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Autore: NightWatcher96    28/10/2016    2 recensioni
Mikey è scomparso misteriosamente e niente è come un tempo ma tutto cambia con l'arrivo di un cucciolo di tartaruga così grazioso che rimpiazzerà il secondo del Team B.
Tutto raccontato dai membri della famiglia.
Genere: Avventura, Azione, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: April O'Neil, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'Autrice

Nuovo capitolo, nuova lunghezza. Eh, sì... ormai è un dato di fatto se mi tengo sempre sul lato dark e rendo tutto più OOC! Sarà perché ultimamente ho deciso di rivedermi le puntate della serie del 2003 delle TMNT (la mia preferita in assoluto), sarà perché ero ispirata, ho deciso di aggiornare. Spero che il capitolo sia sempre di vostro gradimento e colgo, ovviamente, l'occasione per ringraziare sempre e con il cuore tutte coloro che spulciano la mia galleria, leggono e recensiscono. Enjoy!


Chapter 6: Shock

Chinai la testa e mi arresi senza neppure provare a combattere. Neutralizer sogghignò e mi puntò un dito contro.

"Un solo granello di plutonio e imploderai come una stella senza vita..."- sentii vagamente mormorare.

Improvvisamente, come una forza divina o magia, mi sentii sollevare come un supporto e una nuvola di fumo esplose fra me e Neutralizer. Quest'ultimo gridò violentemente, in preda al dolore vivido e il mio corpo si sollevò come se stessi volando.

"L'acqua e l'elettricità non vanno d'accordo..."- fu un sussurro. "...Raphie, non perdere la speranza...".

I miei occhi si spalancarono e mentre cadevo nel vuoto un sorriso crebbe sulle mie labbra. Mikey. Forse lo avrei rivisto non appena il mio corpo si sarebbe disfatto della mia anima spezzata.
E il buio mi rapì...
 


 
Il maestro Splinter era inginocchiato nella sua stanza, con dell'incenso acceso e la piccola tartarughina abbacchiata sul cuscino esattamente sotto le fotografie che ritraevano lui in versione Yoshi, assieme a sua moglie Tang Shen e la figlia Miwa.

Nei suoi occhi color cannella c'era una leggerissima tristezza legata al passato ma, nonostante i ricordi dolorosi, la sua era anche un'espressione vagamente felice per la tenera compagnia. Mikey ogni tanto si alzava sulle zampette, poi si rimetteva sdraiato, tentando di tirarsi fino alla testa la sciarpa divenuta coperta.

"Sei molto speciale, piccolo mio"- mormorò il maestro, diteggiandogli la testolina con affetto. "Mi sorprende che Raphael abbia subito eliminato la barriera dietro la quale si era celato e si è aperto a te. Sei stato la sua salvezza, anche se non lo ammetterà mai".

Mikey guaì con un mezzo sorriso ma non si mosse più tanto. Il sensei espirò leggermente, senza scoraggiarsi affatto per quel primo tentativo di interagire a pieno con lui. Lo scopo di quella "chiacchierata" era semplicemente un modo per capire a fondo il problema che lo affliggeva.

"Puoi avere un nesso con il nostro Michelangelo"- continuò, prendendo il cucciolo e la sciarpa tra le mani. "Chissà. A volte il fato può portarci un qualcosa che davvero ci aiuta, a nostra insaputa".

Mikey gli leccò il pollice per dimostrare, a suo modo, che apprezzava tali parole.

"Sei così simile al mio bambino perduto. I suoi stessi occhi, la dolcezza e la caparbietà ma la cosa straordinaria è forse l'enorme empatia che sento verso di te. Esattamente ciò ti ha portato ad assorbire, come una spugna, il risentimento di Leonardo e Donatello, nelle ultime notti"- parlò il maestro, dispiaciuto. "E' così, piccolo?".

Mikey chinò lo sguardo e poi guaì, rivolgendogli occhi grondanti di lacrime. Il maestro lo avvicinò delicatamente al pelo della sua guancia mentre con le dita della mano libera gli accarezzava nuovamente la testolina. Per un attimo, infatti, gli era parso di percepire dei tremolii provenienti dal cucciolo infelice.

"Non sei un peso, piccolino. Se i miei figli hanno accennato qualcosa del genere o hanno erroneamente attribuito i cambiamenti di Raphael a te ti prego di perdonarli. Siamo tutti profondamente scossi dalla perdita di Michelangelo e spesso parliamo facendoci guidare dalle emozioni"- spiegò calmo il maestro, portandolo verso il suo volto per guardarlo meglio. Mikey gli appoggiò una zampetta sul naso e guaì con un accenno di speranza. "Puoi fidarti. Donatello cerca di scusarti con te, Leonardo sicuramente proverà ad interagire con te e Raphael sarà piuttosto protettivo nei tuoi confronti".

La tartarughina cominciò a ridere: la sua vocina ricordava il verso di un gattino mentre veniva "giocherellato" sul pancino peloso. Splinter sorrise a sua volta e se lo mise in grembo, canticchiando un'antica ninna nanna giapponese.

"Adesso riposati, bambino mio. Vedrai, tutto si sistemerà".

E mentre pronunciava queste parole il suo cuore batteva di tristezza: dopotutto, con quella ninna nanna ci addormentava Michelangelo...
 


Donatello appoggiò definitivamente il saldatore sul banco da lavoro e si prese stancamente la testa fra le mani. Era così spossato, così stanco, tanto che il suo cervello non riusciva più nemmeno a elaborare dei pensieri semplici. Nel suo petto formicolavano il senso di colpa per aver ferito involontariamente la piccola tartaruga e la preoccupazione circa la mia assenza.

"Tieni"- mormorò dolcemente una voce al suo fianco. Era Leonardo con un bicchiere di caffè bollente sostenuto dalle dita. "Hai bisogno di una pausa".

Donnie ringraziò con un sorriso stanco prima di prendere un sorso generoso. Il calore della bevanda scivolò liberamente lungo il suo esofago, riscaldando lo stomaco e dando il tepore perduto alle mani infreddolite e ai piedi. Il sapore dolce e leggermente amaro accese le sue papille gustative e cancellò quel retrogusto pungente della sofferenza assaporato fino a quel momento.

"Dove sarà quella testa dura?"- mormorò, appoggiando la testa sulle braccia.

"Non lo so ma ho intenzione di perlustrare la città e..."- la frase di Leonardo fu tagliata bruscamente da un'improvvisa chiamata sul t-phone di Donnie. I due si guardarono negli occhi ma fu Leo a rispondere. "Sì, pronto?".

Un rumore scoppiettante seguitò la distorsione del segnale e un fruscio di pioggia con vento. Leo riprovò a parlare, tenendo il cellulare poco lontano dell'orecchio ma non ottenendo che rumori sconnessi guardò Donatello con fare preoccupato.

"Non chiudere. Calibro il segnale del GPS e capiremo che cosa sta succedendo"- mormorò cupamente Donatello, digitando con incredibile velocità sulla tastiera del computer.

Leonardo tornò a fissare il display luminoso con perplessità quando, come un fulmine, il nome che lesse lo folgorò. "E' Raph! Donnie, è Raph! Ma non capisco... perché non parla? Perché sentiamo solo rumori?".

"Perché non è una chiamata. Ti ricordo che ho dotato i nostri cellulari di un tasto speciale che funge da richiesta d'aiuto. E da quello che ho già identificato su questa accurata mappa satellitare, Raph è nei guai"- spiegò Donnie, prendendo un altro sorso ingente di caffè. Il liquido scuro aveva perso parte del suo calore ma era buono ugualmente.

"D'accordo. E' una richiesta d'aiuto. Raph morirebbe piuttosto che chiamare rinforzi. Quindi se ha appena commesso ciò che per lui sarà un'oscenità, significa che è davvero in grossi guai"- rifletté Leonardo, avvicinandosi al computer. "Donnie, dov'è esattamente quella testa calda?".

"Non molto lontano da qui. Suppergiù fra la trentacinquesima e la trentasettesima"- fu la risposta apatica di Donatello, spegnendo il monitor e rialzandosi dalla sedia per sgranchirsi accuratamente. "Parlando ovviamente in via di fognature. Il caro fratello non si trova in superficie. O meglio, chissà...ci sarà stato ma è tornato nel sottosuolo".

Leonardo scosse un po' il capo, si sistemò meglio le doppie cinghie sul petto e si lasciò seguire dal fratello che nel frattempo si era munito del fido Bo e di un borsone sportivo contenente alcuni suoi "giochini tecnologici". Prima di lasciare definitivamente la tana, si fermarono davanti alla camera del sensei.

"E' meglio avvisare"- pronunciò Leonardo, bussando sulle shoji. Dall'interno si udì un leggero avanti ed insieme entrarono: trovarono il maestro inginocchiato con Mikey profondamente addormento sul cuscino, talmente avvolto nella sciarpa che era visibile solo la testolina. "Raph è nei guai, sensei. Donnie ha già localizzato la sua posizione e sono sicuro che ha bisogno di noi".

Il maestro annuì con aria preoccupata ma non li fermò certamente e i due, con un rispettoso inchino, si avviarono nelle fogne...
 


Il mio corpo era estremamente pesante.

Non riuscivo a muovere un muscolo, tutto produceva troppo dolore e tutt'intorno era sfocato. Nelle narici s'insinuava un olezzo di fognature, sangue e terra bagnata; sulle mie membra sporche gocciolava qualcosa di raccapricciante. Il mio pettorale sinistro, dove da anni capeggiava la cicatrice a forma di saetta, ardeva come le fiamme dell'Inferno.

Avevo la vaga sensazione di trovarmi nelle fogne: lo intuivo dalla puzza orrenda e nonostante cercavo disperatamente di ritornare a comando del mio corpo, non avevo la forza nemmeno per schiudere gli occhi.
La consapevolezza di non essere morto era più che presente, almeno.

"Devo andare..."- mormorai a denti stretti. Con uno sforzo violento, raccolsi un po' di forze nelle braccia e da supino mi rovesciai in prono. Fu una pessima idea: il mio petto esplose in un dolore che mi lasciò senza fiato. "No... troppo male...".

L'adrenalina che giunse dopo la fitta mi permise almeno di riaprire gli occhi. Ero su un mucchio di detriti, parte delle mie braccia erano ferite: sulla mia testa si era aperta una voragine dalla quale potevo vedere il cielo oscuro, dei lampi e soprattutto la pioggia.

Ero sprofondato nel sottosuolo di un cantiere edile abbandonato a causa della zona rossa radioattiva. I miei ricordi erano fumosi, cercavo di appellarmi a uno che era rimasto aggrappato alla mia mente dolorante e confusa e respiravo fra il dolore e l'acqua gelida contro il mio corpo caldo.

"Mikey..."- mormorai, mordendomi le labbra. Poche lacrime sgorgarono dai miei occhi spenti e tristi. "Mi hai salvato... non so come tu abbia fatto ma mi hai davvero salvato...".

Un freddo brivido percorse la mia spina dorsale: una mano fantasma si era appoggiata sulla mia testa. Sgranai gli occhi, leggermente intimorito. Forse era uno spirito.

Vagai inutilmente con lo sguardo alla ricerca del presunto spirito ma non ebbi fortuna. O quasi. Ad illuminare la mia paura ci pensava la voragine dove un lontano faro bianco mi offriva un modo di allontanare le tenebre: più verso la fine di quell'immenso mare nero dove mi trovato riuscivo a scorgere dei fari rossi.

Improvvisamente percepii dei passi. Non mi mossi... non fiatai. Ingoiavo solo avide boccate d'aria con le narici e altrettanto con esse le espellevo. Così facendo avrei azzerato la mia aura.

"Raph!"- sentii bisbigliare.

Il mio cuore prese a battere all'impazzate per la voce familiare! Erano venuti qui per me! I miei fratelli mi avevano trovato!

"Raph, dove sei?"- continuò la seconda voce.

Doveva essere Leonardo sicuramente.

"Raphie!".

Mi bloccai e smisi perfino di respirare. Non poteva essere verso. No, era un controsenso...

"S...sono qui...!"- gemetti, spostando dolorosamente una mano alla ricerca di un sasso o un detrito. Ebbi fortuna e ne scagliai uno abbastanza lontano. "Sotto la voragine...".

Passi veloci raggiunsero in un batter d'occhio il mio capezzale. C'erano i miei fratelli. Tutti quanti.

"Raph, finalmente! Non sai quanto eravamo in pensiero per te!"- sorrise Leonardo, mentre Donnie gli passava una torcia. "Sei conciato proprio bene!".

Non osai pronunciarmi, troppo terrorizzato di vedere quegli occhi blu tanto mancati dietro l'inconfondibile maschera arancione. Forse stavo sognando. Sì, doveva essere proprio così.

"La ferita è grave qui"- mormorò Donatello, che nel frattempo, illuminato da Leo, mi aveva dato una rapida occhiata. "Spostiamolo delicatamente".

"Aspetta, poggio la torcia a terra, così abbiamo della luce"- rispose subito Leo.

"Ehi, idiota! Dove cavolo sei stato tutto questo tempo? Non sai che eravamo in pensiero per te?"- ridacchiai stancamente.

"Lunga storia, fratello!"- rispose Mikey, accarezzandomi la testa. La sua mano era fredda come la sensazione che avevo avuto prima.

"Mikey, passami le bende dalla borsa. E non giocare con gli unguenti. Ne avremo bisogno"- istruì Donatello.

"Agli ordini!".

Non stavo sognando. Era tutto reale! Sentivo dolore, era tutto vero! Un sorriso genuino crebbe sulle mie labbra e non si mutò neanche quando il dolore tornò a martoriare le mie povere membra. I ragazzi mi avevano spostato in una posizione supina, ma lontano dalla voragine dove cadeva una pioggia così fitta da ricordare una doccia in piena regola.

Donnie mi avvolse un generoso strato di bende intorno al petto e insieme a Mikey mi issò in braccio. "Portiamolo a casa. Mikey, facci strada"- fece.

"Mikey, dove sei stato?"- domandai, mentre le forze venivano sempre meno.

Lui mi guardò fra l'addolcito e il rammaricato ma non rispose. Me lo sarei fatto spiegare al mio risveglio...
 


Un tocco gelido mi sfiorò una guancia e parte della spalla, come una carezza. Era delicato, morbido e in parte anche come un brivido.
Lentamente aggrottai la fronte e schiusi piano gli occhi. Mi sembrava un deja-vu con la differenza, però, che non mi trovavo a spacca-schiena su dei detriti con l'acqua piovana addosso bensì al caldo e per giunta nel laboratorio di Donatello.

Ero al buio, sì, ma alcune luminescenze bluastre e ronzii mi tenevano compagnia.

"Ti sei svegliato... finalmente".

Voltai stancamente la testa verso la figura seduta su uno sgabello accanto a me. Il mio sorriso crebbe gioioso e trassi un respiro alleviato. Il peso sul petto che avevo avuto per tanto tempo era svanito.

"Mikey... eri proprio la persona che avrei voluto al mio fianco"- mormorai e lui mi sorrise calorosamente, sfiorandomi ancora una guancia. "Certo che sei freddo, però".

"Come ti senti? Ho avuto così paura quando ti abbiamo trovato lì sotto, tutto ferito, sporco e insanguinato..."- pigolò, diteggiandomi le bende che mi ricoprivano il torace.

"Onestamente sono stato meglio ma anche così va bene"- risposi, guardandolo intensamente. "Mikey, ho avuto così tanta paura... una tale che mi ha annebbiato per tanto tempo il cervello... Ho creduto di non rivederti più...".

"Io sarò sempre insieme a te. A voi. E lo sai"- rispose dolcemente. "Ti voglio bene".

"Ehi, mi sembri una di quelle persone in procinto di dire addio! Non essere tanto melodrammatico, adesso!"- sogghignai. Una leggera fitta al petto mi fece trasalire e Mikey cancellò il sorriso, divenendo preoccupato. "Non fare quella faccia".

"Raphie, ora devo andare. Tra poco Don sarà qui e non...".

"Hai fatto qualche pasticcio?"- domandai perplesso. "Non me ne frega un accidente se Don non vuole che tu sia qui, questo è un mio desiderio!".

Mikey negò piano, con un sorriso, poi mi abbracciò. "Raphie, mi dispiace di averti fatto preoccupare ma ti prometto che mi prenderò io cura di te. E di tutti gli altri. Promesso!".

Non seppi perché ma quest'ultima frase mi sembrò qualcosa che celasse ben altro. Mikey mi stampò un bacio sulla fronte e mi strinse la mano. Sembrava tanto delicato mentre lo faceva.

Improvvisamente i miei occhi si fecero pesanti e sbadigliai.

"Rimango io a vegliarti. Tu riposati. Io ci sarò sempre"- sussurrò nel mio orecchio, cominciando ad accarezzarmi la fronte. Non replicai, non ne ebbi il tempo: già dormivo...
 


Un gridolino eccitato e una serie di colpetti di testa contro la mia guancia mi risvegliarono. Confusamente sbadigliai ma mi rifiutai di riaprire gli occhi, troppo stanco per farlo.
Un nuovo gridolino si insinuò nelle mie orecchie e questa volta un morso leggero mi pizzicò uno zigomo: imprecando un po' per la brusca sveglia, schiusi gli occhi e misi a fuoco le immagini sfocate davanti a me. C'era una macchiolina nera sul mio petto che mi guardava felice e un fiocco arancione intorno al guscio.

"Mikey...!"- richiamai felicemente, dandogli una carezza alla testa.

"Ben svegliato, bell'addormentato"- seguitò una voce. Leo era appoggiato allo stipite della porta del laboratorio di Don e mi osservava con un sorriso sincero. "Ciao, Raph. Come ti senti?".

"Meglio di ieri sera".

Leo annuì e si avvicinò a Mikey che vorticò felice come una trottola. Gli avvicinò una mano e lei si strofinò tutta, scodinzolando radiosamente. Questo mi gonfiò di gioia.

Notai Don entrare, seguito dal maestro Splinter e gli sorrisi. Volevo farmi perdonare in qualche modo perché sapevo che dovevo tutto ai ragazzi se ero salvo e ammaccato alla tana.
In un primo momento, Don rimase stupito dal mio gesto, poi mi si avvicinò e ricambiò il sorriso offrendomi anche una stretta sulla spalla. Anche il sensei era felice.

"Mikey sta meglio, visto?"- sorrise Donnie. "Straordinariamente, si muove anche con la zampetta fasciata".

La tartarughina annuì e scodinzolò, leccandomi la guancia. C'erano proprio tutti... eccetto la persona più importante per me.

"Dov'è Mikey?"- domandai.

La mia famiglia si irrigidì ma fu Leo a parlare. "Raph...".

"Quando sono stato attaccato da Neutralizer, mi ha salvato. Poi mi ha salvato insieme a voi in quel posto schifoso e stanotte mi ha tenuto compagnia".

Un bagliore d'orrore crebbe negli occhi della mia famiglia.

"Raph, hai sognato"- fece Donnie, mordicchiandosi le labbra.

"No, ve lo giuro. Ero sveglio!"- replicai, con un tono più alto. Mikey si ritrasse un po' ma subito gli offrii una carezza per scusarmi. "Mi ha detto che mi avrebbe vegliato".

Leonardo mi consegnò una bandana sporca di sangue color arancione. Con orrore rivolsi nuovamente i miei occhi a lui. "Quando ti abbiamo trovato... non eri da solo".

Donnie si mosse verso la fine del laboratorio, accanto a un lettino occupato e coperto da un telo bianco. Lo scoprì con un tocco secco e il mio cuore si fermò nel petto.

"Accanto a te, sotto un'infinità di detriti c'era il corpo di Mikey, da molto tempo. Era già in un primo stato di decomposizione..."- gemette Donnie. "Raph, Mikey non c'è più...".

Negai ma improvvisamente mi resi conto con orrore che il salvataggio di Mikey, il dialogo e tutte quelle frasi strane erano solo...

"Michelangelo ha voluto dirti addio, Raphael"- sussurrò il sensei.

"Ma io l'ho visto!"- gridai, tremando. Mi alzai con violenza ma questo mi provocò una fitta al torace. "Gli ho parlato! Non è possibile! Non può essere come mi ha detto Neutralizer!".

"Cosa? Che significa?"- domandò Leonardo, con gli occhi lucidi.

Il corpo di Mikey era freddo, spettrale, con abrasioni e un buco al centro del petto dove il suo cuore mancava. Gli era stato strappato brutalmente, forse dal tizio chiamato Bishop.
Mi accorsi di versare lacrime quando Mikey cominciò a scuotere il corpo bagnato dallo zampillare di esse. Il dolore che provavo era superiore a quello fisico.

Mikey non esisteva più...
 
  
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