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Autore: Echocide    06/10/2016    5 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes]
Sono trascorsi alcuni mesi da quando la minaccia di Coeur Noir è stata sventata e il gruppo di Portatori di Miraculous è alle prese con la vita di tutti i giorni: le relazioni sentimentali, il nuovo mondo universitario in cui sono sballottati...
Ma Parigi non è mai tranquilla e una nuova minaccia giunge dal passato, assieme a una persona che sembrava persa per sempre.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 2.657 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua con un nuovo capitolo di Miraculous Heroes 2! Contenti? Vi state disperando perché sono ancora qua? State pensando a come uccidermi nel sonno, così che non vi tormenti più con le mie storie? Spiacente per voi, ma io sono immortale!
Bene, bene. Passiamo al capitolo...
Allora, dico prima di tutto che chi indovinerà la citazione messa a inizio capitolo (sono proprio le prime parole), avrà il mio amore incondizionato con tanto di matrimonio lampo. Detto questo...
Mh, che dire? In verità, ho poco da dire a parte che ogni personaggio storico citato è stato frutto di ricerche (a parte qualcuno di cui sono una fissata...*coff*Giovanna D'Arco *coff*) ma che ogni riferimento che si collega ai Miraculous...beh, quello è frutto della mia mente malata.
Prima di lasciarvi al capitolo e ai ringraziamenti di rito, inizio a dirvi che questa storia (e tutte le altre che ho in corso) avranno un piccolo arresto a fine ottobre perché sarò a Lucca Comics tutti e cinque i giorni (E sì, se qualcuno ci sarà mi farebbe piacere incontrarlo!).
Ve lo dirò certamente a ridosso della fier ma, onde evitare che mi salti di mente, iniziò già ad avvisarvi fin da ora.
E adesso, come sempre, voglio ringraziare tutti voi che leggete, commentate, mi supportate (o sopportate, scegliete voi la vocale).
Un grazie di tutto cuore!



«Si può fare!» urlò Maus, osservando entusiasta il frutto del suo duro lavoro: il grande schermo piatto, appeso sulla parete, stava mostrando ciò che era riuscito a creare, quello per cui aveva speso una vita intera finalmente era diventato realtà, anche se…
Non era ancora completamente finito.
«Mancare ancora parte importante, ja.» mormorò fra sé, chinando la testa e sospirando: «Quantum-β non essere vero Quantum.» dichiarò, avvicinandosi al computer e digitando sulla tastiera: i risultati della sua invenzione furono ridotti in finestra, mentre l’intero monitor fu invaso dai dati che aveva raccolto sugli eroi di Parigi: «Ancora una volta poi io avere dati completi, ja.»


Wei sbadigliò, entrando in cucina e osservando la ragazza che, con la testa poggiata sopra i libri e i quaderni, sembrava essere addormentata: aveva sentito Lila alzarsi dal loro letto molte ore prima, sapendo benissimo che l’avrebbe poi trovata al tavolo di cucina immersa nello studio dei files del loro nuovo nemico; facendo segno ai kwami di non fare rumore, entrò nella stanza e, toltosi la felpa che aveva indossato appena alzato, la poggiò sulle spalle della ragazza: «Wei. Uccidimi.»
«Ah. Eri sveglia?»
Lila alzò la testa, osservandolo mentre iniziava ad armeggiare in cucina, preparando la colazione per loro due: «Sì.» borbottò, tirando su le gambe e poggiando il mento contro le ginocchia: «Perché non ho scelto qualcosa come fisica o chimica?»
«Perché Scienze politiche è più divertente?» buttò lì il ragazzo, prendendo la moka e mostrandogliela: «Lila…»
«Ci penso io.» sbuffò la ragazza, alzandosi in piedi e raggiungendolo, iniziando a prepararsi il caffè: «Non capisco nulla di quei files. Perché ho pensato di poter essere utile a qualcosa?»
«Ma tu sei utile.»
«Se stai per dire che sono utile a scaldarti il letto e farti divertire, ti meno.»
«Sei una grande guerriera, Lila. E metti il bene degli altri davanti al tuo.» dichiarò il ragazzo, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi con un fianco al bancone: «E sì, poi ci aggiungo anche quello che hai detto tu.»
«Non posso paragonarmi a te o agli altri, però.»
«Lila…»
«Lo so, lo so. Niente pensieri negativi o scoraggianti.» esclamò la ragazza, sorridendogli: «Mi piacerebbe solo contribuire di più al gruppo, tutto qua.»
«Lo fai già, Lila.» dichiarò Wei sicuro: «E sono certo che troverai qualcosa in quei files, anche senza aver preso una laurea in quello che hai detto…io ho imparato il francese, sono certo che tu potrai fare tutto questo.»
«Sei sicuro di quello che dici?»
«Sicurissimo.» dichiarò il ragazzo alzando i pugni e tendendoli verso di lei: «Tu sai fare grandi cose, Lila.»
La ragazza sorrise, colpendo le mani chiuse di Wei con le proprie, tornando poi a preparare la colazione: «Ehi! Babbani! E’ già pronto da mangiare?» urlò Vooxi, fluttuando fino alla testa di Lila e posandovici sopra: «Dov’è la mia scatoletta?»
«Sai, Vooxi…» iniziò la ragazza, aprendo la dispensa e tirando fuori una confezione di carne in scatola: «Sto iniziando seriamente a pensare di comprarti le scatolette per cani.»
«Costerebbero anche meno.» dichiarò Wei, finendo di tagliuzzare l’insalata e portandola sul tavolo, davanti a Wayzz che si era accomodato in un angolo libero da fogli e laptop: «Hai intenzione di lasciare così o prima di andare a lezione pensi di sistemare?»
«Oggi non ho lezione, quindi rimango a casa e studio quella roba…»
«Lila, dovresti studiare la roba dei tuoi corsi.»
«Beh, se quel pazzo riesce a creare ciò che ha in mente, penso che non avrò più corsi da seguire. Sai?» sbuffò la ragazza, mettendo sul fornello la moka e incrociando le braccia: «Comunque, mentre leggevo mi stavo facendo una domanda.»
«Quale?»
«Maus non è ricco e proviene da una famiglia media. Almeno a quanto risulta dalla biografia che ha trovato Alex.» spiegò Lila, voltandosi e recuperando una tazza mentre Wei tornava a finire la sua colazione: «Eppure possiede una proprietà in Tibet, che ha chiamato Maus Temple, inoltre per le sue ricerche ha bisogno di parecchi finanziamenti, senza contare il numero di soldati che ha ai suoi ordini…»
«E quindi?»
«Mi chiedo dove trovi i soldi, tutto qua.»
«Ricco parente lontano?»
«E se ci fosse qualcuno dietro Maus? Il nostro amico pazzo ha messo le idee e il genio e questo qualcuno i fondi…»
«Non pensi di complicarti la vita così? Sicuramente ha i soldi per fare tutto questo e anche di peggio.» dichiarò il ragazzo, alzando le spalle e portando la propria tazza al tavolo: «Non vedere intrighi dove non ci sono, Lila.»


Sarah osservò il professor Fabre uscire dall’aula: la borsa a tracolla era poggiata su una spalla e conteneva talmente tanti libri da straripare, mentre il completo in tweed gli dava un’aria elegante che contrastava con i capelli selvaggi e la barba incolta: «Professore!» esclamò, raggiungendolo velocemente e vedendolo voltarsi, squadrandola con lo sguardo grigio.
Rafael le aveva detto che suo padre non poteva essere tornato, poiché non era passato da lui ma, ogni volta che lei vedeva il suo professore di archeologia, era certa della parentela fra i due.
«Sì?» le domandò l’uomo, sorridendole e lei rivide in quell’espressione lo stesso sorriso scanzonato che alle volte aveva il suo ragazzo.
«Ecco, sono una studentessa del suo corso…» spiegò Sarah, armeggiando con il blocco che teneva in mano e andando a ricercare gli appunti della lezione che le interessava: «Qualche giorno fa lei ha fatto una lezione sui temi ricorrenti nei miti…»
«Sì, signorina. La ricordo perfettamente.» dichiarò il professor Fabre, ridacchiando: «Lei non è francese?»
«Sono americana.» rispose velocemente la bionda, voltando il foglio e mostrando i disegni dei sette animali: «Ecco, sono rimasta molto colpita da quello che ha detto riguardo a questi…»
«Oh. I sette animali sacri.» commentò l’uomo, massaggiandosi il mento coperto dalla barba: «Un argomento interessante, vero? Sono rimasto colpito di trovare riferimenti di questi sette in molte culture preistoriche e non sono in quelle: quando sono andato a Norkfolk per studiare alcuni reperti degli Iceni ho trovato un riferimento a Boudicca, una regina di questa tribù che guidò una rivolta anti-romana, in cui si parlava della veste cremisi puntellata di nero della donna. Rosso e pois neri: una coccinella in pratica.»
«Quindi Boudicca era un’adoratrice della Coccinella?»
«Forse. Probabile. Chi può dirlo? Un’altra nota interessante è stata trovata riguardo a Giovanna D’arco. Molto più recente, non trova? Eppure in alcuni testi si parla di un mantello rosso e pois neri che la giovane indossava…» spiegò l’uomo, muovendo con enfasi le mani: «Cleopatra, invece, è stata ritratta con un vestito giallo e nero in un dipinto dell’epoca, un abito che ricorda molto i colori dell’ape, non trova?»
«Già…» mormorò la ragazza, portandosi una mano al pettinino che aveva tra i capelli e facendo segno al professore di continuare.
«E potrei continuare all’infinito: Eracle, San Giorgio, Iwarebiko – il primo imperatore giapponese, secondo le leggende – o anche Huang Di, l’imperatore giallo…tutti accomunati dal culto dei sette animali, almeno per quanto riguarda le testimonianze che ci sono arrivate ora. Affascinante, non è vero? Inoltre, a Nanchino sono stati ritrovati dei quaderni con i rapporti dell’esercito britannico, quando era di istanza lì durante la guerra dell’oppio, e alcuni di questi parlano di sette guerrieri, mercenari…anche il poveraccio che scrisse ciò non sapeva come definirli, che bazzicavano per la città e…come si facevano chiamare secondo lei?»
«Come i sette animali sacri?»
«Esattamente. Affascinante, non trova? Perché dall’alba della nostra civiltà, questi sette animali vengono venerati? E come mai figure importanti vengono associate ad esse? Qual è il collegamento fra le due cose? Mi piacerebbe tanto scoprirlo.» il professor Fabre le sorrise, poggiandole una mano sulla spalla: «In ogni caso, se vuole avere più informazioni riguardo a ciò, le posso consigliare alcuni testi e articoli: molti sono scritti in inglese, ma penso che lei non avrà problemi. Giusto?»
«Sì, esattamente.» mormorò Sarah, osservando poi l’uomo andarsene dopo un breve saluto e accasciandosi contro il muro: «Quell’uomo è pericoloso.»
«Dici, Sarah?» bisbigliò Mikko, facendo capolino dalla borsa e studiandola: «Perché?»
«E’ molto interessato ai Miraculous e a ciò che c’è dietro.»
Mikko osservò la direzione in cui il professore era sparito, sorridendo: «Se sapesse tutto, penso che la sua concezione di storia cambierebbe totalmente.»
«Cosa vuoi dire Mikko?»
La kwami sorrise, alzando il capino: «Il luogo dove siamo nati noi kwami, e intendo quando eravamo umani, è un qualcosa che, per uomini come lui, sfocia nella leggenda: si può dire che sia un’utopia e un sogno, allo stesso tempo.»
«Capisco.»
«Quando invece è stato un errore e un incubo.»
Sarah sorrise, carezzando la testolina della kwami: «Non dev’essere stato facile: vivere in quel luogo, prendere la decisione di diventare ciò che siete ora…»
«All’epoca non sapevo a cosa andavo incontro: volevo solo fuggire da qualcosa che mi costringeva come una gabbia. Forse ho sbagliato, forse no, ma non mi pento di nessuna mia scelta perché ognuna di esse mi ha portato dove sono ora: al tuo fianco, Sarah.»
«E al fianco di tutte le Bee che mi hanno preceduta e che mi succederanno.»
«Già…»



«Pensi che sia una buona idea?» gli domandò Plagg, facendo capolino dalla giacca e studiandolo con lo sguardo verde: «Non so se hai ben presente che, ogni volta che vedi quel Nathanael, poi impazzisci.»
«Io non impazzisco.» sbottò Adrien, camminando tranquillamente per strada, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e il suo kwami che non finiva di rompere: «E Nathanael…beh, non è niente.»
«Certo. Come no.» sbuffò il kwami, assottigliando lo sguardo: «Ti ho sempre detto che sei fin troppo legato a Marinette: posso capire che sei innamorato e che la vedi come l’aria che respiri ma, ragazzo mio, ti rendi conto di cosa sta succedendo?»
«No, perché non sta succedendo nulla.»
«Beata ignoranza.»
«Plagg, davvero, non mi sta succedendo nulla.»
«Hai incubi, Adrien. E sei nervoso ogni volta che quella  testa di pomodoro è presente in un discorso…»
«Ti stai immaginando tutto, amico.» sentenziò il biondo, finendo di costeggiare l’edificio che ospitava l’IFM e osservando i tavolini all’aperto nella terrazza di legno: «Guarda. Marinette è con Nathanael, in questo preciso momento, ed io non ho problemi.»
Il kwami borbottò qualcosa, tornando nel suo nascondiglio mentre Adrien saliva i pochi gradini della terrazza: stava bene, andava tutto bene.
Bastava solo ignorare il dolore sordo al petto e la sensazione di soffocamento.
Poteva farcela.
Nessuno dei due sembrava essersi accorto della sua presenza: Marinette stava parlando e disegnando contemporaneamente, mentre il rosso annuiva a ogni sua parola, come se stesse pendendo dalle sue labbra e ogni cosa che la ragazza diceva era come acqua per un assetato nel deserto.
Va tutto bene.
Posso farcela.
Fece ancora qualche passo e, solo allora, Marinette si voltò nella sua direzione: osservò lo sguardo celeste sgranarsi per la sorpresa e un sorriso luminoso piegarle le labbra: «Adrien!» trillò la ragazza, alzandosi di scatto – quasi Adrien temette che la sedia cadesse con un tonfo a terra – e correre verso di lui.
Adrien sorrise, osservandola inciampare nel nulla e rovinargli addosso: «Attenta, principessa.» le mormorò, afferrandola saldamente e impedendo a entrambi di cadere: «Sei l’unica persona che conosco che riesce a inciampare nel nulla.» dichiarò, scortandola al tavolo.
«E’ un talento naturale, il mio.»
«Io lo chiamerei in un altro modo.» sbuffò Adrien, voltandosi e fissando Nathanael negli occhi: «Nathanael.»
«Adrien.»
«Stavamo completando il bozzetto.» spiegò Marinette, mostrandogli orgogliosa il disegno a cui stavano lavorando: «Domani è il termine di consegna dei nostri lavori e quindi stavamo rifinendo gli ultimi dettagli: alla fine ho seguito i tuoi suggerimenti e ho usato il top semplice e i colori sul rosa.»
«E’ grandioso.»
«Marinette è bravissima, vero?» mormorò Nathanael, sorridendo alla ragazza: «Ha un grande talento.»
«E’ vero.» concordò Adrien, osservando l’abito che la ragazza aveva disegnato: la gonna era stretta e avvitata attorno alle gambe, con una tonalità che partiva da un sfumatura di rosa e finiva in una cremisi alla base  stringendosi all’altezza delle caviglie per poi allargarsi in un mare di strisce, dando proprio l’idea della coda di un pesce; attorno ai fianchi, un sopragonna corto di una tonalità di rosa chiaro, impreziosiva il punto vita. Il piccolo top, molto più simile a un reggiseno a fascia, era impreziosito da una cascata di perle che adornavano il bordo e, infine, le stesse perle unite a conchiglie colorate, formavano una piccola tiara per la testa.
Un vero e proprio capolavoro.
«Anche Nath è bravissimo: ha creato dei sandali meravigliosi!» dichiarò Marinette, prendendo l’album del ragazzo e mettendogli sotto i sandali dalla linea semplice, ma adornati con conchiglie e perle, le stesse utilizzate per la tiara: «Le scarpe sono molto più semplici perché in contrasto con la particolarità dell’abito.»
Adrien annuì, osservando il lavoro di squadra dei due.
Ottimo, veramente ottimo.
«E’ tutto veramente bellissimo.» dichiarò Adrien, portandosi una mano al petto e massaggiandoselo all’altezza del cuore, non visto da Marinette voltava, in quel momento, verso Nathanael.


«Farai niente per Halloween?» domandò Rafael, portando dentro una cassa piena di bottiglie delle più svariate marche di birra e osservando l’uomo dietro al bancone: Alain alzò la testa, osservandolo incuriosito: «Intendo, qui al locale.»
«Qualcosa faremo.» bofonchiò l’uomo, tornando a sistemare le bottiglie di liquori sulle mensole: «Anche se non ho la più pallida idea di chi chiamare per la musica e cosa fare…»
«Io avrei un’idea.» buttò lì Rafael, posando la cassa sul banco e appoggiandosi a esso, sorridendo all’uomo che si era nuovamente voltato verso di lui.
«Sentiamo quest’idea.» decretò Alain, afferrando la cassa e portandola dalla sua parte: «Sia chiaro, se è una come quella del cat fight, ti butto fuori a calci nel tuo sederino da modello.»
Rafael ridacchiò, ricordandosi quella volta che aveva proposto ad Alain di allestire una bisca clandestina di incontri di lotta fra donne: all’epoca gli era sembrata una buona idea, ora sperava solo che Sarah non venisse mai a saperlo.
«Ci sono alcuni miei amici che hanno in mente di fare una festa di Halloween: roba tranquilla, niente alcool, sesso e rock’n’roll…ok, forse nel secondo qualcuno ci spera, comunque…» si fermò, scuotendo il capo e tornando a fissare l’uomo: «Mettiamo tutto noi: un mio amico fa il dj e penserebbe alla musica, conosco alcune ragazze potrebbero pensare all’allestimento della sala e…»
«E praticamente mi stai chiedendo di lasciarti il locale per quella sera.» sentenziò Alain, poggiando le braccia sul banco e annuendo con la testa: «Ed io che ci guadagno?»
«La nostra fedeltà eterna?»
«Vediamo…» mormorò Alain, dondolando la testa a destra e a sinistra: «Da una parte avrei una serata con gente sconosciuta, sicuramente all’80% ubriaca e che potrebbe farmi danni su danni, come l’anno scorso; e dall’altra un gruppo di ragazzini che penserebbero a tutto per la festa? Amico, mi metti in una posizione difficile.»
«Fai finta che non ti abbia detto niente.» sospirò Rafael, abbozzando un sorriso: «Era un’idea stupida fin dall’inizio…»
«Amico, fammi finire. E’ una posizione difficile perché ovviamente sceglierò il gruppo di ragazzini.»
«Davvero?»
«L’anno scorso ho dovuto pulire il bagno.» dichiarò Alain, indicando la porta dei servizi del locale: «Vuoi che ti rinfreschi la memoria e ti dica cosa ci ho trovato? La gente si scatena ad Halloween, lo sai. Farei di tutto pur di evitare quello che è successo l’anno scorso, anche invitare un gruppo di suore.»
«Grazie, Alain.»


Sophie osservò il proprio bagaglio, notando che tutto ciò che aveva era contenuto in uno zaino: un bagaglio veramente scarno se paragonato al numero di valigie che aveva Willhelmina; c’erano voluti tre pronipoti di Fa per portare tutto in aeroporto e consegnarlo agli addetti del volo: «Sei nervosa?» le domandò la donna, sedendole al fianco e posandole una mano sul ginocchio.
«Un po’.»
«Andrà tutto bene.»
«Lo spero.»
Willhelmina le sorrise, alzando poi la testa quando la voce metallica annunciò qualcosa: «E’ il nostro volo.»
Sophie annuì, alzandosi e prendendo la sua borsa, inspirando profondamente: il volo sarebbe durato diciassette ore.
Diciassette ore la separavano da Parigi.
Diciassette ore la separavano da suo figlio.
Diciassette ore la separavano da Gabriel.

   
 
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