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Autore: Bellatrixdulac    18/10/2016    1 recensioni
"L’ultimo figlio della morte bisognerà allora trovare
Colui che il Caos nel mondo è destinato a riportare"
Cassandra e Alexander sono due normali ragazzi nati e cresciuti in famiglie comuni. Durante una crociera, però, uno strano uomo si presenterà da Alexander raccontando di un mondo di cui lui sembra essere solo una piccola parte. Questo è solo il preludio, per i due ragazzi, all'evento che cambierà per sempre le loro vite e che li trascinerà in una realtà di dei e mostri, poteri e, soprattutto, pericoli, pericoli che non arrivano dai nemici ma dagli alleati in teoria più fidati...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hazel Levesque, Luke Castellan, Nico di Angelo, Nuova generazione di Semidei, Percy Jackson
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cassandra & Alexander e gli dei dell'Olimpo'
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Cassandra stava iniziando a godersi la compagnia dei fratelli.
L’ avevano accolta nella loro casa come se fosse sempre stata una di loro. Prima di andare a cena aveva avuto modo di parlare un po’ con William della storia del campo e poi, insieme ad altri tre o quattro fratelli, era stata portata in armeria per farle prendere un arco.
Avevano provato di tutto, ma il suo fisico minuto e poco potente le impediva di maneggiare la maggior parte degli archi.
I fratelli le avevano promesso che avrebbero trovato qualcosa e Cassandra non dubitava del fatto che almeno ci avrebbero provato, visto che avevano passato metà del pomeriggio a rovistare tra vecchi archi e a scansare ragnatele come se armare quella piccola semidea fosse la cosa più importante del mondo.
Come premio di consolazione le avevano trovato una faretra.
Non sembrava una tipica arma da figli di Apollo, frequentemente ricoperte d’ oro.
Era abbastanza semplice. Vi erano raffigurati un sole e una luna. In quel momento il sole brillava come se il disco fosse fatto di oro liquido e incandescente e Cassandra presumeva che probabilmente la notte avrebbe brillato la luna. Il resto della faretra era un mescolarsi di oro e argento, come il simbolo orientale fatto col nero e il bianco.
Uno dei suoi fratelli le disse che era una riproduzione di un dono che Artemide aveva fatto ad Apollo, ma Cassandra lo prese solo perché era bello, non tanto per il significato.
Tornati nella casa parlarono con alcuni fratelli delle tecniche di tiro, discorso che continuò anche al tavolo.
Cassandra era felice di poter spaziare in tutti i campi che l’appassionavano, visto che a casa non poteva esprimersi liberamente.
Il pensiero dei suoi genitori le provocò una fitta di dolore e di rabbia verso Apollo. La sola idea che tutte quello persone fossero figlie dello stesso dio che aveva lasciato morire il suo vero padre e sua madre le faceva venire voglia di alzarsi e correre ad un altro tavolo.
“Apollo è anche tuo padre” si disse “ e poi non è colpa loro come non è colpa tua. Nessuno lo ha scelto come padre…”
Il resto della serata fu abbastanza piacevole, si stava divertendo e avevano iniziato a comporre poesie sul cibo insieme ad altre due ragazze e William quando una figlia di Ermes si alzò dal proprio tavolino per baciarlo.
Un’ondata di rabbia la travolse. La ragazza aveva la pelle color cioccolato e i capelli scuri e William la chiamò Emily.
Non capiva perché la odiasse tanto, visto che probabilmente si conoscevano da una vita e lei non gli aveva neanche detto che gli piaceva. E lui non le piaceva.
Cassandra capì che l’anello che William portava alla collana dove essere suo.
Emily non tornò al suo tavolo finché Percy non la minacciò di espulsione. Cassandra aveva l’impressione che
Percy non la spaventasse affatto, cosa che le fece conquistare un po’ di stima nonostante fosse la fidanzata
di William. “Non ci devono essere molte cose che la spaventino, in fondo” pensò Cassandra vedendo la sua
faccia determinata.
Ormai il suo umore era rovinato, comunque, e non riuscì a godersi nemmeno il falò. Andò a letto insieme al
primo gruppo della sua casa che tornava alla casa 7, ma non avendo un pigiama da mettersi si fece prestare
una maglietta del campo da un ragazzo e dei pantaloncini da un’altra sorella.
Anche quando la casa si riempì della dozzina di ragazzi che l’abitavano l’ ambiente non divenne troppo
rumoroso. Alcuni dei ragazzi più piccoli si riunirono con William è un’altra ragazza più grande che gli stavano
facendo notare i loro errori nelle esercitazioni nel giorno.
Cassandra perse uno dei libri di poesia e lo aprì. Non aveva letto neanche una pagina che una ragazza si gettò
sulla branda extra lusso laminata in oro accanto alla sua facendola trasalire.
La ragazza avrebbe voluto tanto urlarle di fare più attenzione, ma poi si accorse che stava piangendo.
Aveva la stessa età di Cassandra, portava i capelli biondi legati in una treccia e aveva gli occhi color nocciola
pieni di lacrime.
Cassandra abbassò il libro e si chinò verso la ragazza –Cosa è successo?-
L’ aveva vista due o tre volte quel giorno e pensava di ricordare il suo nome come Jane Stone, forse.
Da come l’aveva descritta William era l’arciere più brava del Campo, anche se non era trai più grandi del
gruppo.
La ragazza si asciugò le lacrime – Niente…ho saputo…-represse un singhiozzo.
Non aveva voglia di consolare quella ragazza: aveva perso entrambi i genitori, era stata catapultata in un
mondo a lei estraneo e aveva scoperto che il suo vero padre era un esaltato e menefreghista. Cosa poteva essere capitato di peggio a quella ragazza?
-Non volevo infastidirti- disse Cassandra con aria scocciata, rimettendosi a leggere il proprio libro.
-no…scusa. Non volevo essere sgarbata- disse l’ altra, con voce rotta –è che mia madre è morta qualche giorno fa e ho saputo che nostro padre è stato al campo, avrei voluto… parlargli. Volevo sapere almeno qualcosa sul mio futuro-
Cassandra iniziò a capirla –Anche mia madre è morta. Ieri. Ti capisco-
La ragazza si asciugò le lacrime –Scusa, come vedo non sono l’unica ad avere il diritto di lamentarmi, e poi di solito non piango, è una cosa nuova anche per me-
-Scusarti per una cosa del genere? Anche io ho la mia dose di rabbia verso “papà”-
-Rabbia verso Apollo?- disse l’ altra incredula –No, ci sono rimasta solo un po’ male, non dopo quello che sta succedendo…-
-Cosa…sta succedendo?- chiese Cassandra. Aveva a che fare con il naufragio della nave? Aveva a che fare con lei?
-Io…- Jane si guardò attorno con circospezione –faccio dei sogni… sul futuro…- la sua espressione divenne spaventata.
-Credi che stia per scoppiare una guerra?-
Jane annuì.
-Credo che ora sia tempo di dormire, comunque- disse Cassandra rimettendosi stesa sul proprio letto.
L’ altra le augurò la buona notte e dopo poco tutte le luci si spensero.
Cassandra non ci aveva fatto caso, ma la luce sembrava irradiarsi direttamente dalle pareti della casa.
Non era passato troppo tempo che sentì dei rumori provenire dal falò.
Aspettò qualche minuto e sentì altri passi.
Si guardò attorno, ma nessuno sembrava insospettito.
Decise di alzarsi.
Faceva molto caldo, quindi poteva benissimo uscire con solo i pantaloncini e la maglietta.
Arrivò al falò ma non vide nessuno. Forse era solo la sua immaginazione, ma decise di fare comunque un giro per controllare che non ci fossero intrusi.
In teoria il Campo era protetto da attacchi esterni, ma aveva sentito di ragazzi del campo che evocavano mostri all’ interno del perimetro.
Svoltò dietro la casa 3 ma qualcuno l’afferrò per le spalle e la portò verso l’albero sulla Collina Mezzosangue.
Chi poteva essere?
Percy, visto che era dietro casa sua?
Stava per prendere a pugni l’uomo che l’ aveva afferrata quando lui la lasciò.
-Apollo!- esclamò lei sconvolta.
Nella penombra poteva assomigliare a William, ma era chiaro che fosseil dio. Chi altri avrebbe portato i rey-ban di notte?
Il sorriso spavaldo del padre fece infuriare Cassandra –Perché mi hai portata qui?-
-è il posto dove devi stare- disse lui evasivo.
-Devi parlarmi di qualcosa in particolare?-
-No, volevo darti questo- cercò nella tasca qualcosa e alla fine estrasse una catenina d’ oro con un pendente.
Cassandra avrebbe voluto strangolarlo.
-Non li riconosci?- sorrise Apollo.
-Si- ringhio Cassandra con rabbia strappandogli la catena di mano.
La collana era di suo padre. Non ci aveva mai portato nessun ciondolo, mentre il pendente era di sua madre. Era solo un pezzo di legno di pino trattato in maniera tale che non si rovinasse, era un ricordo d’ infanzia.
-Prego, Cassandra- disse ironico Apollo.
La ragazza iniziò a respirare più velocemente del solito, stringendo la mano attorno alla catenina fino a premere le unghie nel palmo.
-Grazie…-sibilò.
-Ho fatto qualche modifica, vedi puoi trasformare la collana e il ciondolo in un arco, se vuoi. Ho saputo che non hai trovato un’arma che ti piacesse-
La ragazza si concentrò sul gioiello e quello si trasformò in un arco.
La corda sembrava fatta d’ oro, come se fosse la catena stessa ad esserlo diventata, mentre l’arco era in legno. Era troppo semplice per essere un’arma fatta dal dio del sole, ma Cassandra notò subito che era fatta per lei, della misura e del peso giusti.
-Grazie- disse in tono più convinto.
Nonostante fosse semplice era una delle armi più belle che avesse visto, e poi quella collana era l’unico ricordo dei suoi genitori che avesse.
-Ero sicuro che ti sarebbe piaciuta- Apollo controllò l’orologio d’ oro, probabilmente Rolex –credo che abbiamo ancora qualche minuto-
-Lo sai, vero, che in quella casa laggiù ci sono molte persone che avrebbero voluto vederti e che ne sarebbero state contente?- aggiunse.
-Immagino di si, chi non sarebbe stato contento di vedermi?- sorrise Apollo
Cassandra respirò profondamente per mantenere la calma.
-Ma a te devo dire una cosa importante- disse serio –i tuoi fratelli saranno capaci di trovare la loro strada da soli, o con l’aiuto dei loro amici, tu no-
-Quanta fiducia!-
-Non è mancanza di fiducia, è conoscenza. Una dea ama dire che la conoscenza è l’arma migliore, io credo che abbia ragione-
Cassandra sospettava che Apollo avesse confuso conoscenza con preveggenza, ma non lo fece notare.
-Devi partire per una missione. Capirai da sola il momento. Porta con te quanti amici vuoi, ma devono essere persone di cui ti puoi fidare, perché nella tue mani terrai il destino del mondo. Non avrai bisogno di una profezia, parte già la tieni nella tua tasca, il resto credo che saprai vederlo da sola. Gli ultimi due versi, solo tu potrai scoprire quali sono-
-Questa cosa è oscura anche per essere una profezia- osservò Cassandra.
-In tutti noi c’è della notte, Cassandra, ma devi ricordare che brilla sempre un po’ di sole-
La ragazza rifletté qualche istante –Già, sempre tu, sei sempre tu il centro del discorso. Perché è a questo che servono gli dei, a ricordarti che c’è sempre qualcuno migliore di te-
-Gli dei servono a ricordarti che c’è sempre qualcuno su cui puoi contare-
-Contare- Cassandra rise con amarezza – Dove eri quando mia madre e mio padre sono morti? Dove eri quando la nave è affondata e migliaia di persone sono morte? Dove eri quando i miei fratelli morivano? Quando soffrivano?-
Le lacrime uscirono senza controllo dai suoi occhi, ma lei non le fermò. Non erano lacrime di tristezza o di frustrazione, erano lacrime di rabbia, era odio, e sperava che, se mai gliene fosse importato qualcosa di lei, più quelle lacrime le bruciavano sulle guance, più bruciassero anche dentro di lui.
-Capisco che tu ora non riesci a comprendere, ma spero che tu lo faccia presto. Ricorda quello che ti ho detto, tu più di tutti potresti brillare luminosa, ma la luce non brilla senza tenebre e tutto ha un prezzo-
Osservò ancora l’orologio –Credo che non sia un addio, ma non si può mai dire, quindi ti saluto, Cassandra Williams. So che, da ora in poi, potrai fare luce da sola-
Il dio scomparve, lasciandola sola con l’albero e il drago addormentato.
Cassandra fece tornare l’arco ad essere una collana e se la mise.
Strinse la faretra che aveva preso in automatico dal comodino prima di uscire dalla casa 7.
Ripensando a tutte le cose senza senso che aveva detto Apollo quella sera solo una le sembrava chiara.
Dentro di noi ci sono luce e tenebra, ma Cassandra dubitava che la luce potesse vincere sempre.
Ora sapeva perché aveva preso quella faretra, perché era una cosa che lei aveva sempre pensato, e magari ora, vedendo il sole e la luna sulla faretra, avrebbe potuto pensare che, comunque, si poteva sempre lottare per non far prevalere il buio.
Era quasi decisa a tornare indietro quando sentì delle grida.
Corse oltre le barrire del campo, arco in mano.
Vide due ragazzi che correvano, inseguiti da tre mostri che Cassandra non riconobbe.
Uccise un mostro con freccia -Correte! Correte-
Uno era basso e sembrava che zoppicasse, mentre l’altro era più alto di Cassandra.
Uccise un altro mostro che si dissolse.
Il ragazzo basso e zoppicante cadde a terra e i due vennero raggiunti dal terzo mostro.
I due scambiarono qualche battuta, ma alla fine quello più piccolo si alzò e corse verso Cassandra, mentre l’altro rimaneva a combattere da solo contro un mostro.
Cassandra corse verso di lui, ignorando il bambino che zoppicava verso il drago.
Cassandra non fece in tempo ad arrivare che il ragazzo estrasse una spada, schivò un attacco del mostro, saltandogli sulla testa e conficcando la propria arma nel cervello del mostro.
L’ ombra si disfece e lui cadde a terra con un tonfo e un lamento strozzato.
Cassandra corse verso il ragazzo, sentendo il bambino che tornava in dietro verso di loro.
Il ragazzo era biondo e pallido, Cassandra si accorse che era ferito.
Il bambino chiamava il nome di Luke. A  Cassandra pareva di averlo già sentito, ma era un nome abbastanza comune.
La spada di Luke brillava, quindi la prese per farsi un po’ di luce.
-Cosa gli è successo?-piagnucolò il bambino sedendosi accanto a lei.
-Niente di…- Cassandra avrebbe voluto dire “grave”, ma vedendo il bambino le parole gli morirono in bocca.
Era sui dieci anni, aveva i capelli scuri e la carnagione chiara.
-Tu…sei…- farfugliò.
Il bambino si asciugò una lacrima –Io sono Nico di Angelo. Hai visto mia sorella Bianca?-
   
 
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