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Autore: Kimberly Horan    10/10/2016    1 recensioni
David e Philip hanno ormai sedici anni. Tanto uguali nell'aspetto quanto diversi per carattere ed indole.
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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“Coraggio David!” Sofia incitò il figlio, osservandolo da lontano mentre era a cavallo. Quella era già la seconda volta che cadeva in due chukkers consecutivi e se fosse caduto una terza volta lo avrebbe fatto ritirare. D’accordo, le cadute da cavallo facevano parte del rischio di giocare a polo, ma l’idea che suo figlio si infortunasse davvero non le andava proprio a genio.
Ogni squadra era composta da quattro giocatori e visto che Harry giocava con i gemelli, la loro era una squadra in maggioranza formata da familiari. La cosa era piuttosto piacevole, se considerando che fino a pochi anni prima i ragazzi insistevano a voler sempre giocare contro di Harry per cercare di batterlo. La competitività nel polo era un difetto di famiglia, che fortunatamente ora sembrava essersi attenuato tra padre e figli.
La pausa centrale di quindici minuti venne annunciata dallo speaker e il duca di Windsor, seguito dai suoi figli, smontarono da cavallo per dirigersi alle tende dove potersi riposare per un po’.
Harry raggiunse Sofia entusiasta. “Questa partita sta andando alla grande!” Esultò. Si avvicinò alla moglie e le stampò un sonoro bacio sulle labbra. “Hai visto che meraviglia era l’ultimo punto?”
“Una cosa da veri professionisti!” Disse lei stando al suo gioco. Prese l’asciugamano che c’era sulla sedia e aiutò Harry ad asciugarsi il collo sudato. Era completamente rosso in volto e questa sua caratteristica Sofia l’aveva sempre amata.
“Mamma mi aiuti per favore?” Chiesero David e Philip all’unisono porgendole l’asciugamano e girandosi di schiena.
Lei non poté trattenersi e scoppiò a ridere. “Svenevoli come il padre”, commentò. Le faceva piacere quando le chiedevano di aiutarli a fare qualcosa. In un certo senso era come tornare a quando erano piccoli.
“Ragazzi, potreste non monopolizzare vostra madre per tutto il tempo, grazie” Intervenne Harry leggermente geloso.
“Sei tu che la monopolizzi sempre”, ribatté David. Lui era di certo il più mammone, ma forse solo perché era il più strano tra i royal twins. Ad esempio non si faceva mai toccare le caviglie da nessuno, tranne che da Sofia. Lei ed Harry non erano mai riusciti a capirne il motivo ma le caviglie erano un punto delicato per lui.
“Posso entrare?” Una voce squillante fece girare tutti e quattro verso l’entrata della tenda.
Charlotte era lì, in attesa, sorridente come al solito. I lunghi capelli marroni con riflessi ramati le ricadevano in avanti sulle spalle e i grandi occhi azzurri che aveva ereditato da William erano abbondantemente contornati dal trucco scuro.
Philip fece una smorfia quando vide la cugina avvicinarsi alla madre per abbracciarla calorosamente.
“Dov’è Kate?” le chiese Sofia.
“Sta arrivando, si è dovuta trattenere alla macchina”.
“Scommetto che hai provato a fare il parcheggio ma sei andata a finire contro un albero e ora zia deve sistemare i tuoi casini”, la punzecchiò Philip incrociando le braccia sul petto. Tra lui e Charlotte c’era sempre stato un rapporto di odio e amore. Se ne dicevano di ogni e si combinavano scherzi crudeli, il più delle volte, ma alla fine si volevano comunque bene.
David si strozzò quasi con l’acqua, sentendo la battuta del fratello, e poi si mise a ridere. Harry diede uno scappellotto leggero ad entrambi e in quel momento Sofia lo amò follemente. Non tanto perché non si dovevano fare battute fra cugini, ma perché le facce che fecero i gemelli furono incomparabili. Sì, lei ed Harry erano un po’ dei bulli nei confronti dei loro figli, ma erano troppo divertenti quando facevano quelle espressioni perplesse.
“A quanto ho sentito avete fatto una bela scazzottata ieri pomeriggio”, disse sottovoce Charlotte ai cugini una volta che Harry e Sofia si furono allontanati leggermente.
“Tu come lo sai?” Le chiese David.
Lei fece spallucce. “Le notizie si diffondono in fretta”.
“Scommetto che è stata una di quelle tue amiche pettegole a dirtelo”, le disse acido Philip.
“E’ grazie alle mie amiche pettegole, come le chiami tu, che tutti sapranno della tua capocciata a Edward Forster”. Charlotte sorrise divertita. “D’altra parte tutti sanno tutto di quello che facciamo noi”, aggiunse rattristata.
“Che hai Charlotte?” Le chiese David vedendo che si era improvvisamente rabbuiata.
“Niente. E’ solo che sono stanca di tutto questo, a volte. Vorrei essere semplicemente normale, come tutti gli altri. A volte vorrei addirittura scappare di casa”.
Philip alzò gli occhi al cielo. Quando Charlotte faceva la depressa era ancora più insopportabile del solito. Per lui essere un principe era una cosa seria, non un gioco. Certo, non era facile, ma le cose non si potevano cambiare.
“Falla finita Charlotte. Noi siamo quello che siamo, non ci possiamo fare nulla. Siamo principi della corona per diritto di nascita, e lo resteremo finché avremo vita. Perciò mettiti l’anima in pace e fattene una ragione”, le lanciò l’asciugamano addosso e lei lo scansò immediatamente, schifata per il fatto che fosse bagnato di sudore.
David gli diede un leggero colpo col gomito. La sua mancanza di sensibilità faceva paura. Philip era sempre stato troppo diretto e c’erano volte in cui i suoi occhi così particolari, gli facevano gelare il sangue nelle vene.
Essere un membro della famiglia reale, il nipote del re in particolare, non era facile. Specialmente se si ha sedici anni e l’unica cosa che si desidera è poter camminare in giro per strada senza essere rincorso dai paparazzi. Inoltre, i numerosi impegni e l’atteggiamento di costante diplomazia che occorreva assumere nelle occasioni ufficiali, erano simili a delle catene. Sua madre non era nata in quel contesto così aristocratico, pieno di falsità e di apparenze, e David ancora non riusciva a capire come avesse fatto a sposare suo padre, mettendosi in gabbia con le sue stesse mani.
Lasciò che Charlotte e Philip bisticciassero tra loro come al solito e lui uscì dalla tenda, dirigendosi verso sua madre.
“Mamma posso farti una domanda?”
Sofia corrugò la fronte. “Certo che puoi tesoro, di che si tratta?”
David abbassò lo sguardo imbarazzato, perché non sapeva bene quali fossero le parole giuste da usare. “Come riesci a sopportare di stare qui?” Una domanda simile poteva essere interpretata in molti modi. “Voglio dire tu avresti potuto essere normale e libera di fare quello che volevi. Perché invece hai scelto questo tipo di vita?”.
“Perché amo tuo padre”, rispose Sofia con naturalezza.
David annuì pensieroso e Sofia capì che quella risposta non era bastata a far scomparire i dubbi del figlio.
“Mio fratello non voleva che io sposassi tuo padre”, gli disse. “E nemmeno i miei genitori. Non me l’hanno mai detto esplicitamente ma io so che si erano immaginati qualcos’altro per me”, si voltò leggermente e guardò in direzione di Harry, che stava controllando la sella del suo cavallo. Sofia amava la sua vita. Non avrebbe mai chiesto nulla di più, perché l’amore di Harry le bastava. Era libera a modo suo, un modo che nessun altro avrebbe potuto capire, forse, ma poco le importava.
“David tu non hai nulla da invidiare agli altri”, tentò di spiegargli con dolcezza. Gli posò una mano sulla guancia, con delicatezza. “Essere un principe non vuol dire essere in prigione. Certo, il tuo ruolo comporta dei doveri ma questo vale anche quando non hai un titolo nobiliare”. Sofia lo guardò dritto negli occhi color azzurro cielo che aveva preso da Harry. “Non preoccuparti, potrai scegliere che cosa fare della tua vita anche se sei un principe”.    
“Davvero?” Non ne era troppo convinto.
Lei annuì sorridendo. “Ma certo”. Sofia strinse David a sé, massaggiandogli la schiena. Gli diede un bacio sulla guancia, visto che non era abbastanza alta da darglielo in testa come invece era solito fare Harry. “Ora vai, ma sta attento a non cadere di nuovo, va bene?” Strofinò il naso contro il suo, come faceva quando era piccolo e lui non poté nascondere un sorriso.
“Sì mamma”.
 
 
 
“Spero che in questa settimana non rimangano indietro con lo studio”, disse Sofia ad Harry, mentre guardavano i ragazzi salire a cavallo.
“Non preoccuparti, i nostri pulcini sono troppi bravi per rimanere indietro”. A differenza di Harry, grazie al cielo, David e Philip amavano studiare. Erano esattamente come Sofia: amavano leggere e amavano la scuola. Detestavano i compagni, ma non avrebbero mai rinunciato alle lezioni.
Harry la prese per la vita e la guardò intensamente negli occhi. “Quei due sono identici alla loro mamma, su questo”.
Sofia sorrise leggermente in imbarazzo, poi si alzò in punta di piedi e baciò Harry con sentimento e trasporto, contornandogli il collo con le braccia. “Sai, stavo pensando che dopotutto la loro sospensione ha dei lati positivi”. Non avrebbe mai creduto di poter pronunciare quelle parole.
“E cioè?” Harry sapeva perfettamente cosa stava per dire.
“Così ce li possiamo godere in tutta tranquillità per qualche giorno e poi, almeno, saranno qui quando Richard tornerà a casa”.

SPAZIO DELL'AUTRICE
Lo so, lo so: il capitolo è breve, mi dispiace ma a sto giro è venuto fuori così, perciò abbiate pazienza XD
  
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