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Autore: varisaura    12/10/2016    1 recensioni
"Non posso oppormi all’ossessione di cui gli dèi mi fanno portatrice." // Liberamente ispirato dalla confessione della protagonista della Fedra di J. Racine.
Dedicato a P.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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- Vuoi sapere se lo amo? Sì, sì Cassandra, io lo amo. Lo amo con lo stesso impeto di un fiume in piena, lo amo con la stessa violenza di un temporale, lo amo con il male che lui stesso fa a me. Lo amo come se avessi un fiume di lava tra le vene, e in preda a questo amore io farei di tutto. Ne sono accecata, ne sono abbagliata, mi sento come se fossi la sua serva, pronta a donargli tra le mani la mia vita in qualsiasi momento.
Eppure, Cassandra, io non posso farci niente.
Non posso oppormi all’ossessione di cui gli dèi mi fanno portatrice.
Non posso ribellarmi al destino pesante che gli dèi mi hanno posto sulle spalle.
Non posso insorgere in seguito alla maledizione con cui mi hanno segnato fino alla morte dei miei discendenti.
Cassandra, io non pretendo che tu mi capisca, ma ti prego, non parlare. Non parlare e non chiedermi niente, ti spiegherò tutto ora, svolgendo le mie parole come se fossero un solo filo di lana che forma un gomitolo.
Ah, quanto tempo è passato dalla prima volta che mi sorrise, quanti inverni sono nati e morti dalla prima volta che mi guardò negli occhi, quanti soli sono sorti dalla prima volta che cominciai a guardarlo sotto una luce diversa, con degli occhi che non vedevano altro che lui.
Non saprei spiegarti, cara serva, come sia successo, ma so solo dirti che è successo quello che non sarebbe mai dovuto succedere.
Non avrei mai dovuto innamorarmi di quegli occhi vitrei, penetranti, seducenti eppure allo stesso tempo così innocenti. Così umani.
Ma quale torto non avrei dovuto commettere per evitarlo lo saprai presto. Conoscerai finalmente il motivo del mio turbamento, il motivo che ha spinto la crudele Eris a rompere il sacro idillio tra me e la luminosa Afrodite.
Tuttavia, accadde un giorno d’estate, che stavo osservando il limpido mare ceruleo sotto l’albero di arance. Ero sola, silenziosa, pensierosa. Pensavo al caro principe, al mio eroico marito. Chissà quando sarebbe tornato, chissà dove si trovava in quel momento mentre io pensavo a lui.
Io mi stavo preoccupando, come una buona moglie, come una dolce principessa, quando sentii sulle mie spalle il tocco tenero e leggiadro di un demòne sotto le spoglie di uno splendido mortale.
Il suo volto intaccato dal tempo, dalle sofferenze e dalle cure di un re, si mostrava davanti ai miei occhi perfetto come un busto di marmo. Quante notti ho sognato di accarezzare con le dita leggiadre il suo viso e i suoi capelli sericei.
Fece anche lui fianco al tronco dell’albero di arance e mi guardò, come leggendo nei miei occhi i pensieri che avevo per la testa.
“Se potessi, adesso andresti dal giovane figlio mio, dovunque egli sia.” disse poi, guardando anche lui il calmo mare, la distesa turchina che si estendeva fino all’infinito.
“È proprio così…” risposi, girandomi verso di lui. E poi lo guardai…
Oh, Cassandra. Se anche Apollo o una delle Muse potessero decantarti il suo aspetto ultraterreno, la grazia di questo mortale così divino, queste lodi non sarebbero nulla rispetto alla sua vera bellezza. Ogni eroe dell’antichità sarebbe invidioso della sua presenza sublime, questo è certo.
La sua pelle perlacea era bagnata dal bacio dolce e illustre del sole, le sopracciglia corrucciate in un espressione concentrata su un punto fisso che forse neanche c’era, le sue labbra sottili appena intraviste dalla barba che sembrava un regalo di qualche dio.
“Donna,” disse. Cassandra, disse “donna” ad una giovane me di sedici anni. Ero ormai una donna, e la mia vita era già finita. Avevo già un marito, ma un marito che non c’era e che forse non ci sarebbe più stato, un regno da governare e una reggia in cui affondare nel mio immenso dolore. “Donna, lo seguiresti anche nell’Ade?” mi chiese, guardandomi poi negli occhi azzurri, trovando il mio sguardo pronto ad unirsi al suo.
Oh, dèi, con quali occhi mi guardò. Severi, taglienti, austeri, intagliati come se fossero avorio e diaspro, definiti come fessure. Mi sentii mancare le forze, sapevo che di lì a poco avrei sentito le mie membra perdere ogni sensibilità, ogni contatto con il mondo terreno.
Tuttavia, attesi a rispondere. Non volevo essere avventata, non davanti a lui.
“Certo, mio re, che andrei fin nell’Ade per lui.”
Non so, cara serva, perché in così poco tempo ho sostituito i miei sentimenti per il Principe con quelli per l’eccellente re, ma so per certo che fu da quel giorno che mi vidi cadere ai piedi di un altro, e per di più con una facilità che neanche credevo possibile.
Da lì, serva fedele, mi sono accorta in maniera schiacciante della potenza immensa degli Immortali.
Ma poi molte cose sono cambiate: se prima ero giovane e perdutamente innamorata, completamente e volontariamente abbandonata al destino affidatomi, ora sono sempre giovane e immensamente innamorata, ma non accetto più la vita che le Moire hanno scelto per me.
Cassandra, ti auguro di non provare mai la sofferenza di evitare il tuo amato come se fosse un terribile nemico. Non puoi capire quante volte l’ho incontrato tra i corridoi della reggia, e non puoi capire la disperazione che provavo nell’evitare il suo sguardo, quando tante volte desideravo con tutta me stessa di essere l’oggetto dei suoi sguardi.
Non puoi capire quanto angosciante, quanto doloroso possa essere evitare la sua attenzione in ogni modo, quando prima cercavo di attirarla in ogni modo.
Non puoi capire quanto possa essere amaro guardare un fiore appassire e non poter far nulla per evitarlo.
E Cassandra, non puoi capire il tormento e l’afflizione che ho provato nel momento in cui mio marito è tornato, e nel momento in cui i miei occhi hanno riconosciuto nei suoi tratti suo padre. La visione quasi onirica di quel volto così artefatto solo dalla mia mente mi ha portato a tanti, tantissimi dolori.
Quante lacrime ho pianto durante quelle notti lo sa soltanto Selene, che assisteva indifferente e imperturbabile al flusso incosciente dei miei sentimenti, di cui mi liberavo di notte e di cui mi rivestivo all’alba, che insieme al sole faceva risorgere anche i miei pesanti tormenti, i miei meschini mali.
E allora, cosa ho fatto di tanto ignobile per meritare questa colpa orribile e dolorosa, ti chiederai.
Io non l’ho amato, io l’ho venerato.
L’ho venerato come se fosse uno degli immortali, ma nella mia mente offuscata dalla passione nulla sembrava abbastanza profano eccetto lo stare lontana da quell’uomo perfetto. Il mio giovane e già colpevole cuore chiedeva sempre di più, stargli sempre più vicina, guardarlo negli occhi per ricordare lo sguardo che mi rivolse quel giorno d’estate, appoggiato a quel tronco robusto e profumato.
Ma intanto cara Cassandra, mentre ci penso e torno a piangere, ti prego di non dirmi niente. Mi basta anche solo il tuo respiro per farmi capire che non sono più sola insieme alla mia ossessione.


(NDA: rating giallo a causa dell'attrazione di lei per un uomo molto più grande.)
  
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