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Autore: Echocide    13/10/2016    5 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes]
Sono trascorsi alcuni mesi da quando la minaccia di Coeur Noir è stata sventata e il gruppo di Portatori di Miraculous è alle prese con la vita di tutti i giorni: le relazioni sentimentali, il nuovo mondo universitario in cui sono sballottati...
Ma Parigi non è mai tranquilla e una nuova minaccia giunge dal passato, assieme a una persona che sembrava persa per sempre.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 2.725 (Fidipù)
Note: Ed eccoci di nuovo, di nuovo con l'azione che manca da un po' in questa seconda parte di Miraculous Heroes: sapevo fin dall'inizio che questa storia avrebbe avuto uno svolgimento molto diverso dalla prima, Maus è un nemico ben diverso da Coeur Noir e molto, ma molto, più riflessivo rispetto alla cara Willie che non ci pensava due volte a spedire i suoi sottoposti contro i Portatori di Miraculous. Di questo capitolo, devo dire anche un'altra cosa: fin dai primi capitoli della storia di Coeur Noir, ho sempre cercato di evitare di toccare punti come il terrorismo; con la nostra vecchia amica era facile, dato che aveva dalla sua un potere magico, con Maus è difficilissimo perché sia lui che i suoi sottoposti non sono altro che comuni mortali: non hanno poteri magici, non sono creature sovrannaturali, sono semplicemente un uomo di scienza e un esercito di mercenari; ma, anche in questo caso, ho cercato di dare una nota diversa al tutto perché, sinceramente, non mi piace scrivere di situazioni che hanno portato dolore e sofferenza a così tante persone e...beh, spero di riuscirci.
Detto questo, torniamo a note più allegre e vi lascio direttamente al capitolo, che è meglio!
Al solito vi ringrazio come sempre per i vostri commenti, per il fatto che leggete le mie storie, che mi sopportate e...
Beh, grazie davvero di tutto cuore!



Maus osservò attentamente i risultati dei test riportati dalla sua creatura, sorridendo orgoglioso: i dati erano soddisfacenti e sapeva che il frutto del suo duro lavoro avrebbe dato grandi soddisfazioni anche se era ancora lontano da ciò che voleva realizzare veramente.
Il quantum-β era solo un palliativo, un piccolo gradino verso la vera energia.
Il vero quantum.
«Ed io potere avere vero quantum solo con Miraculous.» borbottò fra sé, assestando un pugno sulla scrivania e fissando male i fogli davanti a lui: «Io potere mandare mio frutto contro loro? Loro mai usato vero potere di Miraculous, ja. Io non sapere quanto essere veramente potenti loro.» Maus si prese la testa fra le mani, inspirando profondamente: «Cosa io potere fare? Cosa io potere mandare contro loro per vedere vero potere di Miraculous? Miei uomini fare nulla loro. Cosa io potere…» si fermò, alzando la testa e sorridendo: «Io avere appena avuto grande idea.»


Il piccolo locale dove li aveva condotti Emilé era veramente affollato, gli studenti delle facoltà vicine sembravano essersi ammassati tutti in quel piccolo posto: «Il the che fanno qua è veramente buono.» spiegò l’uomo, sorridendo al figlio e alla ragazza: «Se mi dite cosa volete, io vado a fare la fila e voi…beh, appena vedete un posto liberarsi, conquistatelo!»
Sarah guardò Rafael e poi l’uomo, scuotendo il capo: «No, io…» mormorò, alzando le mani e abbozzando un sorriso: «Beh, penso che vorrete parlare da soli e…»
«Tranquilla, Sarah.» sbuffò Rafael, mettendole una mano sul capo e scompigliandole i capelli, ricevendo in cambio una smorfia da parte della ragazza e, quasi sicuramente, uno sguardo di puro odio dalla kwami nascosta nella borsa di Sarah: «Sono io quello in più.»
«Ma certo! Rimanga, signorina Jonas!» esclamò Emilé, sorridendole caloroso: «Voglio parlare ancora con lei dei Sette e poi sono curioso di conoscere con la ragazza di mio figlio.E non come mia studentessa, ovviamente.» dichiarò, voltandosi ed entrando all’interno del locale.
«Beh, spero ti piaccia qualsiasi cosa porterà…» sbuffò Rafael, voltandosi e osservando due ragazze liberare un tavolo; posò una mano sulla schiena di Sarah, spingendola verso i posti vuoti prima che qualcun altro li prendesse: «Cos’è questa storia dei sette?»
«Hai sentito quello che ha detto?» domandò la  bionda, voltandosi verso di lui e fissandolo con gli occhi sgranati: «Vuole…vuole…»
«Sì, l’ho sentito. Per questo ti sto chiedendo cosa sono questi sette.» dichiarò Rafael, sedendosi su uno degli sgabelli alti e spazzolando via alcune briciole dal tavolo: «Non capisco cosa ci sia di così…»
«Vuole parlare con me.» dichiarò Sarah, posandosi una mano sul petto e fissandolo: «Come tua ragazza.»
«Beh, è quello che sei, no? La mia ragazza, intendo.»
«Rafael…»
«Tranquilla! Mio padre è fatto a modo suo.» dichiarò Rafael, prendendole la mano e portandosela alle labbra: «Una volta mi ha beccato a…ok, forse questa è meglio se non lo dico.»
«Direi di no.» sibilò Sarah, liberando la mano dalla stretta del ragazzo e fissandolo male: «Fantastico, da fidanzata a tipa da una sveltina.»
«Decidi tu per cosa dare di matto.»
«La prossima volta che mi trasformo, giuro, ti uso come bersaglio per i miei pungiglioni.»
Rafael si chinò in avanti, avvicinandosi al viso di Sarah: «Sai che non lo farai.» dichiarò, sorridendole divertito e trattenendo lo sguardo in quello nocciola della ragazza: «Sei troppo…»
Sarah ricambiò il sorriso, poggiandosi con i gomiti al tavolo e allungandosi verso di lui: «Ti conviene non sfidarmi, Rafael.»
«Sto interrompendo qualcosa?» domandò Emilé con un vassoio in mano e il sorriso allegro in volto: «Perché sennò torno dentro.»
«Vieni, papà.»


Alex sbadigliò, storcendo la bocca di fronte al libro e allungando una mano per prendere il quaderno con gli appunti, fermandosi a metà dell’operazione per colpa del campanello: «Fu! Sei tornato?» urlò, allungandosi verso la porta della camera e non sentendo nessun rumore: «Sarà ancora fuori con Wei?» bofonchiò, alzandosi e percorrendo velocemente la distanza che lo separava dalla porta di casa: «Arrivo. Arrivo.» sbuffò, abbassando la maniglia e aprendo la porta, rimanendo basito dall’ospite che era giunto.
«Ciao, Alex.» lo salutò Willhelmina, sorridendogli e inclinando la testa di lato, di fronte all’inattività del ragazzo: «Posso entrare?»
«Tu non dovresti essere fra pecore tibetane?»
«Capre.» sibilò Willhelmina, avvicinandosi e spintonandolo di lato, in modo da entrare nell’abitazione: «Fu c’è?»
«Ah. No, è venuto Wei a trovarlo e poi è uscito con lui per…boh, fare qualcosa fra cinesi.» dichiarò Alex, facendosi da parte e lasciando entrare la donna nell’abitazione: «Ehm. La persona che è rimasta fuori…»
«Falla entrare.»
Alex annuì, uscendo dalla porta e sorridendo alla donna bionda che era rimasta in attesa: «Salve. Io mi chiamo Alex.»
«Il genio dell’informatica?»
«Sì. La babbiona ti ha parlato di me?»
«Alex, chiamami di nuovo in quel modo e te ne farò pentire amaramente!»
«Ti ricordo che non puoi farmi più niente.» cantilenò il ragazzo, indicando la strada alla bionda e chiudendo la porta di casa: «Non hai più i poteri da strega cattiva.»
«Posso ancora trovare un modo per farti pentire della tua lingua lunga.»
Alex alzò lo sguardo verso il cielo, sospirando rumorosamente: «Immagino che hai qualche informazione su Sophie Agreste, se sei tornata a Parigi.» sospirò, facendo strada verso la cucina e indicando le sedie: «Altrimenti perché saresti…» si fermò, notando lo sguardo di Willhelmina posarsi sulla donna che era con loro: «Aspetta. Lei è Sophie Agreste?» domandò il ragazzo, voltandosi verso la sconosciuta e guardandola con occhi nuovi: «L’hai trovata?»
«Diciamo che è lei che ha trovato me.»
«Ok, signore. Raccontatemi tutto.»


Rafael rimase in silenzio, assimilando tutto ciò che il padre aveva appena finito di spiegare con parecchia enfasi: «Quindi mi stai dicendo che in tutto il mondo, ci sono tantissime leggende legate a sette animali e, molto spesso, anche a persone che erano eroi o personaggi importanti delle varie mitologie?»
«Eroi o persone influenti per la loro epoca.» specificò Emilé, sorridendo: «Incredibile, vero? E questo avviene dalla preistoria! Da quando questi sette animali non dovevano neppure esistere, perché frutto dell’evoluzione.»
«E tu viaggi per il mondo per scoprire questo? Miti e leggende legati a questi sette animali?»
«Esatto, figliolo.»
Rafael annuì, inspirando profondamente e dando una veloce occhiata a Sarah: fantastico. Suo padre stava studiando i Miraculous e tutte le leggende a questi collegati.
Davvero fantastico.


Marinette sospirò, osservando la bozza di abito che stava disegnando, alzando poi lo sguardo verso la botola sopra il letto: «Qualche problema, Marinette?» le domandò Tikki, rimasta in silenzio fino a quel momento: «Oppure…»
«E’ strano che non sia ancora venuto.» mormorò la ragazza, riprendendo la matita e aggiungendo qualche dettaglio all’abito e alla felpa che aveva disegnato: «E’ tutto così silenzioso quando Adrien e Plagg non ci sono.» continuò, abbozzando un paio di orecchie alla felpa e sorridendo: «Mh. Orso o gatto?»
«Orso. Ti sei già fatta una felpa con le orecchie da gatto.» sentenziò Tikki, volando sulla spalla e osservando il vestito che la ragazza stava disegnando: «Mi piace! E’ molto femminile!»
«Sì?»
«E sono certa che piacerà anche ad Adrien, soprattutto la parte in trasparenza.» dichiarò la kwami, ridacchiando: «Ma non penso che apprezzerebbe l’aggiunta di quella sottogonna.»
«Tu dici? Sapendo che ci girerei per Parigi, sono convinta che l’apprezzerebbe.»
«Vero.»
Marinette sorrise, alzando il blocco e studiando il tutto con occhio critico: «Appena possibile devo andare a comprare la stoffa. Il vestito pensavo di farlo bianco, mentre la felpa…mh. Sono indecisa…»
«Rosa? Viola?»
«Secondo te, viola mi starebbe male?»
Tikki sorrise, strusciandosi contro la guancia della sua umana: «Tu sei bellissima con tutto, Marinette. E approvo la scelta del viola.»
«Grazie.» mormorò la ragazza, abbassando lo sguardo e sorridendo: «E viola sia.» decretò, annotando il colore sul foglio; il cellulare, iniziò a squillare e lei posò la matita, afferrando l’apparecchio: «Allo?»
«Siamo nei guai.» sentenziò la voce di Alex dall’altro capo: «Grossi guai. Il nostro amico Maus ha dichiarato di voler distruggere Notre-Dame.»


Sophie osservò attonita lo schermo del pc: attraverso la radio della polizia – alla quale Alex era collegato illegalmente – aveva appreso che il suo vecchio nemico aveva appena finito di dichiarare che avrebbe distrutto Notre-Dame, se gli eroi parigini non gli avessero consegnato i loro Miraculous: «Io vado.» sentenziò, attirando su di sé gli sguardi Alex e Willhelmina.
«Giusto per sapere…» iniziò il ragazzo, osservandola muoversi per la stanza e guardarsi attorno: «Come farà a combattere? Non ha più un Miraculous.»
«Le sue guardie sono semplici umani.» sentenziò Sophie, afferrando una maschera che era appesa al muro e mettendosela sopra il volto: «Posso batterli.»
«Ecco, così mi ricorda uno dei tuoi guerrieri, Willie.»
«Sophie…» mormorò Willhelmina, scuotendo la testa: «Non puoi. Non metterti in pericolo, non ora che siamo così vicine a…»
«Mio marito e mio figlio saranno là.» dichiarò Sophie, la voce ovattata per via della maschera: «Ed io non lascerò che combatteranno da soli. Non più.»


Papillon sospirò, osservando l’assembramento di soldati dalle tute nere che stava occupando la piazza antistante la chiesa gotica di Parigi: «Uno torna da un viaggio e spera di riposarsi…» sbuffò, dando una veloce occhiata al figlio di fianco a lui: «E invece…»
«Andiamo.» dichiarò Chat Noir, posandogli una mano sulla spalla e sorridendogli: «Un po’ di moto ti farà bene!»
«Chat!» la voce di Ladybug li fece voltare entrambi, in tempo per vedere l’eroina rossa arrivare assieme a Volpina e Tortoise: «Ci siamo tutti?»
«My lady, sei sempre uno splendore.» dichiarò il felino, avvicinandosi e prendendole una mano, se la portò alle labbra, baciando riverente le nocche: «Mancano solo Bee e Peacock alla festicciola.»
«Stanno arrivando.» dichiarò Tortoise, indicando due punti colorati, che stavano saltando giù da un palazzo alla loro sinistra: «Non ci perdiamo mai una festa, eh?»
«Scusate il ritardo.» esclamò Peacock, osservando sorpreso Papillon: «Anche…»
«Sì, oggi ci sono anch’io.» sbuffò l’uomo, scuotendo il capo e indicando il loro nemico: «Hanno qualche potere particolare?»
«No, sono semplici soldati che non vedono l’ora di farsi menare da noi.» dichiarò Chat, stirando le braccia verso l’alto e sorridendo alla ragazza al suo fianco: «Diamo il via alle danze?»
Ladybug prese il suo yo-yo e annuì: «Diamo il via alla festa.»


Alex osservò lo schermo, seguendo il combattimento dei suoi amici attraverso i loro avatar, ammettendo che i soldati di Maus erano strani: aveva notato dalle riprese fatte dalla televisione che, sebbene fossero alle dipendenze di un pazzo scienziato, non avevano armi sofisticate ma bastoni e nunchaku.
I più pericolosi possedevano mazze e fruste.
Niente armi da sparo.
O armi bianche.
In compenso sembravano conoscere alla perfezione le arti marziali.
«Deve odiare il sangue.» bofonchiò, osservando l’avatar di Peacock muoversi vicino a quello di Tortoise: «Altrimenti non mi spiego.»
«E’ stato molto tempo in Tibet, magari segue qualche religione…»
«Sei convinta di ciò che stai dicendo?»
«No. Però ho capito che non possiamo usare la logica con quell’uomo.» sbuffò Willhelmina, scuotendo il capo: «Non dovevo lasciarla andare.»
«Sembrava veramente sicura di sé.»
«Però…»
«Andiamo, babbiona del mio cuore, non farti venire complessi.»
«Chiamami di nuovo in quel modo e ti farò pentire di non essere rimasto Mogui.»
Alex sorrise, tornando a voltarsi verso il monitor e ascoltando attonito una comunicazione che stava giungendo da alcuni poliziotti sul posto: «Ragazzi. Ragazzi. Ragazzi. Ragazzi.»
«Dicci, Alex.» sbuffò Volpina, ansante mentre il gemito di dolore di qualcuno raggiunse le orecchie dell’americano: «E’ successo qualcosa.»
«Abbiamo un problemino bello grosso.»
«Spiega.»
«Guarda davanti Notre-Dame.»
«Sto guardando.»
«Ecco. A quanto pare lì c’è una bomba.»
«Stai scherzando, vero?»
«Mi piacerebbe tanto, Volpy. Ma alcuni tiratori scelti che sono sopra i palazzi attorno a Notre-Dame l’hanno appena vista e segnalata al comando.»
«Maledizione!»
Volpina ringhiò, voltandosi verso Ladybug che, una mano premuta contro l’orecchio destro, sembrava aver ascoltato tutta la conversazione: «Che facciamo?» le domandò, fissando lo sguardo celeste posarsi su di lei e poi scivolare verso Notre-Dame.
Quelli erano terroristi e nessuno di loro sapeva come fare contro gente simile: akumatizzati? Non c’era problema. Ladybug e Chat erano specialisti.
Guerrieri neri? Mogui? Ormai non facevano più paura.
Ma terroristi?
«Peacock.» urlò Ladybug, voltandosi verso il blu e osservandolo alzare lo sguardo verso di lei: «Ho bisogno del tuo potere di visione. Bee, Chat! Proteggetelo. Volpina, preparati a usare il tuo fuoco fatuo e far piazza pulita di quei tipi laggiù. Tortoise, la tua barriera attorno alla bomba…» la ragazza si fermò, voltandosi verso Volpina: «Io evocherò il Lucky Charm: sperando che non compariranno un paio di forbici.»
«Ricorda, nei film è sempre il filo rosso.»
«Fantastico.» dichiarò Ladybug, sorridendo all’amica: «Papillon…» mormorò, voltandosi verso l’uomo mascherato: «Ti chiedo di proteggere Tortoise e Volpina, se qualcuno di quei soldati si avvicinerà a loro.»
«Come desideri, Ladybug.»
«Bene!» dichiarò la ragazza, guardando velocemente tutti i compagni: «Vediamo di salvare Parigi anche oggi!»
Peacock chiuse gli occhi, inspirando profondamente mentre Chat e Bee si misero uno davanti e una alle sue spalle, in modo da proteggerlo da entrambi i lati; Volpina evocò i suoi fuochi fatui, spedendoli contro i soldati e subito questi iniziarono a urlare, correndo a destra e a manca in cerca di acqua con cui spengere le fiamme e Tortoise eresse una barriera attorno alla bomba, così da evitare che qualsiasi persona si avvicinasse.
Ladybug evocò il lucky charm e un paio di forbici le si materializzò fra le mani, quasi facendo ridere la ragazza: «Guarda qua.» dichiarò, mostrando l’oggetto all’eroina arancio che rise: «Se ora, Peacock…»
«Ladybug, è il filo blu.» dichiarò l’eroe del pavone sorridendole: «Vuoi la musica da missione impossible per caso?»
«Idiota.» dichiarò la ragazza, avvicinandosi alla bomba e notando che Tortoise aveva aperto un piccolo spiraglio nella sua barriera; Ladybug si chinò, osservando l’enorme palla di ferro, molto simile alle bombe che a volte si vedevano in alcuni cartoni animati americani: «Ma cosa…?»
«Mh. Maus ha un’idea tutta sua delle bombe, manca solo TNT scritto con la vernice bianca.» decretò Chat, dietro di lei: «Dovrei dire che quell’uomo ha un’idea tutta sua su molte cose.»
«Chat…»
«Rimarrò qui, my lady. Non pensare nemmeno di farmi cambiare idea.»
La ragazza sospirò, chinandosi davanti la scatoletta di metallo, chiusa ermeticamente e collegata alla sfera: «Chat?»
«Sì, my lady.»
«Pensi di poter usare il tuo cataclisma solo ed esclusivamente sul tappo di questa scatola?»
«Certamente.» dichiarò il ragazzo, invocando il potere della distruzione e chinandosi accanto alla ragazza, stando ben attento a non toccare niente con la mano intrisa di energia scura; le sorrise, posando l’indice sopra il coperchio e questo si sgretolò in un secondo: «Voilà.»
«Sei il migliore.» sentenziò Ladybug, sorridendogli e osservando i due fili che erano collegati al timer: «Quello blu…» mormorò, infilando le forbici e tagliando con un colpo secco il filo che Peacock le aveva detto: il timer si fermò e la ragazza lasciò andare il respiro che aveva trattenuto.
Poi, dal nulla, un beep si levò nell’aria: la ragazza sgranò gli occhi, sentendo il suono farsi sempre più forte e insistente: «Via di qua.» urlò Chat, trascinandola con sé e correndo verso i loro amici; Tortoise richiuse la barriera, concentrando le energie su questa e pregando che sarebbe bastata per proteggere la zona dall’esplosione; il felino si lanciò per terra, tenendo Ladybug sotto di sé e proteggendola con il corpo, mentre Peacock trascinò dietro di sé Bee.
Il suono divenne sempre più forte e veloce, raggiungendo il suo culmine con un ultimo acuto e poi il nulla: la sfera di metallo si aprì in due e una banderuola sventolò nel vento: «Cosa c’è scritto? Dank?» domandò Bee, osservando quelle quattro lettere nere in contrasto con la stoffa bianca.
«Significa Grazie in tedesco.» spiegò Volpina, scuotendo il capo e sospirando: «Ma non capisco perché ci sta ringraziando.»
Tortoise lasciò andare la barriera, osservando attonito anche lui il drappo e poi si voltò, verso i suoi compagni: «Papillon!» urlò, vedendo uno dei soldati avvicinarsi silenziosamente alle spalle dell’uomo: «Attento!»
L’uomo si voltò, sgranando lo sguardo alla spada sguainata, che sarebbe presto stata calata su di lui; cadde all’indietro, alzando una mano e osservando una figura mettersi fra lui e l’assalitore: un calcio secco nello stomaco e un altro alla mano, velocemente il suo salvatore ridusse all’impotenza il soldato nemico: «Va tutto bene?» gli domandò poi, voltandosi verso di lui.
Una donna con una maschera cinese in volto.
Eppure, anche così, l’aveva immediatamente riconosciuta: forse perché la prima volta che si erano conosciuti, lei l’aveva salvato nell’esatto modo o forse perché non aveva mai dimenticato il suono della sua voce: «Sophie?»

   
 
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