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Autore: Elayne_1812    28/10/2016    4 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Chiedo scusa, sono leggermente in ritardo rispetto alla mia consueta tabella di marcia…purtroppo sono stata abbastanza incasinata questa settimana e dalle prossime dubito di riuscire ad aggiornare con le solite tempistiche. Farò il possibile per pubblicare un capitolo a settimana, ma non garantisco nulla…forse spezzerò i capitoli e ne farò tanti più corti, non lo so, vedrò se varrà la pena dividerli, ma essendo una persona sprovvista del dono della sintesi ne dubito…
Come al solito ringrazio chi è sempre così gentile da lasciarmi commenti e farmi sapere cosa ne pensa, chi continua a leggere e ha messo la storia tra preferite, seguite e da ricordare!
Ricordo che le opinioni altrui sono sempre ben accette, così come tutti gli ortaggi disponibili sul mercato (eccetto carote!).
Spero di non aver lasciato in giro troppi errori, ma sicuramente qualcosa mi sarà sfuggito.
Buona lettura!
 
 

Capitolo 13
Someday, I’ll end my solitude…
 
 
 
 
 
 
“We were born to complete ourselves through that love
Just lighten up the future
And burn my past, foolish self to ashes
Dear fire of love, fire
Melt this heart away
So it doesn't look back anymore”
Shinee, Fire
 
 
Kibum si prese il capo tra le mani e strizzò gli occhi. Avrebbe dato qualunque cosa perché qualcuno gli mozzasse la testa, gli rompesse l’osso del collo o fosse disposto a dargli una botta in testa capace di farlo dormire per le prossime ventiquattrore.
-Aish – biascicò scuotendo il capo.
I suoni che animavano la sala comune erano una vera maledizione per la sua testa quella mattina. A che ore era andato a dormire, quanto aveva dormito? Non ne aveva idea. L’unica certezza era che ogni singolo rumore, dal vociare dei Ribelli, al ticchettare delle bacchette e delle ciotole, il suono delle tazze e delle bottiglie nella sua testa rimbombavano echeggiando all’infinito. I lunghi tavoloni rettangolari era particolarmente movimentati quella mattina, o almeno così sembrava a Kibum, e le ombre che i lampadari in ferro battuto gettavano all’intorno contribuivano solo ad aumentare il suo stordimento.
Seduti di fronte a lui, Minho e Jonghyun consumavano silenziosi il loro pasto mattutino. Minho era concentrato sul suo riso, mentre l’idiota non faceva altro che lanciare occhiate furtive al suo indirizzo.
Kibum affondò metà volto tra le braccia incrociate sul tavolo.
Tsk, pensò, non aveva detto di mettere una muraglia tra di noi? Allora perché continua dannatamente a sbirciare dal mio lato del muro?
-Ecco, mangia, vedrai ti sentirai molto meglio – disse Taemin mettendogli davanti una ciotola di riso e del latte caldo.
Kibum alzò lo sguardo e roteò gli occhi per la nausea. Che cos’aveva la testa del più piccolo che non andava?
-Riso? Dopo quello che mi hai fatto bere ieri sera pensi che possa mandar già del riso o bere del latte?-
A quelle parole lo sguardo di Minho si fece sospettoso. Inarcò le sopracciglia. –Che cosa gli hai dato, Minnie? -
Taemin fece spallucce con fare innocente.
-Solo una tazza di makgolli – disse tranquillamente.
Il boccone di riso tra le bacchette di Minho ricadde nella ciotola. – Stai scherzando? –
Anche Jonghyun si bloccò, distogliendo lo sguardo dalla propria colazione e lanciando a Taemin uno sguardo tra l’arrabbiato e il divertito.
Taemin mise le mani ai fianchi mentre Kibum continuava a guardare la colazione con disgusto.
-Volevo solo dare alla mia umma una botta di vita. –
Minho scosse il capo. –A me sembra più uno con un piede nella fossa. –
-Tsk- fece Kibum, - se questo è il vostro modo di confortarmi tanto vale che metta anche l’altro piede nella fossa. –
Jonghyun rise tra sé. Nonostante le condizioni fisicamente pietose del più piccolo il suo sarcasmo non sembrava esserne stato minimamente scalfito.
-Confortarti? C’è forse qualcosa che ti tormenta? – domandò Jonghyun in tutta tranquillità.
Kibum si raddrizzò lanciandolo all’altro un’occhiata tagliente e, con estrema lentezza, prese la tazza di latte portandosela alle labbra.
-Da questa parte del muro non sento – disse arricciando il naso.
Bevve un sorso di latte e il suo stomaco si contrasse. In quel momento avrebbe potuto vomitare l’anima. Oltre al mal di testa e allo stomaco sottosopra c’era un’altra cosa che lo tormentava quella mattina: come era arrivato nella sua stanza? Si mise una mano sulla fronte, non si ricordava niente, o meglio, aveva degli sprazzi d’immagini ma assolutamente nulla di nitido. Sicuramente doveva essersi sognato di Jonghyun, perché la faccia di quello scemo dall’altra parte del muro era un’immagine ricorrente, ma d’altra parte lo era spesso negli ultimi tempi. Anche se aveva la strana sensazione di aver sostenuto una conversazione con lui, cosa che il suo buon senso lo portava a ritenere del tutto impossibile.
-Quanto chiasso – si lamentò Taemin. – Ti sei divertito un mondo ieri sera, giuro che non avevo mai visto nessuno ridere tanto, a parte Minho. –
Minho rise. – Almeno sappiamo che hai la sbornia allegra –
Kibum roteò gli occhi. Era sempre più commosso, davvero. Lui stava lì, prossimo alla morte, e quelli ridevano di lui.
Io sono il principe! Fece una vocetta indispettita nella sua mente.
-Ti crederò sulla parola, sinceramente non so nemmeno come sia arrivato nella mia stanza. –
-bhe – disse Taemin prendendo posto ed iniziando a consumare la sua colazione, - indubbiamente sano e salvo visto che sei qui tutto intero. –
Kibum roteò gli occhi. Dall’altra parte del tavolo Jonghyun deglutì e arrossì, nascondendo il viso nella ciotola di riso e spargendone parecchio all’intorno a causa dei movimenti frenetici delle bacchette. Minho lo guardò di sottecchi, il suo amico era strano, nel senso che era più strano del solito. Solo pochi giorni prima aveva giurato di non rivolgere più la parola a Key, né di guardalo, eppure quella mattina non solo gli aveva posto direttamente una domanda, ma non gli aveva nemmeno tolto gli occhi di dosso da quando era arrivato. E il modo in cui cercava ora di nascondere il proprio volto nella sua stessa colazione…Jonghyun stava nascondendo qualcosa. Gli diede una leggera gomitata e l’altro finse d’ignorarlo.
-Buongiorno a tutti- fece la voce allegra di Jinki.
Il Leader aveva un sorriso a mille denti stampato in volto. Preso dai suoi pensieri, Minho non ci aveva fatto caso, ma da qualche secondo le voci nella sala comune si erano abbassate. Sembrava sempre che l’atmosfera si gelasse ogni volta che il Leader faceva la sua apparizione negli spazi comuni.
-Buongiorno, hyung – lo salutò Taemin.
Il sorriso di Jinki s’allargò ancora di più mentre prendeva posto fra Kibum e Taemin.
-Key, Minho, vi voglio all’uscita tra quindici minuti. –
Kibum avrebbe voluto sotterrarsi. Da settimane aspettava che Jinki gli permettesse di uscire. Da quanto tempo che non vedeva un raggio di sole? Ma perché proprio quella mattina? Dove pensava di andare? Glielo chiese.
-Al villaggio di Hanamsi – rispose Jinki.
Jonghyun sobbalzò rischiando di strozzarsi con il suo stesso riso e Minho gli rifilò un’altra gomitata.
Gli occhi di Jinki luccicarono per l’emozione. – C’è un compito che voglio affidarti per il futuro, oggi ti mostrerò cosa devi fare. Poi andrai solo con Minho, ti guarderà le spalle – disse rivolgendosi all’altro ragazzo che annuì.
Kibum sbatté le palpebre. Aveva capito bene, Jinki gli stava affidando un compito tutto suo! Gli sarebbe saltato al collo per la gioia se non fosse stato per il mal di stomaco.
-Bene, all’uscita tra quindici minuti. E, Key, bevi un tè hai la faccia verde di uno che sta per dare di stomaco. –
Non appena Jinki se ne fu andato, Kibum si mise le mani sulla bocca reprimendo un forte conato di vomito. Tè…il solo pensiero aumentava il suo malessere. Corse fuori dalla sala seguito a ruota da Taemin. Aveva assolutamente bisogno di rimettere ciò che aveva in corpo o non sarebbe mai sopravvissuto ad un viaggio a cavallo.
Rimasti soli, Minho rivolse uno sguardo indagatore a Jonghyun.
-Allora? – chiese.
-Allora cosa? –
-Lo sai benissimo. Gli hai parlato e lo hai fissato per tutto il tempo. Hai risposto le armi?  E cos’era quello? – chiese imitando la scena con la ciotola di poco prima.
-Yah, non ho fatto così! –
-Oh, hai fatto così eccome. –
Jonghyun mise il broncio.
-Ebbene? – insistette Minho.
Jonghyun ripose le bacchette sul tavolo e prese un bel respiro. – Ebbene, l’ho riaccompagnato io in stanza, ieri. –
-Tu?– fece Minho sgranando gli occhi.
-Proprio così – disse Jonghyun soddisfatto, sfoggiando un sorriso smagliante.
Minho iniziò a sentirsi sulle spine. Qualunque muro Jonghyun avesse deciso di erigere tra lui e Key, rimaneva comunque innamorato del più piccolo e Minho temeva di scoprire cosa avesse fatto quello sciocco in stanza di Key, mentre questo si trovava in chiaro stato d’ebrezza.
-Uhm, hyung, non te lo sarai portato a letto? – domandò, titubante.
-Yaaaahh!!! – scattò Jonghyun sgranando gli occhi, risentito. – Perché mi fai sempre sembrare un maniaco? Per essere il mio migliore amico hai davvero una pessima idea di me! –
-Non è che io abbia una pessima idea è che, bhe…-
-Non provare nemmeno ad arrampicarti sugli specchi, Minhossi. –
Jonghyun incrociò le braccia e corrugò la fronte.
-Va bene, ho esagerato. Ma mi sei sembrato un po' in imbarazzo questa mattina. Cos’è successo? Non l’avrai baciato di nuovo? –
Jonghyun si tranquillizzò e scosse il capo con un sorrisetto sornione sulle labbra. –Lui mi ha baciato. –
Minho sbarrò gli occhi ed aprì la bocca in un muto “oh”, mentre l’altro annuiva soddisfatto.
-In realtà-, proseguì Jonghyun sentendosi il padrone del mondo, - è stato un bacio molto innocente. Ma non è finita qui! Ha detto che mi ama. –
Jonghyun gonfiò il petto, orgoglioso, mentre Minho continuava a fissarlo a bocca aperta.
-Già, proprio così. Ha detto che ama me, Kim Jonghyun! –
Minho tossicò. – Ehm, hyung, non vorrei rovinare il tuo idillio, ma bhe, ti ricordo che era ubriaco.-
-Lo so, lo so – disse Jonghyun tornando serio, - ma ha detto anche di avermi mentito l’altro giorno. –
Minho non era convinto e guardava l’amico con preoccupazione. Sapeva bene quanto Jonghyun era innamorato di Key, essere stato respinto era stato un duro colpo per lui e quando aveva deciso di erigere quel muro tra lui ed il più piccolo aveva sofferto molto. Minho aveva osservato attentamente anche Key e, se comprendere i pensieri di Jonghyun era semplice, con l’altro la questione era molto diversa. Forse era perché conosceva Jonghyun da anni e Key solo da pochi mesi, ma decifrare quello che passava nella mente di Key gli era quasi impossibile. Sospettava che le uniche persone a conoscenza dei pensieri del più piccolo fossero Taemin e Jinki. Certo, secondo Minho era impossibile non notare quanto anche Key si fosse affezionato a Jonghyun e, effettivamente, negli ultimi tempi Minho era stato pronto a scommettere che ricambiasse i sentimenti del più grande. Ma poi lo aveva respinto. Forse si era sbagliato ed era solo un forte affetto e, dopotutto, come dare torto a Key? Erano stati mesi duri per lui e Jonghyun era sempre stato presente al suo fianco. Eppure Minho non era convinto, era stato sinceramente sorpreso quando Jonghyun gli aveva raccontato della loro discussione. Doveva ammettere di aver dato in parte credito al sospetto dell’amico che l’altro gli avesse mentito, ma era rimasto zitto, dare anche solo il barlume di una possibilità a Jonghyun poteva rivelarsi disastroso. Rifletté. Le condizioni di Key la sera prima potevano averlo spinto a rivelare i suoi veri sentimenti o erano state solo farneticazioni? Non era facile comprendere Key, in più di un’occasione dava l’impressione di qualcuno costantemente sulla difensiva. Se c’era qualcuno in grado di fornire delle risposte, senza ricorrere al diretto interessato, quello era Taemin, ma se anche Key si fosse aperto con lui, Taemin si sarebbe tagliato la lingua da solo piuttosto che tradire la fiducia della sua umma. Sospirò.
-Jong, ascolta…- iniziò preoccupato.
Jonghyun mise una mano davanti. – Lo so, non devo illudermi. –
Il suo tono era serio e triste. – Ma devo sapere la verità, se mi dirà di no, di nuovo, tenterò di levarmelo dalla testa, devo farlo o impazzirò. –
Abbassò il capo. – L’altra volta ho commesso un mucchio di errori, avrei voluto dirgli molte cose, ma non sono riuscito a dirgli nulla. Questa volta farò le cose per bene.-
Minho sorrise. Sperava davvero che Jonghyun non si stesse ulteriormente illudendo, perché dubitava che sarebbe uscito illeso da un secondo rifiuto.
 
 
***
 
Kibum scese da cavallo ed atterrò elegantemente sull’acciottolato. Si stirò la schiena. Ora che il suo stomaco aveva ripreso le forze poteva dire che era davvero una bellissima giornata. Il sole era ancora caldo benché fossero ormai a metà settembre, mentre un’aria frizzante che portava i primi freddi scuoteva le chiome rosse e dorate degli alberi.
Il villaggio di Hanamsi era molto vivace, nonostante le dimensioni ridotte che lo classificavano come centro periferico non troppo distante da Soul. La piazza principale era un via vai di gente, un volteggiare di abiti colorati che si spostavano da una parte all’altra apparentemente senza alcuna logica. Dei bambini correvano ridendo tra i passanti, zigzagando tra le bancarelle del mercato e i carretti dei contadini che portavano i prodotti che coltivavano appena fuori dall’abitato.
Kibum sorrise guardando quella scena. La spensieratezza di Hanamsi aveva ben poco in comune con le sue ultime esperienze fuori dal Rifugio. Essendo un piccolo centro agricolo, il clima degli ultimi anni doveva averne garantito la prosperità salvandolo dal cancro della fame. Il principe non poté fare a meno di pensare alla sua prima esperienza in un luogo simile, era accaduto solo pochi mesi prima ma gli sembrava una vita fa, aveva appena lasciato Soul ed era in compagni di Siwon. Pensare alla sua guardia del corpo gli procurava sempre una profonda tristezza. Inevitabilmente, si ritrovò a pensare alla prima notte che aveva passato fuori casa, in quel villaggio sperduto tra le colline lungo la strada per la capitale. La stessa notte che aveva incontrato Jonghyun e che aveva passato insonne a causa sua. Le cose non erano cambiate molto, quello che provava era sempre lo stesso, il turbamento che l’altro gli procurava era tale e quale. Sospirò. Gli sguardi e le parole dell’altro gli mancavano, anche quel semplice sfiorarsi che gli procurava brividi lungo tutto il corpo, la sensazione di essere precorso da scariche elettriche. E quel bacio, ancora dopo giorni, il solo ripensarci gli scatenava le medesime emozioni. Lo voleva, voleva essere suo, ma la sua testa gli diceva che non era possibile ed imponeva al suo cuore di gelarsi.
Si portò una mano al capo. Aveva ancora un leggero mal di testa, ma nulla di serio, tuttavia la sensazione di aver parlato con l’altro la sera precedente era sempre più vivida. Scosse la testa. Non era possibile, le immagini che scorrevano nella sua mente parlavano d’amore, di baci, di tenerezza. Tra lui e Jonghyun c’era una muraglia che loro stessi, lui per primo con le sue parole, avevano costruito. E come può esserci amore, come possono esserci baci, quando c’è un muro a dividere? Uno di loro si era forse arrampicato lungo quel muro, sfidando spinosi roseti per sfiorare l’altro?
-Andiamo – disse Jinki, scendendo a sua volta da cavallo e conducendo il quadrupede per le briglie.
Le vie animate e colorate di Hanamsi sfilarono introno a loro mentre si facevano spazio tra la calca. Kibum respirò a pieni polmoni quel sentore di libertà. L’aveva percepito spesso negli ultimi tempi ma essere fuori, all’aria aperta, aveva tutto un altro sapore. Gli ultimi profumi dell’estate stavano facendo spazio a quelli dell’autunno, un autunno che già preannunciava un inverno freddo sferzato da venti provenienti da nord.
-Bene – annunciò Jinki, - siamo arrivati. -
Kibum alzò gli occhi. Davanti a lui s’alzava un edificio ligneo dai colori rossi e verdi ele tegole di ardesia rilucevano sotto l’ultimo sole estivo. Dei gradini in legno precedevano l’ingresso di quella che aveva tutta l’aria di essere una locanda, la cui insegna pendeva sul porticato affiancata da una lunga fila di lanterne, ora spente. Le porte scorrevoli dell’edificio era chiuse tranne che per un piccolo spiraglio, che lasciava intravedere l’interno ordinato e immerso nella penombra.
Vicino a lui, Minho parve reprimere una risata ironica e Kibum non poté fare a meno di domandarsi cosa ci fosse di tanto divertente. Glielo chiese, ma Minho si limito a fare spallucce.
-Entriamo- disse Jinki.
Il Leader dei ribelli sorrideva, sembrava particolarmente di buon umore quel giorno. Strizzò gli occhi, allegro, prima di mettere un piede sul primo gradino e scivolare all’indietro.
-Yah! –
Jinki si ritrovò lungo disteso a fissare un cielo azzurro appena sporcato da sottili nuvole candide.
-Jinki!- fece Kibum, allarmato. Per un attimo temette che l’altro si fosse rotto l’osso del collo.
-Sto bene, sto bene – disse il più grande, mentre Minho lo aiutava a rialzarsi scuotendo il capo.
In quel momento, le porte scorrevoli della locanda si aprirono ed apparve una donna sulla mezza età, il volto imperioso e solcato da sottili rughe che le conferivano un tono severo. La donna incrociò le braccia squadrandoli e acendo tintinnare la moltitudine di braccia e collane che le adornavano posi e collo.
-Uhm siete voi – disse quasi con accondiscendenza, assottigliando le labbra.
Jinki si mise una mano dietro al capo, massaggiandolo. – Buongiorno Haneul. –
Gli occhi della donna si puntarono si Kibum, soppesandolo dall’alto in basso. Il principe ricambiò l’occhiata e la donna di nome Haneul distolse lo sguardo spostandolo nuovamente su Jinki.
Kibum sorrise tra sé. Le sue occhiate taglienti da principe ereditario sortivano ancora il loro effetto, che fosse in un palazzo o no. Che cos’aveva quella donna da fissare?
-Vedo che non hai nulla per me – disse Haneul con tono di disapprovazione.
Jinki ridacchiò. – Visita di cortesia. –
La donna inarcò le sopracciglia e questa volta fu lei a ridere. – Le tue non sono mai visite di cortesia. Entrate. –
All’interno il locale era poco illuminato e sembrava chiuso, nonostante fossero in pieno giorno. I tavoli vuoti erano stati appena ripuliti, i cuscini erano in ordine, i paraventi chiusi e il bancone perfettamente lucidato. Le lanterne ad olio appese al soffitto erano per la maggior parte spente, solo alcune brillavano di una luce arancio consentendo un minimo di visibilità. Non c’era nessun in vista, ma Kibum percepì comunque l’energia di più persone in ambienti attigui.
Haneul li invitò con un gesto della mano a prendere posto sui cuscini intorno ad un tavolino. Intrecciò le dita sul ripiano e gli anelli che adornavano ogni singolo dito luccicarono.
-Allora, cosa ti porta qui, Lee Jinki? –
-Affari – rispose in un ampio sorrise.
Haneul si portò una mano sotto il mento, piegò il capo di lato ed inarcò un angolo della bocca. – Naturalmente. Hai una merce insolita oggi, devo dire che mi stupisci. –
-Oh – fece Jinki, sbattendo gli occhi.
Kibum aveva come l’impressione che il Leader dei ribelli fosse appena stato colto alla sprovvista, cosa che non avrebbe mai creduto possibile. Intanto, gli occhi penetranti e quasi metallici della donna erano di nuovo puntati su di lui come pugnali affilati. Era davvero irritante! Che cosa voleva? Non era proprio dell’umore adatto per avere a che fare con una persona tanto insopportabile.
Haneul lo soppesava dall’alto in basso come se stesse acquistando della seta pregiata di Ming, valutandone ogni singolo ricamo. Improvvisamente gli prese una mano saggiandone la morbidezza, Kibum la ritirò di scatto lanciando all’altra uno sguardo gelido e sottile ma, questa volta, la donna sorrise con un misto di soddisfazione e interesse.
-Quale sarebbe il prezzo? – chiese Haneul a bruciapelo.
-Prezzo? – chiese Jinki, perplesso.
Minho si grattò il capo, qualcosa di quella conversazione gli sfuggiva. Guardò Kibum ed entrambi scossero il capo, evidentemente nessuno di loro tre ci stava capendo molto o forse Jinki sì, ma sul volto de Leader vi era dipinta un’espressione di disagio e imbarazzo.
-Per il ragazzo – rispose Haneul, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. – Se volevi colpirmi ci sei riuscito, anche se non avrei mai creduto che fossi disposto a darti a questo…genere di affari. Le mie kisaeng sono tutte ragazze, ma- disse lanciando un’occhiata bramosa a Kibum, - penso di poter fare un’eccezione. –
Haneul allungò una mano inanellata al volto di Kibum, seguendone le linee delicate. Il principe era immobile, paralizzato dall’imbarazzo e al contempo furente. Aveva capito bene? Quella dannata donna pensava che lui fosse merce in vendita? Assurdo, lui, Kim Kibum, principe ereditario di Chosun! Si morse le labbra imponendosi calma o nulla l’avrebbe trattenuto dal far saltare in aria quel posto con una scarica d’energia. Delle vene blu e nere stavano già danzando intorno alle sue mani sottili. Rosso in viso, alla fine, si volse verso il Leader.
-Jinki – disse tra i denti.
Jinki rise con in imbarazzo, portandosi una mano dietro il capo. –Temo ci sia un terribile errore, Haneul -, tossicò.
Un fruscio di stoffa annunciò l’arrivo di una quinta persona. Da un pannello ligneo abilmente nascosto nella parete, apparve una donna avvolta in un lungo abito dai toni caldi e i capelli neri e lisci lasciati sciolti lungo le spalle.
-Oh Yeouki, sì gentile, portaci delle tazze di soju. –
La donna annuì annoiata, tornando pochi secondi dopo con quanto richiesto. Per una manciata di secondi, il rumore delle tazze di ceramica fu l’unico suono.
-Come dicevo – tossicò di nuovo Jinki. – C’è un errore. –
-Un terribile errore – disse Kibum tra i denti.
Minho rise, risata che in breve si tramuto in una tosse nervosa quando Kibum gli diede una gomitata.
-Lui è Key, è nuovo, e d’ora in poi sarà lui a contrattare con te per la merce. –
Haneul incrociò le braccia. – Contrattare con me, questo ragazzino? – chiese con una nota di stizza.
Bevve il suo soju, poi tornò a rivolgersi alla ragazza che era rimasta dietro di lei e le allungò la tazza.
-Portamene altro, Yeouki, e non stare lì impalata a fissare il vuoto. –
La ragazza sobbalzò e scattò verso il bancone. Solo allora Kibum rivolse all’altra la propria attenzione accorgendosi che gli occhi della ragazza non erano mai stati persi nel vuoto, bensì fissi su di lui, ed aveva l’impressione che stillassero odio da ogni baluginio dell’iride. Fece spallucce, forse era solo il suo cattivo umore a farlo pensare così. Che motivo poteva avere quella sconosciuta per avercela con lui?  Ovviamente nessuno. Arricciò il naso e tornò a rivolgere il proprio interesse ad Haneul. Prima voleva comprarlo come ragazzo di piacere per i clienti della sua locanda, poi gli dava del ragazzino, bhe, qualunque compito Jinki avesse in serbo per lui lì, Kibum avrebbe fatto penare quella donna.
-Fossi in te non lo sottovaluterei – disse il Leader dei ribelli sfoderando uno dei suoi sorrisi inquietanti.
-I mediatori che mi hai mandato sin ora mi vanno benissimo – rispose sorseggiando il suo soju.
-Naturale – disse Jinki intrecciando le mani sotto il mento – riuscivi sempre ad abbindolarli. –
Haneul sorrise compiaciuta. – E perché non dovrei riuscirci con lui? –
-Perché è perfettamente in grado di valutare il valore della merce che ti porterà. –
-Va bene – fece l’altra, rassegnata. - Ma se tu volessi considerare un altro tipo di affare…-
 
 
Quando uscirono dalla locanda l’ora di pranzo era passata da un pezzo e lo stomaco di Kibum brontolava. Dopo la mancata colazione e le sue condizioni quella mattina, ora aveva bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Non era di certo stata una delle mattinate migliori della sua vita, ma era felice, finalmente Jinki gli aveva affidato un incarico, una missione fuori dalle mura del Rifugio. Kibum montò a cavallo seguendo l’esempio degli altri due.
-Grazie, hyung – disse rivolto al Leader.
Jinki sorrise. – Ero certo che ti sarebbe piaciuta l’idea. Tu sei molto intelligente, Key, sono sicuro che farai un ottimo lavoro. –
Kibum annuì. Non avrebbe fallito. Conosceva bene la merce pregiata, sia quella prodotta direttamente a Chosun, sia quella d’importazione. Se quella donna era riuscita a fare la furba sino ad ora, bhe, le cose sarebbero cambiate. Il “ragazzino” le avrebbe dato del filo da torcere.
Spronò il quadrupede, rivolgendo un ultimo sguardo alla locanda. Sotto il portico sostava la ragazza che aveva servito il soju e ora lo squadrava. Kibum aggrottò la fronte, forse era solo la sua immaginazione ma aveva davvero l’impressione che l’altra nutrisse odio nei suoi confronti e, se solo avesse avuto un pugnale a portata di mano, glielo avrebbe conficcato dritto in petto.
 
 
***
 
Kibum, arrampicato in equilibrio precario sulla scala di legno, stava cercando di raggiungere dei pesanti tomi posti sugli scaffali più alti della biblioteca. Jinki gli aveva chiesto di svolgere una piccola ricerca e lui non voleva deluderlo. Normalmente l’odore di muffa e la polvere che gli bruciava gli occhi e lo faceva starnutire l’avrebbe irritato ma negli ultimi giorni, da quando Jinki gli aveva affidato un incarico così importante, sembrava che nulla potesse scalfire il suo buon umore. Una volta tornati al Rifugio, il Leader dei ribelli gli aveva spiegato nel dettaglio le implicazioni dell’importante compito che gli aveva affidato.
-Il ricavato di tutto quella merce servirà sia a noi che a provvedere ai bisogni dei villaggi più poveri, quindi è molto importante che tu non ti faccia fregare da quella donna – gli aveva detto.
Kibum aveva annuito, convinto. Non sarebbe sceso su un campo di battaglia, ma i suoi compiti non sarebbero stati da meno. Sorrise tra sé, Jinki non avrebbe potuto scegliere una missione migliore per lui, oltre al fatto che era subito diventata una questione personale. Arricciò il naso. Come si era permessa quella donna di scambiarlo per merce da vendere? Se pensava di ricavare dei soldi da lui, bhe, ne avrebbe persi parecchi perché era intenzionato a spillarle ogni centesimo per la merce che le avrebbe portato.
Tutto sembrava procedere al meglio, solo il pensiero di quell’idiota di Kim Jonghyun turbava il suo buon umore e lo faceva piombare in un buco nero. Scosse il capo, infondo doveva biasimare solo sé stesso se la situazione tra loro era crollata sino a quel punto. Si morse il labbro inferiore per trattenere una lacrima solitaria. Era stato duro e freddo con l’altro, se ne rendeva conto, e non solo, aveva respinto ogni nuovo tentativo d’approccio di Jonghyun negli ultimi giorni che, improvvisamente, sembrava desideroso di far crollare quel muro che lui stesso aveva imposto ad entrambi. Kibum sospirò. Era ancora convinto delle motivazioni che lo avevano spinto a rifiutarlo, ma ogni volta che pensava all’altro era una sofferenza, e sentiva che se anche avesse cercato di restaurare il rapporto d’amicizia che c’era prima non gli sarebbe più bastato.
Allontanò quei pensieri tristi riemergendosi nella sua ricerca.
-Stai dando la caccia a qualcosa in mezzo a quella polvere?- fece una voce allegra sotto di lui.
Kibum sobbalzò aggrappandosi alla scala per non cadere. Maledizione, Kim Jonghyun! Roteò gli occhi senza degnarsi di guardare in basso. Come poteva guarire da quella malattia se lui spuntava sempre nei momenti più impensabili?
-Il mio muro è troppo alto, sei troppo in basso perché io possa udire le tue parole – disse facendo scorrere le dita sottili sui dorsi in pelle dei libri.
Seguirono dei secondi di silenzio, ma Kibum era certo che sul volto dell’altro fosse stampato un sorriso divertito. Decisamente irritate! Come si permetteva di interrompere quel momento idilliaco?
-Sono disposto a scalarlo per raggiungerti – rispose Jonghyun.
-Tsk – rivolse all’altro un’occhiata sprezzante dall’alto in basso.
Jonghyun si schiarì la voce. – Pensi che non sia in grado? Posso assediare la tua fortezza in eterno se lo desidero, ti prenderò per fame. –
Kibum inarcò le sopracciglia. – Non mi fa paura. –
-Allora sfonderò le tue mura. –
-A tuo rischio e pericolo. –
Jonghyun sospirò. Non si aspettava che parlare con Key fosse un’impresa semplice, da giorni tentava di far sì che l’altro gli rivolgesse la parola, ma ogni frecciata finiva nel fossato della fortezza dell’altro, senza raggiungere il suo obiettivo. Mancava un giorno al Chuseok e Jonghyun non aveva più tempo per tergiversare. Avrebbe sfondato quel portone e nemmeno tutta l’artiglieria di cui Key era provvisto sarebbe riuscita a tenerlo fuori.
-Per favore, potresti solo per un attimo abbassare il ponte levatoio? –
Finalmente, Key si degnò di guardarlo.
-Oh spocchioso principino, saresti così cortese da scendere dalla tua torre d’avorio?- cantilenò Jonghyun.
Kibum si bloccò di colpo e raggelò.  Che cos’aveva detto quello scemo? Abbassò lo sguardo su Jonghyun, titubante. Per tutta risposta l’altro lo fissò perplesso.
-Che cos’hai detto?– chiese Kibum in un sussurrò.
Jonghyun sbuffò. – Di scendere per favore dalla tua torre d’avorio, devo parlarti. –
Oh era una battuta, quindi, riflette Kibum. Tirò un sospiro di sollievo. Devo stare calmo! S’impose.
-Stai bene? – chiese Jonghyun, - sembra che tu abbia visto un fantasma. – Sogghignò.
-Paura di abbandonare le confortanti mura della tua torre d’avorio? Non mordo. –
Kibum si decise a scendere dalla scala e squadrò l’altro. Che cosa voleva? Perché improvvisamente lo cercava ancora? Era dalla mattina di qualche giorno addietro, quando si era svegliato dai postumi della sbornia causata da Taemin. Si morse il labbro continuando a studiare Jonghyun. I ricordi improbabili di quella notte erano sempre più vividi nella sua mente, non ancora chiarissimi, ma sembravano molto più di un sogno. E Jonghyun era sempre lì. Improvvisamente la possibilità che avessero sostenuto un qualche tipo di conversazione divenne nella sua mente sempre più probabile. O era una coincidenza che l’altro avesse deciso di riprendere a parlargli di suo spontanea volontà la mattina successiva?
Jonghyun guardò Key. Era indeciso su come affrontare l’argomento, in realtà si trattava di un semplice invito ad una festa, ma prevedere come l’altro avrebbe reagito sembra impossibile. Key aveva portato le mani ai fianchi e spostato il peso da una gamba all’altra, segno che era sulla difensiva ma pronto a contrattaccare in ogni momento. Jonghyun sorrise al pensiero di come era stato dolce e tenero solo poche sere prima, una visione quasi inconciliabile con quella che aveva di fronte.
-Che cosa mi devi dire, Kim Jonghyun? – domandò Key con una punta di stizza nella voce.
-Domani sera ci sarà il Chuseok – rispose l’altro, calmo.
-Lo so, conosco il calendario. –
-Andiamo insieme. –
Il principe incrociò le braccia e inarcò le sopracciglia. Aveva capito bene?
-Perché? – chiese titubante.
Jonghyun si passò una mano tra i capelli e Kibum lo conosceva abbastanza bene da capire che era stressato e agitato.
-Sono stato molto duro ultimamente. Non voglio buttare via il mio rapporto con te per quanto è accaduto, andiamo insieme alla festa, sarà un modo per riprendere come se nulla fosse, se lo desideri. –
Riprendere come se nulla fosse…quelle parole erano state difficili per Kibum da pronunciare, ma dette da Jonghyun gli facevano ancora più male perché custodivano un senso di ineluttabilità, la certezza che non sarebbero mai potuti tornare indietro. Kibum si stropicciò le mani. Avrebbe voluto piangere, gridare…quella situazione era opera sua, della sua testa…se solo si fosse fidato dei suoi sentimenti, ora non sarebbero stati lì a parlare di una stupida festa che lui odiava, ma l’uno tra le braccia dell’altro e quegli scaffali non sarebbero stati il ridicolo teatrino del suo cuore in frantumi, ma un luogo segreto dove scambiarsi baci e respiri caldi. Poteva dire di no e lasciare che il pensiero di lui continuasse a tormentarlo, oppure poteva dirgli di sì, distruggere ciò che restava del suo cuore sanguinante e mettere la parola fine, riprendendo come se nulla fosse…
Jonghyun lo fissava speranzoso. Kibum avrebbe voluto saltargli al collo e baciare quelle labbra carnose e morbide, essere di nuovo stretto tra quelle braccia e vivere del respiro dell’altro. Qualunque cosa per tornare al quell’attimo perfetto che le sue paure avevano gettato al vento. Ora rimaneva solo un ricordo dolce amaro, destinato o a sbiadire nel tempo o a rimanere impresso a fuoco dentro di lui, con l’amara consapevolezza che mai si sarebbe ripetuto. Alla fine annuì. Doveva affrontare le conseguenze delle sue scelte, era inevitabile.
-Va bene –
Kibum si ritrovò a fissare le labbra dell’altro. Perché aveva la sensazione che ci fosse stato più di un solo bacio tra loro? Si portò la mano alla fronte come a ricercare un’immagine perduta.
-Jong – lo chiamò prima che se ne andasse. Doveva sapere cos’era successo poche sere prima, la figura di Jonghyun era troppo reale nella sua mente.
-L’altra sera quando ero, bhe, lo sai…ci siamo visti? –
La bocca di Jonghyun s’aprì a vuoto. Il più grande fremette. Forse Key si ricordava qualcosa?
-Sì. –
Key deglutì.
-Non eri in te e ti ho riaccompagnato in camera. –
-Capisco. Grazie –
Jonghyun sorrise dolce e il cuore di Kibum si fece più leggero. Da quanto non vedeva un sorriso simile rivolto a lui?
-Nient’altro? –
Jonghyun parve pensoso, ma poi scosse il capo. – Nient’altro. –
 
 
***
 
La mattina del Chuseok l’intero Rifugio era in agitazione, nonostante la festa sarebbe iniziata solo con il calare della sera sembrava che nessuno quel
giorno fosse interessato ai propri compiti abituali. I corridoi erano stati decorati con ghirlande di foglie autunnali e lanterne di carta multicolori, rendendoli meno spogli e tetri. Petali colorati di luce rilucevano all’intorno delineando le ombre spensierate dei passanti.
Quando Kibum si era accorto di essere l’unico a prendere seriamente quella giornata, svolgendo i suoi soliti compiti, si era sentito un perfetto idiota. Non appena si era presentato nell’ufficio di Jinki questo l’aveva accolto ridendo rimandandolo via due secondi dopo. Era stato decisamente imbarazzante. Ormai era quasi il tramonto e lui non era ancora pronto per i festeggiamenti veri e propri. Era stato così agitato nelle ultime ventiquattrore da essersi reso conto solo ora di non avere un abito tradizionale per l’occasione. Era subito andato a cercare Taemin.
-Insomma – iniziò Taemin che camminava al suo fianco, le mani dietro la testa, - andrai alla festa con Jonghyun. –
Kibum aveva la sensazione che ci fosse una repressa nota di divertimento nella frase dell’altro. Arricciò il naso con disappunto.
-Già-, fece.
-Che cosa pensi di fare?-
-Non ne ho idea, in questo momento se mi aiuterai a trovare un vestito decente te ne sarò eternamente grato. –
-Oh quindi, umma, vuoi farti bello per quello scemo – ridacchiò Taemin.
-Non eri tu che due settimane fa mi hai mostrato il tuo intero guardaroba? – disse Kibum guardandolo di sottecchi.
Taemin fece un gesto annoiato con la mano. – Dettagli, dettagli.-
-Non mi sembri molto felice oggi, non vedevi l’ora che arrivasse la festa. –
Quel giorno Taemin sembrava giù di tono, battute all’indirizzo di Key a parte.
Taemin corrugò la fronte. – Dovevo andarci con Minho, ma quello è scemo – disse facendo spallucce.
-Bhe è amico di Jonghyun, cosa pretendi? –
Taemin sbuffò. In effetti Key aveva ragione: dal il migliore amico di uno scemo non si poteva pretendere un tripudio di neuroni. Ad ogni modo, la situazione tra Key e Jonghyun l’aveva fatto parecchio riflettere, cosa che negli ultimi anni aveva volutamente evitato di fare. Era sempre andato al Chuseok in compagnia di Minho, il più grande glielo chiedeva ogni anno, e ogni anno sperava si decidesse a trattarlo come qualcosa di più di un bambino o di un amico…ma niente. Insomma, gli era così indifferente da andare con lui per pietà o per fargli da balia? Sapeva che Jonghyun aveva invitato di Key per dichiarargli i suoi profondi sentimenti, di certo nessuno era andato a dirglielo, ma solo un ingenuo dal punto di vista sentimentale non ci sarebbe arrivato.
Qualcuno come Kibum, per esempio, si disse tra sé.
In ogni caso, Taemin si era accorto di provare una certa invidia per quei due. Stavano facendo un grande baccano, ma in un modo o nell’altro stavano cercando di affrontare i loro sentimenti. Improvvisamente non si era più sentito in vena di partecipare alla festa, quando poi Minho si era presentato da lui quella mattina il suo nervosismo era aumentato. Non si era nemmeno preso la briga d’invitarlo, semplicemente lo aveva dato per scontato, e poi aveva iniziato a parlare degli altri due.
-Non so quali strani segreti vi confidiate tu e Key, ma il tuo amico è strano, comunque Jonghyun lo ha invitato al Chuseok e penso tu abbia capito quali siano le sue intenzioni. –
-Ovviamente – aveva risposto scostato.
-Spero che Key non intenda illuderlo. –
Taemin aveva sbuffato sonoramente. – Se stai cercando di carpire informazioni da me sui sentimenti di Key, scordatelo. –
-Immaginavo avresti reagito così, ma volevo fare almeno un tentativo – aveva detto Minho. – Allora ci vediamo sta sera. –
-No, grazie – aveva risposto Taemin.
-Come, no grazie? –
-Quest’anno ci vado da solo –, gli aveva risposto stizzito con una linguaccia, prima di lasciarlo a bocca asciutta.
Taemin arricciò il naso, deciso a scacciare quella conversazione dalla sua testa e conducendo l’amico nella sua stanza.
La camera di Taemin era un disastro, come sempre. Kibum fece scorrere lo sguardo all’intorno con disappunto, un uragano avrebbe fatto meno danni. C’erano armadi e cassetti aperti, vestiti e oggetti di vario genere sparsi sul letto, per non parlare del vassoio di un pasto consumato solo a metà sul comodino. Kibum incrociò le braccia.
-Dovresti dare una ripulita – osservò.
-Oh lo farò – disse l’altro, distratto, mentre infilava la testa in un armadio.
Kibum aveva seri dubbi a riguardo ed era una fortuna che non fosse a conoscenza di quello che il più piccolo doveva aver nascosto sotto il letto.
 Due secondi dopo, Taemin lanciò al più grande un completo. Una volta cambiato, Kibum osservò la propria immagine riflessa nello specchio ovale fissato alla parete. La giacca di cotone blu dai ricami in argento gli cadeva liscia e morbida sino a metà coscia, mentre dei pantaloni bianchi gli fasciavano le gambe. Si mosse la chioma corvina, ravvivandola. Non stava per niente male, certo sentiva più il bisogno di indossare un’armatura scintillante per affrontare Jonghyun, ma quello poteva andare. Solo una cosa non gli era chiara: perché si sentiva come se fosse stato invitato ad un appuntamento galante?
 
 
Kibum si strinse nelle spalle, l’aria iniziava ad essere fredda e le calde notti estive erano ormai state sostituite da quelle autunnali. Voltò il capo osservando le luci del villaggio di Hanamsi, dove si stava svolgendo la festa del Chuseok.
Dopo la cena nella sala comune, tutti i ribelli si erano riversati nel villaggio vicino per partecipare ai festeggiamenti veri e propri. La piazza e la via principale dei Hanamsi erano state adornate da filari di lanterne colorate che brillavano nella notte animata da canti, danze e musica. La gente camminava e danzava per strada, consumando dolcetti di riso che diffondevano all’intorno profumi invitati. Sino a pochi minuti prima anche Kibum si stava godendo la vivacità della festa, finché Jonghyun non aveva deciso di trascinarlo lontano da tutti quei suoni festanti.
-Dove stiamo andando? – chiese.
Iniziava a sentirsi un po' a disagio, lì nell’aperta campagna lungo il fiume, di notte e in sola compagnia del più grande. Tuttavia, la domanda che uscì dalle sue labbra aveva una nota di stizza. Si pentì quasi subito di quel tono involontario, dopotutto la serata era stata fino a quel momento piacevole. Era stato come tornare indietro nel tempo, ai giorni in cui era solo inconsciamente consapevole dei suoi sentimenti e stava ancora imparando a conoscere Jonghyun. Gli sguardi, gli occhi che s’abbassavano per l’imbarazzo, lo sfiorarsi timido, ma capace di provocare scariche elettriche lungo il corpo di Kibum.
-Abbi pazienza – disse Jonghyun, ignorando del tutto il tono stizzito dell’altro.
Kibum si massaggiò le braccia, riscaldandosele. Aveva freddo e in tutta risposta il suo corpo rabbrividì. Seguì l’altro lungo uno stretto sentiero infestato da una vegetazione sempre più alta e fitta, che nascondeva la linea sottile e flessuosa dell’Han, nonostante il suono armonico dello scorrere del fiume ne rivelasse la presenza.
-Jong, dove stiamo andando, fa freddo? Non c’è niente qui – disse Kibum in tono lamentoso.
Jonghyun, pochi passi avanti a lui, si voltò sorridendo. –Non fare i capricci. –
Kibum picchiò un piede per terrà e incrociò le braccia, sbuffando e Jonghyun rise allungandogli una mano.
-Yah e questi cosa sono? Vieni. –
Kibum squadrò con diffidenza la mano dell’altro, sempre tesa nella sua direzione, alla fine l’afferrò e subito un piacevole calore si diffuse nel suo corpo. Gli occhi di Jonghyun rilucevano di ambra liquida ed erano caldi come la mano che gli aveva teso. Kibum capì che stava usando la sua abilità.
-Va meglio? Senti ancora freddo? –
Kibum scosse il capo.
-Kaja – fece l’altro guidandolo lungo il sentiero.
Arrivati vicino ad un piccolo boschetto che discendeva verso il fiume, ancora nascosto alla loro vista, Jonghyun si fermò.
-Chiudi gli occhi – gli disse.
Kibum lo guardò interrogativo. - Perché? –
-Yah, è una sorpresa, non posso dirtelo. –
Il principe roteò gli occhi, poi li chiuse. Non voleva ammetterlo ma si sentiva sempre più a disagio e sulle spine. Dove lo stava portando? Più di una volta dovette stringere più saldamente la mano di Jonghyun per non inciampare tra la sterpaglia bagnata, che gli aveva chiazzato i pantaloni di umidità sino alle ginocchia. Intanto, i suoni del fiume di facevano sempre più vicini.
Alla fine Jonghyun si fermò. -Ci siamo. –
Kibum sorrise leggermente prima di riaprire gli occhi, le parole dell’altro trapelavano entusiasmo e aspettativa quanto quelle di un bambino il giorno del suo compleanno.
-Kim Jonghyun dove…-, iniziò a dire aprendo gli occhi. – Oh – fece osservando il panorama che aveva di fronte.
L’Han serpeggiava flessuoso, simile ad un drago dalle scaglie d’argento rivestito dalle stelle diamantine che vi si specchiavano. Ad est, il villaggio sembrava un grande falò sfavillante di mille colori, mentre sopra i loro capi la via lattea attraversava la notte; celeste gemella del fiume che scorreva davanti a loro. Non una nuvola disturbava la visione di quel cielo blu intenso, animato da pennellate violette, dove pianeti ammiccavano lontani. L’universo galleggiava sopra di loro, splendido ed infinito, mentre l’occhio perlaceo della prima luna d’autunno osservava curioso il mondo mortale.
-Ti piace? – chiese Jonghyun, titubante.
Kibum annuì continuando a guadare sopra di sé, poi si voltò e sorrise.
Un sospirò uscì dalle labbra di Jonghyun quando incontrò gli occhi felini dell’altro. Anche quella notte, le stelle avevano deciso di fare delle iridi di Key la loro segreta e ammaliante dimora.
Key abbassò il capo non appena si accorse che gli occhi del più grande avevano sostato troppo a lungo nei suoi, ma quando incontrò la sua mano intrecciata a quella calda di Jonghyun la ritrasse, mentre un leggero rossore gli tingeva le guance. Per Jonghyun fu come se le ali setose una farfalla gli fossero appena sfuggite dalle dita. Kibum si strinse nelle spalle continuando a fissare il fiume e il cielo.
-Hai ancora freddo? – chiese Jonghyun.
-Sì. –
-Siediti. –
Kibum guardò l’erba e inarcò le sopracciglia. – E’ bagnata. –
Jonghyun sorrise. Delle venature rosse e oro attraversarono il terreno e l’aria intorno a loro creando una bolla d’aria calda. Si sedettero.
-Cosa facciamo qui? – chiese Kibum.
Jonghyun si umettò le labbra. –Devi aspettare ancora qualche secondo, poi vedrai. -
Infilò le mani nelle tasche voluminose della sua giacca tradizionale rossa e bianca e ne estrasse due piccoli involucri.
– Tieni – disse porgendone uno al più piccolo.
Non appena Kibum lo scartò, il profumo del dolcetto di pasta di riso gli arrivò dritto alle narici, stuzzicandolo di una fame e di una gola che non pensava di avere.
-Grazie – disse mentre entrambi lo addentavano.
Kibum si leccò le labbra ripulendole dalla marmellata fuoriuscito dal dolce, poi sbatté le palpebre, ammirato.
-Oh –
-Bello, vero? –, disse Jonghyun con una punta di soddisfazione nella voce.
La superficie argentea del fiume si era tinta di petali di luci dorate e, sui flutti, galleggiavano flotte di lanterne simili a soli e pianeti multicolori, sospinte da una brezza leggera. A Soul non aveva mai visto niente di simile. Una folata di vento più forte fece dondolare le lanterne come grappoli di campanule, trasportando le note dolci e acute della musica proveniente dal villaggio.
Kibum avvertì le dita calde di Jonghyun tra i suoi capelli scossi dal vento, un gesto semplice che bastò a riportarlo alla realtà. La musica della festa si perse tra gli aliti di vento, sostituita dai battiti del suo cuore. Guardò l’altro da sotto le ciglia, umettandosi le labbra, mentre un leggero rossore gli tingeva le gote.
Jonghyun deglutì davanti a quel gesto innocente e involontario, che bastò a rievocargli sensazioni e immagini intense. Osservò con occhi caldi e acquosi le labbra rosate dei Key, affondando i polpastrelli nella sua chioma corvina per poi sfiorargli delicatamente la guancia e lasciare scie incandescenti sulla pelle del più piccolo, sino a sfiorargli l’angolo della bocca.
-Jong…-
-Marmellata – disse l’altro, sorridendo e ripulendolo con la punta del pollice.
Kibum abbassò gli occhi. Erano troppo vicini, il respiro di Jonghyun troppo caldo. Si stropicciò le mani, poteva sentirlo, il suono tetro del suo cuore che si sgretolava. Voleva baciare ed essere baciato da quelle labbra, stretto tra quelle braccia. Ma una vocina nella sua testa continuava a sussurrargli che non poteva essere suo, né lui dell’altro. Doveva andarsene da lì, doveva mettere fine a quella tortura. Si alzò di scatto, lasciando l’altro di stucco.
-Riportami indietro – disse freddo.
Il cuore di Jonghyun perse un battito. Che cos’aveva sbagliato ancora, davvero Key non lo voleva? Le parole dell’altra notte erano state solo il delirio delle loro menti?
-Perché? –
Si mise di fronte a lui, guardandolo. Doveva esserci da qualche parte un segno, anche minimo, di quello che passava per mente di Key oltre quella fredda maschera di porcellana.
Kibum si voltò incamminandosi verso il villaggio, ma Jonghyun lo raggiunse afferrandolo per il polso.
-Aspetta – disse.
-Riportami indietro – disse Kibum freddamente, rimanendo voltato dall’altra parte. Non poteva e non voleva guardare il più grande. Se l’avesse fatto ogni sua logica convinzione sarebbe crollata definitivamente e non avrebbe potuto nascondere le lacrime, ormai sul punto di sgorgare.
Jonghyun abbassò il capo con un sospiro rassegnato e lasciò andare la mano di Key. Forse non aveva sbagliato niente, semplicemente il più piccolo non lo voleva e, probabilmente, non l’aveva mai voluto. Per quanto gli sembrasse ancora più impossibile dopo quanto era accaduto solo poche sere addietro, doveva avere il coraggio di estirpare definitivamente quei folli sentimenti dal suo cuore. Era l’unico modo se voleva andare avanti, perché da quando aveva incontrato gli occhi di Key il tempo si era fermato, ma doveva ripartire, doveva tornare a scorrere anche se ciò significava ripiombare in un mondo amaro e oscuro.
-Riportami indietro – disse ancora Kibum, la voce incrinata. Il principe avrebbe voluto gridare, piangere senza il minimo contegno e prendere a pugni il petto dell’altro, ma il buon senso continuava a suggerirgli di fuggire. Se solo Kibum si fosse fermato a riflettere, si sarebbe reso conto che non c’era alcun buon senso in quella sofferenza che, inconsapevolmente, stava infliggendo ad entrambi.
All’udire quella voce quasi rotta dal pianto, Jonghyun si raddrizzò e per un attimo il suo cuore gioì. Eccola la sottile crepa, abilmente nascosta tra le pieghe di una melodia fredda, ma che celava note malinconiche. Prese Key per le spalle costringendolo a voltarsi. Sembrava fragile sotto il suo tocco, ma una cosa era inequivocabile, il volto del più piccolo era bagnato di lacrime. Jonghyun lo fissò, poteva vederne a mille di quelle crepe su quel volto pallido, una maschera prossima a sgretolarsi solcata da una lacrima calda.
Kibum abbassò il capo, nascondendolo dietro una manica blu e argento dell’abito, ma Jonghyun lo liberò e gli prese il mento per guardarlo dritto negli occhi. Doveva leggere la verità, una volta per tutte. Sapere se poteva completare il suo amore o se era solo un fuoco fatuo che bruciava lontano, destinato a spegnersi.
-Perché? – chiese.
-Ti prego – disse Kibum in un sussurro. Singhiozzò mettendosi le mani tra i capelli, non riusciva e non poteva più fingere di non amarlo.
 –Io non ce la faccio…non voglio sostituire un muro di mattoni con una parete di vetro luccicante quanto le stelle di questa notte, ma fredda e inscalfibile quanto un diamante. Non voglio sfiorare le tue mani attraverso una parete trasparente, voglio sentirne il calore sulla mia pelle, voglio affogare nella luce dorata dei tuoi occhi e non percepirne solo un riflesso opaco. Non voglio leggere le parole sulle tue labbra, ma udire il calore e la dolcezza della tua voce. Voglio addormentarmi e risvegliarmi tra le tue braccia ed il tuo profumo. Voglio le tue labbra sulle mie, le mie sulle tue.–
Ed era così. Da quando aveva incontrato Jonghyun per la prima volta, Kibum si era sentito rinato. Era bastato che i loro occhi s’incontrassero per solcare un confine netto tra prima e dopo.
Jonghyun boccheggio. Stava sognando, forse? Nemmeno nella sua più fervida immaginazione avrebbe mai immaginato di udire tali parole dalle labbra di Key. Cos’era successo? Quando si era tramutato in un roseto senza spine? L’aveva portato sin lì per dirgli quello che provava, per fare un ultimo e disperato tentativo ma, a dispetto di ogni sua aspettativa, era stato l’altro a crollare. Poteva vederla, di nuovo, oltre quella maschera fredda e distaccata, l’immagine luminosa dell’altro.
-Pensi che io non voglia tutto questo? Tu sei il mio mondo, il mio spazio infinito, il mio universo. Io vorrei essere tutto per te, come tu sei tutto per me. Io ti amo.- Disse Jonghyun.
Gli occhi sottili di Kibum lampeggiarono come se si risvegliasse da un sogno o vi ripiombasse. Aveva già udito quelle parole in un mondo lontano e annebbiato…ora ricordava, quei sussurri erano stati reali. Jonghyun lo amava quanto lui.
-Non è stato un sogno…- mormorò.
-Forse – sorrise Jonghyun, - ma potrebbe diventare reale. L’altra sera…-
-Ti ho baciato, vero? –
Jonghyun annuì e Kibum arrossì, costringendo il più grande a reprimere un sorriso divertito.
-Ma non è quello che m’importa. Hai detto che mi ami. –
-Ho fatto questo? – chiese Kibum.
Jonghyun gli prese il volto tra le mani facendo aderire le loro fronti e sfiorandogli il naso.
-Ti prego, se è vero che mi ami, se le parole di questa sera non sono solo il sussurro derisorio del vento tra gli alberi, dimmelo. Se non è così, ti giuro, eroderò per sempre il tuo nome dal mio cuore…-
Jonghyun doveva sapere e mettere fine a quella caccia alla volpe. Allontanò il viso per guardarlo. Le guance e gli occhi di Key luccicavano di lacrime.
Il più piccolo pose delicatamente una mano sulla sua guancia. Non poteva più nascondere la parte più intima del suo cuore perché, ormai, l’aveva già messa a nudo. E non poteva tornare indietro, come non poteva più immaginare una vita senza l’altro.
-Dal primo momento che ti ho visto, in quella notte di mezza estate quando i nostri occhi si sono incontrati, il mondo, il mio mondo, è stato come attraversato da una forza che ancora non riesco a comprendere. E’stato come se un fuoco mi avesse rigenerato. Io…-
Jonghyun gli baciò la fronte. – E’ stato così anche per me. Tutto quello che c’era prima è diventato cenere. –
Kibum annuì. Non era stato un folle, quindi, anche Jonghyun aveva provato il suo stesso stordimento. 
-Il tempo ha smesso di scorrere – disse Kibum. – Prima non lo potevo capire, ma ora lo so. Tutto ciò che ho vissuto prima di te è stato più simile ad un affannoso tentativo di sopravvivere in un mondo, in una vita, che detestavo. Mi sentivo rotto, spezzato, come una bambola dimenticata in un freddo palazzo dorato…–
Fece una pausa, come per riprendere fiato dopo una lunga corsa. Jonghyun non aveva occhi che per lui, orecchie che per la sua voce. Perché Key piangeva se le sue parole trasudavano amore? Che cosa turbava ancora il più piccolo?
- Di cos’hai paura? –
Kibum si appoggiò la fronte al mento dell’altro, affondando il volto nel suo collo.
-Un giorno ti spezzerò il cuore – disse a fior di labbra.
Jonghyun sorrise e pose le labbra tra i capelli di Key.
-Fallo – sussurrò, -spezzalo, frantumalo, è tuo dal momento in cui i nostri occhi si sono incontrati. –
- Sciocco – disse Key, alzando il volto in un mezzo sorriso amaro.
Jonghyun gli prese la mano portandosela al petto.
-Lo senti? È per te che batte. Prima era fermo, morto, batteva solo per inerzia come un orologio chiamato a svolgere unicamente il suo lavoro meccanico. Ma non c’era vita, non era altro che un mucchio di carne e sangue. –
Gli asciugò le lacrime dal viso perdendosi per qualche secondo in quei sottili occhi magnetici.
-Tu gli hai ridato vita, una vita che forse non ha mai avuto. –
-Jong…- disse Kibum accarezzandogli il volto con tocco leggero.
Non era più il pensiero di Heechul a spaventarlo, quell’ombra era scivolata via dal momento in cui Jonghyun gli aveva detto ciò che provava, anche se sino a poco prima ne aveva solo un nebuloso ricordo. Ma tra di loro ci sarebbe stata sempre una bugia, una goccia di veleno nelle loro felicità.
Le mani di Kibum giocarono con le ciocche castane sulla fronte dell’altro e percorsero il suo volto. Se era vero che era rinato che cos’era il principe Kim Kibum se non il nome di un morto, la cui esistenza era stata spazzata via dalla corrente, bruciata dal fuoco purificatore che lampeggiava negli occhi dell’altro?
-Tu mi hai stregato anima e corpo e io ti amo. -
- Allora lascia che io sia tuo e che tu sia mio, che il tempo riprenda a scorrere – rispose Jonghyun.
Key accostò la sua guancia a quella di Jonghyun e sfiorò il suo naso con il proprio. Infine lo baciò, delicatamente, un bacio innocente che non aveva paura di donare perché l’aveva già fatto.
-Non posso più stare senza il tuo amore, sarebbe come osservare il vento da una finestra senza poterne percepire il soffio, senza sentirne il profumo -, disse Kibum in un sussurro caldo sulle labbra carnose di Jonghyun.
Questa volta fu Jonghyun a baciarlo, un bacio umido, intenso ed altrettanto dolce che esplorò, caldo, ogni angolo della bocca di Key. Gli succhiò la lingua e le labbra, stuzzicandolo. Key rispose con la stessa intensità, più impacciato ma non per questo meno desideroso. Leccò le labbra carnose di Jonghyun, giocò con la sua lingua, mentre le mani di entrambi affondavano tra i capelli dell’altro.
Quando si staccarono, Key prese il palmo di Jonghyun e lo posò sul proprio cuore.
-Lo senti? – chiese. – E’ il tempo che riprende a scorrere. -
 

 
 



Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Se sarete così gentili da lasciarmi un commentino mi farete molto felice ^^.
Vi preannuncio che nel prossimo capitolo rivedremo Heechul. Non avrete pensato che quella serpe se ne sia stata con le mani in mano tutto questo tempo, vero?
Alla prossima! <3
 
   
 
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