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Autore: silbysilby_    09/10/2016    3 recensioni
Jeon Jungkook, un giovane artista in erba, non desidera altro che partecipare alla Galleria dell''Istituto Artistico, un evento solitamente riservato agli studenti più grandi. Quando gli viene data questa possibilità lui mette tutto sè stesso nell'impresa, ma i suoi piani verranno mandati all'aria.
Di chi è la colpa di tutto ciò?
Ovviamente di Kim Taehyung, un ragazzo più grande in cui Jungkook si imbatte una sera di novembre, colto sul fatto mentre vandalizza una parete con i suoi murales.
VKOOK
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi tornata con il terzo capitolo (devo ammettere che mi stavo scordando di pubblicare DATO CHE E' APPENA USCITO WINGS DIOSANTO LO STO ASCOLTANDO ORA)! Personalmente sono molto affezionata alla seconda parte di questo capitolo, perciò sono molto ansiosa di sapere i vostri pareri. Recensioni, critiche, commenti sempre ben accetti! 
Ci tengo a ringraziare tutte le persone che hanno recensito i capitoli precedenti. Siete troppo gentili ma vi amo lo stesso. Questo capitolo è per voi.

*balla* MANNI MANNI MANNIII (Blood Tears and Sweat in un coreano sicuramente perfetto lol)
(Se volete seguirmi sui social sono @SilbySilbyArt)
 

don't tell him "no"
 
Quello seguente fu il peggiore dei lunedì per Jungkook. 
I suoi compagni di classe e amici che non avevano partecipato alla Mostr(uos)a continuavano a chiedergli uno dopo l'altro di raccontare l'accaduto, volendo sapere la sua versione dei fatti. A detta dei pettegolezzi che serpeggiavano tra i banchi, Taehyung, uno dei pochi writer dell'Istituto particolarmente amato dalle matricole per essere sempre amichevole e disponibile oltre ad essere un gran bel ragazzo, gli si era dichiarato con una lunga e romantica lettera d'amore e i due erano finiti aggrovigliati sul pavimento in un abbraccio un po' troppo appassionato che aveva scandalizzato i numerosi visitatori presenti; per cui, Jungkook era stato espulso dalla Galleria e Taehyung aveva ricevuto una nota sul registro. 
Durante le sue adorate ore di disegno il professore aveva evitato di incrociare il suo sguardo per tutta la durata della lezione. Non lo aveva avvicinato neanche quando lo aveva visto seduto al suo solito banco, una valanga di fogli accartocciati, schizzi cancellati e segnacci, le mani nei capelli e uno sguardo tormentato, alla ricerca di un nuovo progetto su cui lanciarsi. Alla fine delle tre ore, Jungkook se ne era andato con la rabbia addosso e l'album di carta da pacco svuotato.
Il ragazzo tornò a casa sfinito, saltò la cena e si rinchiuse in camera
 
* * *

Quando la mattina del martedì Jungkook svoltò nella strada che lo avrebbe portato all'Istituto Artistico, a bloccare le scale d'ingresso si era creata una piccola folla. Ragazzi e ragazze sbucavano con la testa fuori dalle finestre delle aule che davano sulla strada, la maggior parte con il telefonino alla mano. 
Jungkook stava già sperando in un pettegolezzo che eclissasse il suo, ma più si avvicinava alle scalinate che davano sulla porta d'ingresso, più si rendeva conto con orrore cosa creasse tanto fermento.
Una scritta bianca contornata di nero, accerchiata da una miriadi di spruzzi, giochi di colore, forme e contrasti era dipinta sulla parete con i mattoni in vista dall'altra parte della strada. Sarà stata larga tre metri, altezza d'uomo ed era perfettamente centrata nel punto in cui Jungkook ricordava di essersi accasciato la domenica sera precedente dopo aver ricevuto la cattiva notizia.

IN UNA SCALA DA UNO A DIECI SEI UN NOVE. IO SONO L'UNO DI CUI HAI BISOGNO

A lato l'immancabile, rossa "V". 
Jungkook si precipitò su per le scale e all'interno dell'edificio, prendendo contro a studenti che non conosceva e pestando loro i piedi. Tra un esclamazione e l'altra qualcuno iniziò a riconoscerlo e ad indicarlo agli altri come "la nuova fiamma di Taehyung".
Jungkook lo avrebbe trovato e lo avrebbe ucciso. 
Gli avrebbe spruzzato in gola tutto il contenuto delle sue dannate bombolette e poi lo avrebbe costretto a masticare l'alluminio. 
Stupido, stupido Taehyung. 
Arrivò in classe come una furia, non parlò con nessuno, ignorò le occhiate interrogative e curiose di tutti e aspetto che iniziasse la lezione.

Alla quinta ora aveva disegno e questa volta l'ispirazione non gli mancava di certo.
Mentre il resto della classe continuava ad esercitarsi con i colori ad olio, Jungkook, ancora graziato dal professore che non osava girargli intorno, prese una tela nuova completamente immacolata, la sistemò su un cavalletto in disparte da quello di tutti gli altri, si armò di un barattolo di acrilico nero e iniziò a stenderlo con pennellate veloci e nervose, scure, compatte. Anche quando non era rimasto niente del bianco sottostante, Jungkook continuò a dare passate, a stendere con rabbia, a tirare il colore, a farlo asciugare senza curarsi dei grumi e dei pelucchi del pennello che rimanevano intrappolati. Gli venne un gran caldo perciò andò in bagno, si cavò la maglietta che portava e rimase con solo il leggero camice addosso, abbottonato per bene affinchè non si notasse del cambiamento. Tornò nell'aula e riprese più ferocemente di prima, gli schizzi di nero che coprivano quelli colorati sul suo camice, provando finalmente un primo barlume di sollievo.
La sesta ora suonò, segnando l'inizio della pausa pranzo.
Molti suoi compagni volarono fuori dall'aula e fuori dalla scuola per quell'oretta di libertà, tutti gli altri o non avevano nessun posto dove andare o erano pigri o avevano preso il pranzo da casa o erano al pelo di una consegna e dovevano sfruttare quell'ora per mettersi avanti.
Jungkook aveva finito il nero e decise di passare a un acrilico blu.
Un paio di amici provarono a chiedergli come stesse ma lui disse qualche mezza parola e si chiuse nel suo silenzio.
Riaprì bocca solo quando Taehyung apparve sulla porta dell'aula. 
Jungkook lo fulminò soltanto una volta, poi spostò il suo cavalletto e continuò a dipingere dandogli la schiena.
Taehyung entrò, salutò cordialmente l'insegnante alla cattedra per assicurarsi che la sua presenza non fosse un problema e raggiunse il ragazzo. Prese uno sgabello da una postazione vicina e si sedette di fianco al cavalletto, in modo di essere di fronte a Jungkook. 
"Allora?" chiese, un sorriso incerto sulla sua bocca.
"Carini gli sbavi sullo sfondo, sembra quasi che tu li abbia fatti apposta." 
Jungkook teneva gli occhi incollati alla tela e non li avrebbe smossi da lì. Nemmeno per osservare come quel maglioncino celeste cadesse sulle spalle magre di Taehyung. O come i suoi occhi fossero appesantiti da un paio di occhiaie e le sue dita ancora tinte di colore dalla notte passata. 
Naturalmente, non bastò per far cedere Taehyung che sorrise solo con più trasporto, consapevole del fatto che l'altro stesse mentendo.
Scese dallo sgabello con il solito portamento elegante, calando una gamba alla volta e affiancò Jungkook, una mano che gli scivolava intorno alla sua schiena ricoperta dalla sola stoffa del camice. A Jungkook gli si accapponò la pelle. Il suo pennello mancò la tela e il colore colò sul pavimento. 
"Hai già pranzato?" chiese Tae, il tono di voce più basso per non farsi sentire dagli altri ragazzi presenti nella stanza. Jungkook avrebbe giurato di aver sentito la vibrazione della sua voce passare dal punto dove la sua spalla e il petto di Taehyung si incontravano. "Se vuoi possiamo andare in un posto qui vicino in centro a mangiare qualcosa di caldo. Ho la moto, non ti farò far tardi alla prossima lezione." 
Le farfalle tornarono ad infestare lo stomaco di Jungkook all'idea, ma lui preferì accusarle di essere fame. 
Dannato Taehyung. Lui e quel suo profilo così, così preciso e lineare e delicato, così troppo vicino alla faccia di Jungkook.
Dannate quelle labbra sottili, piatte, marcate solo nella loro forma dal colore rosato.
"Non ho fame." rispose Jungkook e per una volta riuscì a percepire quanto deluse sia Taehyung che se stesso. La mano che stava ignorando, quella aggrappata al suo fianco, allentò la presa fino a tornare a rifugiarsi nella tasca dei pantaloni del ragazzo più grande, ferita. 
Non doveva lasciare a Taehyung la minima speranza che loro due collaborassero o che diventassero amici, se lo era ripetuto cento volte. Da quando lo aveva incontrato era stato solo una fonte di guai. Per colpa sua una piccola percentuale di potere che aveva sul suo futuro era stata spazzata via. 
Tae spostò il peso da una gamba all'altra, evidentemente demoralizzato. Indossava comunque una smorfia maliziosa, ma la parte di sotto del suo viso non sembrava corrispondere a quella di sopra. "Se preferisci appartarti in un'aula vuota basta che me lo dici. Potremmo saziare altri generi di appetiti."  
La scena si proiettò direttamente nella testa di Jungkook senza il suo permesso e le farfalle nel suo stomaco si diedero fuoco da sole. Lui abbassò la testa e tossicchiò nel vano tentativo di nascondere la sua faccia scarlatta. 
Taehyung rise, compiaciuto. Le sue erano tutte parole al vento, lo sapeva benissimo, ma vedere le reazioni del più piccolo alle sue provocazioni era uno spettacolo inappagabile. Jungkook era un ragazzo così composto, così adulto, così duro con lui e la sua arte, ed era bello saper di poterlo mandare in tilt in quel modo. Sperò solo che Jungkook sapesse distinguere quando le sue intenzioni erano serie e quando no. 
In un moto d'affetto che non si sforzò di trattenere, le dita di Taehyung volarono sul capo ancora chino di Jungkook, passarono tra le ciocche morbide dei suoi capelli e accarezzarono quelli più corti e scuri sulla nuca. Un sorriso beato gli spuntò sulle labbra mentre fantasticava di avvicinarsi al più piccolo e affondare il viso nella frangia per sentire l'odore dello shampoo. 
L'aria nei polmoni di Jungkook fu aspirata via quando sentì le mani gentili di Taehyung sulla sua testa. Le palpebre gli si chiusero automaticamente mentre la dolcezza di quei tocchi lo sorprendeva piacevolmente. Si dimenticò dei suoi propositi o delle persone rimaste nella stanza che non si stavano perdendo un attimo di quella scena. In quel momento Jungkook era solo un'anima in pena, triste, sconsolato, patetico, e Taehyung era la sola persona che non gli aveva chiesto se aveva bisogno di conforto ma che glielo aveva dato senza aspettare il suo consenso. 
Jungkook piegò il capo di lato, gli occhi ancora chiusi, Tae che gli rovesciava la frangia all'indietro con le sue dita sottili. 
In quel momento Taehyung pensò che fosse davvero bellissimo da qualsiasi punto lo si guardasse. Aveva solo un anno in meno di lui, ma sembrava tanto un bambino.
Taehyung si congedò  da quella coccola scendendo con l'indice fino alla fronte di Jungkook. Gli diede un buffetto leggero sulla guancia, facendogli aprire gli occhi. 
Il mondo intorno a Jungkook tornò a fuoco dopo una manciata di secondi. Quando vide gli occhi di Tae davanti a se sorrise di riflesso, ancora sotto l'effetto calmante delle sue carezze. Gli era venuto un gran sonno. 
Si sentiva vagamente ubriaco, come se la sua coscienza sapesse che stava agendo in modo sbagliato ma i suoi desideri l'avessero relegata in un angolo. Camuffò uno sbadiglio. 
"Forse è meglio che vai." disse, ma Jungkook non lo diceva perchè volesse liberarsi di lui, lo diceva per abitudine, per senso del dovere nei confronti del se stesso lucido e sobrio.
Tae annuì e gli strizzò un occhiolino affabile e giocoso. 
Quando uscì dall'aula di disegno dal vero, Jungkook desiderò seguirlo.

* * *

Per quattro giorni consecutivi, in qualsiasi sede si trovasse, in qualsiasi aula avesse lezione, appena arrivato a scuola Jungkook si ritrovava sul banco una confezione di cibo d'asporto ancora tiepida. Il polistirolo bianco era interamente ricoperto di disegni, un design diverso per ognuna delle tre scatole, divertenti, allegri, contenenti indizi sul tipo di cibo che avrebbe trovato all'interno. L'aspetto in generale era caotico ma Jungkook si ritrovò ad ammirare la precisione con cui Taehyung aveva inchiostrato su quel materiale difficile. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quell'accostamento insolito di colori non era affatto male.
E il cibo all'interno era delizioso. Sua madre non aveva il tempo di cucinare la mattina, perciò Jungkook aveva preso l'abitudine di abbuffarsi a colazione, tirare dritto per tutte le ore scolastiche a digiuno e poi riempirsi lo stomaco una volta tornato a casa. Ritrovarsi con un pranzo già pronto lo metteva di buon umore. 
I suoi compagni lo prendevano in giro scherzosamente o gli chiedevano di fargli vedere la confezione, e Jungkook si fingeva indifferente, si comportava come se si limitasse ad approfittare delle attenzioni di Taehyung. Ma quando suonava la pausa pranzo, il ragazzo si sedeva in disparte, solitamente davanti a una finestra, e assaggiava tutto quello che Tae aveva scelto per lui. Se lo immaginava scorrere piatti e prezzi con gli occhi, indeciso, insicuro sui suoi gusti, timoroso di incappare in una qualche allergia di cui non poteva essere a conoscenza. Jungkook si chiese come facesse a dipingere le confezioni, se le dipingeva in tempo record con il cibo dentro o se andava dai cuochi con già la scatola fatta e finita. 
Finito tutto il cibo, Jungkook ne lavava e asciugava l'interno, attento a non rovinare i disegni, poi se la portava a casa per poterla guardare ancora. 
La quinta volta che successe, di nuovo lunedì, Jungkook si costrinse a puntare i piedi.
Non poteva farsi viziare così. La prima e la seconda volta era stato divertente, ma quelle successive lo fecero sentire in colpa; non erano dei panini o dei cibi preconfezionati o presi da una catena alimentare, era cibo buono, sano, cucinato con cura e accorgimenti. Di sicuro non costava pochi yen. Non poteva permettere a Taehyung di continuare a spendere soldi in quel modo quando non avrebbe cambiato idea sulla collaborazione. Doveva metterci un freno, seppur a malincuore. 
Per cui, quella quinta mattinata, strinse tra le mani quella nuova confezione ancora sigillata, tinta da motivi invernali e decise che non l'avrebbe accettata. Avrebbe solo tenuto per se l'immancabile bigliettino con la pick up line del giorno attaccato sotto:

SEI COSI' BELLO CHE SEMBRI OGM: ORGANISMO GNOCCAMENTE MODIFICATO

Ancora non gli aveva chiesto per cosa stesse la "V". O perchè la scrivesse sempre in rosso. 
Jungkook avvicinò la scatola in polistirolo al naso ed inspirò, assaporando il profumo speziato del pranzo che non avrebbe consumato, sospirando. 
Quando cinque ore dopo suonò la campanella che segnò l'inizio della pausa, prese la confezione ed uscì dalla sua aula.
Chiese informazioni ai bidelli, girovagò un po' a vuoto per la scuola e infine raggiunse l'area della scuola riservata alle classi dell'ultimo anno. Aveva sentito dire molte volte di quanto fossero privilegiati nelle piccole cose, di come i loro corridori fossero più sgombri e vivibili, le aule più grandi, pulite meglio, le finestre con le zanzariere buone, gli strumenti da disegno e per la scultura tirati a lucido ogni giorno. Era l'anno decisivo, il più importante, e tutto era finalizzato a far lavorare alle condizioni migliori gli studenti. 
Jungkook si sentì come un credente in terra santa. 
Salì una rampa di scale e attraversò timidamente l'ennesimo corridoio, abbassando la testa quando un paio di ragazze passarono per di lì. Se ricordava bene le indicazioni del bidello, la classe di Taehyung doveva essere la penultima sulla sinistra, proprio quella da cui sembrava provenire della musica. 
A Jungkook presero a sudare le mani all'idea di entrarci. Era la prima volta in assoluto dove non era il ragazzo più grande a far la prima mossa ma era lui a cercarlo. Solo l'idea di rivederlo lo rendeva nervoso, figurarsi se fosse stato accerchiato da tutti i suoi compagni di classe. Se poi si aggiungeva il fatto che ci stesse andando solo per ribadire il suo rifiuto... 
Per il tempo che arrivò a un metro dalla porta, avrebbe voluto lasciare il pranzo sul pavimento a piastrelle, bussare e scappare via alla velocità della luce. Ma poi Taehyung lo avrebbe sicuramente cercato e quindi avrebbe solo posticipato l'inevitabile. Doveva chiudere definitivamente quella storia una volta per tutte in quel preciso momento. 
Preso un bel respiro, Jungkook bussò alla porta dell'aula. 
Dall'interno potè sentire chiaramente schiamazzi che cercavano di sovrastare la musica che chiedevano se qualcuno avesse sentito bussare; voci sconosciute alle orecchie di Jungkook diedero per scontato che si trattasse del bidello o di un insegnante che volesse dirgli di abbassare la musica. La canzone venne abbassata, nonostante fosse ancora udibile. 
Quando fu ovvio che non avevano intenzione di controllare chi fosse, Jungkook bussò di nuovo.
Questa volta gli vennero ad aprire subito la porta e il ragazzo si ritrovò davanti un tipo parecchio alto, biondo platino, con i capelli sparati da tutte le parti. Si fissarono, uno intimidito e l'altro curioso, finchè lo sguardo del più grande si illuminò. Un sorriso largo e sgangherato gli si aprì sul volto mentre si voltava verso l'interno della stanza.
"Taehyung!" urlò, divertito. "Ci è venuta a trovare la tua famosa musa ispiratrice."
Qualsiasi cosa Tae avesse riposto, la sua voce profonda fu coperta da una serie di versi beffardi e risate.
Jungkook si pietrificò e desiderò di non essere mai venuto. Avrebbe dovuto mangiarsi il suo pranzo gratuito e basta.
Il ragazzo di fronte a lui, che si era tenuto stretto allo stipite come se fosse un buttafuori, gli passò un braccio sulle spalle e lo trascinò dentro come se fossero amiconi, sbattendosi la porta dietro. Jungkook fu immerso nell'aula più grande e luminosa che avesse mai visto: le vetrate erano immense, i banchi, i cavalletti e gli sgabelli erano tutti accatastati negli angoli. Il pavimento era disseminato di fogli di giornale, tappetini, cartacce, tappi di bombolette. Sulla cattedra vigeva un grosso stereo da cui fuoriusciva la musica ritmata, tenuta come perenne sottofondo. Ma la parte più spettacolare erano le pareti: erano alte, ricoperte da enormi teli bianchi e cartelloni appesi a dei pannelli di sughero da delle puntine, ognuno di essi decorato da murales di ogni genere, stili, temi, completi, incompleti, fantasie, paradossi di colore. 
Jungkook venne trascinato via da quella seconda dimensione, così diversa e opposta dalla sua fatta di cornici e pennelli sottili, quando i suoi occhi incontrarono la figura di Tae. Era seduto insieme ai suoi compagni sulle cataste di banchi e sedie, le gambe sottili incrociate e un'espressione stupita sul viso radioso. La camicia che teneva aperta sopra una maglietta era logora di colore e Jungkook la interpretò come una versione casalinga del suo camice. 
Era strano vederlo tra i suoi simili. Come se fossero tutti parte di un unico branco di spensierati scapestrati con le bombolette alla mano. 
Il ragazzo che gli aveva aperto la porta non mollò la presa su di lui fino a quando i due non furono a quattrocchi. Se non si contavano quelli di tutti gli altri diciotto studenti che attaccarono a fischiare e ululare quando Taehyung rivolse un semplice "ciao" a Jungkook. 
"Ciao." rispose lui, e qualcuno partì con gli applausi. 
Era evidente che Tae non si aspettasse di vederlo. Si guardava intorno sicuro di sè, circondato dai suoi amici e dai loro murales, poi i suoi occhi ricadevano su Jungkook, con quei suoi capelli scuri, il carattere forte, e si sentiva come se lo ospitasse per la prima volta a casa sua. Voleva che i suoi compagni fossero carini con lui, che non lo spaventassero con i loro modi di fare espansivi. Voleva essersi tolto quella camicia per sembrare un po' più attraente, voleva strapparsi di dosso quella bandana rossa legata alla fronte che gli tirava la frangia all'indietro. Voleva che Jungkook vedesse quel posto con la meraviglia con cui lo vedeva lui.
Poi il suo sguardo ricadde su cosa teneva in mano il più piccolo. Jungkook lo notò e colse l'occasione. Deglutendo, sollevò la confezione d'asporto verso Taehyung, ignorando le facce perplesse dei suoi compagni.
"Tieni." disse Jungkook, la sua voce udibile a malapena da se stesso. Teneva la testa bassa, come se si stesse scusando. Non lasciò il tempo a Taehyung di rispondere, altrimenti avrebbe perso la spinta e non ce l'avrebbe mai fatta. Si sforzò di mantenere un tono di voce freddo e distaccato.
"Non posso accettare questo cibo. La mia risposta è ancora no, e tu non puoi fare niente per farmi cambiare idea."
Lo stava scaricando davanti a tutti. Per poco a Jungkook non tremò la voce. 
I ragazzi si erano stretti intorno a loro e  sembravano essersi fatti seri. Quando capirono che Jungkook aveva finito il suo discorso voltarono simultaneamente la testa verso Taehyung in attesa della sua risposta, come spettatori a una partita di tennis. 
La serietà di Tae sapeva più di frustrazione, ma non sembrò minimamente turbato dalla presenza dei suoi compagni. Non si allungò per prendere la confezione dalle mani di Jungkook. "Come puoi dirmi di no senza neanche mettermi alla prova?"
Il ragazzo biondo riprese Jungkook per le spalle e si mise a gesticolare, facendo il verso. "Già, come puoi dirgli di no senza metterlo alla prova?"
Il branco di ragazzi, di comune accordo, sembrarono tutti rivolgersi personalmente a Jungkook con i loro "Già!" come uno stormo di pappagalli.
Il ragazzo più piccolo iniziò a sudare freddo e Tae riprese a sorridere. 
Si alzò in piedi sul banco in modo plateale, qualcuno gli lanciò una bomboletta da usare come microfono. Iniziò a camminare avanti e indietro, su e giù tra i banchi più alti, un perfetto animale da palcoscenico. Il sorriso immenso che rivolse a Jungkook dall'alto nascondeva un fondo di scuse. Jungkook capì che fare lo stupido e provocare era il modo di Taehyung per allontanare la negatività, qualsiasi forma di essa si trattasse. Dovette sopprimere un sorriso a sua volta.
"Jeon Jungkook, classe quarta, anno duemilasedici barra duemiladiciassette." esclamò a gran voce. I compagni ruggirono. "Non chiedo altro che una possibilità!" 
I suoi occhi neri vibranti e luminosi, sussurravano quelle parole che la sua voce profonda urlava. 
"Una possibilità!" gli gridò nell'orecchio il ragazzo biondo, stordendolo.
Taehyung rise e uscì per un attimo dal personaggio. "Vacci piano, Namjoon, non me lo assordare." 
Questa volta anche Jungkook rise con gli altri. Per abitudine si circondò con le braccia, alzò il tono della voce e stette al gioco. 
"Taehyung!"
"Se ci aggiungi il cognome fa più di figo." sussurrò di fianco a lui quello che doveva essere Namjoon.
"E quale è il suo cognome?" sussurrò in risposta.
"Kim."
Jungkook si schiarì la gola. "Kim Taehyung, classe quinta, anno duemilasedici barra duemiladiciassette, che possibilità vorresti?"
Taehyung sembrava non aspettare altro: con due balzi scese i banchi come scalini, scavalcò sgabelli, fece lo slalom tra i suoi compagni di classe infervorati. Arrivò sul banco davanti a Jungkook e si sedette sui talloni, gli strappi nei suoi jeans che si allargavano, per essere alla stessa altezza del ragazzo. 
Si protese in avanti, i suoi occhi grandi si assottigliarono, il tono della sua voce si abbassò. 
Namjoon teneva ben stretto Jungkook per le spalle, impedendogli di indietreggiare.
"Ti darò un bacio," disse Tae, la sua faccia a un palmo da quella di Jungkook. "se non ti piace lo puoi restituire."
Il pubblico di compagni perse la testa.
Jungkook era ipnotizzato, caduto in catalessi, perduto, disperso dalla strada tra gli occhi e la bocca del ragazzo più grande. 
Faceva tutto parte dello spettacolo che avevano messo su. Tae non lo avrebbe sfiorato con un dito, e questo Jungkook lo sapeva bene. Ma per un folle, pazzo secondo pensò di annullare la distanza tra le loro labbra, davanti a tutti. 
Fu un pizzicotto di Namjoon a farlo riprendere. Risero tutti quanti, i due protagonisti compresi, e Jungkook si scrollò le braccia del ragazzo biondo di dosso per fare un passo indietro, abbassando lo sguardo e vergognandosi dei propri istinti. 
Quando lo risollevò incontrò subito quello di Tae, sicuro, ridente, insidioso, e gli bastò quello per sapere di essere stato smascherato. Tae sapeva.
Solo in un secondo momento Jungkook sembrò realizzare quello che gli era appena stato detto.
"Aspetta un attimo. Ma io non intendevo quella proposta, io intendevo la collaborazione artistica!" 
Tae rimase interdetto solo per un nanosecondo, poi sollevò un sopracciglio marcato e la piega del suo sorriso si fece sensuale.
"Questo significa che la risposta all'altra è positiva, no?" 
"No!" 
"No? No si o no no?" 
"No, cioè anche!"
Il pubblico a questo punto era confuso, non capiva. 
La campanella di fine pausa suonò e un uomo barbuto entrò pimpante nell'aula, come se avesse aspettato solo quel segnale fuori dalla porta per entrare. 
Jungkook approfittò del fatto che tutti fossero distratti per mettere il suo pranzo tra le mani di Tae. Appena quest'ultimo se ne accorse tentò di acchiappare le mani dell'altro senza sbilanciarsi, ma Jungkook era già lontano.
Il professore battè un paio di volte le mani. "Forza, tornate a lavoro! Quei murales non si finiranno da soli."
I ragazzi iniziarono a scendere pigramente la roccaforte di banchi, raggiungendo le loro postazioni. Taehyung rimase accovacciato sul banco, la confezione decorata da lui contro lo stomaco e gli occhi sulla nuca di Jungkook che si affrettava ad uscire dall'aula. 
La mano di quest'ultimo si fermò sullo stipite della porta. Jungkook si girò per incrociare lo sguardo lontano dell'altro un'ultima volta.
Gli fece un cenno al pranzo con gli occhi e la sua bocca mimò un muto "grazie". 

   
 
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