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Autore: Gwenhwyvar    17/10/2016    0 recensioni
Dal testo:
Romano. La sua mente si concentrava su quel lemma, come se fosse una parola “chiave” utile per memorizzare pagine di libri di testo che non ha voglia di studiare
* * * *
Lupa fissò la ragazza davanti a sé e rifece il suo sorriso lupesco, che aveva un che di inquietante, illuminato solo dalla luna. – Hai capito la risposta alla domanda che ti sei fatta per tutto il tuo soggiorno qui
* * * *
‘Sempre a testa alta’
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frank Zhang, Hazel Levesque, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Reyna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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HELLO EVERYBODY!
Sono sparita per un po’ di tempo ma a mia difesa posso dire che era per una buona causa perché  facevo qualcosa di socialmente utile  e non stavo facendo cose tipo recuperare mille serie televisive con cui non sono al pari perché sono uscite pure delle nuove stagioni (ma poi quando mai una fan girl riesce ad essere al pari con le serie tv?), inoltre ne ho cominciate altre ed eccomi qui con tutta la mia sanità mentale.
In verità potevo pubblicare giorni fa ma a quanto pare EFP ha avuto problemi e ho dovuto sistemare. Ma eccomi qui.
Questo capitolo avrà una nuova atmosfera, non piacevole per i nostri eroi ma dovevo pur dare una smossa alla trama. Avevamo lasciato che partivano tutti per tornare a casa dalle famiglie perle feste natalizie.
Ho letto molte fanfictions dove i semidei festeggiano il Natale ma mi sono fatta i complessi lo stesso da brava ragazza, quindi vi romperò le scatole.
Quindi, avevo già scritto nel capitolo precedente che il Campo Giove porta con sé tracce di altre culture e altre epoche oltre quella greco-romana. Dovendosi sempre spostare nel corso dei secoli in contesti sociali dove la religione principale era il cristianesimo, ha assorbito alcuni dei valori Natalizi, considerato che la maggior parte dei ragazzi che frequentano il Campo Giove sono nati a Nuova Roma.  Magari non Babbo Natale ma il valore della famiglia, quello si.
E poi dai, fanno i militari per gran parte dell’anno (non penso proprio che il Campo duri per i più solo d’estate come il Campo Mezzosangue, dato che il loro addestramento è proprio quello di un esercito. O così mi ha fatto capire Rick.)
 
Ora che ho finito di esporre i miei pensieri, vi chiederete “Ma cosa me ne frega, a me?”.
Avete ragione, tutto ciò era per dirvi che quel periodo che manca lo scriverò per Natale, sperando che mi ispiri. Ma lo scriverò (sento in agguato gli eventuali sensi di colpa, okay).
Dovevo fare l’annuncio e mi sento troppo la BBC, ye.
 
Detto questo non devo rompere più le scatole, e ora godetevi la lettura, o almeno spero lo facciate.
Au revoir,
Gwenhwyvar.



 

Capitolo 7- Looking for you



Emma scese dal suo mezzo di trasporto, ovvero una bicicletta mezza arrugginita che una persona molto gentile le aveva prestato. Si, insomma si è messo a urlarle contro improperi di ogni genere e inseguirla per strada ma la gentilezza era sempre qualcosa che le scaldava il cuore. Come la prima volta che aveva percorso tutta quella strada, era inseguita da un mostro e purtroppo per loro ormai sapeva come rimandarli da dove erano venuti.
Si sistemò la sciarpa intorno al collo poiché si era impigliata con la catena e pose le mani sul manubrio, spingendo verso l’entrata del Campo Giove. Al solito, vi erano due guardie che stazionavano l’ingresso.
Quando arrivò una delle due le chiese di identificarsi. Emma mostrò la targhetta del probatio (non era un membro ufficiale della Legione ancora). I due si scambiarono un’occhiata ed Emma percepì tutta la sua iperattività inondare ogni singola cellula del suo corpo mentre un allarme risuonava nella sua testa.
<< C’è qualcosa che non va?>> trovò il coraggio di chiedere quando una delle due guardie nascose la mano dietro di sé come se volesse prendere qualcosa nella tasca posteriore dei suoi jeans.
Tutto nella figlia di Bellona la allarmava del pericolo ed Emma indietreggiò verso la bici dove teneva il suo pugnale. L’altra guardia si gettò su di lei, bloccandola per terra e cercò di chiuderle la bocca e il naso ricevendo solo un morso. Urlò di dolore e reagì  molto violentemente, facendole sbattere la testa contro il terreno e poi chiudendole di nuovo bocca e naso con una sola mano, nel tentativo di farle perdere i sensi, aiutandosi con l’altro braccio, premuto contro il collo.
La realtà si mise a vorticare, il ragazzo corpulento che l’aveva aggredita, il minuscolo pezzo di cielo che riusciva a scorgere, e l’altro ragazzo che spargeva su di lei una polvere. Si sentiva dissolvere, come si dissolvevano l’istinto di urlare (a chi poi?) e il bruciore dei suoi polmoni non più a corto d’aria.
 
 
 
Non molti giorni dopo
 
Il Campo Giove aveva ripreso le tipiche attività dopo la pausa invernale che aveva portato molti semidei dalle loro famiglie mortali. Semidei che erano ritornati disciplinatamente al giorno prefisso mentre altri non si erano fatti sentire.
Reyna aveva pensato a dei ritardi, specialmente per chi doveva prendere l’aereo eppure si erano passati troppi giorni e di questi semidei non si sentiva alcuna traccia.
L’atmosfera nel Campo era grave, perciò, e i segni di irrequietezza erano sempre più visibili. I romani saranno pure disciplinati però quando tiri troppo la corda rischi una rivolta. C’erano capitoli e capitoli di storia dell’ Antica Roma, nonché di Nuova Roma, che rendevano chiaro tutto ciò.
Stavano aspettando troppo.
 
 
 
Quella mattina era particolarmente silenziosa. Persino la Quinta Coorte che insieme alla Terza erano quelle che si erano più fatte sentire era molto calma.
La Quarta Coorte aveva avanzato le proteste tramite i suoi centurioni e sempre per loro volere aveva mantenuto un comportamento ‘decoroso’. Alexander voleva urlare.
Tra le persone che non si erano più viste né fatte sentire vi era Emma e pensare a lei e al modo in cui si erano salutati lo stavano facendo impazzire.
Emma aveva scoperto della ragazza ubriaca che lo aveva baciato, o meglio la stessa ragazza gli era saltata addosso davanti a lei. Quando si era staccata da lui, la figlia di Bellona aveva uno sguardo piatto e aveva commentato che non gli conveniva fare il playboy con due ragazze e che questo genere di cose finiva sempre male. Alexander aveva pensato che un bagno nel ghiaccio sarebe stato talmente caldo in confronto da farlo sudare.
Poi lei se n’era andata a Santa Rosa con chissà quali pensieri in testa, mentre lui era ritornato da sua sorella a Nuova Roma.
Ora gli veniva imposto di mantenere la calma. E lui rimaneva calmo quando dentro di sé gridava quasi come se, in virtù di chissà quale legame speciale, potesse farsi sentire da lei. E lei non poteva. Nessun’ altro poteva.
Avevano appena finito la colazione quando Reyna, ora all’impiedi sulla sua sedia, richiamò l’attenzione come solo un leader sapeva fare.
<< Oggi le vostre attività si concluderanno alle cinque e mezza. Dalle sei in poi, farete una riunione di Coorte che vi riferiranno ciò di cui discuteremo in Senato. L’assemblea inizierà fra un’ora e mezza. Dopo la colazione, le Coorti che ne sono privi di uno o più rappresentanti in Senato, sono chiamati a sostituirli in questo lasso di tempo. Buona giornata.>> disse, il tono formale e duro come non lo era da tempo. O perlomeno era stato comunque formale e duro, il modo in cui Reyna si atteggiava quando lavorava, però sembrava meno umano rispetto a quell’ultimo e sereno periodo di tempo che il Campo Giove aveva avuto. Ricordava a lui, e a tutti probabilmente, il difficile periodo in cui Reyna era l’unico pretore.
Dopo che Reyna voltò le spalle a tutti e si avviò fuori dalla mensa, Alexander fece la stessa cosa, dirigendosi verso le fucine.
Il cielo era coperto di nuvole troppo addensate, plumbee, promettevano pioggia.
Il figlio di Vulcano volse lo sguardo verso i prati che si estendevano aldilà del ciglio del suo sentiero, composti da erba congelata dal freddo e che conferiva un verde smorto che aumentava la sensazione che quell’oggi tutto agli occhi di Alexander fosse sbiadito.
Quando si chiuse dietro di sé la porta del suo studio, sentì qualcosa pungergli gli occhi. Quel posto gli ricordava lei, quell’intimità che era nata tra loro e che lui aveva rovinato. Non era esattamente pratico per quanto riguarda il settore della socializzazione però non bisognava essere laureati per capire che Emma aveva non pochi problemi di fiducia. Quanto si sentiva idiota!
Prese una chiave inglese, ancora convinto di poter lavorare, per poi lanciarla contro il muro improvvisamente, incosciamente. Si ritrovò a terra a fissare la chiave inglese come se l’oggetto stesse esercitando un sortilegio ipnotico.
Nella sua mente un solo pensiero, come una nave in mezzo alla tempesta.
 
 
 
Quel giorno, Lucas aveva finito prima, e si stava esercitando con il tiro con l’arco quando decise che non ne poteva più. Non riusciva ad esercitarsi, non ne aveva la concentrazione, tanto valeva che la smettesse di fare l’ipocrita.
Si era messo a passeggiare sperando di passare per una persona cerca qualcosa da fare. Quando voleva avere turno in infermeria quella mattina! In quei giorni, chi controllava che i nullafacenti fossero occupati erano più fastidiosi e petulanti del solito. Ordini dall’alto: tenere tutti occupati e impedire di ficcanasare. E la voglia di ficcanasare era alle stelle.
<<  Per questo pomeriggio abbiamo un posto vacante in infermeria, sei disponibile per dopo pranzo?>> domandò lo spirito viola di un infermiere di campo dell’ epoca della guerra d’indipendenza americana.
<< Sicuramente>> rispose mantenendo il contegno che i centurioni gli imponevano. Andava mantenuto soprattutto con i Lari, quelli che nel campo avevano occhi e orecchie ovunque.
Quando egli sparì Lucas dovette reprimere la gioia. Comportarsi in quel modo diventava sempre più complicato.
Passò l’area in cui Michael si allenava solitamente a quell’ora, prima della pausa pranzo. Perse tempo ad ammirarlo, a guardare i suoi fluidi movimenti mentre si accaniva contro un manichino nonostante uno dei Lari, uno di quelli con cui Michael faceva sempre amicizia, lo spostasse. In quell’accanimento vide la frustrazione e la tristezza che pervadeva il Campo in quelle grigie giornate invernali. Frustrazione per quel limbo che stavano vivendo notizie senza sapere niente sulle condizioni dei loro compagni. Come lui, gli altri delle altre Coorti si sfogavano sugli allenamenti ma anche in tanti altri modi come scrivere, disegnare o comporre. Lucas li invidiava.
I loro centurioni avevano vietato ogni forma di protesta, loro stessi sono stati calmi e pacati come delle statue. Persino Leila che si preoccupava per tutti si era comportata in un modo impassibile.
Quando il figlio di Apollo incrociò gli occhi dell’altro, il cui colore rispecchiava l’atmosfera grigia di quella giornata invece del consueto color acquamarina, non pensava di poter vedere un tale sollievo in una persona. I suoi occhi, chiari se si sapeva leggerli altrimenti indecifrabili, potevano quasi esprimere quel concetto in un modo diverso dalle parole. Lucas si sentiva investito e avvolto dal sollievo che il figlio di Venere stava provando.
<< Oggi hai turno?>> chiese Michael velocemente, sembrava di fretta.
<< Si.>>  rispose.
<< Ore?>> domandò nuovamente l’altro ragazzo.
<< Perché?>>
<> disse semplicemente con  un’ aria di segretezza. Lucas alzò un sopracciglio come dire “Sul serio?”
<< Il turno è dopo pranzo>>.
<< Perfetto, potrei non stare troppo bene verso quattro e mezza. Ci si vede!>> e si allontanò.
Lucas lo guardò allontanarsi. Era da quando tutto era cominciato che non avevano una bella e lunga chiacchierata dove loro potevano sedersi agli occhi di tutti e parlare. Da quando tutto ciò è cominciato, le coorti non facevano che incolparsi a vicenda. Si era persino arrivati a episodi di violenza. E il Campo si era frammentato, come del resto spesso nella storia romana accadeva.
 
Di Michael nessuna traccia, si erano fatte le cinque in punto e il sole stava tramontando. Non che facesse un gioco di luci particolare, c’erano stato nuvoloni per tutta la giornata, aveva piovuto, aveva anche nevicato ma la neve si scioglieva subito appena toccava il terreno. Soltanto alcuni figli degli dei del vento se ne erano accorti o semidei molto attenti, agli altri sembrava tutta pioggia.
Pensò che Emma sarebbe stata abbastanza attenta da accorgersene. Il pensiero lo rese malinconico.
Si affacciò e vide, dietro a delle nuvole un po’ più chiare delle altre, raggi gialli che illuminavano la terra. Non la riscaldavano e risultavano pallidi.
A Lucas piaceva pensare che Apollo volesse cercare di regalare un attimo di gioia in quelle giornate tetre. Sempre alle cinque, sempre al tramonto. Era un appuntamento regolare per lui che da quando era stato riconosciuto aveva potenziato un calendario interno regolato dal movimento degli astri. Di notte non era molto preciso e non aveva modo di affinare questa capacità però sapeva sempre che ora era.
Arrivano tre ragazzi, due di loro aiutavano il terzo, in un secondo momento si rese conto che si trattava di Michael, ad arrivare in infermeria. Corse dentro a preparare il posto per l’infortunato.
<< Potete andare, ci penso io>> disse Lucas agli altri due e cominciò a preparare l’occorrente. Gli altri due si rivolsero agli altri ragazzi dell’infermeria. Poi sparirono tutti e quattro. Apparvero nuovamente per un breve momento e di corsa uscirono fuori con una barella. Aveva capito che avrebbe fatto in modo di star male per arrivare lì ma non che avrebbe fatto una rissa!
<> lo stuzzicò il figlio di Venere quando i suoi compagni si furono allontanati. Era tutto malconcio, sudato e sporco di terra nonostante tutto aveva un luminoso sorriso stampato in volto. Ma certo che lo aveva aspettato.
<< Parla ancora e ti faccio guarire come un mortale>> borbottò invece cominciando a pulire le ferite.
<< Ti vedrei più spesso >>
Lucas sentì le sue ginocchia tremolare ma decise di rimanere calmo e cauto.
Passarono due infermieri con una barella e un ragazzo più malmenato di Michael. Li guardò per poi ritornare al suo lavoro.<> lo minacciò.
Il sorriso impertinente, quel meraviglioso sorriso, si spense e diventò pallido. << Abbi misericordia di me>>.
Stacey era una ragazza della Seconda Coorte che aveva un cotta per Michael. Era stata depressa per un periodo, gli aveva detto Michael, perché gli aveva detto che era gay e per un po’ la ragazza lo aveva lasciato in pace. Una volta incontrò una delle ex ragazze del figlio di Venere e aveva scoperto che effettivamente Michael aveva delle ex ragazze e dunque non disdegnava affatto il genere femminile.
Lucas si era messo a ridere di questa storia però poi aveva scoperto perché il ragazzo dai capelli castani la trovava inquietante. Quando capitava che si trovasse nei paraggi di Stacey lei gli lanciava uno sguardo omicida. In infermeria, aveva il terrore che lo uccidesse con un bisturi o con una siringa.
Pensò con terrore che oggi era lei che stava sostituendo e che appena avesse saputo che aveva mancato l’occasione di curare Michael, avrebbe dovuto andare dai pretori e ottenere un’ordinanza restrittiva. O chiuderla in manicomio, una come quella si fa le beffe dell’ordinanza restrittiva.
<< Ora capisci anche tu il mio problema >> e Michael lo guardò con il terrore negli occhi.
<< Mi chiedo perché non l’hai ancora denunciata per atti persecutori>>
<< Potrebbe eludere qualsiasi cosa. L’altro giorno ho perso un paio di boxer. Uno dei Lari ha detto che la sera prima quando ancora non ero entrato nella coorte, lei si aggirava nei dintorni della mia stanza. E in effetti quella volta usciva dal dormitorio maschile! Ma passando a cose più importanti: come stai?>> chiese Michael come se non fosse lui quello malmenato.
<< Secondo te come dovrei stare?>> gli disse Lucas, il tono piatto.
<< Sembrate tutti così calmi alla Quarta Coorte, non capisco come fate. Io ho dovuto fare a botte con un tizio.>> asserì il ragazzo dagli occhi verdi e in quegli occhi vi lesse un po’ di ribrezzo ma anche invidia.
<< Sembriamo.>> ripeté il figlio di Apollo, la voce sempre più piatta, grigia. Come poteva una voce essere grigia? Tutto era grigio quell’oggi, lo era anche ieri e tutto ciò agli occhi suoi pareva durare per sempre.
<< Vi tengono al guinzaglio. La vostra è l’unica coorte a non aver causato problemi. Se prima gli insensibili erano quelli della Prima adesso siete voi. Tutti hanno gli occhi e non tutti sanno usarli.>> affermò e Lucas lo guardò negli occhi.
Gli occhi di Michael erano un riparo sicuro, Lucas poteva dire tutto quello che gli pareva e loro l’avrebbero custodito.
<< Dimmelo, fammi curare il tuo cuore.>> e Michael confermò quello che il figlio di Apollo aveva pensato poc’anzi.
<< Ho … paura. Sono terrorizzato. Passò giorno e notte a tormentarmi. E se succedesse ad Allison? Oppure a te?>> sentiva il battito del suo cuore rimbombare nelle orecchie. Il respiro era affannoso. Il figlio di Venere aspettava con i suoi occhi limpidi, le guance rosse per un po’ di ambrosia in eccesso
<< Mi manca anche Emma. Chissà cosa sta passando. Era meglio che non prendessero lei. Avrebbe capito chissà quante cose. Perché non possiamo sfogare i nostri sentimenti? Lei avrebbe osservato i comportamenti dei centurioni, dei pretori e degli altri e si sarebbe fatta un’idea. E’ sempre meglio di questo limbo, un’idea anche sbagliata. Sarebbe stato meno spaventoso.>> si sfogò e  strinse il lenzuolo del letto dove era sdraiato Michael, senza guardarlo. Sentì la sua coprire la propria e accarezzarla.
Rimasero fermi per un po’.
A Lucas venne in mente una domanda. Guardò il suo interlocutore per un po’ prima di pronunciarla. I capelli erano scompigliati e sporchi di terra ma per il resto era abbastanza pulito. La carnagione un po’ più scura della propria era priva della maggior parte di lividi che aveva all’inizio. Aveva ancora molti lividi in faccia, eppure rimaneva la persona più bella, esteriormente quanto interiormente, avesse mai incontrato. << Ne è valsa la pena? Farsi picchiare per parlare con me>> gli domandò.
<< Non l’ho fatto solo per te. Ho preso due piccioni con una fava. Ne vale la pena, si, lotterei di nuovo. Forse meglio evitarlo ma tutto ciò non è niente in confronto alla prospettiva di …>> e gli si bloccò la voce in gola.
Suonarono le campane per l’adunata.
<< Andiamo. Ti aiuto io, puoi dormire nella tua camera alla fine. Ci è stato detto di tenere meno persone in infermeria per non indebolire la guardia.>>
Il tragitto fu silenzioso. Quando arrivarono davanti alla Seconda Coorte, prima che Lucas affidasse l’altro ragazzo ad un suo compagno, gli disse: << Sei una persona buona, altruista, riesci a curare chiunque in tutti i modi. Ho bisogno che tu stia vicino ad Alexander per me. Nonostante tutto a lui Emma piaceva davvero.>>
Lucas ridacchiò. Michael fece un’ espressione confusa. << Cosa?>> chiese.
<< Sei anche tu una persona altruista. Cerchi anche tu sempre di aiutare gli altri però non cerchi mai aiuto per te stesso.>> affermò il figlio di Apollo.
Lo guardò negli occhi ma non ne vedeva il colore. Erano come il mare che specchiava il cielo sopra di sé. Però erano un mare che non poteva essere esplorato.
<< Ci si vede, Lucas>> lo salutò Michael e poi gli voltò le spalle e si avviò nella sua coorte.
Lucas si voltò quasi subito. Voleva subito tornare nella sua coorte, nella sua stanza, far preparare tutti gli altri per la notte prima di lui per restare solo in bagno.
Quando entrò nella sala comune della sua coorte, trovò Miguel e Leila che discutevano fra di loro.
<< Non puoi andare in camera tua>> sentì Allison informarlo. Allison cantava come sempre, non poteva smettere, ma lo faceva sottovoce come se pregasse e fosse in costante connessione con una divinità. Ultimamente lei e Candace si recavano sempre sulla collina dei templi, sempre in due (uscire da soli era proibito oltre il coprifuoco, lui stesso  avrebbe potuto correre dei rischi se non ci fossero state sentinelle a guardia al Campo) e nessuno sapeva cosa ci andavano a fare. Candace restava ammutolita, la testa altrove e lei la testa altrove non ce l’aveva mai. Ora era poco distante da loro e guardava i centurioni.
<< Perché non posso?>> chiese Lucas.
<< Riunione della coorte.>> solo questo disse e poi ammutolì.
La riunione iniziò quando tutti furono rientrati. Uno degli ultimi fu Alexander dall’aspetto più trasandato che mai. Si guardava intorno come se faticasse a riconoscere il luogo. Era preoccupante il suo modo. Anche Candace lo guardava con uno sguardo pensieroso.
Forte di quello che Michael gli aveva chiesto, andò a sedersi vicino a lui mentre Allison rimase vicino Candace quindi non si trovavano troppo lontani.
Leila richiamò l’attenzione. Aveva l’aria stanca come anche Miguel ma con la differenza che lei per un periodo era stata abituata a tutto ciò. Miguel era subentrato  dopo la guerra di Gea e la sua carica l’aveva vissuta in un periodo di pace. Il suo sguardo era assorto e fisso in un punto della stanza. Coincideva con capelli rossi, pelle bianchissima e occhi cerulei- violacei. La guardava come per dire “Per lei posso ancora resistere”.
<< Oggi abbiamo avuto, come ben sapete questa riunione. La maggior parte di voi sanno cosa vogliono dire. L’anno scorso è stato difficile, un nemico che avanzava e una serpe in seno che aveva preso il comando. E’ stato chiaro fin da subito che loro ci conoscono. E sappiamo tutti che se conosci il tuo nemico, sai come distruggerlo. Per questo vi è stato chiesto di stringere i pugni. Non è stata tutta fatica vana. Miguel vi spiegherà perché.>> dichiarò Leila.
A Lucas venne d’istinto di voltarsi verso Alexander in cerca di una qualche reazione. Lui di tutto quello che stava succedendo ne soffriva come pochi. La ragazza di cui era innamorato era dispersa e non si erano salutati nel migliore dei modi. Doveva essersi incolpato prima e ora, lo capiva, si stava condannando. Ecco perché Michael gli aveva chiesto di prendersi cura.
Miguel prese la parola. << So che vi abbiamo chiesto, che vi ho chiesto, qualcosa di difficile. Abbiamo tutti perso qualcuno. Ci tengo a precisare che Leila non era d’accordo con questo mio piano e si è vista costretta ad attuarlo in quanto non avevamo alternative. Ed ora rispondetemi, cosa abbiamo mostrato?>>
Qualcuno mormorò qualcosa. Così altri ragazzi.
<< Abbiamo mostrato affidabilità e la fredda disciplina che per codice di comportamento ogni romano dovrebbe avere. Infine la rabbia, quella silenziosa di chi ha perso qualcosa e non aspetta altro che agire.>> affermò Alexander, sempre composto e sempre impassibile. Lucas non si aspettava un ’intervento da parte sua come nessun’altro che lo conoscesse d’altronde.
<< Giusto Alexander, infatti i pretori si sono fidati abbastanza da farci prendere le redini della situazione che gestiremo come meglio possiamo. Era questa la mia intenzione iniziale e se il mio piano dovesse rivelarsi pessimo sapete chi incolpare.>> dichiarò il figlio di Mercurio.
<< C’è qualcosa che non va o che non ci dicono >> osservò Candace che si era avvicinata a loro.
<< Cosa pensi che sia?>> le domandò Lucas.
<< Chiedilo a tua sorella, lei me lo ha detto. Per quanto mi riguarda sono d’accordo.>> disse Candace facendo spallucce.
<< Allison?>> allora fece il ragazzo biondo.
<< Non lo so, di solito non ci penso troppo a queste cose lo sai. Forse ho  Emma ha influito sul mio pensiero.>> borbottò la ragazza, le spalle ricurve, i capelli davanti, evitando di mettersi in mostra. Non era cosa da sua sorella, quella.
L’attenzione di tutti si spostò ad Alexander che ascoltava tacitamente la discussione. Candace sembrava decisa a rompere quel suo silenzio. << Interessante intervento. E neanche tu sei uno che si interessa più del necessario. Ancor meno uno stratega>>.
<< Ho partecipato alla resistenza quando Ottaviano era al comando, direi che mi sono interessato abbastanza in passato.>> rispose brusco Alexander, accarezzandosi la sua mano bionica.
<< Mi viene da pensare ad una sola persona, oltre Miguel, che avrebbe pensato ad una cosa del genere.>> continuò Candace.
<< Anche io. Ho provato a pensare come questa persona.>> e poi lanciò una breve occhiata agli occhi di Candace. Poi chinò ancora di più la testa (era un ragazzo molto alto ed erano pochi a guardarlo negli occhi) e si guardò la mano metallica.
Lucas decise di intervenire: << Smettiamola. Siamo tutti spossati e giù di morale. Adesso andiamo tutti a dormire, ordini del dottore!>>.
Doveva aver fatto una voce molto autorevole perché tutti si avviarono verso le proprie camere. E prima che fosse fuori dalla sua portata sentì sua sorella borbottare sommessamente: << E’ difficile dormire quando senti un qualcuno urlare>>.
 
 
 
 
Michael, a mente lucida, pensò che quella di scatenare una rissa per sfogarsi e per poter parlare con Lucas non era stata l’idea più brillante che poteva venirgli in mente. Come al solito le grandi idee non vengono mai quando sono richieste, quindi sdraiato sul letto si stava dando mentalmente dell’idiota. Si era fatto mettere in punizione e anche se i centurioni non avevano detto niente di che, era sicuro che l’azione stava per arrivare. E lui non avrebbe potuto parteciparvi perché la punizione di quella volta era stata molto severa.
Si rigirò sul letto, schiacciando la faccia contro il cuscino, per poi rivoltarsi nuovamente perché non riusciva  a respirare. E di nuovo si dava dell’idiota.
E a ricordargli quanto era stupido ci pensarono i muscoli che gli facevano ancora male nonostante le cure di Lucas. E probabilmente fu quello il pensiero che lo fece addormentare.
Quando si svegliò una figura era seduta sul letto. Era ancora buio eppure quella donna era troppo bella da sembrare quasi luminosa. Non ci voleva un genio a capire che davanti aveva sua madre, la dea Venere. Di lei vedeva solo la pelle esposta, il resto era coperto da quello che pensava fosse un mantello scuro.
Venere quando appariva cambiava sempre forma diventando sempre più bella. In quell’apparizione invece aveva solo una faccia, una che somigliava alla sua, con gli occhi color acqua marina incastonati su una pelle lattea del viso a forma di cuore. Ciocche castane fuoriuscivano dal cappuccio del mantello.
<< Madre.>> sussurrò con la voce ancora impastata di sonno.
Venere sembrava intenerita. C’era anche ferocia nel suo sguardo, una ferocia che aveva ragione di credere che possedessero tutte le madri.
<< Sai, ti sto avvertendo perché non ho potuto avvertire un'altra persona. Sai già quanto l’amore porti dolore, tu lo hai anche inflitto, e adesso lo subirai, mio caro ragazzo.>> disse con una voce dolce e calda. Materna.
E materna era pure la mano che adesso gli scompigliava i capelli e gli accarezzava la guancia. Michael socchiuse gli occhi a quel tocco. Si sentiva come appagato da un bisogno e circondato da un amore che gli mancava da una vita.
<< Sei qui perché ti faccio pena >> mormorò il ragazzo, la voce ancora aveva il suono di quella di chi si era svegliato da poco e aveva tutte l’intenzione di riaddormentarsi.
<< Soffrirai però ritroverai qualcuno disposto a curarti. Gli ho già parlato, sai? Sarà lì per te e tu lo rifuterai. Non disegnarti un destino infelice. E’ questo che tua madre ti voleva dire.>> e lo spinse dolcemente verso il cuscino. La visione si faceva sempre più fumosa. << Adesso chiudi gli occhi, e ritorna a sognare.>> bisbigliò e Michael ritornò nella terra di Somnus.

 
   
 
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