Film > La Bella e la Bestia
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Autore: VeronicaDauntless    19/10/2016    1 recensioni
Nelle fiabe, a volte, i sogni si avverano. E se sognaste di cadere in un pozzo guardando il vostro riflesso? Fin da bambina la più grande paura di Belle è quella di addormentarsi, quella di sognare. Non immagina che di lì a breve, tentando di salvare suo fratello, si sarebbe ritrovata prigioniera di una bestia.
Dal prologo: "Avrebbe potuto dire di aver perso la sua umanità molti anni addietro, ma la verità era che non l’aveva mai avuta. [..]Questa non è la sua storia. Questa è la storia di come il suo cuore riprese a battere."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adam, Belle, Gaston, Lumière, Quasi tutti | Coppie: Adam/Belle
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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In futuro, solo poche immagini sarebbero rimaste impresse nella sua mente come il marchio su una bestia. Sempre le stesse avrebbero popolato i suoi incubi, come ricordi
lontani. Scalini di pietra, sporchi, logorati, imbanditi di fratture, l’ansia opprimente che le
chiudeva la gola, soffocandola, provocandole un potente conato di vomito. La penombra gelida, priva di pace, spezzata da una sola luce in un antro distante dalle scale.
Sotterraneo, questo aveva pensato in un primo momento, ma con molta probabilità si
sbagliava e, volendo essere sinceri, non si era soffermata a lungo a capire dove fosse,
piuttosto perché. Forse era solo un altro piano dell’edificio, ricavato così in profondità che nessun suono, anima o respiro, sarebbe mai risalito.
Il lettino già sistemato, al centro di quella camera infernale, i macchinari palpitanti che lo circondavano a pochi metri di distanza, l’infermiera che attendeva pacata, inespressiva, che si avvicinò non appena vide gli ospiti, che aiutava il giovane medico e il gigante a tenerla ferma, stenderla su quel lettino candido, rigido, spoglio, che li aiutava a bloccarle polsi, caviglie e spalle con cinghie di cuoio. E invano si dimenava, invano urlava, provava a liberarsi da una morsa disumana, implorava, invano.
Fin da bambina la sua più grande paura erano stati i suoi sogni. Su lenzuola pulite, scoprì che c’era una paura ancor più grande e lacrime acide di quella paura le bruciavano il volto. La voce che aveva odiato sin dalla prima sillaba che aveva ascoltato, gli elettrodi che il giovane dottore posizionò con delicatezza sulle tempie, sussurrandole che dopo sarebbe stata meglio, l’apribocca di gomma che l’infermiera le costrinse ad accettare, molto meno delicatamente.
Alla fine, pregò. Pregò qualsiasi dio esistente, se qualcuno esisteva, di non abbandonarla a quel destino, e a quella preghiera sussurrata con tutta l’anima si aggrappò, finché il dolore non la costrinse ad abbandonare la presa, squassandole il corpo intero.
Ancora cosciente, non riuscì a ritrovare quella invocazione disperata per avvinghiarcisi nuovamente.

… somministrare un secondo trattamento... voltaggio più alto...
Oh, quella voce. Quella stramaledettissima voce odiosa.
Se un dio esisteva, non l’avrebbe salvata, no, avrebbe fatto marcire lui all’inferno per l’eternità, anche solo per quella seconda scarica.
Ma, di tutto ciò che accadde, in futuro, lei conservò solo poche immagini.
Scalini di pietra sporchi e rovinati, l’ansia talmente opprimente da provocarle un conato di vomito, l’immobilità, il dolore. Un atroce dolore in tutto il corpo.
E sì, si ritrovò a pensare molto tempo dopo, l’odore di bruciato lo sentiva.
Quell’odore avrebbe popolato i suoi peggiori incubi, quel dolore sarebbe stato la sua paura più grande.


-Perché non si sveglia?-
-Si sveglierà-
-Ma perché non si è ancora svegliata?-
-Si sveglierà, vedrai-

Ma questa, più che una rassicurazione, sembrava una speranza.


La prima cosa che percepì fu il proprio respiro regolare. Inspirava, espirava. Poi sentì un lieve torpore abbandonarla, lentamente, così che potesse seguire il dolore che lo sostituì lungo ogni muscolo e su quello successivo. Ancora, l’udito: iniziò a sentire i rumori prodotti intorno a lei, i sussurri, il fruscio delle lenzuola sotto le dita che iniziavano a muoversi, una porta aperta e subito richiusa senza garbo.
Infine, la vista. Sollevò le palpebre, abituò gli occhi alla luce tenue, inspirò, posò lo sguardo sui due uomini che la scrutavano, in attesa, mise a fuoco e urlò.
Arretrò con uno scatto, raggomitolandosi contro la testiera del letto, le braccia tese in avanti a farsi scudo contro i due estranei.
-Chi siete?- strillò, gli occhi sbarrati e il respiro rapido.
Quello più giovane fece un passo verso di lei, chiamandola per nome con dolcezza, nonostante la voce roca.
-Come conosci il mio nome? Do.. dove sono?-
L’altro, più avanti negli anni e con qualche centimetro di girovita più del necessario, sospirò, abbandonandosi pesantemente contro lo schienale della sedia su cui stava seduto.   –Ti avevo avvisato che poteva accadere-
Il più giovane chiamò ancora il suo nome, ora più allarmato, avanzando di un altro passo.
Lei scattò in piedi, liberandosi delle coperte e precipitandosi alla porta, la spalancò, corse scalza sul legno del pavimento, arrivò all’ingresso, si precipitò fuori. E si fermò.
Sbalordita, fu tentata di sorridere. Quanto avrebbe amato una visione del genere, se solo avesse ricordato come ci era arrivata. La luce che filtrava tra migliaia di foglie verdi, appollaiate su rami sottili, accarezzate dal vento, la terra che le solleticava i piedi nudi, miglia e miglia colorate solo di arbusti e fronde.
-Belle- si voltò a quel sussurro, fissando lo sguardo in quello colmo di apprensione del giovane.  –Cos’è l’ultima cosa che ricordi?-
-Ero a casa.. mia madre.. lei aveva appena comprato uno specchio-


-Così.. tu eri un paziente del manicomio, come me-
Maurice annuì, sorridente. Osservandola, seduta con le gambe incrociate e i capelli disordinati, si chiese se fosse stato davvero un male ciò che era accaduto. Conosceva Belle da poco, ma nei suoi occhi c’era sempre stato quel vortice caotico di tristezza e ineluttabilità, mentre ora gli sembrava così serena.
Adam gli aveva raccontato del patto e della strega, dei sogni in cui si era finto Leon, del fratello che era tornato a prenderla e poi quell’ultimo sogno, più per il bisogno di rivelare tutto a qualcuno che per il desiderio di metterlo al corrente dell’intera vicenda, ma lui aveva ascoltato ogni parola, pazientando durante i silenzi, in attesa che riprendesse a parlare. E aveva inteso più di quello che Adam lasciava trapelare dalle parole: sperava con tutto il cuore che lei recuperasse la memoria, che si ricordasse di lui, per questo lo aveva avvisato ripetutamente, mettendolo in guardia sulla possibilità che lei non conservasse alcun ricordo, com’era accaduto a molti dei pazienti di Delacroix.
Le era rimasto accanto, giorno e notte, vegliando su di lei, aveva donato la sua vita, riducendola a sette miseri giorni per poterla portare via da quel posto, aveva viaggiato per settimane in cerca di un aiuto, convinto che, altrimenti, lei sarebbe morta.
Teneva a lei, più di quanto potesse un uomo e più di quanto una bestia possa dimostrare, ma, nonostante questo, lui sperava ciò che per Belle era la cosa migliore.
Nonostante questo, sperava che Belle non recuperasse mai più i suoi ricordi.
Adam sarebbe diventato una bestia nel corpo e nella mente, ma Belle poteva ancora tenersi stretta la serenità che ora, solo ora da settimane, scorgeva sul suo viso.
-E quell’uomo.. Adam.. mi ha salvata.. dopo avermi tenuta prigioniera?- rise appena, scuotendo il capo. 
-Non so se sia più assurdo quello che mi racconti o che io ti stia a sentire-
Doveva, però, sapere la verità. Non avrebbe ricordato Adam, ma avrebbe ricordato il suo gesto.
-Perché mi ha salvata?-
-Perché ti ama-
Belle voltò il viso, seguendo con lo sguardo i movimenti di Adam, nella stanza accanto.
-E io lo amavo?-
-Non lo so, ragazzina, ma oramai importa davvero? Ora che il suo tempo sta per scadere?-
-Che intendi?-
-Gli restano solo due giorni. Tornerà ad essere una bestia e questa volta sarà per sempre-
Continuò ad indugiare con lo sguardo sulla figura dell’uomo, senza in realtà pensare a nulla, semplicemente studiandone il volto, soffermandosi sui movimenti, sui gesti.
Le aveva salvato la vita e non ricordava nulla di lui.

Una bestia..
No, neppure quegli occhi talmente carichi di un sentimento che non riusciva a definire, neppure quelli risvegliavano la sua memoria.
Allora perché il solo saperlo lì, il solo poterlo vedere, poter essere sicura che lui fosse a pochi metri da lei le donava una pace calda e rincuorante?


-Credo di doverti ringraziare-
Si voltò, incrociando un accenno di sorriso e tornò a guardare davanti a sé.
-Per avermi aiutata- continuò, sedendosi sul gradino del misero portico di legno antistante la casa.
Annuì leggermente, senza posare gli occhi su di lei, che abbassò i propri, torturandosi le mani.
-Maurice.. – prese fiato –Maurice mi ha detto che sai dei miei sogni-
Questa volta sollevò lo sguardo, trovando il suo, agitato e preoccupato.
-Te l’ho detto io?-
Non aspettò una risposta.  –È che.. non l’ho mai detto a nessuno.. non l’avevo mai detto a nessuno e.. –
-Non me l’hai detto-

Non a me. L’hai detto a Leon, non a me.
-Come?-
-L’ho scoperto-
-E non credi che io sia pazza?-
-No, non lo credo-
Scrutò attentamente i suoi occhi, cercandovi, forse, proprio quei ricordi che lei non poteva più trovare.
-Perché mi hai aiutata, Adam?-
-Perché non potevo fare altrimenti-
Tornò a dirigere lo sguardo davanti a sé, senza aggiungere altro e lei fece lo stesso, lasciando che il silenzio si propagasse quieto per i minuti che seguirono.
-Mi dispiace- disse d’un tratto, attanagliata davvero da quel sentimento.
-Per cosa?-
-Perché non mi ricordo di te-


Correva a perdifiato, guardandosi continuamente alle spalle, guardava l’oscurità e quella correva come lei, più veloce di lei, la incalzava e lei fuggiva, fuggiva, seguendo l’unico sentiero luminoso che vedeva. L’oscurità non doveva raggiungerla, lei non voleva che l’oscurità la inghiottisse. E poi, improvvisamente, stava cercando qualcuno, qualcuno che neanche conosceva.
-Leon!- chiamava a gran voce, fin quasi a sgolarsi.  –Leon!-
Ma l’uomo che aveva davanti non aveva volto e lei disperava.
-Non riesco a vederti- diceva, la voce rotta, ma l’uomo rimaneva immobile, impassibile, spento.
-Non riesco a vederti- ripeté in un sussurro, cercando di riprendere il fiato perso durante la corsa.  –Non riesco a vederti-
E, ancora, correva, con i muscoli urlanti, fitte dolorose al fianco, i polmoni brucianti, i passi rimbombanti nella testa, inspiegabilmente inseguita dall’oscurità in una caccia senza fine.


Si svegliò nel cuore della notte, sorpreso di essersi addormentato. All’alba sarebbe partito, voleva allontanarsi il più possibile da Belle prima di trasformarsi in una belva priva di coscienza e non voleva trascorrere quelle ultime ore dormendo, ma il sonno doveva aver avuto la meglio. Strinse gli occhi, abituandosi al buio della stanza e il suo sguardo corse subito al letto dove riposava Belle, trovandolo però vuoto.
Si alzò, cercandola nella modesta casa che avevano scelto come rifugio temporaneo, prima di uscire fuori. La trovò là, in piedi a qualche metro di distanza dal portico, sotto la fitta pioggia primaverile, il capo rivolto in alto e le braccia strette attorno al corpo, come riparo dal freddo della notte.
-Belle- la chiamò piano, quando le fu vicino.  La vestaglia da notte impregnata d’acqua le aderiva al corpo e i riccioli scuri si erano appesantiti sulle spalle e attorno al viso.
Abbassò il capo e sbatté le palpebre più volte, cercando di vedere oltre la pioggia.
Perché era lì? Da quanto tempo se ne stava sotto l’acqua?
-Cosa stai facendo?-
-Ho fatto un sogno orribile- disse  -Ti cercavo, ma non riuscivo a vederti-
-Cercavi me?-
Scosse il capo, scrollando i capelli impregnati di pioggia.  –No, un uomo di nome Leon-
Adam trattenne il fiato, irrigidendosi.  –Era uno di quei sogni?-
Scosse di nuovo la testa, abbattuta.
Represse un singhiozzo e strinse ancora di più le braccia attorno al corpo.
Adam fece un altro passo verso di lei, osservandola corrucciato.
-Stai piangendo?-
-No!- disse subito, concitata, pulendosi con gesti frenetici le guance che subito si coprirono nuovamente di pioggia e lacrime.
Le scostò le mani dal volto, cercando di capire il motivo del suo stato d’animo, nonostante lei evitasse il suo sguardo.
-Perché piangi?-
-Perché è una sensazione così brutta- sussurrò così a bassa voce che quasi credette di esserselo immaginato.
-Quale sensazione?-
-Io..- sollevò gli occhi e la mano sul suo volto. Esitò, prima di poggiare le dita sulla sua pelle, la fronte corrugata, seguì il profilo della fronte, del naso, delle guance, come già aveva fatto in sogno. 
–La tua voce.. io so di averla già sentita, i tuoi occhi mi sono così familiari, ma non riesco a ricordarmi di te.. è come sentire una canzone e sapere di conoscerla, ma non riuscire a ricordarne il titolo e io mi sforzo e continuo a pensare, a cercare di ricordare, ma.. è inutile-

-Una bestia? Nel senso di un animale?- aveva chiesto a Maurice, quel giorno.
-Nel senso di una bestia senza ragione né anima- le aveva risposto lui.

Poche ore. Avrebbe voluto che recuperasse la memoria, avrebbe voluto darle tempo per riacquistare i ricordi, aiutandola a ricordare, ma non aveva tempo.
Poche ore. Forse non avrebbe ricordato mai più e lui non aveva abbastanza tempo.
Gli serviva dannatamente, il tempo, e lui non ne aveva più.
Le afferrò il polso. Fermò la sua mano.
Lui sarebbe tornato ad essere una bestia e lei sarebbe tornata dalla sua famiglia, alla sua vita.
E allora, forse, sarebbe stato meglio che non ricordasse nulla.
Fece un passo indietro, lasciando la presa.
Aveva la possibilità di cancellare tutto. Ogni errore, ogni parola detta con rabbia, ogni inganno, ogni segreto passato.
Guardò quegli occhi spalancati, l’ espressione stupita.
Gli era stata concessa un’ ulteriore possibilità. Per salvarla.
Arretrò ancora.
Per salvarla da lui.
-Non sforzarti più di ricordare-
E la sua voce era dura, fredda.
-Ma..-
-Non riesci a ricordare perché ti farebbe male-
Gli faceva terribilmente male. Mollare la presa, pronunciare quelle parole, lasciarla andare. Di nuovo. Per sempre.
-Non ricordi nulla perché hai sperato così ardentemente di dimenticare tutto che, appena ha potuto, la tua mente ha cancellato ogni cosa. Non ricordi nulla perché non erano altro che ricordi di un mostro che ti ha fatto soffrire, ricordi di giorni infernali, di una persona che ti ha strappato via dalla tua famiglia, che ha minacciato tuo fratello, che ha minacciato te, rinchiudendoti nelle segrete. Non ricordi nulla perché non vuoi ricordare-
Era questo il motivo, no? Dopotutto, per quale ragione avrebbe dovuto voler recuperare tutti quei tristi ricordi?
Perché non voleva ricordare?
-E allora smettila di provarci, smetti di cercare di ricordare qualcosa, qualsiasi cosa e torna a casa-

Là, forse, sarai felice.
Ma lei rimaneva immobile, continuava a scrutarlo, per nulla scossa dalle sue parole.
Ancora una volta, si era dichiarato un mostro e, ancora una volta, lei non lo scorgeva.
Tuttavia ora, resa insicura dall’oblio nella sua mente, tentennava, esitava, incerta su cosa pensare, se credergli.
-Maurice..-
-Maurice mente! Sei scappata via da me, prima di ritrovarti di nuovo qui, non te ne chiedi il motivo? Volevi fuggire, andare il più possibile lontano da me-
-No, io..-
Lei cosa? Adam non sembrava un mostro, ma poteva esserne sicura? Nel suo sogno stava scappando.. che la sua memoria stesse riaffiorando e la stesse mettendo in guardia da lui?
Ma allora perché la voleva allontanare? Perché appariva così abbattuto, così sconfitto?
Sospirò, abbassando il capo e massaggiandosi la fronte.
-Torna a dormire, Belle, ma dammi retta, appena ne hai l’ occasione, torna a casa-
Ma lei restava immobile, continuava a guardarlo, continuava a non credergli.
E pensare che le aveva detto solo la verità nuda e cruda.
Ma lui non aveva tempo.
-Vattene!- urlò.
Lei sobbalzò, spalancando gli occhi.
E lei poteva ancora tornare al punto di partenza, come se nulla fosse mai successo.
-Vattene!- urlò ancora.
E lei scappò in casa.
Tra poche ore, d’altronde, neanche lui avrebbe più ricordato nulla di lei.




Angolo autrice:  *evita disinvoltamente di far notare il laaargo ritardo con cui ormai aggiorna
e afferma*: una svolta inaspettata. Aggiungo un'unica cosa: E ora? 
Un grazie di cuore a tutti i carissimi lettori che seguono la storia di Belle.

  
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