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Autore: charly    09/10/2016    0 recensioni
La giovane regina di Issa è arrivata alla capitale di Rakon, dove si unirà in matrimonio con l’imperatore secondo gli usi della sua gente. Zaron manterrà la promessa fatta alla sua sposa e al padre di lei? E come si adatterà Deja a vivere alla corte di suo marito, dove le donne non hanno nessun peso politico?
Deja ignorò i bisbigli della corte, scrutava il volto di Zaron e lo vide spalancare leggermente gli occhi per la sorpresa alla vista dei tatuaggi rossi che le decoravano le mani, gli avambracci e salivano appena più su dei suoi gomiti.
[…]
I tatuaggi salivano fino al ginocchio. Aveva mezza idea di urlare addosso a Perla e alle altre ragazze per averla ricoperta di disegni. […] La sua corte doveva essere convinta che lui fosse stato smanioso di giacere con lei, e le nozze affrettate dovevano solo aver rafforzato questa idea.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il cuore di un drago'
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III. QUALCOSA DI ROSSO

 
 
La mattina del giorno del suo matrimonio rakiano iniziò per Deja con un brusco risveglio prima dell’alba. Fu Larissa a destarla, entrando nella sua stanza seguita dalla divra, visibilmente nervosa.
- Cosa succede, Larissa?
La sua cameriera si affrettò ad aprirle le finestre parlando velocemente e con una nota di panico.
- La principessa Sali e le concubine del re sono già qui mia signora!
Deja guardò fuori, scendendo dal letto. Il cielo cominciava a schiarire ma si vedevano ancora alcune stelle brillare fioche.
- Ma che ora è?
- Poco prima dell’alba, mia signora.
Larissa l’aiutò a indossare la veste da camera e mentre lei sbadigliava e si stropicciava stancamente gli occhi, le stava già pettinando i capelli, intrecciandoli in una semplice treccia.
Deja non avrebbe voluto ricevere le sue ospiti ancora in camicia da notte ma, stizzita per essere stata svegliata a quell’ora irragionevole, considerò che se la volevano già vestita e sveglia avrebbero dovuto darle almeno il tempo di fare colazione: il matrimonio non era previsto che per il pomeriggio, cosa ci facevano lì a quell’ora?
Irruppe quindi nel salotto dove l’aspettavano le sue ospiti, con la mente ancora annebbiata dal sonno e la cameriera che le sia agitava intorno, dopo averla futilmente implorata di permetterle di aiutarla a vestirsi prima.
C’erano sei donne nella stanza ad aspettarla. Era facile intuire quale fosse la principessa, dato che cinque erano raggruppate da una parte e la sesta sedeva separata dal gruppo. Erano vestite in modo esotico, le servitrici rakiane che aveva visto fino a quel momento indossavano vesti semplici non dissimili da quelle delle issiane, concepite per lavorare e spostarsi facilmente. Quelle sei donne erano invece vestite come la sarta che le aveva preso le misure due giorni prima: pantaloni larghi in seta leggera, stretti alle caviglie, una lunga gonna con due profondi spacchi ai lati che lasciavano vedere i pantaloni, ai fianchi portavano arrotolata una lunga stola di stoffa che poi passava per la schiena come una specie di corto mantello e si appoggiava su una spalla per ricadere infine sul davanti, coprendo parte del petto e venendo in alcuni casi infilata all’altezza della cintola, il torso era vestito da una camicia abbottonata davanti,  a mezze maniche, così corta da lasciare scoperta la pancia e l’ombelico e così stretta da non lasciare nulla all’immaginazione. Quando la sarta le aveva preso le misure Deja aveva dovuto rimanere a torso nudo, mentre quella donna le misurava persino la coppa del piccolissimo seno che cominciava a spuntarle. Non si era mai sentita così imbarazzata in vita sua, e l’imbarazzo era aumentato rendendosi conto che l’aspettava un abito nella foggia non dissimile da quello indossato dalla solerte ma silenziosa sarta che non le aveva dato la possibilità di scegliere nulla dell’abito, non lo stile, non la stoffa né i motivi decorativi, ripetendo con deferenza ma insistenza che la foggia e i tessuti erano tradizionali e che non vi era nessuna possibilità di scelta.
La principessa e le concubine indossavano con naturalezza quegli abiti che a Issa sarebbero apparsi scandalosi. I vari elementi dell’abito erano coordinati, i colori variopinti e accesi, le decorazioni in filo dorato seguivano il bordo delle gonne ed erano particolarmente carichi sulla stola. I pantaloni e la camicia, o blouse come l’aveva definita la sarta, erano invece disadorni. Erano tutte pesantemente ingioiellate, collane, braccialetti ai polsi e alle caviglie e orecchini ingemmati decoravano il profilo delle loro orecchie. Anche i capelli erano dotati di numerosi fermagli dorati. Fermagli e bracciali tintinnarono quando quelle donne si alzarono per accoglierla. Mentre i profumi che indossavano raggiungevano il suo naso Deja si rese acutamente conto che loro erano già vestite e preparate per il matrimonio e che lei era ancora in camicia da notte, con la veste da camera, i capelli raccolti in una semplice treccia e non si era ancora neanche lavata il viso.
Tirò su il mento e drizzò le spalle.
- Signore. Vi ringrazio per essere presenti e aver acconsentito a prepararmi alle mie nozze, come è secondo i vostri usi. Tuttavia devo dire che non vi aspettavo così presto.
Fu la principessa a prendere la parola.
- Mia signora, vedendovi ci appare chiaro che nessuno vi ha parlato di quello che comporta la preparazione della sposa. Aiutarla a vestirsi è facile, sono le pitture che richiedono tempo e che danno alla sposa l’occasione di conoscere le componenti della sua futura famiglia.
Deja era confusa, e non era solo per il sonno.
- Pitture, quali pitture?
Le sei donne si guardarono, confuse a loro volta.
- Nessuno le ha detto niente?
Deja scosse la testa.
- Il khan ha accennato a delle pitture tradizionali ma io ho pensato che intendesse il trucco.
Una delle concubine, una donna molto bella nonostante i fili argentati tra i capelli nerissimi, parlò prendendo il controllo della situazione.
- Vi abbiamo buttata giù dal letto, mia signora, quando ci aspettavamo di trovarvi già in piedi. Ci dispiace molto. Forse potremmo parlare mentre fate colazione?
Fece cenno alla divra e le ordinò di portare una colazione leggera per tutte, poi si presentò.
- Io sono Perla, queste sono Oscia, Tallia, Mira e Cara.
Le donne che via via indicava si inchinavano, portandosi entrambe le mani al cuore, come aveva visto fare ai cortigiani di Zaron. Erano tutte molto belle, con occhi e capelli neri, forme voluttuose e accattivanti sorrisi bianchi.
- E io sono la principessa Sali, mia signora. Ho l’onore di essere la sorella di khan Zaron.
La principessa si inchinò come le concubine. Anche lei era bella e qualcosa nel sorriso obliquo che le fece le ricordò intensamente Zaron.
- Ma certo…
Deja annuì a tutte loro, invitandole a sedersi con lei intanto che arrivava la colazione. Mentre mangiava fu Perla, che a quanto pareva aveva una certa autorità tra le concubine, a parlare.
- Alla sposa, in segno beneagurante, vengono applicati dei tatuaggi con l’henné, alle mani e a i piedi, che hanno bisogno di un minimo di cinque ore per fissarsi sulla pelle. Sapete di cosa si tratta, mia signora?
Deja scosse il capo in segno di diniego, irritata e sconfortata perché nessuno sembrava dirle niente delle tradizioni rakiane che pareva ci si aspettasse che conoscesse.
- Vi faremo dei disegni sulla pelle con una pasta rossa ricavata da una pianta. I disegni andranno via nel giro di una decina di giorni, dipende da quanto tempo resteranno in posa oggi e da quanto strofinerete la pelle quando vi lavate.
Sali si intromise lasciando che una punta di malizia le colorasse il tono di voce.
- Quello di essere disegni beneaguranti è la scusa ufficiale. In pratica il tempo che ci vuole per il colore ad essere assorbito dalla pelle dà l’opportunità alla sposa di conoscere la suocera e le cognate e di spettegolare del futuro sposo. Inoltre…
L’espressione di Sali si fece ammiccante.
- … alla futura, vergine sposina vengono dati consigli e suggerimenti per come comportarsi nel talamo nuziale. Per me è stata una vera rivelazione e le parole di mia suocera sono state perle di saggezza che mi hanno aiutato tantissimo nella vita coniugale.
A una concubina vestita in rosa pallido sfuggì una risatina, fece per parlare ma Perla la zittì, con un sorriso indulgente.
- Non ancora Cara, non abbiamo ancora iniziato.
Deja divenne scarlatta come la buccia della pesca matura che stava mangiando e dovette fare uno sforzo per non abbassare gli occhi per l’imbarazzo davanti a quelle donne.
- La sua pelle! Che delizioso colore!
Sali la guardava affascinata e fece come il gesto di allungare la mano per toccarla prima di ricomporsi, contrita.
- Mi dispiace, mia signora.
- Non è nulla, Sali. Ho la carnagione chiara e arrossisco facilmente.
Sei sorrisi risposero al suo. Finito di mangiare Perla batté le mani.
- Bene, direi che è ora di cominciare. Abbiamo portato tutto l’occorrente per il suo bagno, mia signora. L’attenderemo qui. Si ricordi che dovremo avere accesso alle braccia e alle gambe per fare i disegni.
Deja annuì, leggermente stordita, e si lasciò condurre da Larissa e dalle servitrici rakiane nella sala da bagno dove la sua pelle fu grattata con finissima sabbia bianca e i suoi capelli cosparsi di olio profumato prima di essere raccolti sulla testa strettamente, in modo da non intralciare i preparativi successivi.
Quando tornò nel salottino si bloccò di botto, rimanendo di stucco e spalancando gli occhi: la principessa e le concubine si erano tolte la stola e il blouse, rimanendo a seno scoperto. Indossavano dei grembiuli di cuoio per coprire la gonna e i pantaloni e stavano chiacchierando e ridendo tra loro, sorseggiando del thè.
Deja indicò il loro petti, farfugliando. Non si era mai trovata in una situazione simile in tutta la sua vita, era la prima volta che vedeva una donna seminuda e non riusciva a capire cosa stesse succedendo, anche se la parte razionale del suo cervello le diceva che quella doveva essere un’altra usanza rakiana d cui non sapeva nulla. Fece per voltarsi verso Larissa ma si rese conto che né lei né le altre ancelle l’avevano seguita e loro erano sole nella stanza.
Sali le prese le mani.
- Siamo sole, adesso, mia signora. Ci sono solo donne in questa stanza e in quest’ala. I tuoi soldati sono stati allontanati e la divra e le servitrici ci fanno da cordone, impedendo l’accesso a qualsiasi uomo.
Le concubine annuirono.
- L’henné macchia terribilmente e quindi ci siamo tolte ogni indumento non necessario. Inoltre, è così che vestiamo tradizionalmente noi donne rakiane quando siamo nell’ala femminile della casa.
Le concubine annuirono nuovamente, mormorando parole d’assenso e Perla le sorrise incoraggiante, spingendola sulla sedia che avevano preparato per lei, vicino alla finestra da cui entrava la luce del sole del mattino.
- Non ha niente di cui preoccuparsi. Non c’è posto per la vergogna oggi, in questa stanza. Siamo tutte donne fatte.
Guardò Sali.
- E maritate.
La principessa annuì e poi aggiunse.
- Nulla di quello che sarà detto in questa stanza verrà riferito a un uomo.
- Nessun uomo
Ripeterono le altre.
- E nessuna donna non sposata: è lecito parlare liberamente di queste cose solo in occasione dei matrimoni. Per questo non ci sono fanciulle con noi. Solo lei, mia signora.
Deja era la sovrana del suo regno e presto sarebbe stata la regina di quelle donne, eppure in loro presenza, in quel frangente, si sentì vulnerabile, ignorante e terribilmente giovane. Ebbe l’impressione di essere un anatroccolo implume al cospetto di maestosi cigni. Si lasciò denudare in silenzio, loro le si fecero attorno, prendendole le mani e i piedi, accarezzandole le braccia e le gambe e facendole complimenti sul tono e sul colore della pelle e Deja non riuscì più a trattenere il turbamento, davanti a quell’usanza così aliena e lontana da lei, che non riusciva a trovare nessun appiglio con alcuna sua esperienza pregressa e che la lasciava sperduta come una chiatta alla deriva e senza terra all’orizzonte. Le sfuggì un debole singhiozzo e una lacrima.
Sali le asciugò la guancia, intimando a tutte di lasciarle spazio per respirare.
- Mia signora, no! Non pianga. Non deve piangere! Oggi è un giorno di trionfo.
La donna si inginocchiò ai suoi piedi, guardandola negli occhi e catturando tutta la sua attenzione e Deja, dalle sue parole, si rese contro che doveva aver interpretato erroneamente il suo pianto.
- Le dirò quello che è stato detto a me il giorno del mio matrimonio: qui non siamo solo donne, ma sorelle e oggi, che all’apparenza è il giorno in cui veniamo date via come un oggetto, vendute e comprate, è in realtà il giorno del nostro potere. Il matrimonio può sembrare un affare da uomini, ma è nostro. Ogni moglie è regina in casa sua. L’uomo può illudersi di essere il padrone della casa, ma è la moglie che decide dove dorme, quando mangia, cosa mangia, cosa indosserà quel giorno, perché è la donna che lava e cucina. È la madre che si occupa di crescere i figli, anche quelli maschi. Racconta loro le storie che sua madre ha raccontato a lei, li allatta, li cresce, li veste, li ama. Oggi è il suo giorno e nessun uomo glielo può portare via.
Deja le fece un sorriso tremante, senza correggerla, senza dirle che lei sua madre non l’aveva mai conosciuta che era stato suo padre a crescerla, a rimboccarle le coperte la sera, mandando via la sua tata e leggendole le prime fiabe, fino a che Deja non era stata in grado di leggerle da sola e a aveva insistito a leggerle lei a lui. Le parole di Sali sottolineavano quanto diverse fossero le due culture ma, invece di scoraggiarla ulteriormente, l’aiutarono a vedere la cosa in prospettiva. Si calmò e si disse che quella era un’esperienza unica per districare la cultura rakiana e cominciare finalmente a comprenderla. Perlomeno la metà femminile della popolazione.
Annuì in maniera decisa e rivolse un sorriso complice alla sorella e alle donne di suo marito.
- E sia. Istruitemi.
Perla e Sali si scambiarono un’occhiata trionfante e Perla le porse una tazza.
- È camomilla, per calmare i nervi. La beva, mia signora, perché fino a che non avremo finito con le mani e le braccia, non potrà né bere né mangiare se non imboccata.
Deja bevve la tisana, grata del pensiero, e poi porse la tazza a una concubina vestita di giallo pallido, Oscia forse, prima di rilassarsi sulla sedia, allungando le mani e le braccia. Le donne cominciarono subito a lavorarvi, passandosi delle ciotole piene di un liquido rossastro, denso e granuloso che ricordò a Deja vagamente l’argilla. Vi intinsero delle cannucce appuntite e poi con maestria cominciarono a lasciare una striscia di sostanza sulla pelle delle mani e degli avambracci, prima i palmi e poi i dorsi. Lei guardava ammirata gli intricati disegni che comparivano: in un motivo geometrico a scacchiera le dipinsero sulle mani petali e fiori e sulle braccia, appoggiati a delicati rampicanti e intervallati da foglie, nascevano uccelli esotici e pavoni con lunghe code ornate dai tipici disegni a occhio. Finite le mani le due donne passarono ai piedi per poi risalire le caviglie mentre le loro compagne terminavano gli avambracci e cominciavano con i gomiti. Intanto parlavano, a turno, spiegando il significato di quello che disegnavano.
- I motivi floreali e le piante indicano felicità e devozione.
- Il cigno è per il successo, il pavone indica bellezza, inoltre gli occhi della sua coda scacciano il malocchio.
La donna che le stava dipingendo il ginocchio indicò il motivo astratto con cui le stavano ricoprendo le gambe: non era nulla di riconoscibile, linee e trattini, cerchietti e fiori stilizzati. Era molto elegante e a Deja ricordava le decorazioni sugli abiti di alcune concubine.
- Questo è per la fertilità e la buona fortuna.
Sali osservava annuendo ogni tanto e dando suggerimenti sui motivi da disegnare e su dove.
- Solitamente vengono dipinti solo le mani e i piedi. A me, per il mio matrimonio hanno fatto solo quelli. Ma tu sei la nostra regina e più complicati sono i disegni e più scuri, quindi più lungo il tempo di lavorazione, più onore la famiglia dello sposo mostra alla sposa.
Cara, dal suo gomito aggiunse:
- Come volevo dire prima: più scuro è il colore, più intricato il disegno, maggiore è la passione con cui lo sposo attende la sua sposa.
Guardando il risultato finale Sali si complimentò con le concubine.
- Avete fatto un lavoro straordinario.
Sospirò con un pizzico d’invidia.
- Magari avervi avute al mio matrimonio.
Scoppiarono tutte e sei a ridere e Deja fu nuovamente colpita dalla familiarità con cui si trattavano, loro che all’inizio di quella mattina erano parse tese e guardinghe, l’una nei confronti delle altre.
Perla ne convenne, sembrava molto soddisfatta del lavoro fatto.
- Sarete l’invidia di tutte le nobili signore. I nobili di corte vedranno i tatuaggi e sapranno in quale riguardo il khan vi tiene.
- Vuoi dire che tutti vedranno i miei tatuaggi?
Deja chiese con un filo di voce.
Una concubina vestita in blu rispose.
- Vedranno quelli sulle mani, sulle braccia e sui piedi e le caviglie lasceranno intuire che i tatuaggi proseguono, ma quelli sono solo per gli occhi del marito.
Le bendarono braccia e gambe, così da permetterle di muoversi e rivestirsi. Le donne chiamarono le servitrici rakiane a portar via le ciotole di henné avanzato e si tolsero i grembiuli, alcune avvolgendosi la stola sui fianchi e drappeggiandola sulla spalla e sul petto. Nessuna si rimise il blouse. Un discreto bussare annunciò la divra che con un sussurro avvisò che l’abito era arrivato. Sali si lasciò sfuggire un gridolino di gioia e battendo le mani le intimò di portarlo dentro. La divra lo distese su un divanetto. Era rosso. I pantaloni erano in seta finissima, quasi trasparente. La gonna e il blouse erano iridescenti, la stoffa fresca e liscia al tatto, i bottoncini del blouse decorati da minuscoli rubini. L’orlo della gonna era interamente ricoperto di filo d’oro e decorazioni floreali e rampicati salivano a spirale dal bordo fino alla cintura in filo d’oro intrecciato. Non c’era la stola ma un enorme velo rosso semi trasparente, decorato con piccoli fermagli in oro a forma di fiorellini e uccellini.
Le donne lo ammirarono, dicendole che era davvero stupendo, poi Perla si voltò verso di lei.
- Ha già pronti i gioielli?
Deja fece un vago cenno verso la porta, senza staccare gli occhi dal vestito. Improvvisamente l’abito che Zaron aveva indossato al loro matrimonio a Issa aveva senso: il rosso doveva essere il colore per le nozze, a Rakon. Purtroppo lei non possedeva molti rubini, preferendo acquemarine e topazi a tutte le altre pietre.
- La mia ancella, Larissa, lei ha il mio portagioie.
Una delle concubine si sporse dalla porta, confabulando con la servitù in attesa e dopo pochi attimi Larissa entrò, portando a fatica lo scrigno contente i gioielli di Deja.
Si bloccò un attimo sulla soglia, arrossendo, vedendo quelle donne seminude ma a un cenno del capo della sua signora si riscosse e si affrettò a poggiare il suo pesante carico sul tavolo. Lo aprì e poi fu congedata. Deja, assieme a Perla e a Sali vi guardarono dentro.
- Avevo inizialmente pensato di portare la corona, ma poi mi hanno detto che lo sposo toglie tutti i gioielli della sposa e quindi… Quali gioielli pensate siano i più adatti?
Le due donne si scambiarono un’occhiata e poi cominciarono a rimuovere alcuni gioielli dallo scrigno. Presero collane d’oro, braccialetti e anelli, ma solo quelli con perle e rubini. Poi Perla si bloccò di colpo, voltandosi di scatto verso Deja e sollevandole il mento, facendole girare il capo ed esclamando con sorpresa e costernazione:
- Non ha le orecchie forate!
Deja si liberò.
- Certo che no!
Poi, difronte ai loro sguardi.
- È un problema?
Perla assunse un’aria cupa.
- Devo mandare un messaggio a Palazzo: ho preparato io i gioielli che il khan vi deve mettere oggi e ho messo tra gli altri anche un paio di orecchini. Non sapevo quanti fori aveste alle orecchie e lui non me lo ha saputo dire, gli uomini possono essere di vista acuta ma questi dettagli a volte proprio gli sfuggono. Sono andata sul sicuro e ho immaginato che alla peggio aveste avuto un solo foro per lobo.
Poi indicò le proprie orecchie, seguita da Sali. Entrambe le donne indossavano almeno una decina di orecchini a testa. Sali aveva anche un piccolo diamante alla narice destra.
- Scusatemi, faccio in un attimo.
Perla si rimise il blouse grigio e il velo, prima di uscire in tutta fretta. Intanto Sali aveva scelto tre collane e cinque anelli, dopo aver osservato con interesse il sigillo, che Deja scartò con decisione: né il sigillo né la corona le sarebbero stati tolti da chicchessia. Neanche per il tempo della cerimonia nuziale, piuttosto non li avrebbe indossati.
- Quindi questi sono la vostra corona e il vostro sigillo personale?
Sali sembrava davvero interessata e Deja considerò che dovesse sembrarle strano vedere in possesso di una donna quelli che erano i simboli di un potere che a Rakon era prettamente maschile.
- Sì. Il sigillo è personale, me lo sono fatto fare su misura quando sono diventata regina. La corona invece era di una mia bisnonna: a quanto pare era parecchio minuta. Io invece spero di diventare alta quanto mio padre, che è più alto di me di una testa.
- E i tuoi sudditi ti ubbidiscono, anche se sei femmina?
Anche le concubine sembravano incuriosite.
- Sì, ovviamente. Tra i nobili del mio consiglio ci sono anche delle donne. O almeno c’erano, prima che il khan mi imponesse dei nobili rakiani. Adesso c’è una sola donna, lady Vidissa: lei è l’esperta di leggi commerciali e Issa è una città portuale, viviamo principalmente di commercio.
Sali la guardava a occhi spalancati, le sue labbra componevano la parola “consiglio” e “leggi”, poi si distesero in un ampio sorriso.
- Tu sei una regina, e sei abituata a comandare, vero? E non solo in casa.
Sembrava estremamente soddisfatta.
- Direi che appena Perla ritorna possiamo iniziare l’ultima parte della preparazione alla tua futura vita matrimoniale.
Perla tornò presto, accompagnata dal pranzo. Le donne si rivestirono e si misero a tavola con Deja. Mentre mangiavano chiacchieravano degli avvenimenti a corte, cercando di includere la sposa spiegandole chi erano le persone di cui parlavano.
- Si dice che la nobile Priska sia incinta, è vero?
La domanda era stata rivolta a Sali.
- Sì, verissimo: è gonfia come un’anguria. Varkis va già vantandosi di un altro maschio.
Tallia rise senza freni e poi aggiunse con un pizzico di malizia.
- Sì, ma sarà suo figlio o suo nipote?
Sali si rivolse a Deja.
- Il nobile Varkis era vedovo, ha superato gli ottanta e ha sposato una ragazza giovane, lei ha circa diciotto anni e suo marito ha in casa ancora i figli della sua quarta moglie, che sono ventenni.
Poi rispose alla insinuazione di Tallia.
- Sono sicuramente di Varkis. Quel vecchio sembra cieco e sordo ma ti assicuro che ha la vista lunga e governa con pugno di ferro la sua numerosa prole: i suoi figli sono terrorizzati dall’idea di venire esclusi dall’eredità, nessuno si azzarderebbe anche solo a guardare in direzione della sua giovane moglie. E poi conosco la nobile Priska: è furba e ambiziosa, se anche avesse messo gli occhi su un altro uomo, non sarebbe mai così sciocca da generare figli che non sono di suo marito!
Finito il pasto aspettarono che tutto fosse portato via e che le servitrici portassero bacinelle colme d’acqua tiepida e panni, prima di spogliarsi nuovamente e invitare Deja a sedere e a spogliarsi. Le tolsero le bende e cominciarono a lavare via delicatamente l’eccesso di pasta rossa.
Sali riprese la parola.
- Quando mi sono sposata è stata mia suocera a istruirmi. Non sto qui a raccontarti di mia madre, perché non è il luogo né il tempo, ti basti sapere che il suo matrimonio non è stato felice e non ha avuto consigli utili da darmi, non ti dirò cosa mi disse come non lo dirò alle mie figlie, quando sarà il loro momento.
Le concubine annuirono, conoscevano bene la nobile Ingis.
- Mia suocera mi disse di non avere paura, che la paura è il tuo nemico durante la tua prima notte di nozze, non tuo marito. La paura ti irrigidisce, ti fa essere un tronco di quercia: dura e inflessibile, quando invece devi essere come l’acqua: fluida, che si piega e accoglie il marito. Ora considera questo, cos’è più forte: il tronco di una quercia che si spezza col vento, che si riduce in polvere con il fuoco, o l’acqua, che si lascia trasportare, che si lascia condurre dove vuole la mano dell’uomo, ma che non puoi estinguere, che non puoi abbattere? Il fuoco la fugge, la pietra ne viene inghiottita per non essere più rivista, il legno ne viene impregnato e marcisce e non può contenerla per sempre, la terra l’accoglie e la lascia passare. L’acqua si piega ma non si può vincere, l’acqua accoglie e inghiotte e può uccidere.
Sali chiuse gli occhi per un attimo, il volto contratto dal dolore e Deja ricordò con un lampo di compassione il fratello della principessa, morto annegato.
- Tu devi essere come l’acqua, accogliente, fresca e, alla bisogna, impetuosa e selvaggia. Devi accogliere tuo marito ed essere la fonte a cui desidera abbeverarsi, non devi respingerlo e renderti impenetrabile.
Sali tornò a sorridere, gioiosamente, e i suoi occhi si riempirono di tenerezza.
- Poi mia suocera mi parlò di Brafit. Di com’era nell’intimità della sua casa e io ebbi la conferma che avevo scelto bene mio marito.
Deja la guardò con curiosità.
- Quindi hai scelto tu tuo marito?
Sali rise e sospirò, sembrando una ragazzina innamorata.
- Oh sì. Mia madre e mia sorella vi potrebbero parlare male di mio padre, ma io ne ho un ricordo differente. Lui ci voleva bene, a noi figlie, e ci ha lasciato scegliere i nostri mariti, tra gli uomini che ci ha proposto lui, ovviamente. Anche alle mie sorellastre. Per questo Cefan è ancora nubile: nessuno le andava bene.
Deja ricordò l’uomo grasso e dall’apparenza poco virile che aveva conosciuto qualche giorno prima.
- E a te è piaciuto lui?
- Sì! Mio padre mi aveva proposto solo militari, prima. Poi mi ha parlato del nobile Brafit. Un burocrate che non aveva mai maneggiato la spada e ho voluto vederlo. Già all’epoca era un po’ pesante al girovita e io l’ho trovato adorabile! Quando ho detto a mio padre che ero interessata a conoscerlo lui ci ha presentati e Brafit è sempre stato cortese e gentile, mi piaceva la sua voce, così dolce. Mi ha recitato poesie e ha comparato i miei occhi alla luna e il mio sorriso alle stelle! L’ho trovato molto romantico e ho accettato di sposarlo. Con me è sempre stato molto gentile e rispettoso e a letto... è davvero straordinario e premuroso. Sono una donna felice!
Deja arrossì nuovamente, rendendosi conto dove avrebbero portato i discorsi d’allora in avanti e chiuse gli occhi con un gemito di imbarazzo, realizzando che non sarebbe più riuscita a immaginare il nobile Brafit senza sentirsi risuonare nelle orecchie le parole entusiaste di sua moglie che lo elogiava per come era a letto.
- Hai ragione, futura cognata: non siamo qui per parlare dell’abilità di mio marito. Direi che a questo punto posso cedere la parola alle concubine di mio fratello.
Con un ghigno divertito e ammiccando suggestiva, si volse verso Perla.
- Credo che inizierò parlandoti degli uomini in generale, mia signora. Mia madre, quando mi ha istruita nelle arti del talamo mi ha detto che il piacere degli uomini è facile e immediato. Aveva ragione: è facile dare piacere a un uomo, il corpo maschile sembra fatto per l’immediata soddisfazione della carne. Da questo punto di vista, gli uomini sono facili.
La maggior parte delle concubine annuiva, solo Mira guardava attenta Perla, come se quelle parole le fossero nuove.
- Il piacere di una donna è più elusivo, l’uomo deve lavorare per ottenerlo, ma è anche più soddisfacente per la donna: lei può provare piaceri diversi, a seconda di quale parte del corpo viene stimolata. E lascia che ti riveli un segreto: un uomo può provare piacere una volta sola, poi deve riposare. La donna invece può provare piacere più spesso e numerose volte se l’uomo non cede subito. In effetti, diceva mia madre, il corpo di un uomo sembra fatto per una donna sola, mentre il corpo di una donna può ricavare piacere da molti uomini.
Quest’ultima osservazione suscitò l’ilarità generale, solo Deja non rideva, confusa. Perla la guardò, perplessa.
- Mia signora, non per essere indelicata, ma sa cosa succede nel talamo nuziale, tra moglie e marito?
La ragazza si sentì arrossire fino alla punta delle orecchie.
- Sì, la meccanica almeno. L’ho letto in un libro di medicina…
La voce le si affievolì davanti agli sguardi scandalizzati delle donne.
- Un libro, mia signora? Sua madre non le ha detto niente?
Deja si inalberò.
- Mia madre è morta quando sono nata. Mio padre non si è risposato e non abbiamo concubine a Issa. Quando mi è iniziato il ciclo la mia tata ha cercato di spiegarmi cosa mi stava succedendo ma la sua spiegazione era così confusa che sono andata a leggermi i libri di medicina della biblioteca: quelli sono stati più chiari, senza mi chiederei ancora da dove vengono i bambini!
Sali sembrò contrita.
- Mi dispiace, non sapevo di vostra madre. Una tata è una nutrice, giusto?
Deja annuì.
- E quindi non avrebbe avuto il coraggio di dire niente alla figlia del suo signore.
Perla riprese la parola.
- Mia signora, mi scuso nuovamente per la mia franchezza, ma... si è mai toccata, nell’intimità della sua camera?
Deja con orrore sentì il rossore diffondersi anche al collo e al petto. Non riusciva a smettere e l’imbarazzo la soffocava. Perla aggiunse con dolcezza.
- Niente vergogna, ricorda cosa abbiamo detto questa mattina?
Deja sospirò e poi gracchiò con una voce non sembrava neanche la sua.
- No, non l’ho mai fatto, anche se a volte mi sono sentita… strana.
Le donne scossero il capo, sconsolate. Sali riprese a parlare.
- Questo non è un bene. Se non sai cosa ti piace come puoi dirlo a tuo marito? Il consiglio più prezioso di mia suocera è stato proprio questo. Quando sarai sola con il tuo sposo nella camera da letto, mentre lui combatte per toglierti tutti i gioielli e poi gli abiti, lascialo fare, non aiutarlo, ma parlagli. Digli che sei spaventata, se hai paura, digli che sei eccitata, se lo sei, sii sincera. Stuzzica il suo orgoglio maschile, dicendo di avere timore della sua virilità e chiedigli di essere gentile e lento. E soprattutto, quando siete nudi a letto e lui comincia a toccarti, mostragli senza vergogna cosa ti piace, incoraggiandolo con gemiti e una reazione entusiasta ogni volta che lui ti dà piacere.
Le concubine annuivano con vigore.
- Ora, non so come sia mio fratello quindi…
Perla riprese la parola, con un sorriso.
- Zaron è il migliore amante che una fanciulla possa desiderare. È attento, premuroso, e mette il piacere della sua compagna davanti al proprio.
Le altre concubine risero e Tallia si inchinò con reverenza alla donna più anziana.
- Tutto merito tuo, oh dea dell’amore, che hai insegnato tutto quello che c’è da sapere sulle arti del talamo al nostro venerabile khan.
Questo suscitò l’ilarità delle concubine e la reazione interdetta di Deja e Sali. Perla parve imbarazzata ma poi rispose a tono alle sue compagne.
- È vero, ma come sapete la modestia è la mia più grande virtù, non pensavo di parlarne.
Poi si rivolse alla regina e alla principessa, ma Tallia si intromise nuovamente.
- È stata Perla a introdurre khan Zaron ai piaceri della carne, tanto, tanto tempo fa. E ora noi, e anche voi, mia signora, abbiamo l’immenso piacere di goderne i risultati!
Per Deja fu come ricevere un pugno nello stomaco. Zaron le aveva detto che valutava Perla sopra ogni altra, le aveva anche detto che si conoscevano da vent’anni. Ora guardò Perla e vide una donna ancora molto bella, nonostante l’età, una donna che vent’anni prima doveva essere stata una ragazza straordinariamente bella, una ragazza che aveva colpito così tanto il giovane Zaron che lui le aveva chiesto di diventare la sua concubina. Sentì qualcosa divenire freddo e duro all’altezza dello sterno, rendendosi conto che lui doveva amarla davvero molto, più di quanto lei avesse considerato all’inizio. Quando aveva deciso di sposare Zaron si era disperata, pensando che non si sarebbe mai innamorata e sposata con l’uomo amato; il fatto che neanche Zaron stesse sposando la persona che amava non l’aveva neppure sfiorata. Si sentì un’egoista e un’egocentrica guardando quella donna che doveva avere il cuore di suo marito, ma che non avrebbe mai potuto esserne la moglie. Perla dovette vedere qualcosa che non le piacque nell’espressione di Deja perché sembrò allarmarsi.
- Il khan Zaron è stato uno dei miei numerosi clienti, quando ero la più ricercata cortigiana di tutta Halanda. E io, anche se sono stata la prima, non sono certo stata l’unica.
Fulminò Tallia con uno sguardo.
- Ha avuto altre amanti dopo di me, e non sto parlando solo di cortigiane.
Tallia sollevò le spalle, mostrando che il richiamo di Perla non la turbava, poi si rivolse a Mira.
- Potremmo chiedere a Mira com’è Zaron con le vergini: tu se l’unica di noi a essere passata dalla casa di tuo padre direttamente all’harem, giusto?
La donna annuì, facendosi improvvisamente timida, e Deja ricordò che Zaron l’aveva indicata come la figlia illegittima di uno dei suoi ministri.
- Lui è stato molto gentile e ha voluto conoscermi prima di giacere con me. Mi ha fatta sentire a mio agio e ha voluto sincerarsi che io fossi contenta di essere a palazzo e con lui. La prima volta lui è stato molto... attento a me, mi ha dato piacere prima, e quando alla fine mi ha preso ho sentito pochissimo dolore.
Se prima Deja aveva combattuto contro il rossore ora si sentì impallidire. Le parole di Mira le ricordarono l’atteggiamento che Zaron aveva avuto con lei nei giorni passati, era stato sempre gentile e cortese, attento a non invadere il suo spazio personale, quando la toccava era sempre parso innocente e aveva voluto conversare con lei, l’aveva voluta conoscere, soprattutto aveva voluto che Deja conoscesse lui e si sentisse a suo agio in sua presenza. Zaron aveva giurato a suo padre che non l’avrebbe toccata la loro prima notte di nozze, ma si era comportato con lei come si era comportato con Mira. Forse avrebbe pensato che, dato che ora Deja non aveva più timore di lui, avrebbe potuto… Numerose mani l’aiutarono a sedersi e le misero davanti una tazza di thè che non riuscì a bere perché qualcuno l’aveva addolcito eccessivamente.
Mira sembrava agitata e si torceva le mani, scusandosi con Perla.
- Mi dispiace, pensavo che raccontandole di come lui era stato con me si sarebbe rasserenata. Non avrei mai creduto che reagisse in questo modo.
- Basta adesso.
Intimò Perla, poi si rivolse a Tallia.
- Soprattutto tu. Qualsiasi cosa tu abbia da dire sulla tua esperienza personale non è di certo un buon esempio di quello che dovrebbe essere il rapporto tra un uomo e la sua sposa per una fanciulla agitata dalla prospettiva del matrimonio.
La donna più giovane si fece cupa.
- Eppure lui ha bisogno di quello che io riesco a dargli, altrimenti non farei parte della famiglia.
- Taci Tallia!
A parlare era stata Cara e Tallia sembrò sgonfiarsi difronte alla censura unanime delle altre concubine. Sollevò le mani in segno di resa.
- D’accordo, non dirò più nulla.
Sali la distrasse da quella conversazione, prendendole le mani e parlandole lentamente e con dolcezza.
- Mia signora, non deve aver paura. Mi rendo conto che questi discorsi possono turbare gli animi più sensibili, ma la imploro: non abbia paura. Soprattutto non di mio fratello. È un uomo spietato con i nemici ma con i suoi familiari è sollecito.
Perla era d’accordo e aggiunse.
- E sarà paziente, non deve aver alcun timore di lui.
Poi si rivolse alla principessa.
- Altezza, per cortesia, potrebbe andare a vedere se i fiori sono pronti? Così possiamo cominciare a vestire la regina.
Sali la guardò, interdetta, poi sembrò comprendere che era una scusa per allontanarla e annuendo lentamente accettò di uscire dalla stanza, lasciandole sole.
Una volta che la principessa fu uscita Perla si rivolse nuovamente a Deja.
- Mia signora, non deve agitarsi: noi sappiamo che khan Zaron non ha nessuna intenzione di consumare il matrimonio né oggi né in un prossimo futuro, ma la principessa deve esserne invece convinta, riesce a capire?
Deja chiuse gli occhi, tremando. Poi annuì, sentendosi sollevata e confortata.
- Siamo spiacenti se i nostri racconti l’hanno indotta a credere il contrario. Perché è di questo che si è trattato, vero?
Deja annuì nuovamente, non fidandosi della sua voce.
Dopo qualche attimo Sali rientrò con collane di fiori bianchi e profumati tra le braccia.
- I fiori sono pronti e la processione nuziale attende solo la sposa!
Le concubine furono infervorate dalla notizia. Il conflitto di prima completamente dimenticato, si passarono un olio dal profumo inconfondibile di olive e lo spalmarono sulla pelle tatuata di Deja, poi applicarono un unguento al profumo dolce di fiori sul suo collo e sul petto e addirittura sulle cosce.
Perla, con un’espressione indecifrabile sul volto, le porse una tazza contenente una tisana sulla cui superficie galleggiavano ancora dei piccoli semi rossi a forma di cuore.
- Beva mia signora.
Le intimò. La principessa sobbalzò vedendo cosa Perla le aveva dato.
- Cos’è?
Le chiese Deja, allertata dalla reazione di Sali.
- È una tisana di silfio*.
- Un anticoncezionale,
Precisò la principessa.
- È molto efficace, anche se ha un gusto terribile. Non è una cattiva idea, mia signora.
Deja guardò a turno le due donne e poi lentamente e con mano tremate si portò la tazza alle labbra. Aveva un gusto davvero orribile e odorava vagamente di finocchio.
- Lo beva tutto, non è il caso di rischiare una gravidanza in così giovane età. Ci sarà tempo più avanti.
Le disse a bassa voce Perla, togliendole dalla mano la tazza vuota. Poi l'aiutarono a vestirsi, sciogliendole i capelli e legando indietro con un nastrino rosso solamente le due ciocche delle tempie, per agganciare il velo, le spiegarono. Oscia aggiunse ridendo.
- Solitamente la sposa ha anche degli ornamenti per i capelli, ma ieri pomeriggio mi sono offerta volontaria per fungere al khan da cavia e per togliermeli mi ha strappato anche parecchi capelli. Quindi abbiamo deciso che era meglio che si limitasse a metterli!
Le donne risero e Deja si unì a loro con un sorriso tirato e nervoso.
Oltre alle collane in oro le misero anche tre collane di fiori e, una volta applicato il velo, le poggiarono sulla testa una corona floreale.
Deja sfiorò i fiori che portava al collo, sotto il lungo velo rosso che la ricopriva interamente e che toccava il terreno.
- Sono bellissimi, hanno qualche significato?
Fu Cara a rispondere.
- Portano fortuna e chi non può permettersi dei gioielli può almeno permettersi dei fiori e se un povero può ricoprire la sua sposa di fiori perché il khan dovrebbe essere da meno?
- Il velo non è troppo lungo? Come farò a non inciampare?
- Ci penseremo noi.
Rispose Sali.
La principessa e le concubine si erano rivestite interamente. La principessa aveva fissato alla capigliatura un velo bianco trasparente che le ricopriva delicatamente i capelli senza occultarli. Le concubine invece indossarono un velo pesante che lasciava appena intuire il loro profilo e che scendeva davanti e dietro fino quasi alle ginocchia ma che a lato era più corto, lasciando scoperte le mani e parte degli avambracci.
Vedendo che Deja le fissava, incuriosita da tale differenza, Sali spiegò.
- Le concubine sono solo per il loro signore. Una donna nobile e sposata può invece far vedere il suo viso senza problemi.
Le donne la circondarono ai lati e dietro, con Sali e Perla rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra, le presero ognuna un lembo del velo, sollevandolo e così facendo, come una sola persona, uscirono dagli appartamenti che Deja aveva occupato in quei due giorni e che non avrebbe occupato più. Uscite dalla casa ad attendere la sposa c’era un tappeto di petali rossi e bianchi che dalla porta del palazzo ricopriva la strada che avrebbe dovuto fare fino al Palazzo Reale. Un seguito armato di soldati issiani in alta uniforme l’avrebbe scortata, i servitori che portavano le casse dei doni l’avrebbe preceduta.
Con Rispra aveva controllato le casse e aveva constatato che suo padre aveva scelto bene. Una conteneva del raro sale rosa, molto suggestivo ma puramente decorativo, una conteneva un fonografo decorato con intagli in madreperla, un’altra conteneva oro e gioielli e difronte a questa Deja aveva fatto una smorfia dispiaciuta, consapevole di come la guerra contro Rakon avesse ridotto il tesoro reale e riconoscendo con un tuffo al cuore alcuni dei gioielli materni tra quelli offerti. L’ultima cassa conteneva bottiglie di vino d’annata, distinguibili per le etichette sbiadite dal tempo, che Deja sapeva essere molto ricercate e molto costose e che dovevano provenire dalla tenuta del suo zio materno, che le collezionava.
Infine, davanti ai servitori con le casse, c’erano dei suonatori di flauto e tamburello che annunciavano il passaggio del corteo nuziale.
Il percorso da fare era di pochi minuti e presto attorno al corteo si radunò una piccola folla di uomini e donne che vociavano festosi e lanciavano petali di fiori sulla sposa, che andavano a depositarsi sulle anse formate dal velo retto dalle sue accompagnatrici.
Molto presto giunsero in vista del Palazzo Reale. Attraversarono le porte esterne, entrando in un ampio cortile pavimentato dove l’attendeva Zaron circondato dalla sua corte disposta in modo da fare da ala al corteo, i nobili sulla sinistra e le loro mogli sulla destra.
I doni furono presentati allo sposo che fece mostra di esaminarli con attenzione. Si soffermò soprattutto sulla cassa contenente il fonografo e Deja fu sicura che la curiosità con cui esaminava quel particolare dono fosse sincera. Da quello che il velo le permetteva di vedere, Zaron era vestito di rosso anche questa volta, persino i suoi stivali erano di cuoio tinto dello stesso colore dei pantaloni e della casacca. I ricami dorati erano più accentuati e poteva scorgere il luccichio di pietre preziose, sicuramente rubini, intessuti nei ricami. Indossava nuovamente numerose collane d’oro e anelli e anche lui aveva al collo dei fiori bianchi, identici ai suoi. In testa portava una corona ingemmata e Deja era certa che avesse lo stesso disegno rosso sulla fronte che aveva avuto durante la cerimonia issiana. Si rammaricò di non averne chiesto il significato a Sali quando ve n’era stata la possibilità.
Infine lui si avvicinò a lei e Deja sentì la tensione rimontarle dentro. Un uomo con delle lunghe vesti gialle si mise di fianco a loro e cominciò a recitare delle benedizioni, invocando Stave, la dea della famiglia e del matrimonio, affinché riconoscesse come valida quell’unione e la rendesse feconda. Poi Sali e le concubine lasciarono andare il velo e si allontanarono e Zaron le tolse la corona di fiori prima di prendere il velo da davanti, sollevandolo lentamente, scoprendole il capo e lasciandolo cadere alle sue spalle, spinto a terra dal peso degli ornamenti dorati.
Deja ignorò i bisbigli della corte, scrutava il volto di Zaron e lo vide spalancare leggermente gli occhi per la sorpresa alla vista dei tatuaggi rossi che le decoravano le mani, gli avambracci e che salivano appena più su dei suoi gomiti. Due giovani servitrici a capo chino si disposero a fianco a lui, entrambe reggevano degli scrigni aperti, uno pieno e uno vuoto.
Silenziosamente lui cominciò a rimuoverle i gioielli, prima le collane, poi gli anelli, baciando ogni dito e infine i braccialetti, accarezzando con le dita i disegni che si attorcigliavano sinuosamente sui suoi polsi.
Deja tremava, si sentiva terribilmente esposta, in quell’abito così strano che ai suoi compatrioti doveva sembrare terribilmente rivelante, quei tatuaggi bellissimi ma esotici e il khan che le accarezzava la pelle in modo suggestivo e difficilmente equivocabile. Ed era appena a metà.
Zaron aveva depositato i suoi gioielli nello scrigno vuoto e poi cominciò a pescare da quello pieno, prima gli ornamenti per i capelli, lunghi pendenti dorati con minuscole campanelle che le fissò alle tempie, in modo che ricadessero sulle sue orecchie a imitare degli orecchini, poi una catenella da cui partivano a rete rubini e diamanti e che, una volta poggiata sulla fronte e sui capelli, si adagiava a imitare una corona, poi le mise al collo una mezza dozzina di collane lunghe appesantite da granati, rubini e perle e infine le passò al collo una lunghissima collana che poi le incrociò davanti tra i seni e dietro, sulla schiena, finendo poi di agganciarla poco sotto l’ombelico, e che lei realizzò essere un’elaborata cintura**. Sopra tutto mise un’altra corona di fiori bianchi. Poi le mise i bracciali, tutti rigidi e rotondi, alcuni semplicemente ingemmati, altri ritraevano vari animali e la lavorazione a sbalzo ne imitava la pelliccia o le piume. Infine Zaron si accovacciò ai suoi piedi, scostandole la gonna per scoprire le caviglie tatuate. Si fermò per un attimo a contemplare i disegni che salivano dal dorso del suo piede fino oltre il bordo dei pantaloni e poi le agganciò altri bracciali rigidi, cavigliere le aveva definite Perla, quattro per gamba. Tutti quei gioielli pesavano, soprattutto i bracciali che le occupavano buona parte dell’avanbraccio. Per ultimo Zaron si fece passare un sottile velo rosso, tempestato di rubini, e lo agganciò al retro della coroncina, in modo che cadesse come quello bianco di Sali, e rivolgendosi agli ansanti declamò a gran voce.
- Mirate la mia sposa: Deja, regina di Issa e da oggi regina di Rakon e imperatrice dei Zabad.
Tutti gli uomini e le donne presenti si inchinarono con deferenza alla volta della loro nuova sovrana.
 
* Silfio: è una pianta davvero esistita, che cresceva sulle coste della Cirenaica. L’uso massiccio che se ne fece in età romana la portò all’estinzione. Il suo uso come contraccettivo era solo uno dei tanti: veniva utilizzata anche in cucina e come medicina per tosse, indigestione, verruche, ecc. Non ho idea come venisse assunta per il suo uso come anticoncezionale, né che sapore avesse quindi ho inventato. Che i suoi semi avessero la forma di cuore è vero e ci sono alcuni che ipotizzano che il simbolo del cuore come lo conosciamo noi derivi appunto dalla forma dei semi di questa pianta.
**Questo tipo di cintura-collana l’ho vista su un servizio riguardante i gioielli rinvenuti a Pompei, peccato che la mia descrizione non le renda giustizia.
 
NOTE DELL’AUTRICE: Finalmente sono riuscita a descrivere i vestiti delle donne rakiane! Sono sicura che avrete riconosciuto il sari indiano, ho fatto una piccola ricerca e il costume tipico delle donne indiane varia a seconda della regione, io mi solo ispirata a quello più suggestivo (per me). Un piccola curiosità che ho scoperto: il blouse, quello stretto top che indossano le donne indiane, è stato imposto dagli inglesi, dato che le donne giravano a torso semiscoperto, avendo solo il sari a coprire metà seno.
Infine, se ci sono uomini che leggono, spero non si siano sentiti offesi dal mio definirli “facili”. Io mi limito a riportare il pensiero dei personaggi che, come sa ogni scrittore, non sempre corrisponde a quello dell’autore. La parte di “parla con lui mentre è impegnato con i nodi del vestito” e “il piacere degli uomini è facile, quello delle donne è elusivo” l’ho presa da una fanfiction su Archive of Our Own: “A Bed of Thorns” una Rumbelle di Nym, fantastica scrittrice, se vi piace la coppia Tremotino/Belle di Once Upon a Time, andate a leggerla: lui come prezzo per il suo aiuto chiede una moglie, non una domestica.
  
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