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Autore: Araglas34    27/10/2016    1 recensioni
Pianse, abbracciata al corpo della figlia con cui aveva trascorso così poco tempo da non essere riuscita a dimostrarle il suo amore
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Black, Andromeda Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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La primavera era sbocciata da un pezzo, presto sarebbe arrivata l’estate. I pettirossi cantavano sereni, appoggiati ai rami dei verdi platani lungo la strada sterrata. Il sole sorgeva dietro le colline, colorate da mille specie di fiori, circondati dalle api ronzanti. Ma un’ombra contrastava lo sfondo luminoso e tranquillo. Per qualcuno quella giornata era triste, mesta come una fredda notte d’inverno senza la luce di una stella. Per una madre che doveva dire addio alla figlia, nessun giorno sarebbe più stato una primavera, niente sarebbe stato più come prima. L’ombra si tolse il cappuccio arrivando al centro di un prato fiorito, rivelando una cascata di morbidi capelli castani. Ma il viso era triste, scavato, gli occhi opachi, bui come il profondo di una caverna. Quando pensò di essere arrivata nel posto giusto, sopra un’altura, ai limiti di un boschetto, piuttosto lontano dal centro abitato visibile in lontananza, si fermò, respirando profondamente, preparandosi per ciò che avrebbe dovuto affrontare. Dalla tasca del mantello nero estrasse la bacchetta e pronunciò qualche parola. Una lacrima argentea scivolò sull’erba quando, davanti a lei, si materializzarono due corpi, uno vicino all’altro, coperti da un leggero telo di seta. Si avvicinò, scostò il velo dalla figura più alta, rivelando un’uomo, pallido, gli occhi chiusi con una profonda cicatrice che gli solcava il viso. L’espressione era serena, sembrava dormisse. La donna si chinò e osservò, un’ultima volta, il volto dell’uomo che, per molto tempo, aveva odiato, desiderato che morisse. Ora era attanagliata dai sensi di colpa: quell’uomo aveva fatto tanto, tutto il possibile…ma l’amore alla fine aveva vinto, per la prima volta si era sentito veramente felice. L’aveva protetta meglio di chiunque altro e lei era sempre stata troppo orgogliosa per ammetterlo…Aveva capito quando ormai era troppo tardi. Si inginocchiò e sussurrò all’orecchio del corpo -Perdonami, mi dispiace, ti ho giudicato troppo in fretta-. Poi lo ricoprì e calde lacrime cominciarono a scorrerle sulle guance sciupate quando seguì con lo sguardo il braccio, leggermente ritratto, dell’uomo, la mano, stretta al secondo corpo, più minuto e all’apparenza fragile…No, pensò la donna, togliendo il velo con mano tremante, lei non era mai stata debole, anche nelle difficoltà era sempre rimasta forte. Ripensò a tutti i momenti passati insieme a lei, i litigi, gli abbracci. Non aveva saputo apprezzarli al meglio. Baciò la figura distesa sul morbido prato erboso, scostando quei capelli rosa dalla fronte. I capelli rosa, lei aveva sempre adorato quel colore. La donna avrebbe voluto dimenticarsi di tutto, dimenticarsi di lei, di tutti i guai in cui si era cacciata, del nome che lei odiava, ma non poteva. Non riuscì più a trattenersi, consumata dal dolore, per la prima volta trovò il coraggio di lasciarsi andare. Pianse, abbracciata al corpo della figlia con cui aveva trascorso così poco tempo da non essere riuscita a dimostrarle il suo amore; mentre gocce argentate continuavano a scivolare sull’erba verde.    

 

 

 

 

   
 
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