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Autore: ArwenDurin    05/10/2016    2 recensioni
Johnlock :) mia idea su una possibile scena della quarta stagione
"Sherlock sente e avverte la rabbia di John come dei brividi freddi sulla sua pelle...Un qualcosa gli stringe lo stomaco, gli attorciglia le viscere, John si vuole avvicinare ma non ci riesce è come incollato al pavimento"
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Togliti la camicia, ora» ha un tono autoritario e forte John, un tono al quale non si può controbattere, cosicché Sherlock sospira e lì seduto sulla sedia in cucina, esegue. E' sera e solo la luce in cucina illumina i due, tutt'intorno a loro è buio, e il consulente investigativo lo sente, lo avverte.
Lui sente e avverte la rabbia di John come dei brividi freddi sulla sua pelle, che quasi sussulta a sbottonarsi la camicia. Mentre John dietro di lui, prepara l'occorrente per curarlo e non lo guarda, poiché il medico è concentrato a imporsi di essere professionale e fermo, nonostante la rabbia che cocente lo avvolge. Quasi fatica a respirare, e l'aria attorno a lui si fa pesante, così lancia un'occhiata impaziente a Sherlock aspettando che l'altro si sbottoni la camicia e la tolga, ma esita. John non capisce il perché, ma quando scivola dalle sue bianche spalle a terra, proprio mentre John ha trovato il disinfettante e bende per medicarlo, comprende. Un qualcosa gli stringe lo stomaco, gli attorciglia le viscere e solo per il suo sangue freddo, il medico riesce a tenere il disinfettante, i batuffoli di cotone e le bende in mano e non farli cadere.
John si vuole avvicinare ma non ci riesce è come incollato al pavimento, e lì per un istante tutto si ferma e lui rimane così, immobile a fissare quei segni: cicatrici e segni di bruciature, tra quest'ultime vi sono delle più vecchie e altre in via di guarigione.
Tutte queste ferite sono lì, sulla schiena di Sherlock.
Esse sono lì che lo guardano, quasi lo sfidano ricordandogli che in quell'occasione John non era con lui, come per questa nuova pallottola che Sherlock aveva ricevuto. Di striscio ma l'aveva colpito, nel fianco destro, e John grazie solo al suo buon senso, e a Mycroft, ora almeno era lì. Perché il maggiore degli Holmes l'aveva chiamato, e senza altre cerimonie aveva mandato un'auto sotto casa sua a prenderlo, dicendogli di aspettare Sherlock nel 221 di Baker Street. John aveva provato a persuaderlo, per capirne il motivo ma non aveva scoperto altro. Così John l'aveva aspettato nell'appartamento, avendo però intuito da chi Sherlock fosse andato e che avesse a che fare con Mary. Perché era deducibile avesse a che fare con lei, visto che dopo che Mary aveva giocato troppo con il fuoco, John non sapeva dove fosse andato Sherlock, e si era infuriato. Ma appunto, non sapendo dove Sherlock o lei fossero, era stato costretto ad aspettarlo sempre più arrabbiato poiché il consulente investigativo che aveva pensato di non renderlo partecipe, ma bensì di escluderlo un'altra volta.
A questo punto la rabbia di John aumenta e inspira bruscamente
«John» Sherlock ha il tono basso, quasi colpevole, poiché ha ben intuito che cosa passa per la testa del suo dottore. John tira un sospiro e si posiziona davanti a lui, non guardandolo, altri piccoli segni di bruciatura segnano il suo petto, e lo fissano ma John distoglie lo sguardo. Lui non dice nulla, tanto sa dove se le è procurate, e non può fare più nulla per loro; fa male pensare come alcune bruciature lasceranno la cicatrice su quel petto perfetto...ma oramai non può farci più nulla.
Sherlock l'aveva escluso anche da questo.
John sospira di nuovo, concentrandosi piuttosto sulla ferita fresca dell'altro, con mano ferma e delicata.
 Sherlock vuole parlare, vuole dire qualcosa ma capisce che non è il momento. Il respiro di entrambi è irregolare e il silenzio è assoluto, solo un orologio ticchetta dalla sala.
«Perché?» finché una sola domanda irrompe nel silenzio, con il tono più fermo che John riesce a usare. E nel mentre lui tampona piano la ferita di Sherlock, si chiede a cosa la domanda sia riferita: se alla ferita recente o a quelle vecchie.
Sherlock lo guarda un attimo prima di rispondere
«Ho dovuto, era necessario io andassi da solo, lo sai»
John sorride piuttosto stizzito, mentre benda la ferita dell'altro
«Non ti è passato per l'anticamera del cervello che essendo mia moglie, potessi entrarci anche io?»
«Per l'appunto, dovevo andare da solo»
John a questo punto lo guarda negli occhi, e nei suoi pozzi blu Sherlock legge. La rabbia, la delusione, l'impotenza e la tristezza che annegano John, e Sherlock sente un groppo alla gola a tale visione
«E poi?? Tentare di convincerla magari a non fuggire, ad aiutarla, Dio Sherlock... Ti ha sparato, ancora!»
E John sente la rabbia verso Mary, quella donna che scappava da qualcuno di troppo cattivo persino per le sue capacità d'assassina, tanto da averla costretta a sposare qualcun'altro per protezione.
Perché John era stato solo questo per lei: uno scopo.
E alla fine lei fuggì: lei e le sue falsità, lei e la sua falsa gravidanza. E John l'aveva lasciata andare, perché era stanco di stare dietro a una donna che capì di non amare, era stanco di lei. Così quando Mary si preparò alla fuga, non obbiettò. Lui non voleva più volerci avere a che fare ma Sherlock aveva insistito!
Un pizzico di irritazione lo avvolse nuovamente, Sherlock non si era rassegnato ed era andato da solo, ignorando che uno degli obiettivi dell'assassina era ucciderlo! E difatti ci tentò, ancora.
John sentì la rabbia montare ancora più forte, l'impotenza di aver fatto di nuovo rischiare la vita alla persona per lui più importante. E che tale persona non l'avesse avvertito, prendendo decisioni da solo.
«Però mi ha preso di striscio, proprio per via della fuga dalla polizia che avevo chiamato prima di incontrarla...in fondo non è successo niente, John» usa il tono più calmo possibile Sherlock, ma vede quanto quelle parole scuotono John proprio come non voleva.
Lo vede come i suoi occhi si accendono d'ira repressa.
«Gesù Sherlock! Tu e la tua mania di considerarti più intelligente degli altri, guardati! Guarda queste ferite lo sai cosa mi dicono, eh?» il dito di John indica la nuova  ferita di Sherlock, e l'uomo deglutisce
«John, ti pr...»
«No! Questa volta non mi farai stare zitto! Perché diamine! Sono stanco Sherlock, stanco hai capito?- una piccola risatina nervosa si inoltra sulle labbra di John- Mi dici perché devi fare così? E quando la smetterai di escludermi, Sherlock?
L'hai fatto una volta buttandoti da quel maledetto tetto, hai deciso di farlo. Hai deciso di fare l'eroe... per tornare con cosa? Qualche cicatrice di cui raccontare?» John sospira forte, non voleva fermarsi e non poteva fermarsi. Non ora con tutte le cose non dette; non ora con tutte le lacrime amare che aveva ingoiato per anni.
E Sherlock che tiene lo sguardo basso, non fa che aumentare il suo sfogo.
«Pensavo fosse stata solo quella volta, mi ero convinto che non l'avresti più fatto, e invece guardati, ferite solo ferite...ancora. Perché Sherlock Holmes lavora con la sua suprema intelligenza e nessuno è al suo livello»
«Basta John, adesso smettila» il tono supplichevole di Sherlock lo fanno fermare, e il respiro al medico quasi mancare alla vista del volto dell'uomo. E' triste e gli occhi verde-acqua luccicano...sono lacrime quelle?  Dio, l'aveva fatto piangere?
No, non era possibile lo Sherlock che conosceva non avrebbe pianto per lui, lo Sherlock che conosceva l'avrebbe probabilmente zittito, indifferentemente. Ma quell'uomo che aveva dinnanzi, quell'uomo che era tornato come suo miracolo dopo la caduta, era il nuovo Sherlock.
E il nuovo Sherlock piangeva per lui.
«Io ho dovuto e...per l'amore di Dio, John! E' deducibile il perché l'ho fatto» il suo tono è fermo, distaccato, ma c'è del dolore nei suoi occhi lucidi. Emozioni tante emozioni a cui John non è abituato e che lo fanno rimanere immobile, quasi insicuro sul da farsi. E come se avesse paura che muovendosi avrebbe spaccato e rotto qualcosa, come adesso sentiva il suo cuore.
Perché in quel momento John Watson non sa come reagire.
E questo lo portano ad alzare la barriera, e a essere sulla difensiva
«Lo so Sherlock, non prendermi per uno stupido, ma io non te l'ho mai chiesto» e a pugno chiuso John sussurra questo, spostando lo sguardo altrove.
«E tu continui a non capire» aggiunge poi, in un sussurro irato
«Cosa, che cosa dovrei capire?» il consulente investigativo punta lo sguardo nel suo, perché vuole sapere! Vuole sentirglielo dire, per capire se quello che sta vedendo sia vero. Per capire se in quelle pupille dilatate accese d'ira e velate di preoccupazione, e nell'agitazione nel volto di John, hanno quel significato.
Significano "quel" qualcosa.
John alza lo sguardo su Sherlock che lo sta fissando in attesa, e con attenzione, e un peso dentro lui è forte, tanto opprimente che vorrebbe urlargli quelle parole. Frasi che da troppo tempo tiene nascoste dallo sguardo acuto del consulente investigativo.
Che da troppo sono soffocate in lui.
Ma non dice niente di tutto ciò, John apre la bocca per farlo ma nessun suono ne fuoriesce, così la richiude, deglutendo.
E Sherlock sospira, portando lo sguardo altrove e altri minuti di silenzio scorrono insidiosi tra i due: come piccole spine che pungono entrambi.
«Tu sei il genio, prova a capirlo da solo» il soldato John Watson aveva preso il sopravvento, e non gli avrebbe risposto, Sherlock lo sa.
E  così Sherlock porta lo sguardo a terra, afflitto, con un qualcosa che gli brucia le viscere, e più doloroso di quella ferita che nemmeno sente più.
E John chiude gli occhi inspirando forte, vuole uscire da lì, deve uscire di lì, perché ha appena commesso uno sbaglio. Perché ha creato una crepa tra loro, lo sente.
E così senza una parola nemmeno da parte di Sherlock, John esce dal 221 di Baker street.
 
John si avvia sul marciapiede a chiamare un taxi, e mentre aspetta, pensa a quelle parole, quello che avrebbe voluto dirgli per davvero: 
Ti amo razza di idiota! Io voglio essere importante per te come tu lo sei per me... importante come ero un tempo. Ti ricordi, Sherlock? Ricordi come chiedevi il mio parere su tutto, come dovetti spiegarti che quei gemelli per le camicie, erano un grazie? Ti rammenti le risate nelle strade di Londra dopo un caso risolto? Ecco, rivoglio questo Sherlock, e ti prego, ti prego di non lasciarmi più indietro. Perché voglio essere al tuo fianco sempre, in ogni occasione...io sono qui se tu mi vuoi, Sherlock.
E per un attimo, un solo istante, John volta il suo sguardo lucido verso la finestra dell'appartamento. Ha quasi la speranza di vedere Sherlock affacciato lì, ma ovviamente non c'è, e così John con un sospiro, entra nel taxi.

Sherlock chiude gli occhi, ed ora le lacrime trattenute scendono calde sulle sue guance, pizzicandolo quasi e facendogli palpare ancora più sulla sua pelle quella discussione, quella crepa tra loro. Con un sospiro, si alza da quella sedia, e con passo calzante si dirige alla finestra della sala. Volge il suo sguardo afflitto sulla strada, e vede il taxi nero di Londra allontanarsi, con John all'interno.
Lo vede allontanarsi da lui.
«Tu sei importante per me» lo sussurra contro il vetro, lo sussurra a John.
 


La notte è cupa, però la luce della luna che folgorante illumina il cielo, insieme ai lampioni, rendono il terreno visibile. E' tardi, sono le 2:30 di notte, ma quale orario migliore per presentarsi a Baker street?
John non è riuscito a dormire quella notte, troppo avvolto dalla polvere creatasi tra lui e Sherlock. E ciò era come un intoppo che invadeva il suo stomaco, così eccolo lì.
Esita qualche secondo John, nel marciapiede con la chiave in mano, e un leggero tremore lo avvolge, così porta il suo sguardo alla finestra.
La luce è accesa dunque Sherlock è sveglio pensa John, dandosi una carica e con un sospiro, avvicinandosi alla porta. Apre piano, come se temesse che facendo troppo rumore avrebbe interrotto l'atmosfera, quella calma che ora si respirava. E piano sale le scale, stando attento a non farle cigolare, tirando un sospiro prima di inoltrarsi nella porta socchiusa del 221 di Baker street.
Ed è lì che lo vede, sdraiato sul divano apparentemente addormentato, John non pensava di trovarlo a dormire e si stupisce un po'. La luce che aveva visto dalla strada proviene da una lampadina sul tavolo, è flebile ma un po' di luce si riflette sul bel viso del consulente investigativo. Lui è lì disteso, con il viso rivolto verso l'esterno cosicché John lo vede bene e non sembra dormire sereno, difatti ha il volto crucciato, e stringe con forza qualcosa tra le sue braccia.
John si avvicina di più e gli si stringe il cuore a vedere di che si tratta: è il suo cappotto, il quale aveva lasciato lì per andarsene dall'appartamento in tutta fretta e furia
John stringe il tubetto di medicine, forte come sono forti le emozioni dentro di lui. Tali medicine erano contro il dolore, e questo era un'altro motivo che avevano condotto il medico da lui, la ferita gli avrebbe procurato del dolore a Sherlock, e John non poteva permetterlo. Così poggia le medicine lì sul tavolo, a pochi passi dal consulente investigativo, erano lì se ne avesse avuto bisogno... come lui voleva esserlo per Sherlock. E mentre si inginocchia a mettere le medicine, John lancia un'occhiata all'uomo e nota qualcosa che fa accrescere la sua protezione verso Sherlock. E così che John si alza, prende la coperta appoggiata alla sua poltrona, e la mette sopra a Sherlock
E lo guarda di nuovo, con una nota di soddisfazione nel constatare che i brividi di freddo che percorrevano il consulente investigativo, si placano. John si ferma a guardarlo qualche minuto, notando quanto fosse bello quando dormiva, scorrendo il suo sguardo su quell'uomo dal viso perfetto.
Il suo Sherlock... che nonostante le ferite che si era procurato e che gli aveva procurato, era stato persino il guaritore di esse. Che era lì, a dormire rannicchiato al suo cappotto, come se questo gli avesse messo la sicurezza per farlo addormentare. E perciò la rabbia in John comincia a diminuire, la polvere creata tra i due sembra come soffiata via, per lasciare il posto all'amore totale che provava per quell'uomo.
E sorride malinconicamente John, sporgendosi verso Sherlock, osserva le sue labbra e poi dandogli una leggera carezza alla testa, si distanzia. E poi rivolge un'altro sguardo alla figura di Sherlock sul divano, ai suoi riccioli che spuntano da un bracciolo, prima di uscire dall'appartamento.
E intanto, un piccolo sorriso si fa largo nelle labbra di Sherlock.


Angolo autrice: ​Ciao a tutti :D eccomi qui con una nuova fanfiction Johnlock! Questo racconto nasce da un prompt scritto in inglese, il cui tema mi ha ispirato un racconto a cui da un po' stavo pensando. E' un pezzo che secondo me sarà presente nella quarta stagione di John che vede le ferite di Sherlock
il fatto che Sherlock pare così "vulnerabile" è perché ispirandomi a varie teorie di Sherlock nella 4 stagione, in alcune foto che abbiamo visto è senza cappotto e il cappotto è abbinato alle difense quindi
 cappotto= difese. Quindi potrebbe essere più emotivo in s4, ecco perché l'ho fatto così :)
La gif è mia e penso si adatti al racconto :)
Grazie a chiunque lo leggerà e grazie a chi commenterà!
Johnlock nel cuore 
   
 
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