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Autore: H a n a e    22/10/2016    2 recensioni
||Modern!AU | Gray Fullbuster | Juvia Lockser | Long | Rating Arancione 🔜 Rating Rosso ||
«Ci vogliono tre secondi per dire ti amo. Tre ore per spiegarlo. E una vita intera per provarlo.
E per Gray, ogni singolo di quei tre passaggi sarebbe costato più di quante vite avrebbe potuto avere. Nonostante la persona a cui doveva dirlo era proprio accanto a lui.»
{E n j o y I t}
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gray Fullbuster, Lluvia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Secondo Mese - The Agreement, L’accordo

 
 
 
Era passato esattamente un mese da quando Juvia aveva incontrato Gray e in quei trenta giorni, tutte le notti, non faceva altro che pensare a lui. Non sapeva che cosa fosse quello che provava perché lei non era pratica con quei sentimenti e doveva ammettere che un po’ la spaventavano. Lo sognava la notte e con la fantasia ripercorreva ogni singola parola o sguardo che si erano scambiati, e non poteva fare a meno di avere le farfalle allo stomaco e di sorridere al ricordo del suo volto; perciò stringeva il cuscino al petto e cercava di non pensarci, perché non pensadonci se lo sarebbe tolto prima dalla testa. Quando l’aveva salvata poi, ancora non riusciva a spiegarsi il perché di quella mossa così rischiosa e d’altra parte non capiva nemmeno cosa l’avesse spinto ad essere genitle con lei. Aveva cercato di rispondersi con soluzioni pratiche, tipo l’adrenalina del momento, oppure il non averla sulla coscienza – perché le persone hanno già i loro problemi, mica volevano accollarsi pure quelli suoi. Eppure aveva come una pulce nell’orecchio che continuava a ripeterle che l’aveva fatto e basta, perché è così che dovrebbero comportarsi le persone e quel pensiero le fece quasi cambiare idea sull’umanità che poteva essere definita in un solo modo: marcia.
In quel mese lo aveva cercato, aveva percorso le strade di Magnolia in lungo e in largo, alla ricerca di lui, perché sentiva che doveva vederlo anche se da lontano. Si era documentata alla fine, e aveva chiesto di un certo Gray che faceva l’elettricista e aveva scoperto essere molto popolare, oltre al fatto che viveva fuori città, con suo padre e per arrivarci necessitava di un veicolo.
Nel frattempo non aveva neanche fermato le ricerche per l’appartamento e contava i giorni che mancavano al compimento della maggiore età. Quel giorno infatti aveva appuntamento proprio con la società che si occupava di quel monolocale che aveva adocchiato da tempo e se tutto andava bene sarebbe riuscita a convincere il proprietario a riservarglielo fino al prossimo sabato, giorno in cui avrebbe potuto prendere finalmente possesso dell’abitazione; se serviva avrebbe anche dato un acconto per quel mese. Probabilmente sarebbe stata costretta a ridurre le spese per le stoffe, ma non era affatto un problema, perché aveva già in mente di trovare un altro lavoretto part-time come babysitter o anche come cameriera in qualche locale, oltre a quello al negozio e quindi sarebbe riuscita ad arrotondare.
Oltre al pensiero di Gray a tormentarla, c’era anche quello fisso della pioggia: non che le mancasse, solo le sembrava strano che da un mese a quella parte il sole continuava a splendere in cielo, con tanto di temperature alte e uccellini cinguettanti. Eppure lei non si sentiva diversa dal solito.
Svoltò l’angolo e si ritrovò sulla vetrina dell’agenzia immobiliare. Già si vedeva ad intraprendere quella nuova vita, perché quello che aveva sempre desiderato era vivere da sola. Sì, quello era il suo desiderio. Stare in un posto che poteva chiamare casa e dove non veniva giudicata per l’apparenza.
Entrò e si ritrovò in uno spazio completamente aperto, con solo dei grandi pannelli a separare i vari uffici. Lesse le varie targhette che indicavano il nome e l’occupazione specifica di ogni funzionario di quell’ufficio, e una volta individuato il nome del signor Mori Saito si diresse al suo interno con passo sicuro.
L’uomo era intento a compilare alcuni documenti che sembravano non finire mai e davvero molto noiosi; infatti fu talmente tanto felice di vedere arrivare una cliente che un sorriso enorme gli prese vita sul volto e quegli strani baffi si allargarono nel movimento, facendolo sembrare davvero molto buffo.
«Buongiorno!» esordì l’uomo «come posso aiutare una bella giovane come lei?»
«Juvia è interessata ad uno degli appartamenti che avete in affitto» disse con tono sicuro. Doveva dimostrare di essere una persona adulta, matura e soprattutto responsabile.
«Sia più precisa, qui abbiamo case di tutti i generi» spiegò l’uomo, «è per caso interessata ad un monolocale?» tirò ad indovinare. Se una fanciulla così giovane si recava da un agente immobiliare in cerca di una casa e senza un uomo allora significava che era in cerca di una sola cosa: un monolocale, appunto.
«Esatto!» esclamò Juvia sedendosi su una delle sedie in plastica poste davanti la grande scrivania.
«Molto bene» rispose Mori digitando veloce sulla tastiera in cerca del tipo di abitazione desiderata. Una volta che il computer gli fornì i risultati della ricerca gli bastò semplicemente far spostare la sedia girevole in direzione di uno dei grandi scaffali e prelevarne un raccoglitore bianco plastificato contenente un plico di fogli.
Lo posò davanti a Juvia e iniziò la sua spiegazione «Ne abbiamo diversi in tutta Magnolia e dintorni, a seconda delle necessità e del budget. Io consiglio sempre quelli verso il centro perché sono in posizioni molto strategiche, specialmente per i giovani che vogliono divertirsi senza dover prendere la macchina»
«Juvia ne vorrebbe uno abbastanza isolato e che non costi molto. E magari anche vicino al mare…»
Mori la guardò per un attimo pensieroso e poi esclamò un «ho l’appartamento che fa per te!»
Faceva quel lavoro da innumerevoli anni ormai ed era pronto a qualunque richiesta, perciò non fu un problema accontentare i bisogni di quella fanciulla.
«Questo risponde a tutte le sue richieste, compresa la vista mare» disse soddisfatto.
Juvia lesse la descrizione del piccolo monolocale e guardò anche le foto, giusto per avere un assaggio di quella che probabilmente sarebbe stata il suo piccolo rifugio, delle quattro mura che avrebbe potuto finalmente chiamare casa.
«È perfetta…» sussurrò accarezzando le pagine bianche coperte dall’inchiostro, «Juvia la prende» esordì emozionata.
Ce l’aveva quasi fatta, le mancava solo un piccolo gradino per arrivare finalmente a toccare il cielo con un dito, e non poteva crederci, le sembrava tutto così surreale.
«Posso fissarle un appuntamento per andarla a visitare al più presto» propose l’agente immobiliare iniziando già a controllare il calendario per possibili date disponibili.
«A Juvia non serve vedere la casa, la prendere e basta» affermò più che convinta e con sguardo serio, tanto che strinse con forza il tessuto pesante della gonna blu.
«Benissimo, vado a prenderle i documenti così firma e poi non le resterà che godersela!» esclamò l’uomo alzandosi dalla grande sedia in pelle nera.
Tornò poco dopo con un fascicolo in mano e una penna. Posò i due oggetti sul tavolo davanti a Juvia e la ragazza afferrò la penna, avvicinandosi di più il contratto d’affitto per poterlo firmare.
Poteva sentire dentro di sé nascerle una felicità che mai aveva provato prima d’ora, talmente tanto forte che ebbe l’impressione che le pizzicarono gli occhi. Aveva desiderato così tanto realizzare quel sogno che adesso le sembrava quasi irreale come cosa.
Stappò la penna e con una lentezza estrema posò la punta della biro nera intrisa d’inchiostro sul foglio bianco, proprio sopra quella linea nera riservata solo e soltanto alla sua firma; voleva assaporarsi ogni singolo istante di quel momento perché bramosa di un ricordo felice.
Juvia si rendeva conto di essere molto materialista alle volte, però non poteva farci più tanto. Per lei il rifugiarsi in oggetti era una specie di bisogno fisico, aveva l’estrema necessita di legare a qualcosa le sue emozioni e di trovare una certa stabilità.
«Mi servirebbe prima un documento» esordì il signor Conbolt, sempre con un sorriso sulle labbra e la voce gentile.
Un documento… Sì, un documento.
«Nel frattempo lei può continuare a leggere il contratto d’affitto»
«Juvia non può firmare prima?» domandò agitata. Non poteva rischiare di essere scoperta, non ora che le mancava così poco.
«Può anche farlo, ma senza documenti non conta nulla» spiegò Mori aggrottando le sopracciglia. Non riusciva a capire per quale ragione quella giovane stesse facendo così tante storie per una semplice richiesta necessaria al proseguimento del contratto.
«Ma…»
«Signorina, necessito un documento» ripeté.
Juvia era sicura di tremare e di sudare freddo per la tensione. Stava accadendo proprio quello che aveva pregato non succedesse mai. Era stata una stupida a pensare che non gli avrebbe chiesto quel benedettissimo documento.
Con mano tremante afferrò la borsetta a tracolla in tessuto blu e ne sfilò fuori un piccolo portafogli, pieno di quelle banconote che aveva guadagnato con tanti sacrifici e un unico e misero documento: i bordi erano rovinati e mangiati dal tempo, le scritte e la foto sbiaditi. In quel semplice pezzo di carta era tutto sbagliato, soprattutto l’età.
Glielo passò, e sperò davvero che trascurasse quel problema.
Morilesse la carta d’identità e aggrottò le sopracciglia ancora una volta, «qui dice che non ha ancora la maggiore età, dico bene?»
Juvia annuì semplicemente, incapace di spiccicare anche una sola parola.
«Allora mi dispiace comunicarle che va contro la legge affittare appartamenti a minori di diciotto anni: perciò torni quando avrà l’età giusta»
«Juvia compirà gli anni questo sabato, non può fare un’eccezione?» domandò ormai con le lacrime agli occhi.
«No, purtroppo»
«Juvia glielo chiede per favore!» lo implorò alzandosi dalla sedia che era diventata improvvisamente scomoda.
L’uomo scossa la testa, alquanto spazientito. Non le faceva lui le regole e non voleva prendersi alcuna responsabilità, per non parlare del fatto che era stato stupido da parte di quella ragazza presentarsi lì sapendo già quale tipo di risposta avrebbe ottenuto.
«Juvia ha i soldi e se vuole può lasciare un extra» disse, «almeno fino a sabato! Juvia lo implora»
«Questo non è possibile» rispose scuotendo la testa e con le braccia incrociate, «in una settimana possiamo trovare un altro acquirente a cui interessa la casa. E con l’età giusta» specificò.
«Juvia però…!»
«Adesso basta, le devo chiedere di lasciare l’ufficio»
Ci fu un istante in cui Juvia ci aveva creduto. Ci fu un momento in cui Juvia aveva davvero creduto di realizzare un sogno, ma poi ce ne fu un altro di momento; uno in cui le lampadine dell’ufficio sfarfallarono tutte allo stesso momento e un «Cazzo!» rimbombò da uno dei ripostigli, facendo girare sia Juvia che Moriper capire che cosa stesse succedendo.
Le lacrime della turchina intanto si facevano strada sulle sue guance candide, rigandole.
«Quell’elettricista buono a nulla!» borbottò l’agente grattandosi la testa.
Dallo sgabuzzino uscì una nuvola di fumo e polvere oltre che ad un ragazzo, «il generatore d’emergenza è completamente andato»
Il giovane si spolverò la maglietta blu e i capelli neri dallo sporco che la mini esplosione di prima aveva provocato e, sotto lo sguardo sbalordito di Morie gli occhi pieni di lacrime di Juvia rimise una chiave inglese e un cacciavite nella cintura posteriore degli attrezzi, «mi sarei aspettato di trovarci un topo morto dentro quella stanza» commentò.
Un singhiozzo da parte di Juvia catturò l’attenzione di Gray, che non appena la vide aggrottò le sopracciglia non capendo il perché di quel comportamento e gli si avvicinò.
«Juvia,» la chiamò prendendole una spalla con una delle grandi mani e scuotendola appena, «che ti è successo?»
La ragazza tirò sul col naso e non seppe dire se era felice di vedere il suo salvatore proprio in quel momento e in quelle condizioni. Lo guardò dritto negli occhi con i suoi ricolmi di lacrime e appoggiò la testa sulla sua spalla, completamente a pezzi. La sua unica speranza di liberta da quella vita dura e ingiusta era appena stata stracciata come il contratto che ormai giaceva nel cestino circolare dietro la scrivania.
Se solo avesse avuto l’età giusta. Se solo avesse aspettato qualche altro giorno avrebbe potuto prenderla ed evitare una delusione grande come quella. Però lei era una stupida; una stupida che ancora sperava di provare qualcosa che non fosse dolore o il sapore delle sue lacrime salate.
«La prendo io»
Queste furono le uniche tre parole che le orecchie di Juvia riuscirono a sentire in quel momento. Nient’altro. Il rumore delle voci di Morie Gray poco prima avevano avuto la stessa importanza del ronzio di una mosca per lei, troppo triste per rendersi conto di tutto ciò che la circondava. Non sapeva a cosa si riferisse Gray, o del motivo per il quale l’avesse lasciata piangere sulla sua spalla.
«Ma…» provò a protestare Macao
«Ho detto che la prendo» ripeté duro Gray. «E poi a diciannove anni credo sia il caso che vada a vivere da solo» borbottò prendendo la penna che giaceva sul tavolo.
«Juvia non capisce che sta succedendo…»
«Sto firmando il contratto, ecco che sto facendo» le rispose Gray impegnato a scrivere il suo nome in maniera leggibile; non aveva mai avuto una bella calligrafia.
«Ma questo è l’appartamento di Juvia. Gray-sama non può-» come poteva affittarlo lui, così di punto in bianco poi. Non poteva toglierle anche quello.
«Tu sei ancora troppo piccola per vivere da sola» rispose scocciato, come se la cosa non fosse stata ovvia, «perciò sarò io il proprietario. E tu verrai a viverci insieme a me. Non ho problemi a condividere con una ragazza, ho due sorelle»
Il modo in cui lo disse, oppure proprio quelle parole furono quello che fecero capire a Juvia che provava qualcosa per lui, perché in quel momento lo stava vedendo sotto una luce diversa. E poi il cuore, quello le batteva forte mentre gli stringeva appena la maglietta sopra il petto e si asciugava le lacrime.
«Gray-sama è disposto a condividere la casa con Juvia?» domandò incredula più a sé stessa che al moro. Al ché lo guardo con gli occhi spalancati e una mano davanti alle labbra per lo stupore, mentre era chino sulla scrivania e con un’espressione concentrata sul viso.
«Da questo istante,» confermò scrivendo l’ultima lettera del suo cognome, «io e te abbiamo un accordo»
E quelle parole, a Juvia, sembrarono la chiave per la sua felicità, insieme a quello splendido ragazzo dai capelli neri, che dal giorno in cui l’aveva incontrato era riuscito a guadagnarsi un posto nel suo cuore solitario.

 
 
   
 
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