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Autore: Letizia25    08/10/2016    2 recensioni
A volte, la discesa verso l’inferno comincia senza rendersene conto, fino a che non è troppo tardi.
Troppo tardi per tornare indietro, per cambiare le cose, per salvare qualcosa di ciò ch’è rimasto.
O almeno, la nostra è iniziata così.
Si cerca una luce per salvarsi, o anche solo per non perdere del tutto la speranza.
Eppure ogni sforzo sembra comunque vano, perché le cose non cambiano, mai.
Restano immutabili, almeno fino a che due universi opposti non si scontrano.
Perché quando due universi opposti si incontrano all’improvviso, cambia tutto, radicalmente.
Le certezze che c’erano prima svaniscono, sommerse da quel qualcosa che accomuna quei mondi.
Tutto scompare; dubbi, paure, sogni, maschere, muri. Resta una sola certezza: quella di non cadere.
*
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=evr4rKlJ1RA
*
ATTENZIONE: La storia tende al rating rosso e contiene alcune scene descritte in maniera molto approfondita (guardare trailer per capire). Quindi, se siete deboli di cuore o se potrebbe darvi fastidio in qualsiasi caso, non leggete, dato che l’ultima cosa che voglio è far star male qualcuno.
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Be my home'
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Trentadue
 
 
 
Una pagina che, a volte, ha bisogno di un punto fermo, prima di essere voltata del tutto.
Un punto al passato, ai capitoli mai conclusi davvero, ai pesi sul cuore e sull’anima.
Un punto da cui poter ripartire da zero.
 
 
 
Arranca sulle scale che portano alla sua finestra. Non riesce a reggersi in piedi. A malapena percepisce sotto le dita il freddo della ringhiera di ferro a cui cerca di tenersi per non scivolare. È come se, da quando l’ambulanza ha portato via Madison, sfrecciando ad una velocità che non prometteva niente di buono, lei non esistesse più. È come se un qualcosa di tremendamente ed infinitamente troppo più grande di lei l’avesse annientata in un istante, sbriciolando anche quel fragile involucro vuoto che era diventata in quegli ultimi tre mesi, l’ultima traccia di ciò che era rimasto di lei. È come se avesse smesso di percepire anche la più piccola cosa, come se i suoi sensi ed il cervello non riuscissero più a comunicare, a lavorare bene insieme. È come se il buio, le catene, il dolore, il senso di vuoto, si fossero volatilizzati nella frazione di un attimo, lasciandole dentro qualcosa di peggiore; un qualcosa che la rende priva di emozioni, di luce; un qualcosa che sembra aver scoperto ogni suo singolo punto debole per giocarci pur di mandarla al tappeto, pur di annientarla del tutto. È come se il tempo avesse smesso di scorrere, come se ogni cosa si fosse cristallizzata nel momento in cui i suoi occhi scuri si sono posati sulla figura della sua migliore amica coperta di sangue. È come se tutto quanto avesse perso i suoi colori, la sua luce, la sua scintilla di vita; come se ogni cosa avesse perso quel senso nascosto che tutti cercano continuamente senza mai riuscire a trovarlo davvero. È come se il suo essere umana le si fosse rivoltato contro, trasformando il suo pregio maggiore nella sua debolezza più grande; come se il suo essere fragile, vulnerabile, avesse capovolto tutto quanto, impedendole di provare anche soltanto la più piccola emozione.
Perché Letizia non prova niente, da quando è uscita da casa di Madison. Non ha provato niente mentre camminava verso casa sua: nessun dolore, nessuna ansia, nessuna preoccupazione, nessun rimorso, nessun senso di colpa, nessuna paura, nessun senso di vuoto, nessuna tristezza, nessuna frustrazione. Non prova niente neppure adesso, mentre sale le scale a fatica, come se ogni passo la prosciugasse ulteriormente. Non riesce neppure a muoversi per inerzia: è come se fosse bloccata e compiere ogni piccolo gesto le infliggesse una pena indescrivibile persino per lei, che con le parole è sempre stata brava, più che con i fatti.
Arriva alla sua finestra che quasi non sa più neppure come respirare, come se muovere il petto fosse diventata un’azione che non è più in grado di compiere. Stessa cosa per le sue mani, bloccate lungo i fianchi, come se il cervello non fosse più capace di farle muovere per aprire il vetro ed entrare in camera. Proprio come le sue gambe, ferme come pezzi di legno che non hanno la benché minima intenzione di muoversi.
Non prova a concentrarsi, a prendere un respiro per calmare i nervi. Non ragiona.
Semplicemente, aspetta davanti al vetro per un tempo che sembra non passare mai. Aspetta, come se avesse bisogno del permesso per continuare a fare qualsiasi altra cosa, come se non le fosse più concesso di essere libera, come se quel qualcosa più grande di lei avesse preso posto dentro il suo corpo per infliggerle quell’estenuante tortura pur di vederla agonizzare dal dolore. Un dolore che però non riesce a toccare o a scalfire niente.
Perché dentro di lei c’è qualcosa di indefinibile che è peggio del niente.
Il tempo intanto passa. Il sole tramonta. Il freddo diventa più pungente.
E Letizia è ancora lì, bloccata, come se quel qualcosa di indescrivibile facesse di tutto pur di rinchiuderla  dentro se stessa, la prigione peggiore di tutte.
Perché adesso che è buio e che il silenzio attorno a lei sta diventando sempre più opprimente, la mora comincia a realizzare che cosa è davvero successo, mentre quel qualcosa di indistruttibile si fa da parte per lasciare che tutte le altre emozioni che la ragazza non è riuscita a provare fino a quel momento finiscano il lavoro.
E capisce, la mora, che non merita di essere amica di Madison; non merita di avere quella ragazza così speciale nella sua vita. Non ha fatto altro che lasciare che il dolore dell’altra la divorasse, non è stata attenta, non è riuscita a vedere o a capire niente. Non ha agito quando invece avrebbe dovuto, quando per puro caso aveva avuto il sentore che qualcosa dentro la bionda stesse lentamente cambiando. Non ha imparato niente dagli errori del passato, dal terrore che l’ha accompagnata dopo che Madison, anni fa, aveva tentato una cosa simile a quella di poco prima. Non ha fatto altro che chiudersi in se stessa, senza pensare alla sua migliore amica, a quell’unica persona che è rimasta al suo fianco, riuscendo sempre a strapparle un sorriso, a tirarla su nei momenti bui.
E mentre il senso di colpa comincia a farsi sentire, pungente sulla pelle e sugli occhi, è come se ad un tratto dentro al suo corpo tornasse un minimo di energia, che le sue membra usano subito per aprire la finestra ed entrare nella stanza, forse l’unico posto davvero sicuro per lei.
Lei, che adesso sta rovistando tra i cassetti e le mensole della libreria, pur di trovare quell’unica foto che non condividerebbe mai con nessun altro, a parte la persona con cui è ritratta. Una foto scattata talmente tanti anni prima che adesso è ingiallita un po’, perdendo alcune sfumature dei colori che all’inizio erano talmente vividi e brillanti da farla sorridere all’istante. Una foto che non riguardava da anni. Perché da anni non ha fatto che dare la presenza di Madison nella sua vista per scontata; non ha fatto altro che considerarla ormai parte della sua quotidianità, dimenticando il fatto che ogni attimo passato con la sua migliore amica era, è e sarà sempre prezioso.
Solo adesso si rende davvero conto del suo errore; solo adesso si rende conto che avrebbe potuto davvero perdere la persona che per lei è più che una sorella. Solo adesso si rende conto del danno che ha commesso, perché non ha fatto altro che pensare a se stessa, dimenticandosi di chi ha fatto letteralmente di tutto pur di farla tornare a vivere dopo che la vita le aveva inferto il colpo peggiore di tutti.
Trova la foto in una delle tante scatole colorate poste nell’armadio, ma non riesce a vederla bene, con gli occhi colmi di lacrime che non riescono ad uscire e che le appannano la vista. Mette a fuoco a fatica, prendendo dei grossi respiri, cercando di trattenere la crisi che sente vicina ed i singhiozzi che non vuole far sfogare per l’ennesima volta. Ma non appena quell’immagine si staglia nitida davanti ai suoi occhi, le lacrime iniziano a bagnarle le guance.
Perché la foto che ha in mano è stata scattata il primo giorno d’asilo da Azura, durante il quale le due bambine raffigurate sono diventate amiche. «Lo saremo per sempre»; così si erano promesse tanti anni prima, con sorriso sulle labbra e le manine sporche di cioccolata, proprio come le ritrae l’immagine.
Eppure, Letizia sente anche troppo distintamente in fondo al cuore il fatto che lei, in realtà, non si è mai comportata come una vera amica. O almeno, questa è l’unica cosa che riesce a pensare adesso; l’unica cosa che riesce soltanto ad ingrandire il senso di colpa che la mora percepisce in ogni millimetro del suo corpo, come aghi che non fanno altro che pungerla, senza darle tregua alcuna, tendendole costantemente in testa il suo sbaglio più grande, il suo essere stata cieca per troppo tempo con troppe persone.
Perché non si è mai accorta di niente, lei: né della perdita di cui Michael ogni tanto sente ancora gli effetti, della preoccupazione di Ashton per il suo ragazzo e per tutto il resto, del peso che Luke si porta sulle spalle completamente da solo, del problema che Calum non è mai riuscito a superare davvero del tutto, delle insicurezze e delle paure di Madison che si è chiusa talmente tanto in se stessa pur di non far preoccupare nessuno.
È cieca, Letizia; non riesce ad accorgersi che le persone a cui vuole bene stanno male più di quanto possa anche soltanto immaginare. Che razza di amica è? Che razza di persona è, una come lei che a malapena sa che non vuole perdere chi le è caro per nessuna ragione al mondo, ma che non fa niente per impedirlo?
Sente le lacrime bruciare, scenderle lungo la gola per poi sparire tra i vestiti. Sente i brividi, il corpo che trema e che viene all’improvviso riempito nuovamente di tutto quanto: dell’anima, del cuore, dei sentimenti, di ogni singola cosa che credeva di aver perso. Un tutto che, però, pesa come un macigno e non le rende possibile stare bene.
Sente quel tutto andare di nuovo in frantumi e riformarsi, come se fosse un disco rotto che ripete sempre lo stesso passaggio all’infinito. Ed ogni volta che lei va in pezzi, fa più male della precedente, le fa nascere nel petto un dolore atroce, talmente intenso da impedirle di respirare.
Intanto il silenzio continua ad essere il suo unico compagno in quella situazione. E la porta a pensare, a ricordare, ad aprire squarci sempre più profondi e dolorosi dentro di lei, ad aumentare le ferite ancora una volta, come se non fosse mai abbastanza, come se non ci fosse mai fine a niente.
Accarezza la foto con al punta delle dita.
Poi è un attimo, ed il primo attacco di nausea si fa sentire anche troppo distintamente.
Primo attacco seguito subito da altri, che costringono la ragazza ad alzarsi e a correre in bagno a fatica.
Prova a vomitare una, due, tre volte, ma non succede niente. Perché è nuovamente vuota Letizia, adesso; non ha più niente da spartire con il resto.
E intanto il dolore non fa altro che aumentare, mentre le lacrime continuano a scendere e la nausea a peggiorare.
Si passa velocemente una mano tra i capelli, cercando nervosamente gli occhiali e ricordandosi di averli lasciati sulla scrivania insieme alle altre cose quando era entrata. Stringe le dita ai bordi della felpa che indossa fino a far sbiancare le nocche; ma non succede niente: il senso di colpa, la vergogna, il vuoto, le ferite, tutto resta lì, al suo posto, come se non potesse fare altrimenti, come se non ci fosse alcuna alternativa.
Come se lei non avesse più la facoltà e la libertà di scegliere.
Chiude gli occhi, di scatto, sperando che almeno così facendo le lacrime smettano di scendere e che il resto la lasci in pace, almeno per un minuto, uno soltanto. Ma sa, è fin troppo consapevole che la sua preghiera non verrà ascoltata da nessuno, che non ci sarà nessuno quella notte a rimettere insieme i pezzi. Perché lei non può, non ci riuscirebbe; non saprebbe più come fare.
E mentre il cuore si lascia andare, si lascia diventare preda di tutto il buio, Letizia lascia che ogni singola emozione che è riuscita a trattenere fino a quel momento abbia il sopravvento su di lei.
Così la tristezza ed il senso di colpa si fondono, sfogandosi in singhiozzi sempre più forti, che le scuotono il corpo, che la fanno tremare, che le fanno perdere il senso di ogni cosa. Così il senso di vergogna si acuisce, trasformandosi in una lama che sembra voler lacerare tutto quello che incontra. Così il senso di sconfitta diventa sempre più evidente, attraverso il colore della sua pelle che sta diventando sempre più pallido, mentre ciò che è dentro di lei non ha più il benché minimo ordine.
«È tutta colpa mia.»
Non fa che ripetersi quelle poche parole, come un mantra, come se volesse in qualche modo trovare una spiegazione plausibile a ciò che è accaduto. Una spiegazione che sembra non arrivare, che sembra non essere da nessuna parte. Una spiegazione di cui però lei ha bisogno a tutti i costi, pur di sapere cosa dovrà affrontare in futuro.
Perché sa che, oltre a Madison, neppure Luke riuscirà a perdonarla: benché fosse lei quella al corrente della situazione; quella che una sera di quattro anni prima aveva trovato Madison stesa per terra nel solito bagno, con la stessa pozza di sangue troppo scuro e denso attorno; quella che avrebbe dovuto sapere che cosa fare in casi simili; non è stata capace neppure di tranquillizzare il suo migliore amico e dargli i giusti consigli per salvare la ragazza a cui entrambi tengono troppo e senza la quale non potrebbero mai stare.
Sa troppo bene, Letizia, che potrebbe seriamente perdere le poche persone a cui tiene davvero, a causa di quell’errore che l’ha marchiata fin troppo in profondità per essere rimosso.
Lo sa, lo sente fin dentro le ossa, fin dentro il cuore.
Ma sa anche che è troppo tardi per tornare indietro e riavvolgere il nastro.
È lei quella che deve bruciare all’inferno, lei soltanto. È la punizione che si merita dopo tutto il casino che ha combinato. Una punizione che, probabilmente, non le infliggerà mai una pena pari a quella che sta sperimentando adesso, vivendo sulla propria pelle le conseguenze immediate delle sue azioni.
E mentre le lacrime continuano a rigarle il viso; mentre i singhiozzi continuano a scuoterle il corpo; mentre i brividi continuano a correrle sulla pelle; mentre tutto fuori e dentro di lei continua a distruggersi; mentre si rannicchia su se stessa come a volersi isolare dal resto; un suono di passi che si stanno avvicinando a lei cattura la sua attenzione, facendole alzare lo sguardo ed impedendole di continuare a respirare.
 
Ha tutto l’occorrente pronto da almeno un buon quarto d’ora: il laccio emostatico sul letto, steso accanto alla sua gamba; la siringa piena tra le dita; le braccia pronte ad essere bucate; il corpo che anela quella piccola dose come se non potesse vivere senza, come se quella piccolissima quantità di morfina fosse l’unica cosa capace di farlo continuare ad esistere, come se quel liquido fosse la sola energia che lui è in grado di usare.
Eppure… Eppure aspetta, Calum. Non vuole soddisfare il bisogno del suo corpo; cerca di resistere a quella voglia, a quel desiderio che secondo dopo secondo diventa sempre più bruciante, sempre più capace di ottenebrare la sua parte razionale per farlo cadere vittima della droga come tutte le altre volte. Però, quel pomeriggio è diverso, sotto ogni punto di vista.
È diverso perché gli occhi color cioccolato di Letizia sono l’unica cosa a cui sta pensando, la sola cosa su cui la sue mente è seriamente concentrata da quando si è svegliato quella mattina. Quegli occhi che gli hanno fatto compagnia per tutta la giornata, alleviando anche se solo di poco il senso di vuoto, di sconfitta, di vergogna che prova da ormai tre lunghissimi mesi, da quando il suo mondo è crollato ancora una volta.
Tre mesi da quando Letizia lo ha visto nuovamente con una siringa tra le dita. Tre mesi da quando lui ha nuovamente deciso di allontanarla, recidendo ogni legame con lei, evitando il suo sguardo, i suoi saluti, i suoi messaggi, le sue chiamate. Tre mesi da quando ha perso nuovamente la persona più importante di tutte a causa di quella debolezza che non è mai riuscito a contrastare, che non è mai stato capace di far scomparire completamente. Tre mesi da quando ha visto per l’ultima volta il volto della mora di cui, nonostante tutto, riesce ancora a ricordare ogni singolo particolare, come se lei fosse davvero davanti a lui. Tre mesi da quando ha assaporato quelle labbra morbide e tiepide per l’ultima volta; labbra che adesso gli mancano da morire, perché erano una delle pochissime cose in grado di tenerlo con i piedi ben ancorati per terra e di fargli sfiorare il cielo con la punta delle dita allo stesso tempo. Tre mesi da quando ha sentito per l’ultima volta la voce limpida della ragazza; quella voce che non ha fatto altro che mancargli disperatamente; la sola voce capace di mettere a tacere l’uragano dentro la sua testa. Tre mesi da quando ha smesso di sentirsi completo, di sentirsi davvero a casa. Tre mesi da quando sente distintamente di aver perduto per sempre una parte fondamentale di se stesso, una parte che forse non potrà mai più tornare indietro. Tre mesi da quando il dolore non ha fatto altro che aumentare, costantemente, spesso così tanto da toccare picchi talmente alti da mozzargli il respiro, per poi lasciarlo agonizzante, senza niente per lenire le ferite. Tre mesi da quando ha ripreso ad addossarsi la colpa di tutto quanto: delle sue stesse debolezze, dell’assenza di Letizia e di altre persone che sono ancora vive ma che lui non ha più il coraggio di avvicinare perché sa che non ne ha il diritto. Tre mesi passati nella confusione più totale, nonostante Luke cercasse in ogni modo di tenerlo ancorato alla realtà, riuscendoci a malapena. Tre mesi da quando ha dato campo libero alla sua dipendenza, che nel giro di poco l’ha fatto tornare ad essere nuovamente  l’ombra di se stesso; un’ombra vuota, fredda, come un contenitore che non serve a niente, che non ha più niente da custodire e di cui prendersi cura. Tre mesi da quando è tornato ad essere preda del buio, del dolore.
Sospira e si passa una mano sul viso, senza lasciar andare la siringa, mentre piccoli brividi cominciano a corrergli lungo il corpo, facendolo fremere, tenendogli bene a mente il fatto che presto dovrà iniettarsi quella dose se vuole evitare di soffrire ulteriormente, se vuole continuare a dimenticare, a relegare in un angolo tutti gli errori commessi che, tuttavia, non potranno mai essere cancellati davvero.
E intanto, il pensiero della mora continua a martellargli la testa, a premere, a ferire, ad aprire porte che Calum aveva volutamente chiuso per evitare di stare troppo male; continua a mandargli l’anima in frantumi, ad aumentare il senso di vuoto, di mancanza, di assenza; continua ad aumentare la consapevolezza del fatto che niente potrà tornare come prima.
Eppure… Lui vorrebbe davvero che le cose cambiassero. Vorrebbe poter tornare a parlare tranquillamente con i suoi genitori, con i suoi amici. Vorrebbe tornare ad essere il ragazzo allegro e tranquillo che era prima che tutto quel buio lo inghiottisse. Vorrebbe tornare ad abbracciare Letizia, a sentire la sua voce, a perdersi nei suoi occhi, a percepire il suo profumo dolce, ad accarezzare le sue labbra tiepide, a sentirsi al sicuro e completo con lei al proprio fianco, a percepire quel calore che solo lei sapeva dargli per lenire il resto. Vorrebbe poter avere abbastanza coraggio per riprendere in mano la sua vita e rimetterla in sesto con le sue forze, senza dover sempre dipendere dagli altri. Vorrebbe smettere di vedersi come un fallimento, sotto ogni punto di vista. Vorrebbe smettere di provare freddo in ogni più piccola parte di sé. Vorrebbe non aver paura di affrontare il dolore. Vorrebbe essere più coraggioso. Vorrebbe essere migliore.
Ma sa che non può, che non ne avrà mai la possibilità; che sperare non gli servirà a niente per sopravvivere, per sconfiggere i suoi demoni, per mettere a tacere tutto quanto. La sola cosa che gli resta è la morfina, che riesce a trasportarlo lontano da tutto ogni volta che lui ne ha bisogno, senza preoccuparsi delle conseguenze.
Eppure… Quel pomeriggio neppure la droga riesce ad attirare completamente la sua attenzione, anche se il suo corpo necessita di quella sostanza più di qualsiasi altra cosa. Perché, per Calum adesso, solo gli occhi di Letizia sono importanti; solo quel colore caldo e avvolgente che riusciva sempre a farlo sentire benvoluto, amato, al sicuro da ogni ferita; solo quegli occhi grandi e profondi che erano capaci di trasportarlo lontano, di alleviare il dolore; solo quello sguardo che riusciva sempre a trasmettergli un amore che lui mai si sarebbe immaginato di poter meritare. Solo gli occhi di quella persona che gli manca da morire, ogni giorno più del precedente.
Perché, a Calum, Letizia manca davvero, molto più di quanto lui riesca a descrivere nelle canzoni che ha ricominciato a comporre per sfogarsi, per non perdere del tutto il ricordo della ragazza che ama più di se stesso e per la quale farebbe letteralmente qualsiasi cosa pur di farla stare bene, pur di vederla sorridere, pur di mandar via quell’ombra che è sempre presente in quello sguardo marchiato dal dolore; un dolore che lui non è mai stato capace di mandar via, di far scomparire.
Gli manca Letizia, più delle altre volte. Gli manca sentirla vicina, poterle prendere la mano senza problemi per riempire il loro vuoto che entrambi si portano dentro. Gli manca osservarla di soppiatto per poi farsi beccare e farla sorridere. Gli manca perdersi ad ascoltarla leggere ad alta voce o a sentirla cantare una ninna nanna con quella sua voce potente, distrutta e triste allo stesso tempo che lo fa sempre rabbrividire. Gli manca sentire di aver finalmente trovato con la mora il posto in cui stare, in cui essere se stesso senza più alcuna paura. Gli manca dimostrarle il suo amore, il suo vederla a disagio per i complimenti o i baci di troppo dati nel bel mezzo della strada, sotto gli occhi di tutti. Gli manca ogni singola volta in cui era lei a dimostrargli il suo affetto; con silenzi che non pensavano a nessuno dei due; con sguardi intensi e profondi che scavavano fin dentro l’angolo più remoto della sua anima; con parole che arrivavano sempre in profondità per non lasciarlo più; con carezze lievi e delicate sopra le cicatrici delle punture; con abbracci che ogni volta sembravano arrivare a toccargli il cuore; con baci pieni di talmente tante cose che lui non saprebbe proprio come descrivere. Gli manca tutto di Letizia.
E quella mancanza lo sta uccidendo, gli sta frantumando quel poco che resta della sua anima, che si ricrea e soccombe costantemente, come un disco rotto che torna sempre sullo stesso punto. Ed ogni volta che la sua anima cade, cade anche lui, perché non ha più alcun appiglio a cui ancorarsi. Perché Letizia era la sua ancora, il suo salvagente: era lei il suo angelo. Lo stesso angelo che lui ha perso, forse definitivamente, nonostante si fosse ripromesso più e più volte che di quella mora avrebbe avuto cura fino alla fine; nonostante si fosse ripromesso che l’avrebbe protetta, che l’avrebbe tenuta lontano dal suo buio; nonostante si fosse ripromesso che avrebbe fatto in modo che le cose con lei sarebbero andate diversamente.
Sa di aver ferito la persona più importante della sua vita; sa di averle fatto male e sa anche che la sta ferendo giorno dopo giorno da quando si sono lasciati tre mesi prima. Perché non riesce a non prestare attenzione ai pianti che la notte la mora cerca di soffocare con il cuscino. Perché non riesce a non notare gli occhi rossi che la ragazza ha la mattina a scuola, durante le prime ore di lezione; occhi rossi e lucidi di pianto che lo feriscono più di tutto il resto ogni volta che si ritrova ad osservarli da lontano.
E non avrebbe mai creduto che quella lontananza gli avrebbe procurato tutto quel dolore, tutte quelle ferite. Era preparato ad ogni conseguenza, ad ogni colpo che la vita gli avrebbe dato una volta separatosi da Letizia. Ma mai avrebbe immaginato che stare senza di lei durante quei lunghi mesi sarebbe stato peggio delle altre volte. Perché non aveva minimamente tenuto in conto il fatto che avrebbe potuto fare così male; non aveva pensato al fatto che, senza la mora, tutto sarebbe andato completamente a rotoli, proprio com’era prima che le loro strade si incrociassero. È come se Calum avesse disimparato a respirare, come se non riuscisse più a capire chi sia e dove si trovi, come se avesse perso la bussola che equilibrava tutto il suo stesso essere, come se non sapesse più come si fa a sopravvivere. È come se, con la mancanza di Letizia, mancasse in lui quel qualcosa che collega il suo cervello al resto; è come se fosse diventato una macchina che risponde automaticamente ad impulsi esterni, ma che non capta davvero ciò che gli succede attorno.
È come se, senza Letizia, lui non esistesse più.
Continua a giocare con la siringa tra le dita, senza però osservare davvero quel piccolo oggetto che lo ha guidato in quel limbo da cui sa che non ci sarà alcuna via d’uscita; non per uno come lui.
Poi il cellulare che suona per l’arrivo di un messaggio cattura la sua attenzione.
 
Da: Luke; 21.05.2016, 06:38 pm
Vai da Letizia, ha bisogno di te.
 
Da: Calum; 21.05.2016, 06:40 pm
Cos'è successo?
 
Quel messaggio che ha appena inviato è la prima cosa che gli è venuta in mente. Perché non capisce; sente che c’è qualcosa che non va, ma non riesce a capire cosa di preciso. Perché non è mai successo che il biondo gli mandasse messaggi di quel tipo; di solito, gli dice cose simili a scuola, ogni mattina, dritte in faccia, rimproverandolo per il suo comportamento. Deve per forza esserci qualcos’altro. Qualcosa che a lui è sfuggito. Qualcosa che forse quasi nessuno di loro conosceva fin dall’inizio. La risposta non si fa attendere.
 
Da: Luke; 21.05.2016, 06:43 pm
Madison si taglia. Leti l’ha vista.
 
E prima ancora che Luke posso scrivergli altro, Calum si precipita sul balcone, lanciando la siringa che aveva in mano oltre il parapetto, senza curarsi del rumore di vetri infranti che si sente un istante dopo, senza preoccuparsi della dose di morfina ormai perduta. L’unica cosa che adesso conta davvero è Letizia. Perché il ragazzo sa anche troppo bene cosa voglia dire vedere una delle persone più importanti della propria vita farsi del male. Spera solo di essere ancora in tempo.
Passa dalla finestra della camera della mora, lasciata semiaperta come al solito. E non ha bisogno di chiamarla a gran voce per sapere dove sia. Gli basta seguire i singhiozzi che sente provenire anche troppo distintamente dal bagno. Singhiozzi che; mentre lui si avvicina titubante, con il cuore che batte sempre più forte e che fa sempre più male; sembrano lame, dolorosi, implacabili. Perché fa male ascoltarli, fa male sentire tutto quel dolore trattenuto troppo a lungo sfogarsi in un modo simile. Soprattutto, gli fa male vedere la ragazza che ama andare lentamente in pezzi, come se non ci fosse più niente capace di tenere insieme i cocci della sua anima.
 
Perché Calum adesso è davanti a lei. Davanti a quella mora che gli ha stravolto la vita fin dall’inizio. Davanti all’unica persona per cui morirebbe, se dovesse servire. Davanti alla ragazza che è diventata la sua ragione di vita; la sola che lo spinge a continuare a respirare anche se tutto il resto sta andando a rotoli. Davanti alla sola persona capace di capirlo e di amarlo come nessun altro. Davanti a quell’angelo che adesso sembra aver perso le sue ali.
Perché Letizia è distrutta, completamente. In quegli occhi scuri e disperati puntati nei suoi, Calum riesce anche troppo distintamente a vedere il dolore che l’ha ridotta in quello stato. Un dolore che pure lui conosce e che non è mai riuscito a combattere fino in fondo. Un dolore che è troppo simile al suo e che, in quegli occhi grandi e persi, distrutti, non fa altro che aumentare e ferire l’unica persona che merita soltanto di stare bene e di sorridere.
Perché la mora non può, non deve soffrire in quel modo. Non è giusto, non è possibile. Non vuole crederci, lui; non ci riesce. Perché non riesce a sopportare quegli occhi color cioccolato rossi di pianto, velati da lacrime che non hanno ancora finito il loro corso; quello sguardo perso, distrutto, sconfitto; non riesce ad accettare i singhiozzi che fanno tremare visbilmente il corpo dell’altra.
Lei, che adesso non sa più che cosa pensare o fare. Lei, che adesso, davanti a Calum, davanti ad una delle cause di quel dolore lancinante che sente dentro, non sa come reagire. Lei, che adesso vorrebbe soltanto che tutto quanto smettesse, che qualcuno premesse il pulsante di emergenza per far cadere ogni cosa nel buio, pur di non farla pensare, pur di alleviare l’uragano di emozioni che ha dentro e che la sta mandando in pezzi. Lei, che adesso si sente svuotata di ogni più piccola parte di sé. Lei, che ha distolto lo sguardo da quello spaventato di Calum per riportarlo sulle sue mani che non hanno ancora smesso di tremare.
«È colpa mia. È solo colpa mia.»
Continua a ripetere quelle parole tra una lacrima e l’altra, tra un singhiozzo e l’altro, come se non avesse altro a cui ancorarsi per non cadere, come se quella fosse l’unica cosa che conta, come se non avesse altro a cui poter rivolgersi per far smettere tutto quel caos che l’ha bloccata a terra, impedendole di spiccare il volo.
Parole che al ragazzo suonano troppo familiari. Come tutta quella situazione. Perché anche lui si era ritrovato nelle stesse condizioni della mora, dopo aver finito di leggere il diario della sua ex. Ed era stato in quella circostanza, nel suo momento peggiore, che aveva preso la decisione che avrebbe rovinato tutto; che aveva sentito il bisogno di drogarsi per non dover sentire più in alcun modo quel senso di colpa lacerante e insopportabile. Era stato quello il momento in cui il suo inferno era cominciato. Un inferno da cui soltanto la mora era riuscita a tirarlo fuori, passo dopo passo, prima che lui ci cadesse dentro ancora una volta.
E adesso, Calum sa che è il suo turno; che sta a lui aiutare Letizia ad affrontare il buio in cui è precipitata, prendersi cura di quell’angelo che ha perso la sua luce; sa che sta a lui essere forte, almeno per una volta, per aiutare la sua ragazza a rimettersi in piedi e ricominciare.
Si accovaccia davanti a lei, lentamente, come se avesse paura di spaventarla, come se avesse il terrore di sbagliare, come se fosse paralizzato all’idea di perderla per un gesto di troppo.
Le prende delicatamente la mano tra le sue e la accarezza con il pollice, percependo nuovamente quella pelle liscia che tanto gli era mancata in quegli ultimi mesi. Una pelle che però adesso è fredda, percorsa da brividi che sembrano essere fuori controllo. Proprio come le lacrime che le scendono lungo le guance da minuti che paiono interminabili; lacrime a cui lui non vuole pensare, non ora che Letizia ha nuovamente puntato gli occhi verso di lui.
«Non è colpa tua, Leti.» le dice, piano, cercando di farla ragionare, di trovare anche solo un barlume di lucidità a cui potersi ancorare per tirarla fuori dal buio.
«Non è vero.» ribatte la ragazza; e intanto, la sensazione di calore improvviso che le ha dato il sentire la voce di Calum dopo tutto quel tempo si fa strada dentro di lei, andando a colonizzare una piccolissima parte del suo cuore martoriato, distrutto, completamente arido ma non più vuoto come prima. Perché adesso c’è la voce del moro a darle un minimo di sollievo, a riempire alcuni dei punti vuoti comparsi dentro di lei; quella stessa voce che aveva sperato di poter tornare a sentire durante quegli ultimi tre mesi passati lontana da lui; quella stessa voce che si sta rivelando la medicina giusta per cominciare a nuotare verso la luce. Eppure… Il senso di colpa non se ne va; anzi, torna più forte di prima. E le lacrime, che solo per un attimo si erano fermate, tornano a scandire il loro percorso.
«È colpa mia se Maddie ha ripreso a tagliarsi! È colpa mia se sta di nuovo male!»
Si sfoga, Letizia. Si sfoga di tutto il dolore con ogni mezzo che ha a disposizione.
E intanto, le braccia di Calum la stringono a lui, mentre il ragazzo resta in silenzio e ascolta. Ascolta il dolore di lei che man mano diventa meno forte, cedendo il posto alla tristezza. Ascolta con il cuore in una mano e quella della mora stretta nell’altra. Ascolta quella voce che si è trattenuta per troppo tempo e che adesso ha finalmente trovato la giusta via d’uscita. Ascolta quelle parole che fanno male da morire, una sempre più dolorosa della precedente. Ascolta quell’anima che sta cercando di riemergere da sotto le macerie di se stessa. Ascolta i singhiozzi che pian piano diventano meno violenti, meno forti, meno distruttivi. E ad ogni singhiozzo che Letizia soffoca contro il suo petto, come se si vergognasse di quello sfogo, come se ne avesse quasi paura, Calum la stringe ancora più forte, per non farla cadere, per tenere insieme i pezzi di quella persona che per lui è diventata il centro del suo mondo che adesso niente avrebbe più senso senza.
«Io… Io non volevo, Cal. Giuro che non volevo… Io non volevo…»
La voce di Letizia adesso è un sussurro che trema, che ha paura di uscire e farsi sentire, perché è quello che fa più male di tutto il resto. I suoi occhi sono irriconoscibili: sono diventati pozzi neri da cui non proviene più alcuna luce, alcun colore. Il suo corpo continua a tremare, mentre le sue braccia stringono convulsamente le gambe, come se la giovane volesse scomparire su se stessa.
Calum continua a restare in silenzio, a stringere quel corpo sempre più debole, cercando di trattenere le lacrime e la frustrazione, di resistere e non crollare insieme a quella ragazza talmente distrutta che quasi sembra non sapere più neppure dove si trovi. Non sa cosa dire, lui. Non sa cosa fare per calmare la mora, per migliorare la situazione. Sa soltanto che non vuole lasciarla andare, che non vuole lasciarla cadere per nessun motivo. Non adesso che sono di nuovo insieme, anche se in un modo a cui lui mai avrebbe pensato.
Intanto i minuti scorrono lenti, inesorabili, vanno via, accompagnati dai brividi che pian piano scompaiono, come i singhiozzi, le grida soffocate e le lacrime. Scompare tutto quanto. Resta solo il vuoto; un vuoto che, per Letizia, Calum sarà sempre il solo capace di riempire fino in fondo. Un vuoto accompagnato dal silenzio, che fa rendere ad entrambi conto che quella è la prima volta che sono di nuovo insieme, dopo tre mesi di lontananza.
Tre mesi che per Letizia sono stati un inferno. Tre mesi senza la sua bussola, senza la persona più importante di tutte. Tre mesi passati costantemente in ansia, preda della preoccupazione, della frustrazione, della paura di poter perdere da un momento all’altro il suo angelo. Tre mesi trascorsi a chiedersi come fosse potuto accadere; a farsi carico di colpe dovute al suo essere sempre cieca. Tre mesi scivolati via lentamente, senza che lei riuscisse a rendersene conto davvero. Tre mesi senza ossigeno.
Perché Calum sarà sempre il suo ossigeno; l’unico che riesce a farla respirare, a farla vivere davvero; capace di farla sentire amata, accettata, di farla sentire a casa, completa in ogni sua più piccola parte; l’unico in grado di capirla, di accarezzarle il cuore e l’anima con un sorriso, di farle sfiorare il cielo con la punta delle dita, di rendere la sua vita degna di essere vissuta fino in fondo. Sarà sempre la ragione per cui lei non smetterà mai di combattere.
E sarà sempre il solo in grado di farla stare bene davvero.
Perché è grazie a lui se ha smesso di piangere, se il dolore si è attenuato almeno un po’, se è tornata a respirare a pieni polmoni. È grazie a lui se adesso il senso di colpa che prova verso Madison non le fa più così male.
Allora lo guarda.
E negli occhi scuri del ragazzo trova la risposa che stava cercando, quella certezza che le serviva per riemergere, il coraggio di ammettere a se stessa ciò che l’ha sempre spaventata, ciò che l’ha sempre frenata, ciò che le ha sempre impedito di buttarsi completamente, fino in fondo, senza paura. Trova il coraggio di ammettere ad alta voce parte dei suoi pensieri. Quegli stessi pensieri che nessuno è mai riuscito a decifrare davvero, che nessuno è mai riuscito a vedere. Quegli stessi pensieri che, col tempo, si sono trasformati in una prigione fatta di insicurezze e paure, dalle quali Letizia non aveva mai capito come uscire, prima che Calum piombasse all’improvviso nella sua vita, stravolgendola completamente.
Lo guarda; si perde ad osservare attentamente ogni singolo dettaglio di quel viso che le era mancato da morire; si perde dentro quegli occhi scuri che, anche in quella circostanza, la fanno sentire a casa; che riescono sempre a farla sentire nuda, spogliata di tutto; che sanno toccarle l’anima, avvolgendola in un abbraccio caldo, confortante.
Ed è mentre lascia che la rabbia, l’angoscia, la frustrazione, la tristezza, la vergogna e il dolore fluiscano via, che le parole trovano la strada per uscire, per arrivare al giusto destinatario. Parole che lei, con le lacrime agli occhi, pronuncia facendo appello a quel poco coraggio che le è rimasto. Parole che lei sa che deve dire, perché sono troppo importanti per restare nascoste, bloccate da quella paura che le ha sempre impedito di svelare i suoi sentimenti fino in fondo. Parole che, per la mora, valgono davvero tanto.
«Non voglio perderti.»
Parole che rispecchiano ciò che la ragazza prova dentro da quando è uscita da casa di Madison. Parole che rispecchiano anche troppo bene la paura della giovane. Perché quella è la sua paura più grande, è ciò contro cui ha sempre cercato di lottare con tutte le sue forze, con tutta se stessa. Perché non vuole perdere Calum, Letizia; non vuole perdere la persona più importante di tutte, la sola che è riuscita davvero a darle ciò che lei ha sempre cercato con affanno negli altri. Non vuole perdere la persona a cui ha affidato la sua vita.
Non vuole perdere Calum, lei, perché sa che non ce la farebbe ad andare avanti da sola.
Perché ha quasi perso del tutto la sua migliore amica, e non avrebbe mai creduto che avrebbe potuto farle così male; non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così doloroso – ed i singhiozzi che hanno appena ripreso a scuoterle il corpo sono dovuti a quel senso di colpa che si sta nuovamente facendo sentire dentro di lei più forte di prima. Non vuole perdere Calum perché non osa pensare alle conseguenze, perché non può permettersi il lusso di perderlo, adesso che sono di nuovo insieme. Perché sa che, senza di lui, lei non sarebbe niente.
A quelle parole, il moro si sente invadere da un calore che non provava da veramente troppo tempo. Un calore che lentamente si diffonde in ogni sua più piccola parte; che lo aiuta a risollevarsi almeno un po’ dalle macerie di se stesso che lo hanno bloccato al suolo fino a quel momento; che sana parte di quelle ferite che si porta dentro, facendo scomparire alcune delle cicatrici che ormai hanno smesso di fare male; che gli riempie l’anima completamente, senza mezze misure. Un calore che solo Letizia è sempre stata capace di donargli; che gli ricorda il perché lui ami tanto quella ragazza che adesso è di nuovo al suo fianco.
«Non succederà.» le dice, per poi baciarle la fronte e stringerla ancora di più a sé sperando, così facendo, di fermare quei singhiozzi che detesta con tutto se stesso. «Te lo prometto.»
È la sola promessa che può davvero farle; che sa di poter mantenere a qualsiasi costo; che rispetterà fino alla fine. Perché per lei farebbe sul serio qualsiasi cosa, e cercare di restare sempre con lei è il suo pensiero fisso, nel quale spera di trovare quel minimo di forza che gli serve per agire.
E Letizia a quella promessa, a quelle parole che per lei valgono molto più di quanto possa immaginare, si ancora con tutta se stessa, con tutta la speranza che ancora le resta. Perché per lei quella promessa è una delle pochissime certezze che ha e da cui vuole trarre forza per ricominciare, per ripartire e ricostruire la sua vita passo dopo passo, insieme a Calum. Insieme al ragazzo che ama più di se stessa.
Perché Letizia ama Calum, da sempre, forse proprio fin dalla prima volta che i loro occhi si sono incontrati sotto le stelle parecchi mesi prima. Lo ama con tutta se stessa. Lo ama e non riesce a fare altrimenti, non riesce a reprimere quei sentimenti che all’inizio l’hanno spaventata da morire, impedendole di rispondere alla dichiarazione del moro; sentimenti che non aveva mai provato prima perché per lei, prima di conoscere Calum, l’amore era sempre stato una grandissima incognita. Lo ama per la persona che è, per l’affetto che le dà, per come riesce a farla sentire. Lo ama, incondizionatamente, e sa che questo non cambierà.
Ama i suoi occhi scuri, che sanno sempre come farla sentire a casa, come curare ogni sua ferita senza bisogno di parole. Ama i suoi sorrisi, quelli veri, che sono rari e che sono la cosa più bella del mondo: luminosi, allegri, capaci di scaldarla con niente. Ama le sue mani grandi dalle dita affusolate; che sono sempre state lì per aiutarla a rimettersi in piedi nonostante le cadute; che l’hanno sempre fatta sentire protetta, al sicuro. Ama le sue braccia ogni volta che la stringono, perché sembra che non vogliano farla andare via per nessun motivo; quelle braccia che, col tempo, sono diventate un porto sicuro in cui lei riesce sempre a trovare conforto. Ama la sua passione per la musica, perché ogni volta che lo sente suonare e cantare percepisce anche troppo distintamente quanto il ragazzo sia felice, quanto si senta vivo. Ama la sua ossessione per il cornetto al cioccolato da prendere ogni mattina insieme al caffè, perché «Altrimenti la giornata non comincia nel modo giusto», come dice sempre lui. Ama quando lo becca ad osservarla e lui le risponde sorridendo.
Ama tutto quello che è, perché Calum è perfetto così, e lei non potrebbe chiedere niente di meglio.
E adesso che è lì, davanti ai suoi occhi, Letizia fatica a credere di aver ricevuto un regalo simile. Perché quel ragazzo è un angelo, che lei ancora fatica a credere di avere al suo fianco. Un angelo che le sta donando un amore immenso, che lei non avrebbe mai immaginato di poter ricevere da qualcuno. Un angelo che rende la sua vita bellissima giorno dopo giorno, che la riempie di calore e colore giorno dopo giorno.
Calum è l’angelo che l’ha fatta tornare a vivere.
E proprio perché lo ama, cerca con tutta se stessa di combattere il buio che l’ha catturato e che lo sta lentamente trascinando in quel pozzo da cui difficilmente si ritorna indietro. Perché non può lasciare che il moro sprechi così la sua vita, non quando proprio lui, inconsapevolmente, le ha fatto capire che la vita merita di essere vissuta fino alla fine, senza permettere al dolore di avere la meglio su tutto quanto.
Ecco perché le parole che non ha mai detto prima riescono finalmente a trovare la via d’uscita, mentre le lacrime continuano a scendere dagli occhi scuri della ragazza, mentre i singhiozzi continuando a scuoterle il petto – perché ha talmente tante cose dentro, lei, che riesce a sfogarle soltanto in quel modo.
«Ti amo, Calum.»
E prima ancora che Letizia possa aggiungere altro, Calum la bacia, facendole battere il cuore talmente forte da mozzarle il fiato per la sorpresa.
La bacia, Calum, perché non sa in quale altro modo rispondere alle parole che la mora gli ha appena detto. Parole che per lui valgono più di tutto il resto. Parole che aspettava di sentire da talmente tanto tempo che adesso quasi non gli sembra vero. Parole che gli riempiono il cuore in un istante di un qualcosa di infinito e meraviglioso.
Perché l’amore è così.
Riempie tutto e dà molto più di quanto si possa immaginare.
 
E prima che i due ragazzi riescano a capire davvero che cosa stia succedendo, Letizia si ritrova seduta sulle gambe del moro, con le braccia attorno al collo dell’altro e con il cuore che batte talmente forte che quasi sembra volerle uscire dal petto. Perché si sente viva, tra le braccia di Calum, con le labbra a contatto con le sue, con quel calore che pian piano si fa strada dentro di lei, arrivando a toccare ogni sua più piccola parte, con il respiro del ragazzo che le accarezza timidamente il viso. Si sente viva, davvero. E non avrebbe mai immaginato che, sarebbe potuto essere così bello. Non avrebbe mai creduto di potersi sentire così.
Intanto Calum continua a baciarla; ad assaporare quelle labbra che gli sono mancate da morire durante quelle settimane di distanza; a percepire la morbidezza del viso della mora, con quei lineamenti delicati che sono sempre stati capaci di attrarre la sua attenzione; a lasciarsi inebriare da quel profumo dolce che non è mai riuscito a dimenticare; a godere di ogni singolo istante in cui sente distintamente il battito del cuore dell’altra attraverso la stoffa pensate della felpa.
Stoffa che lui scosta lievemente, per accarezzare la pelle della ragazza che, a quel contatto inaspettato, inarca lievemente la schiena, mentre lunghi brividi, partendo dalla punta delle dita di Calum, le attraversano il corpo e la fanno sentire ancora più viva, ancora più bruciante, mentre una sensazione completamente diversa dalle altre, mai provata prima di quel momento, si fa strada dentro di lei, passo dopo passo, fino a toccarle il cuore.
Una sensazione che pure il maggiore sente dentro di sé; una sensazione che gli dona una sicurezza ed un coraggio tali da permettergli di andare più in fondo, per arrivare a punti a cui nessuno dei due aveva mai pensato di arrivare, punti che sono al di là di porte che entrambi hanno lasciato chiuse per troppo tempo; porte che adesso hanno bisogno di essere aperte, per far entrare nuova luce, nuovo calore, nuovi colori, per far ricominciare tutto da capo.
Le loro mani continuano a cercarsi, a stringersi, ad accarezzarsi timidamente, quasi avessero paura di ferirsi con il più piccolo gesto. I loro respiri continuano a fondersi, ad unirsi, come i battiti dei loro cuori, che diventano una cosa sola man mano che i secondi scorrono. Si prendono cura a vicenda l’un l’altra, consci del fatto di avere tra le mani il più prezioso di tutti i tesori, la persona più importante che potessero trovare lungo il loro cammino. Si medicano le ferite che hanno dentro, con i baci che diventano sempre più lunghi, sempre più profondi, come se volessero far congiungere la parte più nascosta dei due ragazzi, come se volessero farli diventare una cosa sola; con le carezze che sfiorano ogni parte del viso, del collo, delle braccia, della schiena, delle spalle.
Perché le loro mani pian piano si fanno sempre più strada sotto i vestiti, percependo distintamente i muscoli dell’altro che si tendono e si irrigidiscono per la sorpresa, mentre i brividi li attraversano e li fanno fremere, mentre i loro cuori non fanno altro che battere sempre più veloce, mentre i loro respiri accarezzano piano l’altro.
Le mani di Calum passano sulla schiena della mora, lentamente, assaporando totalmente ogni millimetro di quella pelle tiepida e morbida, che il ragazzo vorrebbe soltanto ricoprire di baci, di carezze, per dimostrare a quella ragazza quanto sia importante per lui; per dimostrarle quanto la ami, quanto le sia grato, per ogni singola cosa. Sono mani che non mettono fretta, quelle del giovane, neppure quando incontrano il tessuto del reggiseno, su cui indugiano un po’ di più, prima di passare ad accarezzare le spalle della minore.
Lei che, timidamente, sposta le mani sul corpo dell’altro, percependone la forza, le cicatrici, i brividi, i muscoli tendersi e rilassarsi sotto la punta delle sue dita. Procede piano, Letizia, sotto la maglia che il moro indossa, perché non sa che cosa fare di preciso, da dove partire. Si lascia guidare dall’istinto e dalle sue stesse mani che, meglio di lei, sembrano sapere quali siano le mosse giuste. E ad ogni brivido che sente sulla pelle di Calum, automaticamente rabbrividisce anche lei, come se loro due fossero diventanti davvero una cosa sola e percepissero ogni sensazione nello stesso momento.
Ed è bellissimo. Indescrivibile. Fuori dal tempo, dallo spazio, in un posto in cui soltanto loro due possono stare per esprimere ciò che a parole non riescono a dire.
E mentre continuano a baciarsi, ad assaporare le labbra dell’altro, Calum si alza in piedi, trascinando con sé Letizia, che allaccia le proprie gambe alla vita del moro per non cadere, mentre lui esce dal bagno e si dirige lentamente verso la camera della ragazza, che si stringe ancora di più a lui per non perdere neppure un secondo di ciò che sta succedendo, per godersi fino in fondo ciò che la vita le sta regalando.
Il maggiore la adagia sul letto, piano, quasi avesse paura di farle male. E sempre piano, con calma, si mette sopra di lei, bloccando il suo bacino tra le proprie ginocchia e le sue mani con le proprie contro i cuscini, senza lasciare le labbra dell’altra neppure per un istante.
Letizia sospira piano, mentre sente il cuore battere veloce, mentre stringe timidamente le mani del suo ragazzo con le sue, tremanti, insicure. Proprio come il suo corpo, che freme sotto ogni carezza, ogni bacio di Calum; che rabbrividisce ogni volta che il respiro di lui sfiora la sua pelle.
Poi il moro divide le loro labbra, all’improvviso. E la giovane si ritrova persa, spaesata, come se senza le labbra di Calum sulle sue non riuscisse più a capire che cosa stia succedendo.
«Cal, che succ–?» fa per chiedergli.
Ma l’altro la frena, posandole un dito sulle labbra e cominciando a tracciarne il contorno con la punta, lasciando che il respiro di lei lo accarezzi, scaldandogli l’anima, donandogli quell’ultimo grammo di coraggio che gli serve per arrivare fino in fondo, per varcare quella soglia che ormai ha raggiunto da tempo, ma che ha sempre avuto troppa paura di attraversare. Ora però sente che è arrivato il momento di compiere quel passo, ma ha bisogno che anche Letizia sia d’accordo, perché quello è un traguardo che possono raggiungere soltanto se sono insieme.
Perciò si è fermato. Perché prima di andare avanti, di dimostrare alla ragazza stesa sotto di lui quanto la ami, ha bisogno di sapere, di avere almeno una conferma. Perché, adesso che son di nuovo insieme dopo quei lunghi tre mesi passati lontani, si è finalmente reso conto completamente cosa significhi Letizia per lui; per questo non vuole compiere neppure la più piccola mossa sbagliata. Non vuole mandare tutto all’aria ancora una volta.
L’altra intanto lo osserva, aspettando una qualsiasi mossa, una qualsiasi parola che possa rompere quello strano silenzio che si è creato tra loro, che le fa percepire anche troppo distintamente il proprio cuore battere fortissimo fin dentro la gola e le tempie. Aspetta, lei, perché non sa cosa fare, come muoversi; non ha la benché minima idea di cosa Calum stia pensando. Sa soltanto che non deve preoccuparsi, perché lui è lì, davanti ai suoi occhi, a distanza di un bacio, pronto a proteggerla se dovesse essercene bisogno.
Il moro prende un respiro e stringe un po’ di più la presa sulle mani dell’altra. Poi lascia che tutto quello che ha dentro si liberi. Perché vuole, deve far capire alla persona più importante della sua vita ciò che sta provando, perché ha bisogno di fare quel passo e non può aspettare, perché non ha idea di quando potrebbe capitargli una possibilità simile in futuro. Sa soltanto che fare quel salto insieme alla sua ragazza vale più del resto, perché sarà quello stesso salto il punto da cui lui comincerà a prendere seriamente la sua vita in mano, per rimetterla in sesto, con l’aiuta di quell’angelo che adesso lo sta guardando con i suoi grandi occhi color cioccolato che riescono sempre a farlo sentire piccolo, insignificante rispetto a tutto il resto.
«Io… Voglio fare l’amore con te. Voglio amarti come meriti, voglio darti quello che non sono mai riuscito a dimostrarti prima. Voglio renderti felice e non più feriti come ho fatto fino ad ora. Voglio far sparire le lacrime dai tuoi occhi. Voglio vederti sorridere. Perché… Perché ti amo. Ti amo come non ho mai amato nessun’altra. Ti amo e voglio soltanto darti il meglio. Perché senza di te non sarei niente. Senza di te sarei rimasto in quel limbo in cui sono caduto due anni fa. Senza di te, la mia vita non avrebbe senso. Voglio… Voglio te, voglio ogni più piccola parte di te. Perché senza di te non so stare.»
Si ferma un attimo, Calum. Perché non riesce a credere di aver appena ammesso ciò che si porta nel cuore ormai da mesi; di aver avuto il coraggio di esporsi così tanto, di mettersi completamente a nudo, nelle mani di quella ragazza che ama con tutto se stesso, che ama proprio perché è se stessa: forte e fragile allo stesso tempo, con il coraggio di quei lupi che le piacciono tanto ed un’anima talmente grande da non avere confini.
Quella stessa ragazza che non riesce a credere alle parole che ha appena sentito. Perché non avrebbe mai creduto di essere così importante per il moro. Non avrebbe mai pensato che qualcuno potesse amarla a tal punto, così intensamente da lasciarla senza fiato. Non avrebbe mai immaginato che proprio quell’angelo scegliesse lei. Non riesce a credere di essere così fortunata. Perché si vede fortunata, Letizia, con Calum al suo fianco che la ama in quel modo, di un amore che riesce ad avvolgere ogni sua più piccola cellula, a sanare tutto, a farla stare bene. Si sente fortunata, perché è soltanto grazie a Calum se ha ricominciato a respirare, a vivere la sua vita completamente.
Per questo vuole ringraziarlo. Per questo non ha paura della decisione che ha appena preso, del passo che sta per compiere, per ciò che succederà da quel momento in poi. Non ha paura, perché sa che del maggiore può fidarsi ciecamente, senza alcun dubbio. Si fida di lui perché lo ama. E si sa, l’amore a volte è talmente potente che riesce a buttar giù ogni paura, ogni catena, pur di salvare le persone coinvolte.
Perché si stanno salvando a vicenda, Calum e Letizia. E nessuno dei due avrebbe potuto chiedere di più.
Ed è anche per questo motivo, se la giovane non ha paura. Sa che è la scelta giusta, che non c’è bisogno di aspettare: si sente pronta a donare tutta se stessa alla persona più importante della sua vita.
Perciò sorride timidamente, mentre risponde tremante alla stretta del maggiore sulle sue mani, con gli occhi lucidi per la sorpresa e la felicità, con il cuore che non riesce più a contenere tutte le emozioni che la ragazza sta provando e che ha bisogno di farle uscire il prima possibile.
«Anch’io voglio fare l’amore con te.»
E non fa in tempo ad aggiungere altro, che subito il ragazzo la bacia di nuovo, pronto a costruire la danza più bella di tutte, a dar corpo a ciò che li lega ormai da tanto, tanto tempo.
E mentre continuano a baciarsi, ad assaporare delicatamente le labbra dell’altro, a far giocare insieme le loro lingue; le loro mani si dividono piano, andando ad accarezzare nuovamente il corpo dell’altro da sotto i vestiti.
Calum sfiora il fianco di Letizia con la punta delle dita e lei, a quel contatto, a quel brivido che le corre lungo il corpo, inarca la schiena e sospira sulla guancia del moro, che non riesce neppure per un secondo a porre fine al bacio, mentre lei passa le unghie sulla sua schiena, piano, perché non vuole fargli male. A quel lieve bruciore che parte dalle spalle, il maggiore sospira forte e spinge il bacino vero quello della minore, che intanto ha circondato la vita del ragazzo con le gambe, pur di sentirlo il più vicino possibile.
Ed è come se le loro mani, i loro occhi, le loro labbra, sapessero già che cosa fare, dove andare. È come se entrambi conoscessero da sempre quella danza unica e meravigliosa che solo adesso hanno la possibilità di mostrare davvero. È come se la sicurezza, il coraggio, la fiducia, la felicità di essere insieme, l’amore, avessero preso il sopravvento su tutto il resto, relegando almeno per un po’ il dolore, la tristezza, l’angoscia, nell’angolo più profondo di loro stessi, per renderli liberi, per far loro assaporare la parte più bella della vita.
È un gioco, il loro; di mani che si intrecciano, si stringono fino a far sbiancare le nocche; di occhi che non smettono di cercarsi, di perdersi in quelli dell’altro; di labbra che non fanno altro che incontrarsi e completarsi a vicenda; di cuori che non fanno altro che battere forte, ogni secondo sempre più di quello precedente, come se si avvicinassero sempre più al limite senza mai raggiungerlo davvero. Si perdono l’uno nell’altra, Calum e Letizia. E sanno che non devono avere paura, che non succederà niente. Perché sono insieme, e niente potrebbe andare storto.
Ad un tratto il maggiore si distanzia un attimo dall’altra, giusto il tempo di togliersi la maglia e slacciarsi la cintura per far cadere entrambe a terra, prima di concentrarsi sul collo della mora per riempirlo di baci e leccarlo piano, mentre lei chiude gli occhi e lascia che siano le sue mani a guidare le sue labbra, che trovano presto la spalla dell’altro e la marchiano con la loro traccia umida.
E mentre la minore gli bacia le spalle, il petto, il collo, il mento, gli zigomi, le tempie, la fronte; lui le apre la zip della felpa e la aiuta a toglierla, facendola poi cadere sul pavimento insieme ai suoi vestiti. E prima ancora che la ragazza possa stendersi di nuovo sul materasso, Calum la bacia nell’incavo dei seni, piano dolcemente, mozzandole il respiro, continuando a baciarla fino al collo, e poi ancora più su fino alle labbra, mentre con calma le slaccia il reggiseno, seguito dai suoi pantaloni – che l’altra apre con le mani che non riescono a stare ferme – e poi da quelli di lei, che lui riesce a toglierle facilmente con un unico gesto.
E adesso che Letizia è lì, davanti a lui, Calum non riesce a non ritenersi il ragazzo più fortunato della Terra: è con la persona più importante della sua vita e non potrebbe chiedere altro. E si ritrova a sorridere, mentre aiuta la mora a liberarlo dai boxer per poi toglierle gli slip. Sorride perché Letizia è pazzesca, unica, bellissima, molto più di quanto ricordasse. Bellissima nei suoi occhi scuri e profondi, capaci di leggergli il cuore in un istante. Bellissima nel sorriso che le ha catturato le labbra da quando, quella sera, hanno cominciato ad amarsi; un sorriso che la rende luminosa, proprio come quell’angelo di cui si è innamorato. Bellissima nelle sue dita tremanti ed insicure, che fremono ogni volta che lo toccano. Bellissima nei «Ti amo» che ogni tanto si lascia sfuggire, con le guance lievemente più rosee e la voce simile ad un sussurro. Bellissima in ogni più piccola parte di lei.
Lei che, sotto quello sguardo attento, innamorato, si sente davvero bella; si sente bene, in un modo che non aveva mai sperimentato prima, piena di un qualcosa che riesce a toccare ogni singolo angolo della sua anima. Ed il suo sorriso non fa altro che aumentare, mentre lui torna a baciarla sulle labbra, sul collo, sulle spalle, sul petto, sul ventre, accarezzando con la punta delle dita ogni millimetro di pelle scoperta, facendola rabbrividire, facendole toccare il cielo con un dito.
Lui che, per la mora, è la cosa migliore che potesse capitarle, la persona più bella che potesse incontrare. Perché, per Letizia, Calum è davvero bello. Bello nei suoi occhi sereni e felici, nei suoi tatuaggi che lei adesso può vedere completamente per passarci sopra le dita e le labbra, piano, delicatamente. Bello nella sua risata che, insieme alla sua, riempie la stanza di allegria. Bello in ogni sua più piccola parte.
E la ragazza continua a baciare ogni parte del corpo dell’altro, marchiandolo con la traccia umida delle labbra, che si soffermano più a lungo sulle cicatrici delle punture sulle braccia del moro che non sono ancora scomparse del tutto. Quelle cicatrici che, se solo lei potesse, vorrebbe far svanire all’istante, insieme a ciò che comportano. Perché è anche quello il motivo che l’ha spinta a fare quel passo importante: vuole aiutare la persona che ama ad uscire davvero da quell’inferno e sa, sente che quel salto fatto insieme è l’inizio migliore per cominciare a cambiare davvero le cose nella vita di entrambi.
E continuano ad amarsi così, Calum e Letizia, semplicemente, senza fretta, a lungo, gustando ogni singolo istante per non permettere al dolore o alla tristezza di tornare troppo presto. Si amano con ogni gesto, ogni sguardo, ogni bacio, ogni carezza, ogni risata, ogni battito che riescono a percepire anche troppo distintamente, ogni «Ti amo.» sussurrato piano all’orecchio dell’altro. Si amano, si riempiono, sanano i vuoti che si erano formati in quei mesi di distanza e di silenzio, curano le ferite che il tempo ha disegnato dentro di loro.
Ad un tratto, Calum pone fine a tutto per prendere dal portafoglio un preservativo e guardare Letizia, che annuisce lentamente, mentre stringe forte le mani del moro, che non riesce a smettere di guardarla mentre la fa sua piano, delicatamente, cercando di non farle male in alcun modo.
E mentre entrambi diventano secondo dopo secondo una cosa sola, di cui non riescono a vedere i confini, vengono travolti da una sensazione unica, indescrivibile: una sensazione di pienezza, di benessere, di felicità pura e semplice che tocca ogni loro cellula, ogni loro più piccola parte, ogni loro angolo più nascosto, unendoli in un modo che nessuno dei due avrebbe mai immaginato.
Perché nessuno dei due avrebbe mai creduto che fare l’amore con qualcuno sarebbe potuto essere così bello
.





Letizia
Ma ciao a tutti tesori miei! <3
Eddai che ogni tanto arriva qualche gioia!!!
Lo so, non possiamo dimenticare il senso di colpa ed il dolore che prova Leti. Come non possiamo dimenticare il fatto che Maddie stia davvero male, che Cal ancora ha i suoi demoni da affrontare, che Luke, Mike e Ash non sanno più come fare per sistemare tutto quanto. Non possiamo dimenticarci del fatto che ognuno di loro, a modo proprio, sta ancora cercando di sopravvivere.
Ma, insomma, voglio dire... I LALUM HANNO FATTO L'AMORE!!! E sono la cosa più bella del mondo *^*. Sono belli (almeno secondo me) perché dimostrano che, nonostante il buio e il dolore, ci sarà sempre qualcosa che ci aiuterà a rimetterci in piedi.
E boh, credo sia meglio che non dica altro, per non rovinare il momento :3. Spero solo che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia fatto emozionare in qualche modo :3 *^*.
Ci sentiamo presto! Come sempre, grazie infinite per ogni cosa, vi amo immensamente! <3 <3 <3
Un bacione, Letizia <3
   
 
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