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Autore: winterlover97    07/10/2016    9 recensioni
in occasione della Halloween Challenge
dal testo
Non faceva esageratamente freddo nonostante avessi semplicemente un mantello nero in feltro a coprire il vestito del medesimo colore addosso. Unico tocco di colore, il rosso, come il sangue, del mio rossetto e dell’interno del mantello. Mi guardai intorno: le tombe al di là della recinzione, tra cui alcune di esse molto antiche, erano alternate a statue di angeli con le ali spiegate oppure ritratte. Contrariamente a quanto faceva con i più, il cimitero con le sue lapidi non mi inquietava e nemmeno terrorizzava, anzi creava aspettative di ricordi, di cose non dette, di affetti rafforzati e di mistero
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice:
Questa volta ho deciso di scriverlo prima, questa piccola storiella è stata scritta in occasione della Halloween Challenge per celebrare Halloween.
I prompt che ho scelto sono “ZUCCHE”, “STORIA CON VAMPIRI” e “SANGUE”.
Spero vi piaccia.
Presta
volto maschile: Andrew Scott

BASOREXIA
 

 
 
Camminai traballando sui tacchi che avevo comprato la scorsa settimana sul vialetto accanto al cimitero illuminato solamente dalla luce della luna e dai lumini poggiati sulle tombe. Aspirai il fumo dalla sigaretta e lo buttai subito fuori con lentezza. Non faceva esageratamente freddo nonostante avessi semplicemente un mantello nero in feltro a coprire il vestito del medesimo colore addosso. Unico tocco di colore, il rosso, come il sangue, del mio rossetto e dell’interno del mantello. Mi guardai intorno: le tombe al di là della recinzione, tra cui alcune di esse molto antiche, erano alternate a statue di angeli con le ali spiegate oppure ritratte. Contrariamente a quanto faceva con i più, il cimitero con le sue lapidi non mi inquietava e nemmeno terrorizzava, anzi creava aspettative di ricordi, di cose non dette, di affetti rafforzati e di mistero. Pian piano la strada asfaltata su cui camminavo lasciò il posto al ciottolato del vialetto, illuminato solamente da delle zucche di un arancione carico illuminate dalla luce di candele.
 
 
Varcai la porta del villino solo dopo aver lasciato il mozzicone della mia sigaretta in un posacenere vicino alla porta. Lasciai il mantello al ragazzo del guardaroba, vestito di bianco dalla testa ai piedi con piccoli schizzi di sangue, con molta probabilità come un fantasma assassino o simile, lasciando che i miei capelli, prima all’interno del cappuccio, scivolassero lungo le spalle e mi solleticassero la pelle. La musica rimbombava nell’aria dalle casse mascherate in modo accurato da delle zucche dal ghigno orrendo nell’aria. Presi uno cocktail proposti ed inventati dal bar tender e lo bevvi: sapeva di vodka, lampone e cannella ed aveva un color azzurro carico.
 
Mi feci largo tra ragazzi e ragazze ammassate nella pista da ballo e mi buttai letteralmente nella mischia, desiderosa solo di divertirmi. Ondeggiai il corpo al ritmo della canzone fino a quando due mani mi si posarono sui fianchi, seguiti da del fiato sul mio collo. Solamente mi sarei girata e avrei tirato un bel ceffone al ragazzo che si era azzardato. Stasera invece, complice l’alcool che era in circolo, lasciai correre e mi girai solamente per vedere chi fosse. Il ragazzo era poco più alto di me e aveva capelli scuri come la pece pettinati indietro, occhi scuri che brillavano e barba leggermente incolta. Nonostante potessi vedere solo una parte di viso, dato che il resto era coperto da una maschera nera, riconobbi subito chi fosse: Jim Scott.
 
Non era il ragazzo più famoso, ma nemmeno il più trascurato, era una sana via di mezzo. Frequentavo con lui laboratorio e dovevo ammettere che le poche volte che ci avevo parlato non era stato scorbutico o antipatico, solo silenzioso ma ben disposto ad aiutare nel caso qualcuno avesse bisogno. Posai le mani sul suo completo di alta sartoria, con molta probabilità fatto su misura in un atelier di Armani o Prada. Il tessuto, di colore borgogna, era morbido al tatto e lasciava intravedere degli arabeschi disegnati su di esso. Percorsi l’addome, passando per il petto fino alle spalle dove mi ancorai come un naufrago ad un pezzo di legno della zattera.

Mi prese una mano e mi tirò verso di lui, le labbra a pochi centimetri di distanza, poi mi trascinò fuori dalla mischia. Le sue mani erano tiepide e pallide, come se non fossero percorse da sangue. Nel mentre continuammo a guardarci negli occhi, marrone nel marrone, liquidi e brillanti, scansando con non poca fatica coppiette che pomiciavano addossate ai muri. Salimmo al piano di sopra passando davanti a ritratti e dipinti appesi alle pareti, poi, non appena giungemmo di fronte ad una porta lievemente socchiusa ed assicurateci che non ci fosse nessuno, entrammo.    

Le sue labbra non raggiunsero immediatamente le mie, anzi, tentennarono. Il suo comportamento mi fece aumentare la mia basorexia. Il bacio che arrivò dopo, mentre eravamo ancora addossati alla porta chiusa, mi fece letteralmente girar la testa. Il suo corpo era contro il mio e le sue mani, che precedentemente erano sulla mia schiena, passarono sulla porta, come ad aumentare il contatto. Le mie invece ancorate alle sue spalle.
 
Le sue labbra lasciarono le mie e passarono lasciando leggeri morsi sul collo, dove si soffermò particolarmente. Mi avevano detto che il primo bacio non si scorda mai, e devo ammettere, questo non lo scorderò mai, né per la sua intensità né per colui con cui l’avevo scambiato. Si allontanò leggermente e mi fissò negli occhi, poi schiuse la bocca lasciando intravedere due canini affilatissimi. Non mi passò nemmeno per l’anticamera del cervello che fossero di plastica tanto sembravano affilati e lucenti. Credevo che i vampiri non esistessero all’infuori dei libri e dei film, per altro narrati in modo pessimo all’infuori di quelli di Bram Stoker. Continuò a morsicarmi leggermente il collo e la mandibola mentre io inebriata lasciavo fare. Non ero conscia del pericolo, anzi, fui eccitata ed estasiata da esso, mi inebriava ed ubriacava.
 
Riprendemmo a baciarci con studiata calma. Venni presa al di sotto delle cosce e posata sul letto con facilità dove continuammo indisturbati.
 
Era la Notte dei Morti Viventi, fuori la musica impazzava e noi non ce ne curavamo, anzi, piuttosto di parlare e chiedere, lasciavamo ai nostri occhi, alle nostre bocche e alle nostre menti paradossalmente, il compito di parlare per noi.
 
 
 

 
 
   
 
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