, che suppose essere quello di  Schwartz. 
Bussò e quando sentì dall'altra parte della porta l'invito ad entrare prese un profondo respiro ed aprì la porta.





  
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