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Autore: Kind_of_Magic    07/10/2016    1 recensioni
[Clint/Coulson] [accenni Melinda May/Andrew Garner]
AU: L'agente Coulson, della polizia di New York, si trova a dare la caccia a un criminale noto come Occhio di Falco e sfrutta l'arresto della sua partner, la Vedova Nera, per incontrarlo di persona. Ma come si evolverà questo incontro?
Clint si avvicinò a lui a passi lenti, come per aumentare quell’attesa e la suspense. Era tutto così maledettamente cinematografico che Phil si chiese se non fosse capitato a propria insaputa su un set di Hollywood.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Trouble

Questa storia partecipa alla sfida "A box full of prompts" del gruppo Facebook "EFP famiglia: recensioni, consigli, discussioni" con il prompt di apollo41

Fandom: Avengers/Agents of SHIELD

Coppia: Clint/Phil

Avvertimenti vari: AU, fluff, crack, violenza (poca)

Rating: almeno giallo.

Prompt: Au in cui Phil è poliziotto e Clint è un delinquente. "You're just the kinda trouble I'd get myself into, officer Coulson.”

Trouble

L’agente Coulson picchiettò con il retro della penna sul fascicolo che aveva davanti, ignorando deliberatamente la donna seduta di fronte a lui e rivolgendosi invece alla propria assistente, Melinda.
«Siamo sicuri che non ci sia nient’altro su quest’uomo?» le chiese.
L’asiatica annuì e gli ripeté che era la prima volta da anni che qualcuno si interessava alle azioni di quel criminale e la maggior parte delle informazioni arrivavano dalle indagini che avevano svolto loro due. L’agente Coulson sapeva già tutto ciò che Melinda stava dicendo, ma aveva voluto che lo ripetesse affinché anche la donna che avevano fermato potesse sentire.
«Puoi far finta di non capire una parola di ciò che stiamo dicendo e continuare a rispondere solo in russo» disse infine l’agente, dopo aver congedato Melinda, continuando a evitare lo sguardo dell’altra donna «Oppure puoi collaborare e darci qualche informazione sul tuo compare. Potremmo chiudere un occhio sul suo caso, se tu ci dessi una mano a prendere lui, Natasha»
«Queste proposte non mi scuotono» rispose la donna. Dentro di sé, Phil Coulson si complimentò con se stesso per essere riuscito a farla parlare in inglese.
«Non so che cosa possiate volere da lui» continuò la russa «ma di sicuro non vi aiuterò. Devo la vita a quell’uomo»
Coulson fu colpito da quell’affermazione così netta, quasi da film. Non c’erano sentimenti, solo un debito, come se avesse detto che lui le aveva pagato la cena. «Cosa è successo?» domandò.
«Non sono affari tuoi» disse la donna, aggiungendo qualcosa in russo che suonava fortemente come un insulto.
«Come preferisci» concesse Coulson sospirando. Si alzò e andò via, certo di aver ottenuto ciò che voleva. Natasha avrebbe anche potuto mantenere il più totale silenzio, ma dalle informazioni che aveva ricevuto l’agente sapeva che non sarebbe trascorso molto prima che il suo compagno cercasse di liberarla.
 
Melinda May era assistente dell’agente Coulson da parecchi anni ormai e dalla lunga esperienza aveva imparato diverse lezioni. Una era, ad esempio, che Phil non aveva una famiglia, o se l’aveva questa non si preoccupava in caso l’agente restasse tutta la notte alla stazione di polizia. Un secondo fatto era che Coulson era uno stacanovista, il genere di persona che si ammazza di lavoro senza pretendere che gli altri seguano il suo esempio.
La somma di queste due informazioni faceva sì che Melinda avesse smesso da tempo di preoccuparsi quando Coulson non alzava neanche lo sguardo dalla scrivania dopo che lei lo aveva salutato perché stava andando a casa. Eppure quella sera provò un brivido di inquietudine, guardando l’agente che fissava immobile lo schermo del computer.
«Faccia attenzione, Phil» gli disse.
«Buonanotte» rispose l’agente. Con ogni probabilità non aveva neanche sentito cosa avesse detto.
 
«Agente Coulson» disse una voce alle sue spalle, diverse ore dopo «Mi hanno detto che voleva incontrarmi»
Phil Coulson sollevò lentamente le mani, perfettamente conscio della pistola che si trovava a circa mezzo centimetro dalla sua nuca: «Tra te e la tua amica avete una passione per le frasi da film, eh?»
«Lei dov’è?» chiese l’altro.
«Credo sia andata a ordinare una pizza» rispose con tranquillità Coulson «Dopo ciò che ci ha detto l’abbiamo lasciata andare»
L’agente sentì la canna della pistola sfiorargli la pelle e seppe che all’altro aveva tremato la mano.
«Sta mentendo» disse il criminale, ma la sua voce non era così ferma quanto avrebbe voluto.
«Ti chiami Clint Barton» rispose l’agente Coulson.
Barton trattenne il respiro per un attimo, poi ritrovò la voce: «Che cos’altro sapete di me?»
«Non te lo dirò certo qui e ora, con una pistola puntata contro la nuca»
Coulson lo sentì riporre la pistola e si concesse un sospiro.
«Non faccia movimenti avventati» lo avvertì Barton con una voce di nuovo minacciosa «Coraggio, parli»
«Ripeto, né qui, né ora»
«Che cosa mi impedisce di spararle in questo preciso istante?» Barton non sapeva se lo stesse chiedendo a se stesso o all’agente.
«Questa è una domanda interessante a cui non so rispondere» il criminale lo odiò per ciò che aveva appena detto, ma non aggiunse altro in merito.
«Domani notte, all’una» disse, invece «Sulla trentaduesima est, tra la terza e la Lexington. Da solo e disarmato»
«Ci sarò» rispose Coulson. Barton si allontanò da lui di un passo e l’agente ne approfittò per alzarsi in piedi e voltarsi verso di lui. Ebbe solo una fugace visione di due occhi del colore del ghiaccio, prima che il criminale si avventasse su di lui e lo colpisse alla testa per stordirlo.
 
«Gli avevo detto di stare attento» sospirò Melinda, trovando l’agente Coulson steso a terra nella stazione di polizia ancora deserta. Non era riuscita a dormire tranquilla ed era tornata in ufficio prima del solito. Suo marito Andrew aveva protestato, ancora mezzo addormentato, ma aveva acconsentito a portare la piccola Daisy a scuola al posto suo, borbottando che lei lavorava troppo.
 
«Che cosa gli hai detto?» urlò Clint all’indirizzo di Natasha, dopo averla portata al sicuro dalla polizia. Aveva scoperto che non era stata davvero rilasciata, l’agente gli aveva mentito, ma c’erano ancora dei punti che gli sfuggivano.
«Non ho detto nulla» rispose lei con voce sommessa «Sai che non lo farei mai»
«E allora come faceva quell’agente a sapere il mio nome?»
La russa scosse la testa, senza capire: «Certo che conosce il tuo nome, quando compari sui giornali lo usano»
«Il mio vero nome» precisò Clint. Natasha sgranò gli occhi e il suo compagno fu certo che non fosse stata lei a rivelarlo. Il suo stupore era troppo genuino.
«Quell’uomo è pericoloso» disse la donna «Cosa intendi fare?»
«Non lo so» rispose Clint «Voglio prima capire quanto sa di me e te»
«E se lo facessimo fuori?»
Barton ci pensò per un po’, poi scosse la testa: «È il genere di persona che stila quattro rapporti e li tiene al sicuro. Poi c’è quella sua assistente di cui mi hai parlato. Il caso non morirebbe con lui, anzi, attireremmo l’attenzione. No, bisogna che sia lui a smettere di ficcare il naso»
«E come vuoi fare?» Natasha non capiva perché Clint non trovasse una soluzione rapida: di solito lo faceva con facilità.
«Ci penserò»
 
«Le mani sul muro e non faccia scherzi» ordinò Natasha, la mano stretta e immobile intorno alla pistola puntata alla testa dell’agente Coulson.
Il poliziotto si mosse lentamente per non rischiare di farla innervosire: «Ribadisco, voi due parlate come se foste usciti da un film. E lasciatevi andare ogni tanto!» Non ottenne risposta e tacque. Nel frattempo aveva poggiato le mani sul muro e aspettava, fermo.
Clint si avvicinò a lui a passi lenti, come per aumentare quell’attesa e la suspense. Era tutto così maledettamente cinematografico che Phil si chiese se non fosse capitato a propria insaputa su un set di Hollywood.
Il criminale lo perquisì con lentezza e scrupolo, partendo dalle scarpe fino alle tasche interne della giacca. In altre occasioni, l’agente Coulson avrebbe portato con sé un’arma, anche piccola, ma in quel caso non aveva voluto rischiare: quei due sembravano piuttosto nervosi.
Quando Barton si chinò in avanti per controllare le tasche della giacca, fu investito dal profumo di un’acqua di colonia maschile. Non era fastidiosa o eccessiva: semplicemente c’era ed era anche alquanto piacevole. Quell’odore lo distrasse per poco meno di un attimo, un tempo abbastanza breve perché Natasha non si accorgesse di nulla, ma troppo lungo per passare inosservato anche da Coulson.
Il poliziotto voltò appena il viso verso l’uomo dietro di lui, cercando di capire perché si fosse fermato per quell’istante. Per la seconda volta, i suoi occhi si incontrarono con quelli azzurro ghiaccio di Barton e provò dentro di sé qualcosa che in un certo senso lo faceva sentire a disagio, ma non era fastidioso, soltanto nuovo.
Completata la perquisizione senza aver trovato nulla, Barton mandò Natasha a controllare che nelle strade vicine non ci fosse nessuno a tendere un’imboscata e rimase da solo con l’agente.
Continuando a tenergli una pistola puntata contro, gli disse di girarsi lentamente verso di lui. Per la prima volta da quando aveva iniziato a indagare su di lui, Phil Coulson poté finalmente vedere Clint Barton senza passamontagna o altri travestimenti. Per quanto una parte della sua mente fosse occupata a prendere nota di tutti i dettagli possibili, tutto ciò che l’agente riusciva a vedere in quel momento erano gli occhi di Barton che sembravano scavargli dentro.
«Io non ti capisco» disse Coulson «Avresti potuto liberare Natasha e basta, senza tanto clamore. Io avrei continuato le mie indagini, ma probabilmente a un certo punto si sarebbero arenate e il capo mi avrebbe ordinato di occuparmi di altro. Invece hai voluto incontrarmi ben due volte e parlarmi di persona, andando a cacciarti in un bel problema»
«Lei è proprio il genere di problema in cui tendo a cacciarmi, agente Coulson» rispose enigmaticamente Barton, accennando un sorriso.
«Clint» cominciò Coulson facendo un passo in avanti «Che cosa ti ha portato a questa vita? Non ne vale la pena»
«Stia fermo» rispose seccamente Barton.
L’agente si immobilizzò, ma non tacque: «Potresti avere una vita migliore, potresti essere addirittura un poliziotto» per tutta risposta, il criminale sputò per terra.
«So che ti sembra impossibile» continuò Coulson «Ma sento che questa non è la vita che vuoi»
Barton abbassò lentamente la pistola, mentre ragionava sulle affermazioni di Coulson. La fece cadere per terra, poi alzò di scatto lo sguardo sull’agente e si sentì prendere dall’ira. Afferrò Phil per le spalle e lo spinse contro il muro: «Che cosa ne sa lei di cosa voglio? Che cosa ne sa lei se vale la pena oppure no?»
Erano vicinissimi, Phil poteva sentire il suo respiro sul viso mentre rispondeva «Io so soltanto ciò che tu mi lasci scoprire»
Si fissarono per qualche istante, mentre Clint sentiva l’ira dentro di sé svanire poco per volta, sostituita da qualcosa che non sapeva ben definire ma era certo fosse situata da qualche parte vicino allo stomaco.
«Che cosa vuole da me?» domandò a bassa voce.
«Tu che dici?» rispose Coulson, sapendo che poteva essere molto rischioso.
E Barton capì. Senza pensarci due volte, perché sapeva che avrebbe iniziato a farsi domande, aggredì le labbra dell’altro con le proprie. Si aspettava quasi che Coulson lo spingesse via, invece rispose al suo bacio con quasi altrettanta foga.
Poi il momento finì e i dubbi iniziarono. Che cos’era successo? si chiesero entrambi. Guardando il ghiaccio negli occhi di Barton, Phil lesse una specie di rabbia, come se l’altro lo avesse accusato di averlo portato a quel bacio. Phil non si sentiva in colpa.
Clint si allontanò dal poliziotto, ancora confuso, e lasciò la presa sulle sue spalle.
«Noi non ci siamo mai incontrati» disse Coulson, come per rassicurarlo, mentre andava via lentamente, senza voltargli le spalle.
«E capiterà mai che ci incontriamo?» chiese Clint, senza sapere bene che cosa sentisse al riguardo.
Coulson accennò un sorriso che Barton distinse a malapena nella penombra: «Assolutamente no»









N.d.A:
Più vado avanti a scrivere su questi due e più mi viene voglia di dedicare la mia intera esistenza a fare solo questo. Non è un'idea così cattiva...
Grazie ad apollo41 per entrambi i suoi prompt Clint/Coulson e a tutti voi che avete letto e magari mi lascerete un commento ^^
Grazie anche a Christine e Charlotte per aver organizzato la sfida :)
Che gli dèi siano con voi!
-Magic
   
 
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