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Autore: Rain e Ren    12/05/2009    3 recensioni
Questa è una storia che stavo progettando gia da tanto, tanto tempo. E che spero vi possa piacere. Prima parte di una trilogia.
Una storia in cui i miti e le leggende non sono affatto quelli che conosciamo; un mondo che per la prima volta dopo millenni si mostra agli occhi del mondo; segreti da svelare. E per Isabel e gli altri inizia così un periodo particolare, costellato da verità antiche e segreti che porteranno con se consapevolezze inaspettate.
Un’antica battaglia sta per ricominciare, e forse la storia che tutti hanno sempre raccontato nei secoli non era che una mera finzione.
Cosa porterà tutto questo?
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Saori Kido, Un po' tutti
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Salve…ecco qui il nuovo capitolo

Salve…ecco qui il nuovo capitolo. Come immaginavo questa storia non ha riscosso un grande successo, ma me lo aspettavo visto che ho scelto come protagonista proprio Saori Kido, uno dei personaggi più odiati di tutta la serie. Ma fa niente!

 

E ora:

x stantuffo: Ciao Eli…mi fa piacere che almeno a te la ff sia piaciuta. Anche perché scriverla mi ha dato modo di conoscerti. Ne sono davvero felice. Sono pienamente d’accordo che, come personaggio, Saori venga snobbata nonostante sia un personaggio tutto particolare. Spero che anche questo capitolo (che hai atteso a lungo) possa piacerti. Baci…Ciao.

 

Grazie mille a chi ha commentato, a chi ha solo letto e a chi ha messo la storia tra le seguite. Grazie di cuore!!!

 

 

 

 

1. Chiedere aiuto.

 

 

“ Ise…? Ise dove sei?”

“ Sono qui…”

“ Ise…? Ise, ti prego, rispondimi…!”

“ Sono qui…”

“ Ise…? Tesoro…per favore…Ise…!”

“ Sono qui…

Mamma…!”

 

 

Aprii gli occhi di scatto e il mondo venne invaso dalla luce tanto velocemente da farmi credere di essere ancora addormentata, di stare ancora sognando.

Scossi la testa cercando di fare mente locale, e solo quando notai i fogli sparsi davanti a me mi resi conto di essere nel mio studio – quello che una volta era stato di mio nonno – e di essermi addormentata; cercai di non farci troppo caso nonostante sapessi benissimo che, come cosa, non  era affatto normale. Ero sempre stata brava a tenere l’attenzione alta anche se non m’importava niente di quello che avevo davanti, e il fatto di essermi addormentata così mi dava da pensare.

Mi stropicciai gli occhi e passai una mano tra i capelli prima di alzarmi e aprire la porta-finestra che divideva lo studio dal grande balcone di marmo bianco.

Il sole splendeva alto nel cielo, segno che doveva essere più o meno l’ora di pranzo. Non c’era nemmeno un filo di vento quel giorno, e benché fossimo appena in maggio l’afa si stava gia facendo sentire. Tolsi il giacchetto che avevo indossato sopra il vestito bianco e mi resi improvvisamente conto di quanto facesse in realtà caldo.

E rimasi lì, con lo sguardo perso nel grande giardino della villa, mentre il sole mi bruciava la pelle chiara e donava degli strani riflessi mori ai miei capelli. Strano, non mi ero mai accorta di avere dei riflessi mori!

Chiusi gli occhi e rievocai nuovamente il sogno di poco prima, le sue parole, le emozioni…

Era strano, ma per qualche assurda ragione sentivo dentro un’inquietudine mai provata; nemmeno alle Dodici Case, nemmeno ad Asgard, o con Nettuno o, ancora peggio, contro Hades. No, contro nessuno di loro avevo mai sentito ciò che provavo in quel momento…e non era affatto una bella sensazione.

Era ormai una settimana che, ogni notte, quel incubo e quelle voci tornavano a farmi visita insistentemente. Ormai conoscevo ogni frase a memoria, tanto che avrei potuto ripeterle lì, senza problemi…anche se in realtà non l’avrei mai fatto. Perché sentivo dentro di me che, se le avessi pronunciate, tutto avrebbe finalmente assunto una forma reale, tangibile e concreta. Fino a quel momento si era trattato solo di un sogno, ma se avessi pronunciato ad alta voce quelle parole, allora il sogno sarebbe divenuto realtà. E io non volevo questo.

Aprii gli occhi e li puntai sul sole; faceva male, bruciava…ma non m’importava nulla. Il dolore quasi non lo sentivo mentre rievocavo nella mia mente quelle parole cariche di dolore e rimpianto. Quelle parole che ormai avevo fatto mie, che sentivo parte di me.

Non so per quanto rimasi lì, con gli occhi puntati sul globo infuocato, persa in pensieri che ora non saprei definire; so per certo che, ad un certo punto, scattai come spinta da una molla invisibile e mi alzai facendo cadere a terra il giacchetto.

Basta! Ora basta! Mi dissi scuotendomi dal torpore nel quale ero caduta. Stare qui non serve a nulla!

Mi fiondai fuori dalla stanza e raggiunsi Mylock alla velocità della luce prima che l’idea che avevo avuto si dileguasse così com’era venuta. L’uomo si spaventò non poco quando mi vide arrivare come un uragano, e mi guardò perplesso.

“ Milady…cosa…?” provò ha dire, ma senza successo.

“ Mylock portami al Collegio.” Dissi velocemente cercando di sembrare autorevole.

Lui sgranò gli occhi. “ Per…”

“ Non fare domande!” lo supplicai abbassando la testa e celandogli i miei occhi. “ Ti prego…”

Rimase in silenzio per quelli che mi parvero secoli; intanto, nella mia testa, l’idea di star per fare una cavolata con la C maiuscola si rafforzava. Forse stavo davvero sbagliando tutto, e magari l’idea che avevo avuto non era che un capriccio però…dentro…sentivo di averne davvero il bisogno. Anche se alla fine si fosse rivelato inutile.

 

Arrivammo al Collegio 20 minuti dopo e, prima di scendere, chiesi a Mylock di tornare alla Villa. Sembrò perplesso e per niente d’accordo con questa mia decisione, ma alla fine cedette e accettò.

Mi trovai nuovamente sola, con la mente sommersa da mille domande e di altrettanti dubbi. Rimasi appoggiata al muretto e sospirai pesantemente: cosa mi stava succedendo? Da quando esitavo tanto nel fare qualcosa?

Eppure non riuscivo proprio ad impedirmelo, tantomeno in quella situazione. Perché c’era qualcosa, qualcosa che non conoscevo e a cui non riuscivo ha dare un nome, che m’impediva di essere la stessa di sempre, la ragazza decisa che tutti avevano sempre conosciuto. Sentivo che non ero più la stessa, che stavo cambiando, mutando in qualcuno…forse…migliore!?

Non sapevo. Non capivo. E la testa iniziava ha farmi male davvero! Troppi pensieri confusi da sbrogliare, e in quel momento sentivo di non avere nemmeno la forza di farlo.

“ Ma…Lady Isabel?”

Una voce delicata mi riportò alla realtà da cui mi ero distaccata e il viso gioviale e sorpreso di Daisy mi apparve davanti. Era proprio come la ricordavo, anche se erano passati diversi mesi dall’ultima volta che l’avevo vista, ossia da Natale.

“ Ciao…” la salutai timidamente, in un comportamento che non mi era mai appartenuto.

Di questo sembrò accorgersi anche lei perché sgranò gli occhi e mi fissò perplessa. Ma durò solo un istante, e subito dopo era la ragazza di sempre, con quel sorrise gentile che l’aveva sempre caratterizzata.

Mi chiesi immediatamente se, a causa del cosmo che ancora si trovava dentro di lei, non avesse percepito qualcosa di stano provenire da me; certo, di quel cosmo potente appartenuto un tempo ad Eris, Dea della Discordia e della Zizzania, era rimasto ben poco se non rimasugli che ormai si stavano lentamente ma inesorabilmente consumando.

La fissai intensamente negli occhi e per un momento – come un lampo – vidi due occhi più maturi e profondi di quelli di una sedicenne. Vidi due occhi che di umano aveva ben poco. Vidi gli occhi di una Dea. Ma fu solo per un momento. Subito dopo era di nuovo la ragazza sedicenne che stava al Collegio e aiutava con i bambini.

“ Che cosa ci fa qui, Lady Isabel?” mi chiese cordialmente dandomi del lei; non mi ero mai accorta di quanto questo mi desse fastidio.

Sospirai buttando fuori tutta l’aria, e con essa anche la verità. “ Non lo so nemmeno io ad essere sincera.” Ammisi scuotendo la testa. “ Non ho idea del perché sono venuta qui…ho solo…agito d’istinto…ecco.”

Lei annuì piano. Non sembrò però del tutto convinta delle mie parole, e forse, forse, mi dissi che nonostante tutto era davvero sopravvissuto qualcosa di più di Eris in lei.

“ Io…ecco…io ti stavo cercando…” ammisi infine in un sussurro appena udibile, ma Daisy sembrò coglierlo lo stesso.

Inarcò le sue delicate sopracciglia bionde e la sorpresa si dipinse sul suo giovane viso. Sapevo…capivo che probabilmente quella situazione aveva dell’assurdo ai suoi occhi; mi aveva sempre vista come una persona da tenere alla larga, da rispettare, certo, ma di sicuro non un’amica con cui parlare.

“ Daisy…” sussurrai piano mentre il labbro inferiore tremava pericolosamente. “ Ti prego…ho bisogno d’aiuto…”

Ecco, l’avevo finalmente ammesso ad alta voce: io avevo bisogno di aiuto! Di un aiuto disperato, magari di una risposta a tutte le mie domande.

“ Venite dentro.” Mi disse prendendomi per mano. “ Passiamo dal retro.”

 

Ero nella sua stanza, seduta sul letto mentre lei osservava dubbiosa l’armadio aperto. Era da almeno 5 minuti che faceva così, e non riuscivo proprio ha capire cosa avesse in mente.

“ Daisy?” la chiamai piano. “ Cosa stai…?”

“ Siete mai andata in giro per la città senza Mylock alle calcagna?” mi chiese interrompendomi.

Sgranai gli occhi stupefatta. “ N-No…”

“ Bene. Vuol dire che quella di oggi sarà un’esperienza nuova!” mi lanciò dei vestiti. “ Dovrebbero andarvi bene. Cambiatevi. Io sarò qua fuori nel caso abbiate bisogno di aiuto. E uscì dalla stanza chiudendosi la porta dietro.

Fissai intontita prima la porta e poi i vestiti che mi aveva dato. Non capivo cosa avesse in mente ma decisi di ascoltarla lo stesso e mi cambiai. I vestiti che mi aveva dato mi stavano a pennello…anche se era uno stile un po’ insolito per me.

Un paio di jeans a tubo, una canottiera bianca con sopra una giacca più elegante e ai piedi un paio di ballerine bianche.

Mi fissai allo specchio cercando nell’immagine della ragazza la duchessa sempre compita e controllata. Che fine aveva fatto quella Isabel?

“ Siete pron…oh…” Daisy entrò e rimase ha guardarmi annuendo. “ Si, proprio come immaginavo. State benissimo.”

Inarcai le sopracciglia poco convinta ma non dissi nulla. “ Potrei sapere perché mi hai fatta vestire così?” le chiesi mettendo le mani sui fianchi.

“ Come perché?” fece inorridita dal fatto che non avessi capito. “ Perché adesso usciamo!”

Spalancai gli occhi terrorizzata: che aveva in mente quella pazza?

“ Usciamo…e dove?”

“ Non lo so. Decidiamo quando siamo fuori.” Disse lei allegramente iniziando ha cercare nell’armadio e tirando fuori una minigonna di jeans, una maglietta nera e un giubbotto di jeans. Si mise un paio di ballerine nere e prese una borsetta.

“ Perfetto. Ora sono pronta anche io.” E prese ha trascinarmi fino a quando, arrivate in strada, non strattonai il braccio liberandomi.

“ Che c’è?” mi chiese lei non capendo il mio comportamento.

“ Che c’è?” le feci eco incredula. “ Ma si può sapere che ti passa per la testa? Mi hai praticamente rapita e adesso mi stai trascinando in giro senza nemmeno una meta!

Lei sospirò e mi osservò per un momento con i suoi occhi neri. E io per poco non mi ci persi dentro. Erano profondi e senza fine, proprio come quelli di…

“ Lei…è ancora…in te…?” sussurrai tenendomi la testa mentre l’immagine di Eris prendeva forma nella mia mente più nitida che mai.

Si.” Annuì Daisy capendo. “ Lei, o per meglio dire una parte di lei, è ancora dentro di me. Riesce ha sopravvivere grazie ai rimasugli del cosmo che ancora mi porto dentro, ma non durerà ancora a lungo. Sospirò pesantemente e chiuse gli occhi. “ Mi dispiace davvero per tutto il trambusto che ho fatto, ma non c’era altra soluzione; dentro non si può parlare tranquillamente senza che qualcuno si metta in mezzo ogni 5 secondi, e così mi è venuta questa idea.”

Feci un cenno con la testa, segno che avevo capito. “ Ma ora con chi sto parlando?” chiesi tornado a fissarla negli occhi. “ Chi sei tu? Daisy oppure Eris?”

“ Credo tutte e due.” Disse spostando gli occhi sul cielo terso. “ Ormai la mia anima e quella di Eris sono divenute una sola; io sono lei come lei è me. Ma credo che tu lo sappia…dato che sei venuta da me.” Aveva abbandonato ogni “lei”, ogni barriera tra noi era caduta. Ora eravamo solo due ragazze l’una davanti all’altra.

“ Gia.” Sospirai prendendo a camminare senza sapere dove stavo andando. Lei mi seguì. “ Non so come spiegarlo ma…tu…ti sento in qualche modo…affine!?” stavo cercando di spiegarmi il meglio possibile, ma si stava rivelando un’impresa.

“ Credo d’aver capito cosa intendi.” Disse interpretando la mia frase sconnessa. “ Chissà, forse è per quello che siamo entrambe?! Forse in realtà non siamo noi ha far succedere tutto questo ma le dee che in noi si sono incarnate…

Non le risposi, ma rimasi ad interpretare le sue parole chiedendomi se fosse realmente possibile una cosa simile. Che le nostre azioni fossero davvero guidate da chi portavamo dentro? Che fossero Atena ed Eris ha decidere per noi? Davvero?

Scossi la testa disgustata: la cosa non mi piaceva affatto! Perché un altro doveva decidere per me? Perché la mia vita doveva essere in mano sua?

Poi, improvvisamente, mi ricordai del vero motivo che mi aveva spinta ad andare al Collegio e ha voler parlare con Daisy.

“ Senti…io…”

Non riuscii ha dire altro che gia mi aveva presa per mano e mi stava nuovamente trascinando.

“ E-Ehi…!”

“ Le chiacchiere complicate e mistiche lasciamole per dopo, ok? Adesso pensiamo solo ha divertirci!” mi disse allegra cambiando completamente personalità.

Che strana ragazza!

Ma decisi che, in quel momento, andava bene anche così. Del resto avremmo parlato più tardi, tanto di tempo ne avevamo eccome.

Passai una giornata splendida in compagnia di Daisy, correndo per lei vie assolate della città, entrando nei negozi e provando i vestiti più disparati. E soprattutto ridendo tanto.

“ No, no e poi no!” m’impuntai appoggiandomi con la schiena al muro del camerino. “ Io non esco!”

“ Eddai, non farti pregare.” Mi supplicò Daisy; sospettavo che a breve si sarebbe messa in ginocchio.

Sospirai cercando il coraggio per fare una cosa come quella…e alla fine la feci. Uscii dal camerino e gli occhi di tutto il negozio furono subito su di me – soprattutto quelle dei ragazzi –; certo non si poteva dar loro torto vedendo com’ero vestita.

Daisy mi aveva praticamente obbligata ad indossare un vestitino nero, molto mini e poco casto, che lasciava ben poco all’immaginazione, e c’aveva abbinato una paio di sandali lucidi con un tacco a spillo vertiginoso.

“ Sei uno schianto!” esclamò battendo le mani e tirando fuori una macchina fotografica. No, quello proprio no!

“ Scordatelo!” le dissi chiaramente con tono che non ammetteva repliche. E ovviamente non servì a nulla; in meno di un secondo era riuscita ha farmi una foto, e se la rideva tutta contenta.

Decisi di arrendermi e di cambiarmi prima che decidesse di farmi un intero servizio fotografico, e ne sarebbe stata capace.

Uscimmo dal negozio cariche di borse e decidemmo di fermarci in un piccolo bar molto carino che avevamo notato mentre giravamo a vuoto. Ci sedemmo ad un tavolo ed ordinammo entrambe un parfait.

“ Ah, che bella giornata!” esclamai godendomi gli ultimi sprazzi di sole primaverile. Ero stata proprio bene quel giorno, e in cuor mio speravo non fosse l’ultimo.

“ Ogni tanto fa bene staccare.” Mi disse Daisy portando lo sguardo sull’orizzonte. “ Sinceramente era da tanto che non uscivo con qualcuno per andare ha fare shopping. Mi ero dimenticata quanto ci si potesse divertire con un’amica.

A quella frase rimasi interdetta.

 

[Amicizia…]

 

Una parola che per me non aveva mai avuto molto significato. Ero sempre cresciuta da sola, nella grande villa ch’era come un prigione d’orata, mentre tutto il mondo intorno a me ruotava senza rendermi partecipe. O forse ero io che m’ero isolata…?

“ Noi…siamo amiche…?” le chiesi pianissimo.

Si.” Mi rispose lei senza incertezze. “ Dopo oggi penso proprio che ci possiamo considerare tali, non credi anche tu?”

“ Non so…” ammisi imbarazzata. “ Non ho mai avuto un’amica…”

“ Allora sarò la prima!” esclamò allungando il mignolo nella mia direzione. “ Questa è una promessa, Isabel!”

E io non potei sottrarmi a quel piccolo q, per certi versi, insignificante gesto. Strinsi il suo mignolo con il mio e le sorrisi felice: avevo trovato un’amica!

“ Quindi, come tua amica, vorrei sapere cos’è che ti tormenta tanto.”

La fissai sconvolta: coma diavolo faceva ha chiedermi una cosa come quella come se niente fosse? E, soprattutto, come faceva ad aver capito che…?

Certo, una parte gliel’avevo anticipata io, ma non credevo che…

“ Non ci è voluto molto ha capire che c’è qualcosa che ti tormenta.” Disse Daisy come se mi avesse letto nella mente. “ L’hai detto tu stessa, no? Io e te siamo in qualche modo affini.

“ Si…forse è davvero così…” annuii distrattamente.

Rimanemmo in silenzio per quelli che mi parvero secoli, ognuna persa nei propri pensieri. Io stavo cercando dentro di me la forza per iniziare quel discorso, e probabilmente lei stava aspettando che quella forza mi arrivasse.

“ Daisy…” la chiamai sussurrando. “ Hai mai sentito il nome Ise?”

Ciò bastò. E un attimo dopo le stavo raccontando per filo e per segno tutto quello ch’era successo, tutto quello che avevo visto e a cui non riuscivo ha dare una risposta.

Lei rimase lì, ad ascoltarmi, senza mai dire una parola. I suoi occhi attenti mi scrutavano mentre parlavo, ponendomi mute domande alle quali rispondevo per riprendere fiato.

“ Ecco tutto.” Dissi alla fine orgogliosa di me stessa: ce l’avevo fatta!

Restò a fissarmi immobile. “ Ora cosa pensi di fare?” mi chiese alla fine sorprendendomi. Non me l’aspettavo proprio quella domanda, anche perché nemmeno io me l’ero mai posta.

“ Non lo so.” Ammisi abbassando gli occhi.

“ Lo dirai ai ragazzi?”

“ No!” risposi velocemente. “ Loro sono tremendamente apprensivi, si preoccupano per ogni sciocchezza; sono sempre pronti a tutto per me e delle volte scattano anche se in realtà non c’è alcun pericolo. E poi…vorrei…non doverli coinvolgere in questa storia.” Alzai gli occhi per incrociare i suoi. “ Non credo ci sia un pericolo imminente, e loro hanno appena iniziato ha godersi un po’ della loro adolescenza. Non voglio privarli di ciò. Inoltre…non credo che questa storia li riguardi.

Daisy mi guardò confusa. “ Non credi che li riguardi? Mi sa che ti stai sbagliando.” Prese a giocare con il cucchiaino del gelato e io attesi che continuasse. “ Sono i tuoi Cavalieri, e in quanto tali ciò che riguarda te riguarda automaticamente anche loro. Non credo che importi molto la tua volontà, non in questo caso almeno.

Scossi la testa capendo cosa voleva dire. “ Non è proprio così.” Negai decidendo, per la prima volta, di ammettere quella cosa anche a me stessa. “ Loro sono i Cavalieri di Atena, non quelli di Isabel; proteggono una Dea, non un’umana. E io sento che questa storia riguarda la me stessa umana che ancora vive in me. Tutto questo non riguarda Atena, ma Isabel.”

Uno sbuffo…e poi Daisy scoppiò inevitabilmente ha ridere come una matta.

“ Si…” disse quando finalmente si fu ripresa. “ Credo di capire cosa intendi…e ho deciso di aiutarti.”

“ Prego?” chiesi senza capire.

“ Ho detto che ti aiuterò.” Ripeté con più calma. “ Non so cosa potrò fare dato che la situazione si sta rivelando più complicata del previsto, ma tu sei venuta da me chiedendo aiuto, e io ho deciso di darti quel aiuto. Ti basta come risposta?”

 

[ Si, per il momento basta…]

 

Scacciai quella voce che aveva riempito la mia mente e le sorrisi annuendo con la testa. Non avevo il coraggio di farlo con le parole, perché avevo paura che la voce che avrei sentito non sarebbe stata la mia. Ma quel muto cenno bastò a Daisy.

Spostai lo sguardo sull’orizzonte infuocato che si estendeva fin dove il mio occhio non poteva vedere; sentivo un vago senso di libertà osservando quello spettacolo. Decisi di non pensarci, di non farci caso, non allora almeno.

 

 

 

[ Presto quella libertà sarà tua…]

 

   
 
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