Introduzione: Il
personaggio rappresenta ciò che più odio:
l'incapacità di reagire. Lo scritto è nato
come terapia per l'avversione che nutro per questo
modo di fare, cercando di far nascere nel lettore ( e soprattutto
in me) un senso di pietà verso questa condizione. Il
tempo, l'orologio e il suo titac (che scandisce tutta la
vicenda) rappresentano i veri protagonisti della storia, tramite essi
viene mossa la prima ( e più importante) delle due critiche,
vale a dire: la smania che colpisce alcune persone di voler
organizzare ogni aspetto della loro vita ( che è l'esatto
opposto della mia visione della vita).
Spero possa piacere
Ore 7.00: sveglia
Ore 8.15: colazione - un caffè
Ore 9.00: aspettare il pullman alla fermata
Ore 10.15: arrivo all’università
Ore 10.16: telefonata alla morosa
Ore 10.30: inizio corsi
Ore 13.30: fine lezioni
Ore 14.45: ritorno a casa
Ore 15.00: pranzo
Ore 15.00: chiamata alla ragazza
Ore 15.30: inizio studio
Ore 20.30: fine studio
Ore 21.00: prendere la macchina e andare da lei
Ore 23.15: ritorno a casa
Ore
23.30: dormire
Peccato
che tu non dorma mai.
Tormentato
da quella inutile esistenza dove tutto è fin troppo uguale.
La
solita routine è accompagnata da quello stramaledetto
orologio,da
cui non riesci a separarti, che scandisce ogni tuo respiro, tutti i
tuoi pensieri.
I
rimorsi sono talmente forti in te, che la vena masochista, un tempo
solo accennata, ora comanda tutte le tue azioni, a volte la scacci,
con fatica, arrancando, ma sai che una battaglia persa, è
più forte
e ritorna puntualmente a straziarti. Non puoi cambiare questa
realtà
oggettiva.
tic-tac
Lo
guardi con affetto. Gli altri non riescono a capacitarsi di come tu
possa ancora portarlo, il cinturino è logoro, il vetro
graffiato, la
lancetta dei secondi, spezzata, vaga nel quadrante ad ogni tuo
movimento e pensi che lo faccia per ricordarti che anche tu sei
diviso. La tua ragazza scruta quell'affare con un cipiglio critico,
non comprende di come tu non riesca a farne a meno in ogni istante
del tuo sopravvivere,
neanche quando
dormi.
Si,
l'ha notato quel rapporto insano che hai con quella tua escrescenza
metallica. In quelle poche volte in cui è riuscita a
convincerti a
fare qualche viaggio fuori, non pensare che le sia sfuggito come ti
giravi e te lo stringevi al petto dopo l'amplesso, addormentandoti
con lui riposto nelle mani strette al petto, li dove ti dovrebbe
battere il cuore.
Ma
lei ti ama e accetta quella tua stranezza, a volte sorridendo, altre
rimanendo basita.
E
tu la ami? Ne sei ancora capace o semplicemente strisci
perchè non
hai la forza di affondare?
E
pensare che all'epoca non era il tuo carnefice, era semplicemente un
regalo dei tuoi, per celebrare un momento.
Stolti
loro che non capirono di aver emesso la tua condanna in occasione dei
sedici anni, una festa, quattro amici, l’inizio della fine.
Il
passato è il peggior dei nemici.
Ma
non sei stato sempre così tristemente vuoto, in un passato
oramai
lontano tu eri felice . A quel tempo, le passeggiate sotto i ciliegi
in fiore, mano nella mano, avevano un senso. Dolci baci e caldi
risvegli nel letto, fatti di sesso e coccole, erano il fine ultimo
del tuo io.
Si,
ti sembra strano ora, ma all'epoca tu vivevi e con lui già
pianificavate il futuro. Una fuga in Spagna dove sposarvi, poi
lì,
trovarvi una casa, magari vicino alla spiaggia per estati fatte di
falò, vodka e canzoni suonate alla chitarra, che
strimpellavi solo
in sua presenza. Ti piaceva avere i suoi occhi, carichi di orgoglio,
che ti avvolgevano e riscaldavano l'animo.
Tu
e lui, insieme per sempre.
Ma
l’incanto si è rotto e come lo specchio,
tragicamente è andato in
frantumi.
I
sogni scomparsi e la tua unica amica è quella gelida e
pesante cosa
che gli altri chiamano anima, oltre al demoniaco marchingegno che
porti al polso.
Tic tac
Stai
di nuovo maledicendo l’orologio, vuoi perderti negli intimi
pensieri, oscuri a coloro che ti circondano, ma non hai tempo,
neanche quello ti è rimasto.
Eppure
sai che ne hai bisogno, perché devi sublimare il dolore,
devi
esorcizzare il passato, così mentre prendi la macchina per
andare
dalla morosa, ricordi gli istanti più terrificanti della
tua,
oramai, inutile vita.
Fai
calare i giri del motore e metti la seconda, preparandoti a quelli
che saranno interminabili minuti di incubi ad occhi aperti.
Così
comincia l'ennesimo viaggio nel dolore senza fine.
Erano
le 18.15 di un sabato di primavera, ma per te, non era il solito
“sabato”. I tuoi erano fuori e tu avevi organizzato
la giornata
in ogni minimo particolare. Hai sempre avuto la tendenza a
pianificare tutto in modo ossessivo, ma chissà
perché, più tenti di rendere il ricamo perfetto
più esso risulta impreciso, fino a
sfaldarsi tra le tue mani e diventare nebbia.
Eri
andato a prenderlo con il motorino, un vecchio ammasso di ferraglia,
che non volevi cambiare nonostante i tuoi ti avessero fatto capire
che te ne avrebbero comprato un altro.
Per
te e per lui era troppo importante. Lì vi siete dichiarati
una sera
in cui avevate bevuto troppo e sempre lì, vi siete dati il
primo
bacio, il tutto coronato da un tuo piccolo regalo, un portachiavi a
forma di stella.
Tic-tac
Metti
la terza e decidi di fare la strada più lunga per arrivare
alla tua
meta. Non ti importa delle scuse che dovrai inventare per spiegarle
il ritardo, le bugie sono diventate una costante, una parte
indissolubile di te.
Ti
inganni, dicendo che vuoi solo riprenderti per presentarti felice e
senza ombre sul viso, per lei.
Bugiardo!
Sei diventato più falso di quei vecchi borghesi dei tuoi
genitori,
sai benissimo che per te non è importante, lo fai solo per
crogiolarti nella tua memoria, una piccola fuga dal mondo, che ti sta
così stretto, ma che ti permette di strascicarti fino al
prossimo,
piccolissimo, momento in cui potrai “sentirti vero”.
Perchè
tu esisti solo nei ricordi.
Passi
davanti al muretto dove lui ti aspettava sempre, con i suoi occhioni
azzurri, uno zainetto tutto colorato e rovinato, pieno zeppo di
scritte, di cui la maggior parte erano frasi di amore per te.
Tic-tac
Sapevi
che perdere altri minuti aspettando che il semaforo da rosso
diventasse verde avrebbe sballato completamente la giornata che avevi
organizzato.
Una
persona matura, come ti ritenevi all'epoca, avrebbe atteso, ma tu,
dall'alto dei tuoi 16 anni, credendo che bastasse solo un po' di
testardaggine per ottenere le cose e sopraffare anche il destino,
decidesti di passare.
In
quel preciso instante la più inconcepibile delle
realtà si avverò.Ti
svegliasti una settimana dopo in una stanza di ospedale, asettica,
pura e vuota.Non
ricordavi nulla, il tuo cervello, in quell'immobilità
innaturale che
precede la tempesta, partorì la fatidica domanda. Grazie a
quel
sesto senso che si fa vivo solo nelle situazioni irrimediabili,
conoscevi già la risposta e quando i tuoi familiari ti
raggiunsero,
dimenticasti completamente i dolori articolari e i giramenti di testa
per ricevere quella sentenza che razionalmente faticavi ad accettare.
Era
morto, non aveva superato la notte.
Tic-tac
Scruti lo specchietto retrovisore, stavi piangendo senza rendertene conto. Per quanto male ti fai, non potrai mai cancellare il tuo errore. Rifugi lo specchio, non sopporti la vista dei tuoi occhi che gridano assassino.Qualcuno direbbe che meriti la pena di morte o che ti debba uccidere per il crimine che hai commesso, ma tu sai che quelle soluzioni sono solo una liberazione.< No! > urli, non meriti quella assoluzione, devi soffrire, è questo quello che ti sei imposto il momento stesso in cui, 7 anni fa, lasciasti l'ospedale. La tua vita è costellata da quella negazione, ma per quanto ti sforzi, ora, ha perso tutto il suo significato. In certi momenti ti risulta difficile tenere fede alla promessa fatta, vorresti scivolare giù nell'oblio, annullare tutti i tuoi sensi, ma fortunatamente il suo pensiero ti spinge a non mollare e ti domandi se sia un bene o una dannazione.
Tic-tac
Parcheggi
la macchina, al solito posto, vicino al lampione dirimpetto la casa
della tua fidanzata e sospirando ti avvii, lentamente, verso
l'entrata.Ha
incominciato piovere ma ignori la cosa, non ti importa di bagnarti,
anche se questo ti costerà altre risposte che
immancabilmente non
darai. Un rivolo d'acqua ti scorre sulla guancia e il solletico ti
strappa un sorriso. Un gatto nero ti passa vicino, ha una piccola
macchiolina sulla fronte, lo guardi di sfuggita mentre raggiungi la
zona dove è situato il citofono, li non ti arriva nessuno
schizzo. Mentre
stai per bussare, ti accorgi che il felino ti si è seduto
accanto.
Ti fermi un po' intontito e ti abbassi per accarezzarlo. Lui non si
scompone, rimane regalmente fiero, nella sua posa statuaria, ma dal
brontolio che senti provenire dal suo corpo, capisci che sta gradendo
il trattamento.Ti
soffermi ad esaminare quella piccola chiazza che ha sulla testa,
è
così familiare.
Ha
la forma di una stella.
Ti
mancano le forze e cedi, rovinando pateticamente a terra. La pioggia
cade rumorosamente portando, nella sua discesa verso il suolo, una
foglia appena staccatasi da un albero.
Tu
sei come lei: in balia di forze più grandi e non puoi
reagire.