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Autore: adorvlou    15/10/2016    0 recensioni
Era il 18 settembre del 1987, quando Samantha Miller venne trovata morta, con un proiettile in testa, sul pavimento del bagno della sua stanza, proprio dalla sua compagna. Fu qualcosa di sconvolgente e misterioso e nessuno riuscì a trovare una spiegazione nè un assassino, facendo così passare la morte della ragazza per un suicidio.
A quel tempo, qualcosa di strano aleggiava nell'aria, qualcosa che a distanza di quasi trent'anni, l'agente Gray, voleva riportare alla luce. Nonostante i continui avvertimenti e le minacce, l'agente non si sarebbe mai fermato. Ne era certo, quello di Samantha non era stato un suicidio. Avrebbe rinvenuto altri cadaveri? Si sarebbe ritrovato al centro di un grande mistero? Questo non lo sapeva, ma di una cosa era certo; finchè non fosse riuscito a scoprire la verità e rendere giustizia a quella povera ragazza, non si sarebbe fermato.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mark e Tristan non avevano mai visto nulla di simile. L'appartamento della famiglia Griffith era a dir poco strabiliante. Trasudava ricchezza da tutti i pori, tanto da lasciar stupefatti i due agenti. 
-Per favore, potreste togliere le scarpe?- chiese gentilmente Griffith. -La domestica ha appena finito di pulire e non vorrei che mia moglie si infuriasse al suo ritorno trovando il pavimento sporco. E' una donna che tiene molto alla pulizia.
Gray e Benson si guardarono negli occhi e trattennero una risata. -Certamente.- dissero in coro e si sfilarono le scarpe. 
-Prego, venite nel mio ufficio.- Griffith fece strada ai due agenti che intanto si guardavano in giro.
-Hai visto quel lampadario? Sarà costato una fortuna!- disse sottovoce Benson.
-Beh, allora non hai dato un'occhiata alla televisione. E' grande quasi quanto lo schermo del cinema.
-Chissà come sarà il suo ufficio.- si chiese Tristan.
-Esagerato. Sarà senz'altro esagerato.-commentò Gray.
-Eccoci qui.- l'uomo si fermò davanti ad un'enorme doppia porta di mogano e poggiò il palmo della mano su un sensore che si trovava sul muro. -I miei figli erano molto curiosi da piccoli e gli piaceva venire a giocare qui dentro. Un giorno hanno rovinato alcuni documenti importanti e così ho capito che le serrature non bastavano.- spiegò Griffith ai due agenti. Alle sue parole seguì una voce meccanica che confermava l'identità dell'uomo facendo sì che le porte si aprissero su un enorme stanza luminosa. -Entriamo.

Gray rimase fermo ad ammirare lo spettacolo davanti ai suoi occhi; da quella stanza poteva vedere tutta New York, proprio come nel corridoio del palazzo. La scrivania di Griffith dava le spalle alla grande vetrata e sui muri vi erano appesi diversi riconoscimenti, articoli e certificati ottenuti da Brandon durante la sua carriera. -Torno subito, voi fate come se foste a casa vostra.
-Ora capisco perché ai figli piaceva venire qui. Guarda che visuale e guarda che lusso.- ammise Gray indicando il frigobar che si trovava dall'altro lato della stanza. -Ha un'altra televisione al plasma e un computer che sarà costato una fortuna.- continuò meravigliato. -E' impossibile che tutto ciò sia reale.
-Beh, non hai tutti i torti. Noi facciamo un lavoro che ci da un ottimo stipendio, ma non potrei mai permettermi tutto questo sfarzo. Qui c'è qualcosa che non va.- commentò Tristan. -Come ad esempio quel quadro.- Benson si stava avvicinando alla parete dove si trovava appeso un quadro con dei bellissimi girasoli, quando Griffith tornò nella stanza.
-Perdonatemi, ma dovevo accertarmi che nessuno ascoltasse. Non mi va che ci sia gente che origli le mie conversazioni.- ammise Brandon accomodandosi sulla sua poltrona in pelle. Tra sé e sé Gray pensò a quanto fosse bello potervici sprofondare dopo una stressante giornata di lavoro. 
-Si figuri, però adesso dobbiamo fare veloce, si sta facendo tardi.- intervenne Benson.
-Chiedetemi tutto ciò che volete, ve l'ho detto, sono a vostra completa disposizione.
-Bene, tanto per cominciare, per caso ricorda dove si trovava la notte in cui Samantha venne uccisa?- Gray fu diretto, preferì non girarci intorno.
L'uomo fece una breve risata. -Cosa c'è, questa domanda la fa ridere?- chiese Benson.
-No, assolutamente no. E' solo che sono molto stanco e pensavo che le vostre domande sarebbero state...diverse.- disse strofinandosi gli occhi con le mani.
-Beh, si sbagliava. Mi dispiace che lei sia così stanco, ma qualsiasi domanda le faremo la porterà a riflettere bene perché dovrà tornare indietro di trent'anni.- rispose Gray.
-Trent'anni...ne è passato di tempo.- l'uomo si guardò attorno. -Avrei così tante cose da raccontarvi.
-Cominci, allora.- lo incitò nuovamente Gray.
-Qui a New York, nel mio campo lavorativo, sono famoso per avere una grande memoria. Non dimentico niente di niente, lo sapevate questo?- chiese agli agenti.
-Ne abbiamo sentito parlare.- rispose Tristan.
-Ho così tanti ricordi, e quella notte è uno dei più nitidi, quasi fosse successo solo ieri.- Brandon continuava a girare attorno all'argomento senza mai volerne parlare realmente. -Samantha ed io eravamo più che amici, credo che questo lo sappiate già, sennò non sareste venuti qui.
-Si, sappiamo anche che lei non ne era poi così innamorato. Le ha spezzato il cuore più volte di quanto possa farlo qualsiasi essere umano, eppure Samantha tornava sempre. Come la fa sentire tutto questo?- a Gray non andava per nulla a genio questo signor Griffith e voleva scoprire ogni cavillo, ogni segreto che nascondeva nella sua mente e nella sua casa super lussuosa. 
-Un verme, Samantha non meritava tutto quel dolore, ma a quell'epoca ero uno studente sciocco che ambiva solo al successo.- rispose Brandon.
-Ma come può aver successo un ragazzo che ha già una famiglia in così tenera età?- le parole che uscirono dalla bocca di Mark furono quasi come un tornado. Dall'espressione che Griffith aveva sul volto era facile intuire che Gray aveva colpito nel segno. -Ho detto qualcosa di sbagliato?
-Come fa a saperlo?- furono le uniche parole che Brandon riuscì a pronunciare.
-Non so se prima ha guardato bene il distintivo che le ho mostrato. Sono un agente dell'FBI, so tutto quello che c'è da sapere, o quasi.
-Signor Griffith, suppongo che sua moglie non sappia di Samantha, o meglio, non credo sia a conoscenza del fatto che lei e la povera vittima eravate molto intimi mentre la sua consorte portava in grembo quello che ora è il suo primogenito.- Brandon strabuzzò nuovamente gli occhi ascoltando le forti parole dell'altro agente. -Come pensavo. Quindi credo le convenga cominciare a parlare a meno che non voglia che sua moglie ascolti tutto quanto, non so quanto le gioverebbe. 
-D'accordo, da dove posso cominciare... Conobbi Samantha il primo giorno di università, frequentavamo lo stesso corso di anatomia. Era una ragazza brillante, spigliata, simpatica e genuina. Con lei era impossibile non ridere. sapeva sempre come prendere la vita dal verso giusto e trasformare anche le giornate peggiori in qualcosa di bello da ricordare. Avevamo un certo feeling, ci capivamo al volo e la sua compagnia mi faceva sentire un uomo diverso. Il problema è che avevo due vite: quella con Amanda e quella con Samantha. In un certo senso ero fortunato che la mia ragazza non frequentasse la mia stessa università, sarebbe stato difficile. 
Non avevo mai detto a Sam di essere fidanzato, né tantomeno che la mia ragazza aspettasse un figlio e che quel bambino era anche mio. Passarono tre mesi e io e lei eravamo sempre più intimi. Samantha mi aveva detto di essersi innamorata di me e non le nascosi che anche io lo ero. Ovviamente c'erano delle complicazioni riguardo i nostri appuntamenti. Non la portai mai a casa mia dato che Amanda abitava da me e dovevo sempre trovare delle scuse plausibili. Cercavo sempre di portarla fuori città o in posti in cui non potessero riconoscerci. Raramente andavo nel suo appartamento. Amanda era al settimo mese di gravidanza e non aveva la forza di frequentare l'università. Passava molto più tempo a casa ed io, avendo la scusa delle lezioni, rincasavo sempre tardi senza destare sospetti. Un giorno però, la pacchia finì. Amanda mi aveva quasi scoperto, stava per capire che c'era un'altra donna nella mia vita, e questo mi terrorizzò a tal punto da troncare la relazione con Samantha. Evito di raccontare le esatte parole che disse, ma posso dirvi che lei si infuriò e pianse e mi pregò di non lasciarla, ma la paura prese il sopravvento. Un mese dopo, la storia fra me e lei era ricominciata, ma avevo ugualmente paura e non la trattavo più nello stesso modo. Era sempre un prendi e molla, finché Sam non scoprì tutto. Eravamo andati fuori città in un locale che aveva aperto da poco; lei era andata in bagno ed io avevo ordinato da mangiare, quando sentii una voce familiare chiamarmi. Mi girai e a pochi metri da me c'era Craig, un amico mio e di Amanda. Lui non era a conoscenza della tresca che avevo con Sam e si sedette al tavolo con me cominciando a farmi domande. Mi chiese come mai ero lì tutto solo, perché non ero con la mia ragazza e poi mi chiese come stava il bambino e fra quanto avrebbe partorito Amanda. Quando fece quella domanda sbiancai in volto perché notai che Sam aveva sentito, era dietro Craig. Mollai il mio amico e le corsi dietro. Ricordo che mi urlò contro, disse di odiarmi, che voleva solo cancellare tutto quello che c'era stato fra noi, che ero un verme e che avrebbe detto tutto ad Amanda. Io ero terrorizzato, non sapevo cosa fare.
-E così decise di ucciderla. Pensò che quella era l'unica soluzione.- lo aggredì Benson.
-No!- si affrettò a dire Brandon. -Non è andata così. Quando assimilò la notizia e superò lo shock, venne a cercarmi. Mi disse che era innamorata di me e non poteva starmi lontano, non riusciva a cancellarmi, c'ero solo e soltanto io. Disse che avrebbe fatto di tutto, che avrebbe finto di non conoscermi, che era disposta a tutto pur di stare con me. 
-A tal punto da accettare il bambino...- disse sottovoce Gray. 
-Cosa?- chiese Griffith non avendo sentito le sue parole.
-Niente, pensavo fra me e me.- rispose l'agente scusandosi. -La prego, continui.
-Fu difficile parlarle ma le dissi che il bambino era nato ed io e Amanda dovevamo occuparci di lui e non potevo più stare per così tanto tempo fuori casa. Che finalmente ero felice e volevo che mio figlio crescesse in un ambiente tranquillo e pieno d'amore. Lei non riusciva a capacitarsene e mi pregò, si mise persino a piangere, ma io dovetti dirle che era finita, che per il bene del bambino e della mia famiglia, tutto quello che c'era stato fra noi sarebbe dovuto rimanere solo un lontano ricordo. Dopo quella notte, non la vidi più. Avevo smesso di andare a lezione, con il bambino da accudire e una famiglia da mandare avanti dovetti cercare un lavoro. La sera in cui Samantha venne uccisa mi trovavo a Boston, a casa dei genitori di Amanda. Per loro era stato difficile da accettare, ma erano felici di avere un nipotino e ci accolsero a braccia aperte, a differenza dei miei, che non mi rivolsero la parola per sei lunghi mesi. Quando ricevetti la notizia della sua morte rimasi sconvolto e piansi. Chiesi scusa ai genitori di Amanda e senza pensarci due volte, presi l'auto e corsi a New York. Ci misi quasi quattro ore ad arrivare, ma la polizia non era ancora andata via. Non entrai in casa, c'era troppa gente e anche la coinquilina di Sam, Julie Hill e lei mi odiava davvero. Rimasi sul pianerottolo in penombra a guardare dentro l'appartamento e pochi minuti dopo, andai via. Camminai per circa un'ora a piedi e mi sedetti su una panchina, su quella che era stata la nostra panchina e ricominciai a piangere come un bambino e mi pentii amaramente di averla abbandonata così, di non averle più scritto anche solo per chiederle come stesse procedendo la sua vita e me ne pento tuttora. 
Non dissi mai a mia moglie cosa c'era stato tra me e Samantha, le raccontai solo che era una mia grande amica e mi aveva aiutato molto nel corso dei miei studi. 
Quando finalmente mi stabilii economicamente, tornai all'università per finire gli studi, quelli che Samantha non aveva nemmeno potuto assaporare realmente, mi laureai e ottenni diversi riconoscimenti e credo che lo feci soprattutto per lei. Sono stato uno stronzo con quella ragazza, avrebbe potuto rovinarmi raccontando la verità ad Amanda ma ha preferito che fossi felice, che mio figlio fosse felice. Ed io per lei cosa ho realmente fatto? Sapete, c'è una cosa che non vi ho detto, qualche giorno prima mi aveva mandato dei messaggi dicendo che si sentiva sempre osservata e seguita da qualcuno ma io non le risposi mai. Se l'avessi fatto lei sarebbe ancora viva, avrebbe una bellissima famiglia, un lavoro che le avrebbe portato tante gioie e un marito che l'avrebbe amata più di chiunque altro al mondo. Samantha meritava tutto questo ed in parte sono stato io a portarglielo via. Non mi perdonerò mai per quello che le ho fatto, mai.- l'uomo fece un lungo sospiro. -So che può sembrarvi strano, ma Samantha era importante per me. Non l'avrei mai uccisa.
-Bene, tutto quello che ha raccontato è molto importante al fine delle indagini. Non c'è nient'altro che ricorda? 
-No, credo di avervi raccontato tutto quello che volevate sapere.- rispose l'uomo. -Agenti, fra poco mia moglie sarà di ritorno, non ho molto tempo.- ammise Griffith. 
-Signor Griffith, ci sono tante cose che vorrei dirle e chiederle, ma anche per noi si è fatto tardi, quindi le chiederò solo un'ultima cosa.- disse l'agente Gray. -Ha idea di chi fosse questa persona che aveva spaventato Samantha?
-No agente Gray, non ne ho idea. Ho cercato di capirlo ma lei era una persona così buona, non ho idea di chi potesse odiarla a tal punto.- rispose l'uomo.
-D'accordo. La ringraziamo per essere stato disponibile ma sappia che è ancora sulla lista dei sospettati. Non lasci la città per alcun motivo, avremo ancora bisogno di lei.- i due agenti si alzarono e Griffith li accompagnò alla porta. 
-Farei di tutto per scoprire l'assassino di Samantha. Contate su di me.
-Senza alcun dubbio. Buona serata signor Griffith.- Gray e Benson salutarono l'uomo e si diressero verso l'ascensore.

-Credi stia mentendo?- chiese Benson a Gray.
-No, era sincero e anche molto pentito e spaventato, ma non è stato lui a fare del male a Samantha.- rispose Mark.
-Però nasconde anche lui qualcosa e so che è dietro quel quadro con i girasoli.- disse Tristan con sguardo crucciato. -Hai notato che è l'unica parete con un dipinto? Non c'è nient'altro, solo un quadro. Sulle altre pareti invece ci sono riconoscimenti e articoli vari.
-Mh, ottima osservazione. E cosa credi che ci sia lì dietro?- chiese Gray.
-Una casa così grande, così piena di oggetti preziosi dovrà pur avere un sistema di sorveglianza molto costoso e super tecnologico. 
-E tu sei convinto si trovi dietro quel quadro?- Mark cominciava a credere che Tristan non avesse poi così torto.
-Ci sarà sicuramente una telecamera anche lì, o una cassaforte o qualcosa di più. Magari una porta che si apre su un'altra stanza segreta o cose del genere.
-Ehi, vacci piano James Bond. Non è detto che nasconda qualcosa lì dietro, sarebbe troppo evidente e poco prudente, non credi? Potrebbe essere una trappola, un diversivo. Ciò che pensi tu potrebbe nascondersi dietro uno di quegli articoli appesi sul muro di fronte. Oppure potrebbe avere una stanza a parte che tutto è tranne che segreta.- disse Gray frenando l'euforia di Tristan.
-E' possibile...- ammise lui. -Dovremmo procurarci un mandato.
-Si, ma ormai è tardi. Domani mattina parleremo con Parker. Spero solo di risolvere questo caso il prima possibile. Se entro due mesi non troveremo prove sufficienti il capo lo chiuderà definitivamente.
-Sta tranquillo Mark, ce la faremo.
 

Quando Mark rincasò, sua moglie si era addormentata sul divano con un libro in mano. Si avvicinò per darle un bacio e lei si svegliò di soprassalto. -Mark! Mi hai fatta spaventare. Non ti ho sentito rientrare.
-Questo perché sono un ninja.- disse lui ridendo.
-Si certo, un po' impacciato però. Come mai sei tornato così tardi?- sua moglie si sedette e lui si mise accanto. 
-Io e Tristan siamo andati ad interrogare un amico di Samantha.
-E avete scoperto qualcosa di interessante?- chiese lei.
-Più o meno. Tu invece che hai fatto?
-Lavorato, lavorato e lavorato. Il mio capo per ora sembra avercela con me, mi fa fare di tutto, dalle fotocopie al caffè. Non ne posso più, non sono arrivata da due giorni.- si lamentò la donna.
-Amore, mi dispiace così tanto. Posso fare qualcosa per sciogliere tutti questi nervi?
-Direi proprio di si.- rispose lei avvicinandosi e stendendosi sulle sue gambe.
Mark cominciò a carezzarle i capelli, poi si chinò e le diede un bacio. -Ti amo. 
-Ti amo anche io.- la moglie si alzò e ricambiò il bacio. -Oh, quasi dimenticavo, oggi è arrivata posta per te.- Grace si mise in piedi e andò in cucina a prendere una busta con il nome di Mark. -Eccola.
-Mh, strano, non conosco questo indirizzo.- disse Mark rigirando la busta fra le mani. La aprii e leggendola sbiancò in volto.
-Amore, che succede. Cosa c'è scritto?- chiese la moglie preoccupata dall'espressione del marito. Notando che non riusciva ad aprire bocca gli sfilò la lettera dalle mani e la lesse.
"Chi cerca, trova...la morte. Non continuare a scavare se tieni alla tua cara mogliettina, potrebbe essere la prossima."

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Ecco a voi il nuovo capitolo :) fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere xx

-Vals💕

   
 
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