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Autore: RaffaLella    27/10/2016    3 recensioni
Michela Pergolesi, aveva ventisette anni, tanta voglia di realizzare i suoi sogni e poche possibilità di farlo, ma poi...
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“Mi serve una finta fidanzata” Oh no! Che piano stupido! “E quindi noi due dobbiamo fingere di stare insieme, così lui si convincerà che sono solo voci quelle assurde chiacchiere su me e sua moglie!” espose raggiante, come se l'avesse messa a conoscenza di un piano brillante
“Giacomo, sei veramente un cretino! Da dove hai preso questa idea, da un libro di serie C, D, E? Spero che come principe del foro le tue strategie siano migliori di questa, perché questa fa veramente schifo!”
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“Michi, io potrei ricompensarti per questo grosso favore, con un favore altrettanto grosso” propose ammiccante, avvicinandosi nuovamente a lei
“Non sono interessata a nessun genere di prestazione sessuale. Faccio benissimo da sola, grazie” replicò la ragazza, indietreggiando ancora.
“Effettivamente da quando il rincoglione ti ha lasciata, fai molto da sola!” la schernì gongolante
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ciao a tutti,
mi ri-scuso per non avere ancora risposto alle vostre recensioni, ma finalmente ho finito gli scritti del concorso. Ora ho da fare solo gli orali (fra un mese), quindi domani mi dedico a rispondere in maniera appropriata a chi ha lasciato un segno della sua presenza e della sua vicinanza. Grazie di cuore:).
Prima di lasciarvi al prossimo capitolo, anche se rapidamente, voglio ringraziare la mia amica Vale (Valentina78... un genio, la solita esagerata! Prrrr... controllami anche questo, che ho scritto in mezzo pomeriggio e dopo un concorsoO_O... capirai!), MusicHeart (troppo facile, mia cara... è un po' più complicata, lo sai che sono contorta;)), Ashwini (grazie di aver lasciato un commento e ti prometto che, fra fulmini, tuoni e saette, ci sarà il lieto fine, a modo mio, ma decisamente un lieto fine... XP) e giapo31 (grazie Giovanna, sopratutto per aver notato l'errore... l'ho corretto subito!).
Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite e le seguite e, per il momento, vi lascio al prossimo capitolo
Buona lettura a tutti
Lella80


Capitolo III
Pallottola


“Devo alzarmi! Devo portare Pallottola a fare pipì” spiegò in un filo di voce
“Sei sicura?” la tentò lui, affondando la testa nell'incavo del suo collo e perdendosi nel profumo della sua pelle. Il lenzuolo verde acqua scivolò sulle olivastre e lisce gambe di Michela, mentre la gamba destra di Giacomo si avvinghiò alle sue, serrandole in una calda morsa “Restiamo ancora un po' cosi!” esplicitò in un ordine supplichevole
Il cuore di Michela si strinse in un pugno e il suo stomaco si serrò in una morsa. “Devo portare giù Pallottola” ripeté, cercando di convincere se stessa. Perché non riusciva ad essere più incisiva? In fondo, doveva solo alzarsi!
“Io non ti sto trattenendo” ma se l'aveva praticamente incatenata! “Posso liberarti se proprio lo desideri” la pungolò con la voce arrochita dal desiderio. Perché si comportava così? Rimase immobile, stretta a lui, ricordando un tempo passato e lasciandosi invadere, solo per un momento, da sentimenti sopiti “Ricordami perché ti ho lasciata andare, Michi!”
Perché mi stavo attaccando troppo, brutto idiota! “Stai contravvenendo ad un'altra delle clausole del contratto” obiettò Michela, cercando di impedire al suo cuore di straripare dal petto
Lui sbuffò, evidentemente seccato. “Sei proprio un'insensibile, Michi” si staccò da lei e si lasciò cadere pesantemente sulla schiena, scoprendo l'esile corpo della ragazza “Lo porto giù io questo sacco di pulci. Resta ancora un po' a letto. È inutile che ci alziamo in due” sbottò alzandosi di malavoglia
“Vai a fare colazione” lo esortò la ragazza, cercando di riprendere il controllo del suo corpo “Porto io giù Pallottola, non ti preoccupare” insistette, rimanendo accoccolata. Non riusciva a muoversi, le tremavano le gambe.
Lui le carezzò i capelli. “Oggi hai il turno di pomeriggio, quindi è inutile che ti alzi. Mi fa piacere portare giù Pallottola” replicò con voce dolce e carezzevole. Si chinò su di lei e poggiò le sue labbra calde sulla tempia sinistra di Michela “Mi aiuterà a calmare il desiderio che la tua vicinanza mi ha scatenato stamattina”
Michela non riuscì a controbattere a quelle parole. Percepì il peso del corpo del ragazzo spostarsi sul bordo del letto. Lo osservò, con la coda dell'occhio, mentre si sfilava i calzoni del pigiama e indossava rapido una maglietta ed un paio di pantaloncini.
“Andiamo giovanotto, stamattina ti porta papà a fare i bisogni!”
Papà. Era una cosa che proprio detestava quando si definiva papà del suo cane, come d'altronde trovava seccanti le persone che si rivolgevano ai loro animali come se fossero i genitori.
Quando la porta si chiuse, rimase qualche altro minuto accoccolata, non doveva pensare a quanto era accaduto, doveva soprassedere come faceva ogni volta. Riuscì a riprendere le forze e, cercando di perdersi nei gesti routinari del mattino, riprendere il controllo di sé stessa. Andò in bagno, fece pipì, si sciacquò la faccia, andò in cucina, mise su la macchinetta del caffè e il bricco del latte. Non doveva pensare a quanto era accaduto, ma... l'atteggiamento di Giacomo l'aveva spiazzata. La confondeva quel suo seduttivo, anche se incomprensibile, comportamento. Il loro rapporto di amicizia era sempre stato particolare; sempre a cavallo tra l'affetto fraterno e la seduzione, ma mai così esplicitamente palesato. Cosa c'era di diverso? Cosa le stava nascondendo? Perché era così irrequieto?
Sovrappensiero, senza fare caso a quello che stava facendo, ai suoi gesti, ai suoi movimenti, afferrò due tazzine di vetro trasparente dalla dispensa a vista e le poggiò sul tavolo. Il caffè cominciò a sfrigolare nella moka e l'odore si diffuse, saturando l'intera stanza. La sua mente vagava senza una meta, persa in pensieri disconnessi. Sospirò profondamente, immobile accanto alla macchinetta del caffè. Se Giacomo aveva tacitamente promesso che non avrebbe mai abbattuto il muro che con tanta fatica lei aveva eretto, se le aveva assicurato che non aveva alcun interesse nell'abbattere quel maledetto muro, se egli stesso continuava a fornirgli nuovi mattoni per impedire a quel cazzo di muro di cedere, perché si comportava come un maledetto stronzo proprio con lei?
Spense i fuochi sia del caffè che del latte, nello stesso momento in cui la chiave girava nella toppa. Pallottola sfrecciò nella cucina saltellando convulsamente sulle zampe posteriori e cercando di leccarle il viso. “Stai giù, piccolo” lo redarguì, carezzandogli il testone peloso “Ora ti metto la pappa”
“Che buon odore di caffè” osservò Giacomo, prendendo i croccantini dall'armadio a muro “Gli metto io da mangiare. Mi prepari il caffellatte?”
Michela si alzò mollemente dalla sedia, senza spiccicare parola. La voce di Giacomo le fece scorrere un brivido di piacere lungo la schiena, al solo pensiero dei loro corpi stretti. Non doveva pensare a quanto era accaduto! Afferrò una tazza verde pistacchio dalla credenza, versò il latte che aveva riscaldato, aggiunse il caffè. Sistemò la tazza su una tovaglietta, proprio nel posto di fronte al suo. Prese i biscotti e lo zucchero e li sistemò accanto alla tazza. Si sedette, continuando a sorseggiare il suo caffè, nero e senza zucchero.
“Credi che riuscirò a sentire la tua voce prima della fine della giornata?” domandò il ragazzo ironico
“Scusa, ero sovrappensiero” replicò falsamente distratta
“Perdonami” si scusò Giacomo, mentre inzuppava i biscotti nel latte “Ho un po' esagerato stamattina, ma tu sei molto carina e sei mezza nuda ed io sono un ragazzo pieno di vitalità” spiegò senza sollevare lo sguardo dalla tazza
Pieno di vitalità è un nuovo modo per definire i maniaci?” replicò, scuotendo il capo stizzita “Indosso una canotta e un paio di pantaloncini, non sono mezza nuda. Almeno non mi definirebbe tale un ragazzo con meno vitalità, che tradotto significa un non maniaco” argomentò senza riprendere fiato “Tu indossi una maglietta e un paio di bermuda, allora anche tu sei mezzo nudo, ma evidentemente io ho poca vitalità” argomentò saccente.
“Tu non hai mai avuto molta vitalità, bella mia” osservò lui da grande esperto di vitalità “sei praticamente uno zombi”
“Solo perché non sono una maniaca sessuopatica
“Vorrai dire erotomane, perché sessuopatica non credo sia una parola del nostro vocabolario” puntualizzò acido
“Sì, invece, viene subito dopo rincoglione” asserì seria, poggiando la tazzina e fissando il suo sguardo su di lui con aria di sfida
Giacomo si massaggiò i corti capelli castani e sbottò in una sonora risata. “Ora che mi ci fai pensare credo di ricordarlo” confermò senza ombra di dubbio nel viso
Michela sospirò profondamente. “Noi siamo amici Giacomo, non rovinare tutto con la tua stronzaggine. I miei muri sono alti” ma non sufficientemente alti, pensò dentro di sé, senza avere il coraggio di esternare quel pensiero “ma vorrei rimanere tua amica alla fine di questo teatrino” spiegò, senza nascondere un filo di amara tristezza
“Scusami, le brutte abitudini sono dure a morire” sorrise malinconico “Cercherò di non rovinare tutto come mio solito”
Sembrava sinceramente mortificato e d'altronde lui non era mai stato particolarmente bravo a contenere la sua vitalità. Michela, sorrise rassegnata, stringendo gli occhi incredula. “Esci da questo corpo!” ordinò seria, cercando di esorcizzarlo
“Che ti prende?” replicò lui con un sorriso timido
“Hai chiesto scusa per la tua stronzaggine e ti stai preoccupando di non rovinare la nostra amicizia” era veramente perplessa “sono favorevolmente colpita!” lo fissava incredula
“Non guardarmi così, che mi metti i brividi”
“Cavoli, un solo giorno di convivenza con me e sei già un uomo migliore!” espose gongolante “Fra tre mesi sarai completamente guarito dalla tua sociopatia”
“Non sono un sociopatico” obiettò risentito, tracannando l'ultimo sorso di latte
La ragazza, poggiò l'indice sul mento e lo fissò pensosa, poi afferrò il cellulare e digitò la parola sociopatico su Google “definizione di sociopatico, da wikipedia: disturbo antisociale di personalità” cominciò a leggere con voce alta, squillante e tremendamente divertita “È un disturbo di personalità caratterizzato dal disprezzo patologico del soggetto per le regole e le leggi della società, da comportamento impulsivo, dall'incapacità di assumersi responsabilità e dall'indifferenza nei confronti dei sentimenti altrui” terminò di leggere e sollevò lo sguardo compiaciuta “Credo stiano parlando di te, Giacomo!” affermò con falsa meraviglia
“Non è divertente” replicò il ragazzo, senza riuscire a trattenere un sorriso
“Io lo trovo molto divertente, invece”
Giacomo si alzò di malavoglia. “Mia cara, per quanto questa sia la chiacchierata più interessante che ho avuto con una donna negli ultimi mesi, devo proprio andare a lavoro” si stiracchiò mugolando “Non riesco a passare alle tre per portare a spasso il cane, devi farlo tu prima di andare a lavoro”
“Io rientro alle nove” lo informò
“Lo so, me lo ricordo. Cercherò di uscire prima da lavoro, ma oggi sarà una giornataccia”
“Mentre ti travesti da avvocato ti preparo il pranzo” si offrì, mettendo le tazze sporche nel lavello d'acciaio “Preferisci un po' della lasagna di ieri o ti preparo una frittata?”
“Se posso approfittare biecamente della tua gentilezza, preferisco la frittata, così non mangio la stessa cosa di ieri sera”
Lei prese la padella dal forno e l'appoggiò sul piano di cottura. “Ti metto anche due mele, visto che non ho da darti una verdura d'accompagnamento. Bisogna sempre mangiare le fibre, che fanno benissimo all'intestino e ti proteggono anche dal cancro al colon”
“Dobbiamo parlare di queste cose allegre di prima mattina?” obiettò, storcendo il naso
“Come sei impressionabile” lo canzonò lei, mettendo il broncio “Mi preoccupo solo per il tuo colon” sbatté le ciglia con fare seduttivo “Da brava fidanzata incinta, non voglio che mi lasci a crescere tutta da sola un bambino invisibile! Se manco lo vedo come farò ad educarlo?” scosse la testa falsamente avvilita
“Che scema, che sei!” fece lui, divertito “Vado a lavarmi; vuoi entrare prima tu in bagno per fare pipì?”
“L'ho già fatta... grazie di preoccuparti della mia vescica”
“Volevo ricambiare la tua premura. Noi siamo una coppia che si preoccupa molto degli organi interni del partner!” la schernì, uscendo dalla cucina
Michela sospirò profondamente e prese due uova dal frigo, cercando di concentrarsi sulla frittata. Aveva cercato di sdrammatizzare, ma quella situazione cominciava a farla sentire a disagio.Ruppe le uova, picchiettando i gusci sul bordo del piatto. Aggiunse sale, pepe, formaggio e cominciò a sbattere con vigore uovo e albume, emulsionandoli un un composto omogeneo. Non amava cucinare la mattina, ma era una cosa che sua madre faceva sempre per lei quando da studentessa universitaria passava interi pomeriggi a seguire corsi ed, ora, in maniera istintiva lei lo faceva per Giacomo.
Quando il ragazzo rientrò in cucina, vestito di tutto punto, sul tavolo erano sistemate due scodelle e due mele.
“Come mai due scodelle?” domandò Giacomo, avvicinandosi
“Ho pensato che non potevo lasciarti senza verdure. Allora ti ho aggiunto dei pomodorini conditi con un po' d'olio del mio paese, origano dell'orto di mamma, un pizzico di sale e un po' d'aglio” sorrise, sollevando le spalle “tanto non devi baciare nessuna che non sia io nei prossimi tre barra quattro mesi”
“Quindi stai pianificando di baciarmi?” strinse i suoi luminosi occhi grigi sorpreso “Questo contravverrebbe alla clausola che mi impone di evitare contatti troppo ravvicinati tra noi” spiegò con aria seduttiva
“Potrai farlo solo in presenza di altre persone, così la sceneggiata risulterà più credibile” acconsentì Michela pratica “Ma senza troppo trasporto”
Giacomo sistemò le scodelle nel porta-pranzo termico, cercando di trattenere un sorriso di compiacimento. “Grazie per il pranzo, Michi” chiuse il porta-pranzo e le carezzò il viso con tenerezza, per esprimere la sua gratitudine “Mi accompagni alla porta?” domandò con voce fanciullesca “Così regaliamo un pezzo di teatro al nostro nuovo vicino”
“Credo che Valerio stia dormendo e, comunque, non credo che ci spii alle otto del mattino” osservò con aria saccente e tono acido
“E se, invece, lo facesse?”
“Non cambierebbe assolutamente un bel niente! Dubito che se non mi vede scortarti alla porta si insospettisca, magari pensa che sto ancora dormendo” replicò giocosa
Giacomo non soddisfatto della sua risposta, afferrò la mano della ragazza, prese il porta-pranzo e, mentre avanzava verso la porta d'ingresso, raccolse le chiavi della macchina dal portaoggetti posto sull'enorme baule all'ingresso, lo zaino monospalla a tracolla dall'appendiabiti e aprì la porta. “Non credo ti sia stancata in questo lungo tragitto” la schernì, ammiccando divertito
La porta di Valerio si aprì contemporaneamente alla loro.
“Buongiorno!” salutò Michela allegramente
“Buongiorno” ricambiò il ragazzo in un largo e rassicurante sorriso “Grazie per la lasagna; era veramente buonissima” ringraziò subitaneo il giovane vicino
“Sono contenta” Giacomo le strinse la mano e la fissò seccato. Scusami. Mimò appena con la bocca “Cosa vuoi che ti prepari per stasera, amore?” domandò civettuola all'amico
“Tranquilla, ci penso io. Mi tocca rientrare in anticipo per il pulcioso e ho già in mente una cena romantica che ti scioglierà da ogni inibizione”
“Davvero?” civettò leziosa, carezzandogli l'incolta barba castana in cui spiccavano peli rossicci
“Puoi scommetterci, piccola” ammiccò Giacomo sicuro di sé. Avvicinò le sue labbra a quelle di lei. “Chiudi gli occhi” le ordinò in un sussurro, spingendo la sua bocca contro quella di Michela. Le carezzava le labbra, dosando con perizia ogni sensazione, ma senza permettere che il contatto divenisse più intimo. Si staccò da lei di malavoglia. “Andiamo Valerio, ti ammollo all'università prima di andare a studio” sorrise alla ragazza e le carezzò il viso con dolcezza “fai la brava mentre non ci sono e, sopratutto, non ti strapazzare troppo”
Si allontanò da lei e principiò rapido a scendere le scale. Era in un tremendo ritardo.
“Incredibile, un atto altruistico! Certo che la presenza di Michela ti migliora decisamente” osservò Valerio, mentre gli trotterellava dietro
Michela si accarezzò le labbra con la mano destra. Le maledette mura si stavano sgretolando sotto i suoi occhi attoniti.
Un solo interrogativo affollava la sua mente in quel preciso momento: perché Giacomo stava prendendo a picconate il muro di mattoni che racchiudeva il suo cuore?


*

Erano state le tre settimane più veloci di tutta la sua vita. Il tempo le era scivolato dalle dita, senza che riuscisse a trattenerlo. Lo studio era pesante e anche il lavoro era diventato stressante! L'acquisizione di nuove pratiche fatta dalla società di recupero crediti in cui lavorava e le difficoltà economiche dell'azienda che aveva cominciato a preventivare licenziamenti, non aiutava la concentrazione nello studio, ma la presenza di Giacomo aveva reso tutto più tollerabile. Ogni giorno sembrava scandire nuove abitudini, nuovi equilibri, nuove necessità. Ad eccezione di qualche fuggevole e casto bacio e di qualche poco audace carezza Giacomo aveva rispettato tutte le clausole del loro contratto non scritto. Era attento ad avvisarla in tempo ogni qualvolta restava fuori a cena con dei colleghi di lavoro, ogni qualvolta ritardava anche solo di dieci minuti, non aveva intrattenuto alcun rapporto intimo con altre ragazze ed era rispettoso di lei e dei suoi spazi. Era attento ad ogni sua esigenza: la tisana del sabato pomeriggio per aiutarla a rilassarsi dopo una giornata di studio, il massaggio ai piedi la sera quando arrivava stanca e spossata dal lavoro, le cene, le chiacchiere, le risate, le passeggiate mano nella mano. Doveva continuamente ripetere a sé stessa che era solo un gioco, ma... stava diventando un gioco dannatamente pericoloso!
Anche la presenza di Valerio era parte di quella rassicurante routine, rimanevano spesso a parlare sul pianerottolo, mentre Pallottola abbaiava come impazzito, o a chiacchierare sul ballatoio mentre stendeva il bucato. Michela trovava piacevole la sua discreta presenza e la sua chiacchiera vivace. Era un ragazzo dolce e sensibile. E, durante quelle lunghe chiacchierate, aveva trovato molti punti in comune con lui: amavano la stessa musica, detestavano le stesse cose, erano maniaci dell'ordine e della pulizia, amavano le persone, ma tendevano ad evitarle ed entrambi erano stati mollati da poco; solo che su quell'ultimo punto non aveva potuto confrontarsi, visto che doveva continuare ad interpretare il ruolo della fidanzata felice. Non aveva mai incontrato un ragazzo con una sensibilità così spiccata, che non fosse omosessuale; invece si era dovuta ricredere. Era divertente e molto maturo per la sua giovane età ed era molto sensuale. Se Giacomo non l'avesse trascinata in quell'assurda farsa sarebbero andati oltre le chiacchiere amicali, ma lui era frenato dal forte –anche se fallace– vincolo che Michela aveva con Giacomo, mentre lei era frenata dal contratto virtuale che aveva stipulato con l'amico e dal sentimento d'amore che si stava espandendo tentacolare dentro di lei.
E mentre la sua vita prendeva nuove forme, le settimane trascorrevano senza posa.
“Ciao” la salutò Valerio, mentre girava la chiave nella toppa “Tutto bene?”
Michela era arrivata a casa trafelata e si era scapicollata fuori dall'ascensore. Era in ritardo e il povero Pallottola stava sicuramente per farsela addosso. “Sono in ritardo e Pallottola fra un po' avrà bisogno di un pannolone” replicò, girando rapidamente la chiave nella toppa
“Deve essere impegnativo avere un cane e lavorare” osservò il ragazzo, cercando di intavolare una delle loro solite conversazioni. Era sempre così fra loro, cominciavano con delle banalità e poi finivano per liberare il loro cuore da pesi che ad altri non sarebbero stati capaci di confessare.
“Giacomo mi aiuta tanto!” replicò lei sincera, aprendo la porta. Pallottola le saltò addosso e cominciò ad abbaiare contro Valerio
“Perché mi odia? Solitamente piaccio agli animali” domandò, mettendo un sensuale broncio
Michela afferrò il guinzaglio dall'appendiabiti, lo agganciò al collare in pelle nera di Pallottola e richiuse rumorosamente la porta. “Ti va di venire con me?” propose avviandosi all'ascensore, mentre Pallottola saltellava irrequieto
“Non voglio farlo innervosire” sostenne preoccupato
Effettivamente Pallottola era un cane grosso e quando abbaiava, con quel vocione profondo era abbastanza spaventoso, ma anche Valerio era bello grosso. “Tranquillo. Lui è buono; è solo diffidente!” lo tranquillizzò la ragazza, appropinquandosi all'ascensore e pigiando istericamente sul bottone per portarlo al piano.
“Da quanto tempo ce l'hai?” domandò Valerio incuriosito
“Da tre anni. Era un cucciolo microscopico, magrolino e moribondo!” sorrise, ricordando il giorno in cui lo aveva trovato “Lo avevamo trovato in campagna, nella zona dei Castelli. Era il primo di novembre di tre anni fa”
“Tu e Giacomo?”
“No, ero con la mia amica Cecilia, il suo ragazzo Carlo e con Davide, il ragazzo con cui sono stata fino a poche settimane fa”
“Poche settimane fa?” domandò il ragazzo incuriosito, stringendo gli occhi
Porca paletta! Panico.
Pensa... pensa... pensa!
Vuoto!
Era veramente un'idiota! “Tra me e Giacomo” sospirò profondamente, cercando di raccogliere le stramaledette idee “È tutto molto complicato” perché lui è un depravato che si scopa tutto il prossimo “Siamo stati insieme solo per tre settimane, quattro anni fa, e poi non abbiamo più trovato il momento giusto!” perché lui è un depravato che si scopa tutto il prossimo “Noi non siamo solo una coppia, siamo soprattutto amici” perché lui è un depravato che si scopa tutto il prossimo.
Quel imbarazzante balbettio e quei pensieri confusi, la lasciarono senza parole e scolpirono un'espressione di incredulità sul viso del giovane ed attraente vicino. Arrivarono ai giardinetti, a pochi metri da casa, senza proferire verbo; Michela temeva che se avesse cominciato a infarcire di particolari l'incontro e la finta relazione con Giacomo, poi avrebbe anche dovuto ricordarli tutti ed, inoltre, lei e il suo complice non si erano accordati per nessuna versione ufficiale. Preferiva la prudenza!
Nell'area cani, sganciò il guinzaglio e Pallottola sfrecciò per il parco come un'allegra scheggia, mentre lei lo osservava divertita “Non dovevo tenerlo” ricominciò a raccontare del giorno in cui aveva trovato Pallottola, cercando di distogliere il ragazzo dai pensieri che, sicuramente, aveva generato quel discorso balbettato sulla complicata storia che aveva con l'amico depravato. “Volevo solo curarlo e poi regalarlo a qualcuno”
“E poi?” la sollecitò il ragazzo interessato
“E poi quella sera stessa è stato malissimo. Affannava, guaiva ed io non sapevo che fare. Erano le tre del mattino ed io non ho la macchina qui a Roma. Ho bussato alla porta di Giacomo e gli ho detto che il cane stava malissimo” sollevò gli occhi al cielo terso “Non mi ha chiesto niente, è entrato in casa mia, ha visto il cagnolino appallottolato per terra, che non riusciva nemmeno a reggersi in piedi. È rientrato in casa sua, ha preso le chiavi della macchina, si è infilato il giaccone sul pigiama, ha preso il cane in braccio e lo abbiamo portato di corsa in una clinica veterinaria notturna!”



Erano seduti sugli scalini della clinica veterinaria e aspettavano che il cagnolino uscisse dalla sala operatoria. Faceva freddissimo, ma Michela non percepiva nessuna sensazione del mondo esterno; aveva il cuore stretto in una morsa di angoscia.
Giacomo le cinse le spalle con il braccio. “Tranquilla Michi, sono sicuro che ce la farà” la rassicurò affettuoso
Dovevo accorgermi che stava male, ma pensavo che fosse debole perché è magrolino e malaticcio. Non pensavo che potesse avere un trauma interno e che una macchina lo avesse investito poco prima. Quando lo abbiamo trovato era debole, zoppicava un po', ma stava bene” spiegò con la voce rotta dall'angoscia
Ehi, starà bene. Ok?” la strinse contro la sua spalla “Tranquilla” le baciò la tempia sinistra
Se me ne fossi accorta prima!” Era disperata! “Ma sono una stupida insensibile. Ero così eccitata per il giocattolino nuovo che non ho pensato a fare la cosa giusta” Si sentiva così in colpa! “Dovevo portarlo subito dal veterinario”
Non potevi saperlo e ora siamo qui” cercò di consolarla. Le sorrise con dolcezza e comprensione “Se guarisce ce lo teniamo”
Non parlavano da settimane. Avevano litigato per l'ennesima stupidaggine che Michela nemmeno ricordava più. Forse lui non le aveva detto che la vicina la cercava per darle un pacchetto che aveva ritirato per lei. Un pacchetto inutile, di cui nemmeno ricordava il contenuto, ma in quel periodo ogni scusa era buona per attaccarlo e ferirlo. Avevano deciso di rimanere amici dopo il loro breve flirt di inizio anno, lui aveva deciso che dovevano essere amici, lei aveva solo acconsentito pur di non perderlo, ma poi si era accorta che era più difficile di quanto pensasse. Giacomo aveva ragione, si era attaccata troppo. Michela non voleva essere amica di Giacomo, voleva di più. E dentro di lei pensava che prima o poi lui avrebbe cambiato idea, ma erano passati quattro mesi e lui non sembrava essere ritornato sui suoi passi e per lei era diventato sempre più complicato gestire la rabbia che le montava dentro quando lo vedeva con altre ragazze. La infastidiva l'andirivieni di donne che popolavano il suo appartamento e lui non lesinava mai nell'esternare i commenti sulle tipe che frequentava. Giacomo non le lasciava nessuno spiraglio di speranza e poi, aveva conosciuto Davide e aveva cominciato a tenerlo lontano, anche se continuava ad essere arrabbiata con lui, perché per molto tempo si era sentita solo una nel mucchio, ma quella sera aveva capito che lei non sarebbe mai stata una nel mucchio.
Non posso tenerlo. Lavoro tutto il giorno e lui deve essere portato a spasso e poi ci sono le vacanze. È troppo impegnativo tenere un cane” espose le sue ragioni con convinzione, ma con una tristezza tangibile in ognuna delle sue parole
Infatti, lo terremo insieme!” sostenne il ragazzo senza esitazione “Io e te, in due ce la caveremo. Ci organizziamo!”
Sei sicuro?” domandò lei con gli occhi luccicanti
Voglio renderti felice, Michi, e quel cane ti rende felice”
Perché?” domandò confusa. Voleva risposte, ma quella era una domanda troppo vaga, che ne nascondeva altre mille: perché mi hai lasciata, perché mi hai ferita, perché sei qui a consolarmi alle tre del mattino, perché vuoi che teniamo questo cane, perché vuoi rendermi felice, perché non mi ami!
Per la stessa ragione per cui sopporto i tuoi attacchi, per la stessa ragione per cui ti permetto di ferirmi!” affermò fermamente. E la sua risposta era risultata altrettanto vaga altrettanto fonte di libera interpretazione: perché le permetteva di ferirlo. perché non reagiva ai suoi attacchi... solo un altro mucchio di perché! L'unica risposta che Michela trovò quel giorno su quei freddi scalini, stretta al corpo caldo di lui, era che Giacomo si sentiva in colpa per averla usata e per essersi approfittato della sua debolezza. Non l'avrebbe mai amata, ma sarebbe stato un amico leale e, in una città grande come Roma, lontana dalla sua famiglia, forse aveva più bisogno di un amico che di un amante.
La veterinaria si affacciò e li invitò ad entrare. Lei entrò in clinica, seguendo la giovane dottoressa occhialuta, praticamente trascinata da Giacomo.
Per ora sta bene” li aveva tranquillizzati immediatamente la donna
Il piccolo cagnolino spelacchiato era sdraiato su una barella in acciaio. Il cuore di Michela si strinse in un pugno piccolissimo. Il cucciolo li guardava con gli occhi tristi, ma cominciò a muovere la coda non appena li vide entrare. Provò ad alzarsi, ma era indebolito dall'operazione e dall'anestesia, e ricadde pesantemente continuando a muovere la coda. Michela era rimasta imbambolata, impaurita da quello che la veterinaria le avrebbe detto e dall'esito incerto dell'operazione, mentre Giacomo si avvicinò al cagnolino e gli carezzò la testa fulva. “Ciao piccolino, ci hai fatto spaventare molto” fissò il suo guardo sereno sulla dottoressa “Come sta?”
Potete ritornare a casa, lo teniamo sotto osservazione per questa notte; ma sta bene. Starà bene” si avvicinò al cagnolino e gli carezzò il ventre “Ha tanta voglia di vivere” puntò il suo sguardo su Michela che immobile, non riusciva ancora ad avvicinarsi e le sorrise gentile “e persone che lo amano per cui farlo. Se gli starete vicini si riprenderà e sono sicura che avrà una vita lunga e felice”
Michela si sentì invadere da una mai provata, improvvisa, rilassatezza che la fece esplodere in un pianto liberatorio. Si coprì gli occhi, mentre il suo corpo era tremante per i singulti. Giacomo la strinse a sé. “Ehi piccola, sta bene. Ok?”
Lo so” singhiozzava incessantemente “So-so-no fe-fe-lice!”
Come si chiama il vostro cucciolo, ragazzi?” domandò la veterinaria occhialuta, sorridendo serena
Pallottola” replicò Giacomo, continuando a stringere Michela
La veterinaria strinse gli occhi e gli sorrise amichevole, mentre Michela si staccò dall'abbraccio di Giacomo. “È un nome orrendo” sbottò, asciugandosi gli occhi e tirando su col naso
Perchè? È un nome fortissimo, invece”
Pallottola. Pallottola. Pal-lot-to-la!” cominciò a ripetere il nome per tentare di abituarsi al suono, ma... “È veramente orrendo!” sentenziò senza ammettere repliche
Michi, pensaci, chi altri ha un cane di nome Pallottola?” osservò entusiasta
Nessuno, perchè è un nome orrendo” replicò la ragazza, allargando le braccia
Potremmo fare un elenco di nomi e poi decidere quello che ci piace di più” cominciò ad argomentare serio “ma nel mio elenco ci sarebbe solo Pallottola, mentre nel tuo ci sarebbero una serie di nomi banali. Io potrei anche cedere, ma in quel caso il nostro cane avrà delle profonde crisi di identità perchè quando lo chiameremo si gireranno ottomila cani”
Lei cominciò a ridere e scosse la testa finalmente rilassata. “È un nome troppo lungo!” osservò incerta. “Sarà un cane maleducatissimo”
Entrambi sapevano che la decisione era stata presa. “Lo diremo molto velocemente, così sembrerà più corto” suggerì in un largo sorriso
Vada per Pallottola” asserì giocosa “In fondo non è poi così male!”
Quel giorno aveva pensato per la prima volta Che peccato! e aveva cominciato a mettere su il primo mattone del muro anti-stronzo! Aveva preso la decisione di non voler perdere una persona a cui teneva solo perché quella persona non ricambiava i suoi stessi sentimenti, ma aveva anche deciso di non permettergli di ferirla di nuovo. Non ne avevano mai parlato, ma era quello il loro unico vincolo. Lei avrebbe eretto, mattone dopo mattone, un muro altissimo, che lui si impegnava a non abbattere!



“Lo avete salvato!” sostenne il ragazzo, avvicinandosi a Pallottola, che si era fermato ad una fontanella per abbeverarsi. Era circospetto, impaurito dalla stazza medio grande del fulvo meticcio, ma riuscì ad accarezzarlo.
Lui ha salvato noi, pensò Michela con un sorriso malinconico. “Diciamo di sì!”
Pallottola, ormai fiducioso, cominciò a scodinzolare e ad abbaiare in cerca di altre carezze “Direi che siamo diventati amici!” osservò Valerio gioioso
“Mi sembra un buon inizio” replicò la ragazza, mentre il pensiero... dio quanto è carino, gli attraversava la mente
“Domani sera avete deciso se venite alla festa di compleanno di papà?” domandò il ragazzo mentre accarezzava il cane. Michela stinse gli occhi, confusa. Di cosa stava parlando? “Giacomo ha detto che non era sicuro di venire, perché tu la sera preferisci non fare tardi” Perchè gli aveva mentito?
Cosa c'era veramente dietro tutta quella storia?


Finito anche questo!
Nel prossimo capitolo cominceremo ad aggiungere un tassello a ciò che nasconde Giacomo e cosa c'è veramente dietro questa farsa
Aspetto i vostri commenti e vi ringrazio del supporto!
Grazie e alla prossima;).
Raffa

  
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