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Autore: shun87    10/05/2009    3 recensioni
Tormentato da quella inutile esistenza dove tutto è fin troppo uguale. La solita routine è accompagnata da quello stramaledetto orologio,da cui non riesci a separarti, che scandisce ogni tuo respiro, tutti i tuoi pensieri.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Introduzione: Il personaggio rappresenta ciò che più odio: l'incapacità di reagire. Lo scritto è nato  come terapia  per l'avversione che nutro per questo modo di fare, cercando di far nascere nel lettore ( e soprattutto in me) un senso di pietà verso questa condizione. Il tempo, l'orologio e il suo titac (che scandisce tutta la vicenda) rappresentano i veri protagonisti della storia, tramite essi viene mossa la prima ( e più importante) delle due critiche, vale a dire:  la smania che colpisce alcune persone di voler organizzare ogni aspetto della loro vita ( che è l'esatto opposto della mia visione della vita).
Spero possa piacere

Ore 7.00: sveglia

Ore 8.15: colazione - un caffè

Ore 9.00: aspettare il pullman alla fermata

Ore 10.15: arrivo all’università

Ore 10.16: telefonata alla morosa

Ore 10.30: inizio corsi

Ore 13.30: fine lezioni

Ore 14.45: ritorno a casa

Ore 15.00: pranzo

Ore 15.00: chiamata alla ragazza

Ore 15.30: inizio studio

Ore 20.30: fine studio

Ore 21.00: prendere la macchina e andare da lei

Ore 23.15: ritorno a casa

Ore 23.30: dormire
Peccato che tu non dorma mai.
Tormentato da quella inutile esistenza dove tutto è fin troppo uguale. La solita routine è accompagnata da quello stramaledetto orologio,da cui non riesci a separarti, che scandisce ogni tuo respiro, tutti i tuoi pensieri.
I rimorsi sono talmente forti in te, che la vena masochista, un tempo solo accennata, ora comanda tutte le tue azioni, a volte la scacci, con fatica, arrancando, ma sai che una battaglia persa, è più forte e ritorna puntualmente a straziarti. Non puoi cambiare questa realtà oggettiva.

tic-tac

Lo guardi con affetto. Gli altri non riescono a capacitarsi di come tu possa ancora portarlo, il cinturino è logoro, il vetro graffiato, la lancetta dei secondi, spezzata, vaga nel quadrante ad ogni tuo movimento e pensi che lo faccia per ricordarti che anche tu sei diviso. La tua ragazza scruta quell'affare con un cipiglio critico, non comprende di come tu non riesca a farne a meno in ogni istante del tuo sopravvivere, neanche quando dormi.
Si, l'ha notato quel rapporto insano che hai con quella tua escrescenza metallica. In quelle poche volte in cui è riuscita a convincerti a fare qualche viaggio fuori, non pensare che le sia sfuggito come ti giravi e te lo stringevi al petto dopo l'amplesso, addormentandoti con lui riposto nelle mani strette al petto, li dove ti dovrebbe battere il cuore.
Ma lei ti ama e accetta quella tua stranezza, a volte sorridendo, altre rimanendo basita.
E tu la ami? Ne sei ancora capace o semplicemente strisci perchè non hai la forza di affondare?
E pensare che all'epoca non era il tuo carnefice, era semplicemente un regalo dei tuoi, per celebrare un momento.
Stolti loro che non capirono di aver emesso la tua condanna in occasione dei sedici anni, una festa, quattro amici, l’inizio della fine.
Il passato è il peggior dei nemici.
Ma non sei stato sempre così tristemente vuoto, in un passato oramai lontano tu eri felice . A quel tempo, le passeggiate sotto i ciliegi in fiore, mano nella mano, avevano un senso. Dolci baci e caldi risvegli nel letto, fatti di sesso e coccole, erano il fine ultimo del tuo io.
Si, ti sembra strano ora, ma all'epoca tu vivevi e con lui già pianificavate il futuro. Una fuga in Spagna dove sposarvi, poi lì, trovarvi una casa, magari vicino alla spiaggia per estati fatte di falò, vodka e canzoni suonate alla chitarra, che strimpellavi solo in sua presenza. Ti piaceva avere i suoi occhi, carichi di orgoglio, che ti avvolgevano e riscaldavano l'animo.
Tu e lui, insieme per sempre.
Ma l’incanto si è rotto e come lo specchio, tragicamente è andato in frantumi.
I sogni scomparsi e la tua unica amica è quella gelida e pesante cosa che gli altri chiamano anima, oltre al demoniaco marchingegno che porti al polso.

Tic tac

Stai di nuovo maledicendo l’orologio, vuoi perderti negli intimi pensieri, oscuri a coloro che ti circondano, ma non hai tempo, neanche quello ti è rimasto.
Eppure sai che ne hai bisogno, perché devi sublimare il dolore, devi esorcizzare il passato, così mentre prendi la macchina per andare dalla morosa, ricordi gli istanti più terrificanti della tua, oramai, inutile vita.
Fai calare i giri del motore e metti la seconda, preparandoti a quelli che saranno interminabili minuti di incubi ad occhi aperti.
Così comincia l'ennesimo viaggio nel dolore senza fine.
Erano le 18.15 di un sabato di primavera, ma per te, non era il solito “sabato”. I tuoi erano fuori e tu avevi organizzato la giornata in ogni minimo particolare. Hai sempre avuto la tendenza a pianificare tutto in modo ossessivo, ma chissà perché, più tenti di rendere il ricamo perfetto più esso risulta impreciso, fino a sfaldarsi tra le tue mani e diventare nebbia.
Eri andato a prenderlo con il motorino, un vecchio ammasso di ferraglia, che non volevi cambiare nonostante i tuoi ti avessero fatto capire che te ne avrebbero comprato un altro.
Per te e per lui era troppo importante. Lì vi siete dichiarati una sera in cui avevate bevuto troppo e sempre lì, vi siete dati il primo bacio, il tutto coronato da un tuo piccolo regalo, un portachiavi a forma di stella.

Tic-tac

piagnucoli, scuotendo la testa.
Metti la terza e decidi di fare la strada più lunga per arrivare alla tua meta. Non ti importa delle scuse che dovrai inventare per spiegarle il ritardo, le bugie sono diventate una costante, una parte indissolubile di te.
Ti inganni, dicendo che vuoi solo riprenderti per presentarti felice e senza ombre sul viso, per lei.
Bugiardo! Sei diventato più falso di quei vecchi borghesi dei tuoi genitori, sai benissimo che per te non è importante, lo fai solo per crogiolarti nella tua memoria, una piccola fuga dal mondo, che ti sta così stretto, ma che ti permette di strascicarti fino al prossimo, piccolissimo, momento in cui potrai “sentirti vero”.
Perchè tu esisti solo nei ricordi.
Passi davanti al muretto dove lui ti aspettava sempre, con i suoi occhioni azzurri, uno zainetto tutto colorato e rovinato, pieno zeppo di scritte, di cui la maggior parte erano frasi di amore per te.
Ritorni, con la mente, a quel luogo del fatidico sabato di 7 anni fa.Lo facesti salire con impazienza, tanta era la tua voglia di amarlo e prima di ripartire guardasti l'orologio. Secondo la tua tabella di marcia eravate spaventosamente in ritardo, dovevate affrettarvi.Lui si stringeva a te, in maniera quasi spasmodica, sia per non cadere, lo spazio era davvero esiguo su quello “zip” malandato, sia per avere un contatto con il tuo corpo.Non portavate i caschi, vi consideravate due ribelli, non temevate la polizia e poi a te piaceva da impazzire il solletico che ti facevano i suoi ricci sul collo, glielo dicevi in continuazione.

Tic-tac

Sapevi che perdere altri minuti aspettando che il semaforo da rosso diventasse verde avrebbe sballato completamente la giornata che avevi organizzato.
Una persona matura, come ti ritenevi all'epoca, avrebbe atteso, ma tu, dall'alto dei tuoi 16 anni, credendo che bastasse solo un po' di testardaggine per ottenere le cose e sopraffare anche il destino, decidesti di passare.
In quel preciso instante la più inconcepibile delle realtà si avverò.Ti svegliasti una settimana dopo in una stanza di ospedale, asettica, pura e vuota.Non ricordavi nulla, il tuo cervello, in quell'immobilità innaturale che precede la tempesta, partorì la fatidica domanda. Grazie a quel sesto senso che si fa vivo solo nelle situazioni irrimediabili, conoscevi già la risposta e quando i tuoi familiari ti raggiunsero, dimenticasti completamente i dolori articolari e i giramenti di testa per ricevere quella sentenza che razionalmente faticavi ad accettare.
Era morto, non aveva superato la notte.

Tic-tac

Scruti lo specchietto retrovisore, stavi piangendo senza rendertene conto. Per quanto male ti fai, non potrai mai cancellare il tuo errore. Rifugi lo specchio, non sopporti la vista dei tuoi occhi che gridano assassino.Qualcuno direbbe che meriti la pena di morte o che ti debba uccidere per il crimine che hai commesso, ma tu sai che quelle soluzioni sono solo una liberazione.< No! > urli, non meriti quella assoluzione, devi soffrire, è questo quello che ti sei imposto il momento stesso in cui, 7 anni fa, lasciasti l'ospedale. La tua vita è costellata da quella negazione, ma per quanto ti sforzi, ora, ha perso tutto il suo significato. In certi momenti ti risulta difficile tenere fede alla promessa fatta, vorresti scivolare giù nell'oblio, annullare tutti i tuoi sensi, ma fortunatamente il suo pensiero ti spinge a non mollare e ti domandi se sia un bene o una dannazione.

Tic-tac

Parcheggi la macchina, al solito posto, vicino al lampione dirimpetto la casa della tua fidanzata e sospirando ti avvii, lentamente, verso l'entrata.Ha incominciato piovere ma ignori la cosa, non ti importa di bagnarti, anche se questo ti costerà altre risposte che immancabilmente non darai. Un rivolo d'acqua ti scorre sulla guancia e il solletico ti strappa un sorriso. Un gatto nero ti passa vicino, ha una piccola macchiolina sulla fronte, lo guardi di sfuggita mentre raggiungi la zona dove è situato il citofono, li non ti arriva nessuno schizzo. Mentre stai per bussare, ti accorgi che il felino ti si è seduto accanto. Ti fermi un po' intontito e ti abbassi per accarezzarlo. Lui non si scompone, rimane regalmente fiero, nella sua posa statuaria, ma dal brontolio che senti provenire dal suo corpo, capisci che sta gradendo il trattamento.Ti soffermi ad esaminare quella piccola chiazza che ha sulla testa, è così familiare.
Ha la forma di una stella.
Ti mancano le forze e cedi, rovinando pateticamente a terra. La pioggia cade rumorosamente portando, nella sua discesa verso il suolo, una foglia appena staccatasi da un albero.
Tu sei come lei: in balia di forze più grandi e non puoi reagire.

  
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