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Autore: NinfeSullaTerra    21/10/2016    0 recensioni
Cherly è una delle migliori studentesse della Collen. Finchè un'insegnante di diritto penale non si rivelerá essere molto più di questo. Cherly ed altri tre ragazzi verranno quindi selezionati per intraprendere un tirocinio da lei. Un'occasione da non perdere.
Alcuni moriranno, altri si faranno male, ma nessuno ne uscirà illeso; ma, per fortuna, ci sarà Mattero a rendere il giorni di Cherly più luminosi.
O forse no.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Universitario
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Erano le sette di mattina. La sveglia iniziò a suonare e, dopo averla spenta, iniziai a prepararmi. Indossai un tubino nero a maniche lunghe e dei tacchi vertiginosi, come mi ero ripromessa di mettere. Ero di fronte allo specchio e vedevo una bellissima Cherly, ma qualcosa non andava, quella non ero io. Un tubino nero non poteva cambiarmi, questo era certo, ma io sarei cambiata con indosso quel vestito? Forse, col passare del tempo, se avessi finto di essere quella Cherly la sarei diventata.
Forse.

Raccolsi la mia borsa e mi avviai verso il tribunale. Arrivata proprio di fronte al palazzo individuai i ragazzi e la Collen, così insieme entrammo.

Il tribunale riusciva a trasmettermi un senso di timore, di paura. Ma cercai di controllarlo e andai avanti, col respiro affannato e le mani che non smettevano di sudare.
Tremavano come le foglie in autunno e per cercare di placare la mia ansia, cercai di aggiustarmi i capelli accuratamente legati. Cercavo un qualcosa da fare in quel lasso di tempo, qualsiasi. Però, al posto che migliorarla, non facevo altro che peggiorare le cose permettendo a qualche capello ribelle di uscire.

Al nostro arrivo le nostre borse e i nostri cappotti vennero controllati con il metal detector. Poi, percorremmo delle scale enormi. Erano lucide, tanto che mi ci sarei potuta specchiare. Il marmo era perfetto, senza neanche una crepa, come se non venisse mai calpestato da scarpe sconosciute. Attraversammo un lungo corridoio, fino ad arrivare all'enorme porta dell'aula del tribunale, che si aprì: una scritta mi saltò subito all'occhio: "La legge è uguale per tutti". Magari fosse vero, pensai tra me e me.
Ma adesso non dovevo perdermi tra i miei pensieri, dovevo restare determinata, senza deconcentrarmi.

Ognuno prese posto, noi quattro ci sedemmo dietro, quasi nascosti. Però, nonostante la nostra posizione, io mi sentivo osservata quasi fossi seduta al centro dell'aula, e mi guardai intorno un po spaesata e agitata.  Non dovevamo intervenire, ma solo assistere ed aiutare la Collen che era seduta davanti al giudice su una grande scrivania, assieme al nostro cliente. Dalla parte opposta c'era un'altra scrivania, in cui vi erano altri avvocati. Poco dopo neanche dieci minuti il processo iniziò e come per miracolo tutta l'ansia svanì, trasformandosi in determinazione.

*

Uscii dall'aula e vidi alcune persone accalcate venire verso di noi con telecamere e microfoni in mano.

<< Avvocato Collen, come si sente ora che ha vinto questo processo? >> Migliaia di giornalisti erano accalcati davanti a quella donna che pareva rimanere indifferente anche davanti alla vittoria. Il suo sguardo rimaneva sempre pietrificante, profondo, intenso.
Molte voci facevano domande senza ottenere nessuna risposta, perché la Collen non voleva proprio aprir bocca.

L'assistente della professoressa cercò di scansarli per far spazio a noi, ma a me mancava il respiro. Mi sentivo come in trappola, senza una via di fuga. Faceva fin troppo caldo tra tutte quelle persone e sicuramente non respiravo regolarmente come una persona normale.

C'erano tantissime telecamere e forse fu una di queste a colpirmi in testa mentre cercavo di schivarne un'altra. Tutto iniziò a girare, sentii qualcosa di caldo colarmi sulla faccia e, per fortuna, eravamo quasi arrivati all'auto. Sospirai, ma Trevis mi fissò sbalordito. Lo guardai interrogativa perché non capivo proprio ciò che voleva dirmi.

<< Cos'hai sulla faccia? >> Toccai l'angolo della testa vicino alla fronte e poi mi guardai la mano, capendo immediatamente che quello che avevo sulle dita, fosse sangue.

<< Sbrigati >>. Mi afferrò per le spalle per poi aprirmi la portiera e farmi salire in macchina. Saltai dall'altra parte per far entrare anche lui.

<< Gli altri? >> chiesi, guardandomi intorno. Mi sentivo un po' frastornata, confusa. Sentivo tutto un po' attutito, come se fossi stata sott'acqua. La testa cominciò a girarmi lievemente.

<< Sono saliti sulla macchina della Collen, spero >> disse Trevis. I giornalisti erano appiccicati ai vetri dell'auto, così l'autista partì, o almeno, ci provò e iniziammo ad avanzare lentamente.

Guardai fuori dal finestrino consapevole che Trevis mi stesse fissando, ma lo ignorai.

<< Ti fa male? >> mi chiese preoccupato, guardando con un cipiglio la mia ferita.

<< Non più >>. Si avvicinò, prendendomi la testa e appoggiandola sul suo petto muscoloso e sentii una scia di profumo. Ero tutta sudata, il mio odore non era dei più gradevoli, ma non mi importava perché solo ora riuscivo a rilassarmi. Era da quando ero entrata in tribunale che l'ansia aveva preso il sopravvento, ma finalmente ora stava passando con l'allontanarsi della macchina dal tribunale. Mi sentivo decisamente più tranquilla e rilassata.
Dicono che l'ansia arrivi per qualcosa di noto, altrimenti, se così non fosse, deriverebbe direttamente dell'inconscio e questo sfocerebbe in nevrosi. Ora, cosa avrebbero detto di me gli strizza cervelli? Avrebbero detto che ero nevrotica o solo stupida? Le persone nevrotiche non possono essere stupide, sanno cosa è giusto o sbagliato, sanno ciò che la società consente e cosa no. Forse ero solo stupida e incosciente. Ecco, non solo stupida, ma anche incosciente.

Dopo essere usciti dalla folla di giornalisti, l'autista accelerò e ci riaccompagnò a casa, me per prima.

<< Sicura di voler rimanere da sola? >> mi chiese Trevis.

<< Sì, ho bisogno di starmene per conto mio, ma grazie >> gli risposi con un lieve sorriso, per tranquillizzarlo e allo stesso tempo ringraziarlo per essersi preso cura di me.

<< Ah, ho capito, fidanzatino nei paraggi? >> Non capivo questo suo strano interessamento per questo argomento, forse sarà solo stato troppo impiccione.

<< No, per niente. >> risposi io evitando l'argomento e guardando da tutt'altra parte. Fare l'indifferente era il modo migliore.

Entrai in casa sbattendo la porta trovando sul mobiletto, alla mia destra, un messaggio da Debora.

Sono a casa di Andrea, non mi aspettare.
-baci Debby

Tanto per cambiare, non era a casa... meglio così, pensai. Indossai il pigiama, afferrai il gelato nel frigo che era avanzato ed accesi la TV cercando qualcosa di interessante. D'un tratto al telegiornale una faccia mi sembrò famigliare e sullo sfondo della telecronista intravidi la Collen, poi anche noi: eravamo inquadrati alla perfezione, i nostri volti erano inconfondibili.

<< Oggi si è svolto il processo della ragazza uccisa dalle sue amiche e gettata nel bosco, ai colpevoli sono stati conferiti trent'anni di carcere a testa con libertà di condizionale dopo dieci anni. Secondo i genitori della vittima non sono abbastanza, ma sentiamo Carmen De Garcias, in diretta dal tribunale >>. La voce della donna al di là dello schermo riecheggiava nella stanza silenziosa.

Le telecamere ci inquadrarono mentre uscimmo tutti dal tribunale: il mio volto era assente, evidentemente avevo già preso quella tremenda botta alla testa, anche se la telecamera non mi aveva inquadrata da quel lato e quindi non riuscivo a vedere.
Poi ebbi come un flash, c'era qualcosa di strano, stavano trasmettendo il notiziario in ogni telegiornale possibile.

E se qualcuno proprio in quel momento stesse guardando il telegiornale? Debby? Matteo? Forse non sarebbe stato trasmesso solo su quel canale, certo che no visto che quel caso aveva fatto scalpore.

Afferrai con decisione il telefono, digitando il numero della Collen e attesi qualche istante. Gli squilli sembrano infiniti ma poi rispose: non mi soffermai sulle cordialità e i saluti, andai dritta al punto. Diretta, schietta, al sodo.

<< Professoressa Collen, ha visto il telegiornale? Ci hanno ripresi, i nostri volti, ho visto le nostre facce, io...>> Non riuscii neanche a formulare una frase decente, in ogni caso, lei sapeva già tutto, come al solito.

<< Si, l'ho visto, vi voglio tutti nel mio studio domani mattina; per il resto, non preoccupatevi >>. Poi riagganciò.
Quella donna aveva un che di misterioso, era peggio della mafia, peggio delle spie. Sembrava sapere tutto, prima che potesse succedere.

Restai sveglia ancora per qualche ora, ero sdraiata sul divano quando sentii qualcuno aprire la porta agitando un mazzo di chiavi.

<< Ciao Debora >>. Mi alzai dal divano salutandola.

<< Cherly! Che ci fai ancora in piedi?>> esclamò.

<< Non ho molto sonno>>. Cercai di cambiare subito discorso, sperando che non avesse visto nulla.

<< Con Andrea? >>
Appoggiò la borsa per poi sedersi di fianco a me, tirando un sospiro e inizió a raccontarmi.

<< Oh Cherly, è fantastico! Sembra troppo bello per essere vero. >> Per un po' continuò a parlare di lui, quando poi capì che non la stavo più ascoltando, cambiò argomento.

<< Che mi dici tu di Matteo? >>

Accidenti.

<< Nulla di ché, cioè ci siamo baciati ma non stiamo insieme, non mi fido, se mi mettessi con lui sarebbe come tirarmi la zappa sui piedi >> dissi strizzandole l'occhiolino.

<< A me sembra molto preso da te, anche Andrea pensa la stessa cosa. >> Ma lei era seria, fin troppo per dire una frase del genere.

Pensai e rielaborai accuratamente la vicenda dell'altra sera, iniziando così a raccontarle tutto, sperando di farle cambiare idea e dimostragli che avevo ragione a pensarla così.

<< Qualche giorno fa sono stata in un pub, l'ho visto insieme ad una ragazza, era molto bella e lui era ubriaco, se fossimo stati insieme non so come l'avrei conciato. >> Ecco quanto era preso da me.

<< Che stronzo... ma secondo me ci sta provando, a cambiare intendo >> Provarci non bastava.

Arrivate a quel punto, crediamo che solo grazie al forte sentimento che riusciamo a fargli provare nei nostri confronti, loro possano cambiare. Speriamo, anzi no, siamo convinte di riuscire ad ipnotizzarli e a renderli migliori, ma la verità è che se ora qualcuno cercasse di cambiarmi... io non cambierei per nessuno. Nessuno.

<< Il lupo perde il pelo ma non il vizio, non voglio che smetta di essere quello che è. >> Avrei voluto sapergli spiegare ciò che pensavo, ma poi ricordai che si trattava di Debby.

<< Però anche tu hai rotto le palle, se fai così mai nessuno vorrà stare con te >> disse lei alzandosi di scatto dal divano.
Le sue parole rimbombarono nella mia testa "nessuno vorrà mai stare con te", sì perché io non ero mai abbastanza per nessuno, tutti si aspettavano grandi cose da me, ma non io.

<< Ti vedo strana in questo periodo Cherly, che succede? >> domandò mentre mi fissava intensamente.

<< In che senso, scusa?>> chiesi confusa, non capendo bene dove volesse andare a parare.

<< Sei sempre molto riservata, esci senza avvisarmi o dirmi dove vai e con chi sei. >>

<< Sei mia madre per caso? >>

<< È proprio questo che intendo, lo vedi come sei? >> Alzai gli occhi al cielo, per poi dirigermi verso camera mia.

<< Scusa se non sono perfetta, anche se siamo coinquiline non vuol dire che dobbiamo essere amiche, visto che non ti vado bene. >> Dandole le spalle, entrai in camera e chiusi la porta. Presto avrei avuto tutti i soldi che mi sarebbero serviti per andarmene... resisti Cherly.

Afferrai il telefono per chiamare Matteo, non sapevo perché lo stavo facendo, lo feci e basta.

<< Hei straniero, che si dice? >> ironizzai.

<< Mi hai chiamato finalmente. >> La sua voce era profonda e terribilmente provocante, nello stesso tempo però rilassante.

<< Potevi farlo anche tu >> lo stuzzicai.

<< Stavo per farlo >> rispose ovvio.

<< Si certo, che fai di bello? >> Sviai l'argomento per non finire a litigare su una banalità.

<< Nulla, sono qui nel letto con una mia amica, tu?>> mi stava stuzzicando. Che stronzo.

<< Ah sì?! allora ciao. >> Non lo lasciai parlare e riagganciai. Contai fino a cinque ed il telefono iniziò a squillare, attesi qualche secondo poi risposi.

<< Si?>>

<< Sto arrivando. >>

<< Che cavolo fai? No aspetta! >> Ma lui aveva già riattaccato, scattai in piedi ed iniziai a sistemare il casino che c'era in camera, nascosi tutte le cartelle dei clienti compresi i libri di diritto e, dopo alcuni minuti sentii bussare, perciò mi voltai verso la finestra e vidi Matteo entrare; anche se non credo lo ammetterò così facilmente, diamine era proprio bello. Mi stava osservando con un sorriso malizioso, alzai gli occhi al cielo e andai ad aprire.

<< Per fortuna hai un balcone con una finestra bella grande, così posso entrare quando voglio >> disse, mentre scavalcava la finestra con agilità.

<< Quando vuoi proprio no, però puoi anche entrare dalla porta come fanno tutti. >>

<< Sì, ma non vogliamo che Debby o Andrea ficchino il naso tra di noi, giusto? >> Tra di noi? Il battito del mio cuore accellerò. Si avvicinò lentamente guardandomi negli occhi per poi premere le sue labbra calde sulle mie.

<< Giusto >> dissi, non appena ci staccammo l'uno dall'altra. Mi soffermai a guardare i suoi occhi, con la paura di sprofondarci dentro.

<< Cosa siamo noi due?>> domandò lui fissandomi dritto negli occhi.

<< Non siamo niente Matteo >> risposi.

<< Come puoi dire questo? >>

<< Ci vuole tempo, è ancora presto. >>

<< Tempo? Quanto? >>

<< Stai zitto, vado a mettermi il pigiama.>> Aprii l'armadio, afferrai una maglietta senza maniche e dei leggins.

<< Ma non metterlo! >>

<< Stupido. >>

<< Cherly? >>

<< Dimmi. >>

<< Posso rimanere qui a dormire con te? Giuro che non voglio fare nulla di più che addormentarmi insieme a te.>> Lo fissai sbalordita << Per una volta fidati di me Cherly, ti prego, fidati. >> Gli avevo già detto che di lui non mi fidavo, però forse avrei potuto fare un tentativo.

<< Okay, rimani. >> Lui sorrise come un'ebete, le fossette si accentuarono, ed io impazzii.

Entrai in bagno cambiandomi in fretta, mi lavai i denti e la faccia, poi uscii mettendomi sotto le coperte e lui era già nel letto. Io mi girai dalla parte opposta, avrei voluto abbracciarlo, ma non sapevo per quale motivo rimasi lì immobile. Sentii il materasso muoversi, il suo braccio mi cinse il ventre, io mi girai sul fianco voltandomi verso di lui e lo abbracciai di rimando, appoggiando la mia faccia nell'incavo del suo collo e riuscendo a sentire il suo profumo. Poco a poco mi lasciai trasportare dal sonno.

La mattina seguente mi svegliai tardi, Matteo stava ancora dormendo, così strappai un pezzo di carta dal quaderno e gli scrissi un biglietto.

Sono a lezione, ci sentiamo dopo. 
-Cherly.

Mi preparai in fretta e corsi nello studio della Collen, erano già tutti seduti, compresa la professoressa, così presi posto anch'io.

<< Bene, dopo quanto é successo, vi suggerisco di non farvi prendere dal panico. La notizia è stata trasmessa solo da un telegiornale regionale quindi la maggior parte delle persone non l'ha visto, per quanto mi riguarda, il caso è stato chiuso ieri. Oggi una donna, precisamente la ricreatrice della Clinex, ovvero una crema che ha lo scopo di ringiovanire la pelle, si è presentata qui. Il marito è stato aggredito da una banda di terroristi che ultimamente sta provocando danni ad agenzie di qualsiasi tipo; per risolvere il problema, dobbiamo capire qual è la causa delle loro azioni, il motivo per cui agiscono. La moglie è disposta a pagare fior di quattrini per vendicarsi, inizieremo quindi a studiare ognuno dei componenti di questa banda, sperando che questo possa bastare. >>

<< Questo non è compito dell'FBI? Insomma, stiamo parlando di terroristi. >> disse Trevis.

<< Stiamo agendo privatamente, l'FBI ne sarà già al corrente, ma di certo non saranno in grado di fare quello che facciamo noi qui. >> Nella stanza non volava una mosca, la Collen uscì, quando il rumore dei suoi tacchi svanì Stefano saltò in piedi.

<< Adesso cosa vuole che facciamo? Che ci infiltriamo in un gruppo di terroristi? >> esclamò, agitando le mani.

<< No, ha solo detto che vuole sapere tutto su ognuno di loro, in modo da poterli incastrare e metterli in carcere. >> Dissi io tenendo la testa bassa, alla fine però lo sapevo anch'io, come lo sapevano loro dove voleva andare a parare questa volta.

<< Ragazzi, credo che la Collen lavori anche per un'agenzia di spionaggio. Un giorno ero andata proprio lì per stare con mio padre, che fa il segretario per quell'agenzia e mi era sembrato di intravederla. >> Dopo la rivelazione di Rachele non avevamo più dubbi, eravamo tutti e quattro finiti nella tana del lupo: accettare questo incarico non era stato un premio, ma una missione suicida.

<< Non sono sicura al cento per cento che fosse lei, perché l'ho vista di spalle >> aggiunse poi, dopo aver visto la reazione di terrore nei nostri volti.

<< E se fosse immischiata con la mafia? >> domandò Stefano.

<< No, l'avrebbero già arrestata da tempo se avessero avuto qualche sospetto. >> rispose Trevis.

<< Ragazzi, è ovvio che nessuno è al corrente di quello che fa, perché usa noi! >> dissi io.

<< Non dovremmo fare questi discorsi, non mi stupirei se proprio qui in questa stanza avesse nascosto qualche telecamera >> annunciò Trevis. Tutti eravamo d'accordo, quindi io per prima uscii dallo studio, guardai il telefono per controllare l'ora. C'era un messaggio.

Questa non te la perdono, mi hai abbandonato. Ci vediamo sotto casa tua alle 15:00.

-Matteo.

   
 
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