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Autore: eyes_in_the_fire    10/10/2016    6 recensioni
||STORIA INTERATTIVA|| Iscrizioni CHIUSE||
Un regno magico e misterioso, un nemico celato nell'ombra, delle Bestie sotto il suo controllo, e dei ragazzi -degli eroi,- che cercano nuovi alleati, nuovi compagni.
“Non potremmo resistere ad un secondo attacco in certe condizioni.
Se tornano siamo fottuti.”
Loro sono Cacciatori di Bestie.
E hanno bisogno di aiuto.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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«... non vi chiederò perché vi siete picchiati così duramente, ma state fermi! Capisco che brucia, ma... Kennedy, se continui a grattarti non si cicatrizzerà mai...!» Charlotte era esasperata, aveva provato di tutto, ma quelle ferite erano molte, e per di più i due continuavano a muoversi, doveva passare da un gemello all'altro con piante e intrugli strani, ma puntualmente i due si muovevano per il dolore e il lavoro si rovinava. Per non parlare delle bende di Kennedy, il ragazzo continuava a strofinare la mano sul braccio fasciato, lamentandosi per il prurito.
«Ken, dacci un taglio» fece Jeremy, cercando di dare manforte alla ragazza, che lo ringraziò con un sorriso timido.
Kennedy si fermò con un sbuffo, decidendo di mordersi la mano per cercare di non grattarsi nuovamente.
Charlotte allora si avvicinò a Jeremy con un fiore di Lavendria in mano, che aveva poco prima trovato frugando nella borsa.
«Coraggio, alza la testa» la ragazza teneva il fiore con entrambe le mani, come se non volesse affatto toccare l'altro. E in effetti era così.
Il moro alzò il volto, permettendo alla Curatrice di spezzare lo stelo della pianta e lasciare cadere con più precisione il liquido sul labbro spaccato del ragazzo.
«Ora è meglio se non parli per qualche minuto, così faciliti la cicatrizzazione del taglio» spiegò imbarazzata, mentre riponeva con cura la pianta dal gambo spezzato in un vasetto trasparente, tirato fuori dal borsone. Le guance le si erano imporporate di un tenue rosa scuro, rendendo la bellezza del suo viso ancora più dolce e delicata. Jeremy la ringraziò mentalmente, e l'altra sobbalzò, sgridandolo poi, con calma: «Non parlare... ti ho già spiegato perché».
“Non sto parlando, comunico con la telepatia. E' forte essere dei Maghi” spiegò, fissandola e concentrandosi, tentando di non metterla però in soggezione.
Charlotte sbatté un paio di volte le palpebre.
«Ti sta parlando nella testa, vero? Odio quando fa così, da piccolo mi spaventava mentre dormivo mettendosi a fare strani versi nella mia mente» s'intromise Kennedy.
«Capito...» notando che entrambi gli sguardi dei fratelli erano puntati su di lei arrossì un poco nuovamente. Era sempre stata una ragazza abbastanza amichevole, ma in compagnia di ragazzi diventava molto più timida e titubante, era per questo che durante la presentazione aveva tenuto basso lo sguardo.
«Non fa caldo qui, perché sei rossa?».
«Ken, non si diventa rossi solo quando si ha caldo» Jeremy si era tastato il labbro, constatando che la Lavendria aveva già concluso il suo dovere, e aveva quindi ripreso a parlare; «E' imbarazzata».
La Curatrice gli sorrise, poi tornò a controllare le ferite di Kennedy, ma sempre con leggero timore.
«Non devi essere così titubante, non ti facciamo nulla, tranquilla. ... Possiamo diventare amici, magari!» aveva detto lui, sorprendendo positivamente Charlotte, il cui volto tornò al solito colorito roseo, mentre sulle sue labbra nasceva un sorriso luminoso.
«Certo!» annuì, felice, e istintivamente prese le mani del ragazzo, guardandolo negli occhi; l'imbarazzo sembrava svanito, soffocato da una felicità che pareva farla scintillare; «Grazie» sussurrò. Gli altri non potevano saperlo, ma un amico in più per lei era come un nuovo mattone posto per costruire una barriera in cui si sarebbe sentita protetta e sicura. In cui si sarebbe sentita a casa.
Aveva sentito già da prima che quei due avevano qualcosa di diverso dagli altri, qualcosa che aveva soppresso in parte la sua timidezza, ma non ci aveva dato molto peso. Forse, era la loro limpida semplicità. Era stato facile capirli, ed era a suo agio con loro. Ovviamente un po' di titubanza era rimasta, ma si era ritrovata a parlare a entrambi e dare qualche ordine senza difficoltà e con leggerezza. Non la intimidivano, né cercavano di farlo, e adesso, adesso tutta la soggezione era scivolata via.
«Hai detto qualcosa di intelligente, Ken. Dovrei bere qualcosa per festeggiare».

«Sul serio? Ma scherzi spero!» sbottò B., guardando con stizza l'altra; «Dovrei inviare il mio esercito per fermare... beh, degli sfigati del genere?!».
«Tu li sottovaluti troppo. Anche se non c'è da meravigliarsi, sei sempre stata parecchio ottusa» rispose, tirandole una stilettata.
Quella sbuffò.
«Va bene, i due gemelli hanno un fisico allenato, ma la Curatrice è gracile quanto un ramoscello. E quello senza occhiali, quello è proprio idiota!».
«D'accordo, togliamo quella coi boccoli e quello stupido. Restano gli altri diciotto, più quelli della cittadina. Come la mettiamo?».
«Che diavolo! Ma arrangiati!» fece la donna, mentre si lasciava sfuggire un verso frustrato: non aveva la minima intenzione di aiutare l'altra, ma quella la stava davvero mettendo alle strette.
«Mi devi un favore, converrai con me almeno su questo; te lo ricordi, no?» ghignò.
“E te pareva che lo tirava fuori”.
B. le lanciò un'occhiataccia, ma limitò la sua reazione a quello e a poche parole, soffocate da un ringhio a denti stretti: «Va b...n...».
«Come? Non ho sentito...» cantilenò la bionda, sorridendo soddisfatta. Era un sorriso maligno, velenoso, che scioglieva. Ma non scioglieva perché era dolce quanto lo zucchero o il miele: scioglieva come può scioglierti l'acido, e esprimeva tutta l'amarezza che un cuore marcio di cattiveria aveva ed era pronto a sputarti addosso. Un piegamento di labbra, uno solo, bastava quello a nascondere una lingua tagliente, il cui unico obiettivo era realizzare i propri scopi e far cadere e affondare gli altri.
«Va bene, ho detto!».
«Eccellente» si alzò, mantenendo quel ghigno che lacerava le sicurezze altrui; «Comanda ora alle tue Bestie di andare a radere al suolo quel dannatissimo lo villaggio, voglio vederli cadere. Uno ad uno» e si sedette sul suo trono, accavallando le gambe; «Un mio servo ti scorterà a casa con la mia carrozza, farai prima».
B. annuì, nei suoi occhi si leggeva la furia e la vergogna di essere stata aggirata e comandata, e, reprimendo in gola un insulto, si girò per andarsene.
«Blaineley».
L'altra la guardò da sopra la propria spalla, con bollente ira, scottante rabbia... e pesante disprezzo.
«E' sempre un piacere fare affari con te» sogghignò.
Blaineley sbatté la porta con più forza che poté.

«Finito» sorrise Charlotte, togliendo definitivamente la benda a Kennedy, che rimirò il braccio precedentemente ferito. Sulla pelle c'era solo poco più di una cicatrice chiara, ma sarebbe andata via anche quella.
La ragazza si lasciò andare ad un sorriso soddisfatto, appoggiandosi ad uno dei tavoli che c'erano nella stanza, mentre il Curatore si alzava dalla sedia e andava ad osservare la neve che cadeva fuori.
«Jeremy, hai fatto l'impacco con il ghia... Jeremy?».
«Eh? Oh, ehm... sì, sì certo» le passò un sacchetto dove dentro stavano dei cubetti di grandine, che il ragazzo era andato a prendere fuori. La castana gli aveva chiesto di andare a raccoglierne alcuni, in modo da farne un impacco e posarlo sull'occhio rigonfio di Kennedy. Jeremy, non riuscendo a dirle di no, sebbene non tollerasse l'altro, l'aveva accontentata, e adesso le porgeva l'operato con una mano.
«Qualcosa non va? Sembri... preoccupato...» aveva ammesso quella, prendendo il ghiaccio e lasciandolo all'altro gemello, che se lo posò con uno sbuffo sulla palpebra dolorante.
«E' solo un brutto presentimento...» aveva parlato con nonchalance, alzando le spalle, non intendeva farla preoccupare per niente; «... nulla di cui preoccuparsi».
E Kennedy d'improvviso s'era fatto attento. Se c'era una cosa di cui era certo, era che i presentimenti di suo fratello erano come delle visioni, comprese nelle abilità che il suo essere Mago gli conferiva. Fece però finta di nulla, tornando a guardare il paesaggio freddo attraverso il vetro trasparente.
«D'accordo» fu sollevata Charlotte, iniziando a rimettere nella borsa tutto ciò che prima era stato tirato fuori. Si muoveva meccanicamente, di qua e poi di là, mentre la gonna rossa lunga oltre le ginocchia volteggiava delicatamente sulle calze grigie. Gli stivaletti bassi e marroncini producevamo un lieve e sottile ticchettio sulle assi di legno.
Mentre Jeremy di tanto in tanto le passava oggetti che trovava in giro per la stanza, Kennedy era ancora davanti alla finestra che ammirava il manto candido che c'era fuori. Ogni cristallo cadeva a terra, erano piccoli, quasi incorporei, eppure erano riusciti a formare una morbida coperta bianca che ricopriva, quasi tentando di proteggerlo, tutto il terreno. Inconsapevolmente sorrise, continuando a guardare quello spettacolo gelido ma magico, dove i raggi flebili del sole stavano creando il caratteristico effetto corrusco che la luce donava.
Perfino per lui, che non era mai stato un tipo "filosofico" - né tantomeno abbastanza attento da creare una bella metafora o restare a osservare le bellezze della natura, -, quel paesaggio era splendido.
Ma, d'improvviso, i suoi occhi sgranarono, e percepì il sorriso venirgli strappato via dal volto.
«Ragazzi...» esordì, la voce soffocata, il battito a mille; «Sono qui».
«Certo che sei qui» scosse la testa Jeremy, pensando che no, non si sarebbe mai abituato alla stupidità di suo fratello.
«Non io. Loro».
E Charlotte sembrò capire, perché si lanciò alla finestra e scrutando lontano sforzando lo sguardo. Lasciò cadere per terra una busta contenente foglie di Maltia, pianta che, se spremuta, rilasciava un liquido disinfettante.
«No...» aveva sussurrato, per poi girarsi verso Jeremy; «Jeremy, vai ad avvertire gli altri. Ora».
Lui comprese, annuì e corse fuori, lasciandosi dietro una scia di preoccupazione.

«Vai Ciel!» gridò Lola, le mani a coppa attorno alle labbra per amplificare il suono. La sua nuova amica stava combattendo contro Kurai - che, diavolo, era un osso duro, -, ed erano entrambi senza armi. Erano due abili Cacciatori, ma il ragazzo lottava con rabbia e furia, e sembrava non fermarsi mai, perché Ciel a malapena riusciva a schivare e tentare di attaccarlo. Se poi ci riusciva, lui, puntualmente, bloccava il calcio o il pugno e tirava un altro colpo. Nonostante sembrasse veramente in svantaggio, la bruna non mollava, e Cody non si sentiva in grado di interrompere quello scontro, dato che nessuno dei due dava segni di cedimento.
Ciel aveva appena parato un attacco avversario con le braccia, quando le ante della porta di spalancarono rumorosamente, facendo voltare tutti i presenti verso esse: sulla soglia c'era Jeremy, con i fiocchi di neve impigliati ai vestiti e una bufera visibile dietro di lui.
«Tutti fuori, presto!» aveva urlato, pronto a spiegare la situazione, quando venne interrotto.
«Cos'è, avete dato fuoco alla biblioteca e ora avete bisogno dei pompieri per spegnere l'incendio?» Kurai fece a Ciel uno sgambetto a tradimento, approfittando della sua distrazione, per poi ignorare la ragazza ora a terra e pronunciare la frase ricolma di sarcasmo. Si sentì però trascinato al suolo, e una volta disteso sul terreno girò la testa accorgendosi di Ciel, che aveva ancora le mani sulle caviglie del corvino e manteneva in volto un sorrisetto soddisfatto, che si allargò quando il moro non riuscì a trattenere un ringhio irato.
«E' una situazione seria, Kurai!» rispose comunque Jeremy, lanciando un'occhiata a tutti con un respiro profondo. Si passò una mano fra i capelli, cercando di far scivolare via la tensione e il tremolio che avevano preso possesso del timbro che stava usando; «Le Bestie stanno arrivando».



La donna ghignò soddisfatta.
«B. le ha ubbidito, mia signora?».
«Dubitavi, Rodney?».



“Non di nuovo!”.
Duncan represse un brontolio frustrato, girandosi verso Trent, in cerca di un qualsiasi cenno. Era più saggio di lui. L'altro lo fissò preoccupato, poi comprese e cercò Gwen.

“Non è possibile!”.
Courtney era incredula. Scattò all'entrata dell'arena e afferrò spada e scudo.

“Non perderemo!”.
Con questo pensiero Sierra strinse Cody, aspettando un comando dagli altri.

“Non possiamo subire ancora!”.
Noah percepì l'agitazione intorno a sé e raggiunse Dawn, che richiamò anche Leonard e Harold. Ellody li raggiunse da sé.

“Non adesso!”.
Gwen imprecò mentalmente, ma tentò di mantenere lo sguardo serio e freddo. Vide l'attenzione di Trent, e capì dove lui volesse andare a parare. Annuì e rintracciò Alejandro.

“Non ci credo!”.
Heather si mosse troppo in fretta e il braccio reclamò pietà. Non poteva combattere. Geoff le poggiò una mano sulla spalla, negando con la testa.

«D'accordo» il castano annuì, e Gwen fu veloce a raccogliere con sé Milah e Seamus, chiedendo loro di riprendere armi e armatura e venire con lei.
«Tutti in ascolto!» la voce forte e alta di Alejandro attirò l'attenzione; «Non è uno scherzo e non si giocherà, i Cacciatori e i Maghi fuori, e i Curatori nell'arena. Se arriverà qualcuno nell'arena significa che è ferito, perciò voi dovrete guarirlo e portarlo fuori pericolo.
Riguardo a quelli che andranno in battaglia, verrete divisi in gruppi casuali, Gwen è già uscita con Seamus e Milah, cercheranno di capire la gravità della cosa. Un'ultima cosa: Heather, Geoff e Harold...» i diretti interessati lo osservarono; «... voi non combatterete».
I due ragazzi accettarono in silenzio, ma la mora non voleva assolutamente restare a guardare.
«Non siamo nelle condizioni adatte, Heather» aveva giustamente osservato il Mago, lanciando un'occhiata all'addome fasciato di Geoff e picchiettando piano un dito sulla propria testa avvolta in bende.
«Io non combatterò per adesso, ma andrò a chiarire ciò che faremo con Charlotte e Kennedy, poi mi aggiungerò. Oh, Richard, tu verrai con me» finì il bruno.
«Maghi con Maghi, Cacciatori con Cacciatori. Elijah, Romano, con me» i due seguirono Noah e andarono fuori.
«Altair e Arthur... vi va?» fece timida Dawn. I ragazzi si lanciarono un'occhiata e la raggiunsero in fretta, attendendo però le altre squadre.
«Io vado con Ellody» intervenne Jeremy.
Quella alzò un sopracciglio: «Ma tu sei un Curato-».
«So praticare la magia».
La ragazza si mostrò leggermente stupita, ma mantenne quell'aria sicura e saccente e gli si avvicinò.
Era incredibile come alcuni di loro apparissero calmi di fronte ad una situazione del genere, contando il disastro che stava danzando e vorticando all'interno delle loro menti, e le emozioni che s'impastavano mescolandosi dentro di loro.
«Lola... e Kurai?» Trent appariva tranquillo, ma la leggera ruga che gli era apparsa sulla fronte mostrava tutta l'agitazione e l'indecisione. Sembrò scegliere bene, poiché il moro non fece storie e la castana tentò un sorriso evanescente, che però apparì più come un smorfia mutata da preoccupazione e nervosismo.
«Matisse, Anser, a voi l'onore di venire con me» e anche Duncan cercò ancora di mantenere la sua immagine, di sembrare il ragazzo duro e sarcastico, forse un po' infantile, sicuro nella sua spensieratezza - o presunta tale.
«Ciel e Clarissa, va bene?» Courtney ancora trafficava con spada e scudo, dato che aveva già indossato il pezzo superiore dell'armatura e ora allacciava una cintura in cuoio alla vita, dove probabilmente intendeva appendere le armi. Le due Cacciatrici annuirono, la seconda scambiò un veloce bacio con Neko e raggiunsero la castana.
Ciel fu subito sicura di una cosa: ora sapeva che Courtney era una perfettina anche nell'abbigliamento per andare in battaglia.
«Ehm... ragazzi, non per fare il guastafeste, ma adesso ci vorrebbe tanto lo zoom in bianco e nero sulla mia faccia con una musica triste, perché rimango solo io» il fidanzato, giustamente, lo fece notare. Courtney, percependo lo sguardo di Clarissa su di sé, gli fece un cenno secco e il gruppo da quattro andò allora fuori.
«Ci siamo divisi per proteggere meglio le abitazioni ancora intatte, scegliete voi quale area tentare di preservare. Duncan, tu portati dietro pure Leonard» così Alejandro congedò gli altri, e ignorando il “COSA?! Pezzo di-!” brusco del corvino uscì coi suoi compagni, subito seguito dalle squadre rimanenti.
Erano pronti. O, perlomeno, lo sentivano.

«Com'è la situazione?» Noah osservò Gwen, che si sistemava sulla schiena una faretra piena di frecce, ignorando volutamente qualche occhiataccia che Seamus e Milah riuscivano a tirarsi fra uno sguardo e l'altro.
«Sono in grande numero da quel che ho visto col binocolo, ma non può trattarsi di un intero esercito. Se le ha mandate qualcuno, e temo sia così dato che sembrano voler aggirare le trappole lentamente e con minuzia, prima o poi ci raggiungerà anche il resto per il secondo round» afferrò l'arco in legno, stringendo sull'impugnatura con fare frustrato - dopotutto, anche lo sguardo assottigliato dimostrava quel sentimento, se così lo si poteva definire.
Noah storse la bocca leggermente: «Pensi ce la faremo?» rifilò uno sguardo incerto a Romano e Elijah, che parevano pendere dalle labbra della Cacciatrice.
«In guerra, e in amore, tutto è possibile. E ora diamoci da fare, le prime file sono composte da Lupi vari, non daranno troppi problemi, cerchiamo di tenerli lontani finché non tornano anche gli altri».
L'altro annuì e si girò verso gli altri due Maghi, squadrandoli velocemente. L'albino tremava leggermente per il freddo, ma esso non sembrava dargli troppo fastidio, mentre il corvino pareva assolutamente a proprio agio.
Il bruno fece un cenno veloce con la testa, indicando loro i gruppi di Bestie che continuavano ad avvicinarsi, per poi affacciarsi da dietro il cumulo di neve che li copriva, mormorando: «Si divideranno di certo in gruppi se incontreranno uno scudo». Poi, un effetto sorpresa sarebbe potuto essere utile, perciò si concentrò sull'innalzare una barriera che li avrebbe resi non visibili per del tempo.
Romano gli si avvicinò, capendo l'idea e dandogli manforte copiandolo.
Elijah si sentiva un po' inutile, ma non disse nulla e si limitò a guardare Gwen, Seamus e Milah che si allontanavano, dirigendosi verso destra, utilizzando lo scudo di magia per cercare di sorprendere i nemici da un lato.
Sospirò, soffiando lontano nervosismo e batticuore, ricomponendosi e riassumendo il suo fare tranquillo, sperando di infondere calma innanzitutto agli altri due, piuttosto che a sé stesso.

«... e a quel punto Tammy ha suonato una melodia magica potentissima, tanto che i due bulli dovettero tapparsi le orecchie!».
Matisse - sguardo stanco e capace di assassinare un Fry sul colpo tanto era omicida, - tentava di ignorare i racconti di Leonard, che imperterrito fantasticava sulle “avventure incredibili” che aveva vissuto con una sua amica, Tammy, una ragazza - da quel poco che aveva compreso, nonostante cercasse di isolarlo dalle orecchie, - tarchiata e bionda. Forse il Mago cercava di alleviare la tensione, poiché tentava in tutti i modi di tenere su una conversazione - o più che altro un monologo, - e non lasciare che il silenzio prendesse il sopravvento, ma di certo quell'approccio era il più errato.
L'ultima frase in particolare, fece venire voglia al Cacciatore castano di trapassargli il cranio da parte a parte con la sua alabarda, perché, diavolo, era ovvio che i cosiddetti bulli si fossero tappati le orecchie data la stonatura della "melodia". Da quel che sapeva, gli strumenti erano complicatissimi da incantare, e Tammy non era neppure una Maga, il ragazzo di colore gliel'aveva confermato marcando quanto fosse stata in gamba: era convinto l'amica avesse fatto un incantesimo senza poter utilizzare la magia.
«Oh! Adesso devo assolutamente raccontarti di quando un Buittero ci ha attaccati tentando di cavarci gli occhi!».
E a Matisse l'idea di ficcarsi un coltello nel cuore, d'improvviso, non sembrò poi così male.
«Anser!» la vice appariva lievemente soffocata, ma armato da chissà quanta disperazione aveva afferrato sporgendosi il colletto del mantello in pelliccia di Anser, tirandolo inaspettatamente all'indietro al suo posto, e appostandosi accanto a Duncan con uno scatto.
«Che diav...» aveva mormorato il pallido, ma il sussurro venne presto sovrastato dall'infermabile parlantina di Leonard.
Il Cacciatore castano sospirò, lasciandosi cadere sul muro aderendoci con le spalle.
«Sei stanco e neanche abbiamo iniziato. Ti facevo più resistente, Wright».
«Senti, quel Maghetto fa i discorsi più insensati del regno, non capisco come possa veramente essere stato scelto, Duncan» ringhiò il diretto interessato, con quell'espressione fredda e duramente seria che lo contraddistingueva.
«Me lo chiesi anch'io inizialmente. Ma, sorprendendomi, ho scoperto presto che ha un gran potenziale. Discende da una stirpe di Maghi, è fatto per quel ruolo, e non riesce a controllare il suo potere. Ciò lo rende imprevedibile, e ha una specie di sesto senso: quando è in pericolo, riesce a proteggersi subito e inizia poi a combattere sul serio, è stupido, ma non vuole morire» spiegò l'altro, scrutando teso un Fry che annusava ringhiante il terreno coperto di neve, a una quindicina di metri di distanza.
«Cazzo, chiudi quella fogna che ti ritrovi sulla faccia e stai pronto, tra poco dovremo attaccare e cerca di non farmi innervosire prima del dovuto, o potresti fare la fine del braccio di Heather» ringhiò ad un certo punto Anser, passandosi una mano sul volto diafano e tentando di trattenere l'istinto omicida che potente batteva sul suo sterno, consigliandogli allegramente di spaccare il naso a quel Mago idiota e passare poi al resto del corpo.
«Siamo impazienti qui, ah?» ironizzò l'altro ragazzo dagli occhi celesti, girando appena il volto verso il compagno con un ghigno strafottente sul volto; «E sia. Se proprio ci tieni, possiamo far loro il culo anche subito».
«E che stiamo aspettando, allora?».
«Pensavo di lasciarli avvicinare un po' di più, ma non sono mai stato uno razionale. Signori - e Leonard, -, fuori le armi».
Matisse fu il più veloce e prese fra le mani l'alabarda sottile ed elegante, rimirandola per qualche secondo mentre un lievissimo sorriso si dipingeva sulle sue labbra. Quella era la sua parte preferita.
Lo sguardo splendente cadde sulla lama affilata e perfettamente lucida, che rifletteva i flebili raggi del sole e mandava la luce a scontrarsi sulla pelle del ragazzo e nelle sue iridi, che però si fondevano perfettamente con la tonalità che il riflesso aveva.
Velocemente distolse gli occhi e li puntò sulle armi dei compagni: Anser aveva fra le dita l'elsa di un grande spadone, che dava l'idea di essere molto forte ma estremamente pesante, mentre Duncan stringeva l'impugnatura in legno intarsiato di un'arma dalla lama lunga e leggermente curva. Il ferro era particolarmente chiaro e affilato.
Leonard, ovviamente, non teneva nulla.
«Diamoci da fare!» il moro con un salto si mise in mostra, uscendo dal nascondiglio dopo aver saldato la presa sulla superficie legnosa e aver sospirato probabilmente per calmarsi. Perché sì, per quanto potesse sembrare tranquillo e distaccato, con quell'aria strafottente ancora appiccicata ai suoi movimenti, aveva un tale groviglio di sensazioni diverse in testa che la sentiva scoppiare.
Anser lo seguì subito, senza rinunciare alla sua immagine sicura e decisa che quasi pareva un marchio di fabbrica.
E Matisse sorrise compiaciuto, sapendo di essere, per certi tratti, proprio uguale a quei due. Con passi cadenzati e fermi lasciò il riparo che il muro offriva, e notò che entrambi i corvini erano già impegnati, tutti e due con un Lupo Fry ciascuno. La coppia di esemplari evidentemente era formata dalle creature più audaci - o più stupide, punti di vista, - fra tutto l'esercito, se così potevano etichettarlo. Il resto delle Bestie squadrava con circospezione e in posa per lottare i ragazzi appena comparsi di fronte ai loro occhi.
Il castano si ritrovò ben presto una decina di esserini verdi e minuti davanti, dai denti giallognoli, con bastoni o pietre fra le mani ossute.
“Goblin? Sul serio?”.
Si aspettava un avversario leggermente meno... raro, forse. I Goblin erano molto diffusi circa una ventina di anni prima, ma per via della colonizzazione delle loro terre natie avevano subito un calo di numero impressionante. E poi, detto sinceramente, erano abbastanza deboli, nonostante l'agilità e la furbizia che sapevano tirar fuori.
Il Cacciatore non ci diede troppo peso, e, anzi, si preparò subito all'attacco.
Non vedeva l'ora di ammirare l'opera conclusa, fatta da corpi nemici giacenti gli uni sugli altri, e ricoperti di sangue.

«Kurai!» sbuffò Lola, a metà fra il frustrato e il divertito. Sì, il divertito, perché quel ragazzo si era per l'ennesima volta parato davanti a lei, riuscendo ad atterrare l'essere viscido e grigio che si agitava davanti alla castana con un colpo di falce.
La giovane non era di certo una grande esperta di Bestie, al contrario dell'altro, che sembrava conoscere i punti deboli di qualunque belva.
«Devi colpire i Mildmore al centro del corpo, è lì che hanno il cuore. Le altre parti ricrescono» aveva ghignato soddisfatto, indicando con il capo la creatura che si stava lentamente sciogliendo.
La Kishimoto mise un lieve broncio, falso, mentre si ripeteva in testa quella nuova nozione appresa, imprimendola nella mente. Quel tempo passato assieme a Trent e Kurai l'aveva aiutata a capire che il primo era un tipo tranquillo e composto, preciso con la sua balestra, mentre il secondo un vero misantropo, capace di cambiare espressione da un momento all'altro - anche se le più ricorrenti erano quella arrabbiata e quella canzonatoria, - e inguaribilmente sadico. Ciononostante sembrava avere una specie di ossessione sull'uccisione dei nemici, quindi anche inconsapevolmente riusciva a salvare da situazioni critiche Trent o Lola, concentrando tutta la sua aggressività nei colpi che dava.
Un'altra cosa che la Cacciatrice era riuscita ad apprendere, però, era la sua incredibile irascibilità. Si offendeva per poco, era permaloso, serio fin nelle ossa e far battute ironiche per ridere non funzionava. Inoltre, se le frasi sarcastiche potevano sembrare un insulto verso di lui, diventava intrattabile. Come quando, dopo aver atterrato un Fry colpendolo alla tempia con l'arco, Trent aveva ridacchiato osservando quanto il comportamento della Bestia e del compagno di squadra fossero simili.
Inutile dire che l'altro corvino si era fiondato su di lui ringhiando e placcandolo senza problemi.
Lola lasciò un lieve sorriso a dipingerle le labbra, girandosi e tornando a maneggiare con cura il suo pugnale, per trovare un nuovo avversario.
Kurai invece era già tornato alla carica, con velocità e sangue freddo, e sconfiggeva senza problemi qualunque cosa gli si parasse davanti. Era letteralmente una macchina da guerra.
Il moro recise l'ennesima gola grazie alla sua arma a doppio taglio, ma poggiò male il piede destro a terra e una scarica di dolore lo bloccò un momento, costringendolo a mugugnare arrabbiato e poggiare un ginocchio al suolo. Si stava spingendo troppo al limite, ma, francamente, non gliene poteva fregar di meno. Anzi, nemmeno se n'era reso conto, lasciando che l'ira lo guidasse coi suoi fili; si era nuovamente offerto alla rabbia, lasciandosi comandare perfettamente, come una brava marionetta.
Si considerava e probabilmente veniva considerato un ragazzo ribelle, ma era davvero indipendente anche da quel sentimento distruttivo?
«Amico, fermati un momento. Hai una resistenza impressionante, ma sei umano anche tu» Trent lo raggiunse in velocità, tendendogli una mano per farlo rialzare.
L'altro però tremò impercettibilmente alla proposta di quel contatto, e si rimise in piedi da solo. Mosse il primo passo, ma un lampo bianco gli passo davanti agli occhi e nuovamente si fermò. Il gemito trattenuto scappò alle sue labbra, ed il sangue gli ribollì prepotentemente nelle vene al solo pensiero di essere apparso debole anche se solo per quella frazione di secondo.
«Avete già finito? E noi che volevamo aiutarvi ergendo uno scudo protettivo» fece una voce.
«Quasi mi è mancato il tuo cinismo, Noah» sorrise Trent. Kurai diede una veloce occhiata al campo di battaglia attorno a sé, notando che effettivamente era totalmente ripulito da Bestie ancora vive. Lola doveva aver finito gli ultimi nemici mentre Trent era accorso a chiedergli di riposare.
«Possiamo cambiare zona, allora. Gwen e il suo gruppo hanno fatto la loro parte, voi pure. Abbiamo visto l'esercito dividersi una volta incontrata una barriera fatta da me e Romano, quindi sono sparpagliate di sicuro per il resto del villaggio, quelle belve» il bruno alzò poi lo sguardo verso gli edifici alle spalle di Kurai e Trent; «Le camere? Perché?».
«Abbiamo tutto ciò che è nostro, là dentro, compresi poi i bagagli di tutti gli altri ancora da disfare. Non abbiamo perso i nostri beni e abbiamo ancora un letto dove dormire, così» il ragionamento di Trent non faceva pieghe, quindi il Mago si limitò ad annuire.
«Ma dov'è Lola?» Elijah si era intromesso tranquillamente, incurante della reazione di ansia che scatenò nel petto dell'arciere.
«Diavolo» e si guardò intorno; «non me n'ero accorto!» corse verso le case in legno che erano le loro dimore, cercando dentro e chiamando il nome della ragazza.
«Tu resta qui» con questa frase Noah aveva comandato a Kurai di non muoversi, notando come il moro teneva una mano poggiata sulla caviglia dolorante, e aveva iniziato a cercare raggiungendo Trent. Anche Elijah e Romano si erano guardati intorno, poi il Mago dell'acqua sembrò aver sentito un rumore e si precipitò dietro ad una costruzione. L'albino l'aveva seguito con lo sguardo, per poi, con più calma, raggiungere un edificio differente cercandoci vicino.
Kurai rimase solo, e decise di sopportare il fastidio bruciante al piede per zoppicare al muro della casa più vicina, poggiandovisi di schiena con un ringhio frustrato. Si lasciò cadere seduto sulla neve, con una fastidiosa sensazione di inutilità albergata nel cuore. Sistemò la gamba ferita alla bell'e meglio, distendendola, per provare meno dolore possibile, anche se il suo istinto masochistico diceva che non dava così fastidio, che quel male fisico era sopportabile e, anzi, quasi piacevole.
Gli si gelò il sangue nelle vene, quando qualcosa di bagnato e disgustosamente caldo gli cadde sulla testa. L'istinto gli si insinuò nel corpo, decidendo di comandarlo, e lo costrinse al alzare il volto verso un muso grande e pieno di scaglie grigiastre, con le fauci aperte e i denti appuntiti e gocciolanti di saliva verdognola in mostra. Lo sguardo del ragazzo schizzò un po' più in su, notando come in una delle due code dell'enorme serpente era stretta Lola; il colorito pallido, le labbra sul bluastro e gli occhi chiusi gli dissero che era svenuta.
Non morta, poiché la bocca era dischiusa e si muoveva, come tentando di trovare più aria possibile e inspirarla.
L'altra coda della Bestia si stringeva invece ad un'asse che poggiava la base nella neve e che saliva, andando a sostenere il tetto della struttura. Non avevano notato l'essere prima, poiché un telo bianco, forse un lenzuolo, pendeva dalla copertura. Era evidente che l'avevano disteso, approfittando del sole che c'era in quei giorni, i ragazzi del villaggio: probabilmente avevano lavato i panni da poco e avevano deciso di lasciarli asciugare quella stessa mattina, mentre erano nell'arena coi ragazzi nuovi. Infatti, se solo il moro avesse ruotato lo sguardo, avrebbe visto che anche sugli altri tetti erano appesi vestiti o altro.
Ma Kurai non poté far nulla, se non urlare quando, con uno scatto, la creatura gli aveva addentato una spalla, affondando dolorosamente i denti nella carne e immettendogli nel sangue quella sostanza che gocciolava dalla dentatura aguzza. Il giovane tentò di afferrare la propria falce, ma le forze venivano a mancare, e il mondo girava, tutto girava... e cambiava colore, e si distorceva...
L'ultima cosa che vide prima del buio fu Romano, che aveva sentito l'urlo, scattare da dietro il muro di una delle case più vicine - stava ancora cercando Lola, quindi?, - e avvicinarglisi.
«Kurai!» aveva sgranato gli occhi, e il moro notò appena prima di chiudere le palpebre una luce brillargli nelle iridi violacee. Poi calò il buio, e riuscì a percepire solo la presa dolorosa sulla sua spalla scomparire bruscamente, nell'esatto momento in cui un'altra, delicata ma ferma, gli afferrava un braccio.
Poi, tutto scomparve definitivamente.
E scomparì lo stesso Kurai, poiché Romano lo aveva spinto via, usufruendo del tocco che riuscì a posargli sul braccio per teletrasportarlo nell'arena con più velocità possibile.
Il movimento brusco e il grande sforzo magico costarono un capogiro violento all'albino, che si accasciò contro al muro sbattendoci la nuca.
Lo sguardo si appannò, ma vide la Bestia riprendersi dal contraccolpo ricevuto quando lui stesso aveva scostato con forza il moro, e puntare su di lui. Chiuse gli occhi, aspettando la morsa affilata dei denti sul collo o sulla spalla e il veleno che gli sarebbe stato di lì a poco iniettato nelle vene, ma sentì solamente un verso strozzato e un rumore tagliente, come di lame che perforano la carne. Scoprì nuovamente le iridi, per incontrare il corpo morto della belva, con una lama di ghiaccio bagnata di sangue nero pece a trapassarle la testa, e gli venne da vomitare.
Sugli occhi tornò quel velo che offuscava la vista, ma notò chiaramente un volto dai lineamenti affilati che gli si parava di fronte. L'ultima immagine che riuscì a mettere a fuoco, prima di svenire, fu quella che raffigurava un paio di meravigliose iridi blu mare.





~Angolino Infuocato
Ce. L'ho. FATTA!
Non avete idea di quanto questo capitolo, nelle ultime parti, mi abbia messa in difficoltà. Non mi andavano mai bene le frasi, perché c'era una ripetizione, la lunghezza stonava, avevo sbagliato a mettere una virgola...
Alla fine, però, sono riuscita a pubblicare!
Nel prossimo capitolo provvederò a dare più spazio a Elijah, Kurai e Romano, poiché sono apparsi un po' meno degli altri e si sono anche fatti male (cioè, Elijah è apposto per adesso, ma non è apparso molto). Nel caso di Kurai, molto male. Ma molto male... rimarrà in vita o no? E se sì potrà combattere ancora? Inoltre, approfondirò il rapporto di alcune coppie.
E chi di voi ha capito di chi sono gli occhioni blu a fine capitolo? ;3
Inoltre, Kurai è stato ferito e Romano è riuscito a trasportarlo nell'arena; si accettano scommesse, ragazzi: chi fra i Curatori si farà avanti per curarlo?
Oh, un'ultima cosa: vorrei chiedervi una frase che il vostro OC/i vostri OC (se ne avete due, è una ciascuno) dirà/diranno durante il corso della storia.
Ora ho concluso davvero, a presto ~
•Eyes•
   
 
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