Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: tenacious_deep_soul 99    29/10/2016    1 recensioni
Cosa faresti se un giorno dovessi essere costretta a cambiare la tua vita solo per dei pregiudizi sbagliati dettati da una mente pervasa dal bigottismo? Ecco, questo è un problema che affligge la vita della povera Lee Jieun la quale, per sfuggire alle costrizioni di sua madre e al periodo natalizio formato per lo più da un susseguirsi di interrogatori, si vedrà costretta ad affittare un ragazzo…
[Tratto dal Capitolo 1]:
-Non ho altra scelta…- disse lei sospirando mentre permetteva alle dita di scivolarle sulla tastiera. Apparsale in un lampo davanti agli occhi la pagina traboccante di risultati cliccò, senza pensarci due volte, il primo sito che le capitò sott’occhio: Affitta ragazzi, diceva.
[Tratto dal Capitolo 2]:
-Ma allora sei tu! No, non è possibile!- esclamarono entrambi indicandosi a vicenda con indici accusatori.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4:

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Cosa poteva esserci di più rilassante che svegliarsi la mattina con le urla di una madre colta da possessioni demoniache mentre passava l’aspirapolvere negli angoli più remoti della casa?
Sarebbe potuta essere una bella giornata quella ma, come se non bastasse, la forte pioggia sbattente a furia contro il vetro della finestra e il freddo pungente tipico degli inverni coreani l’avevano resa invivibile: Jieun non poteva scappare in alcun modo da quel covo infernale.
Sicuramente avrebbe passato la giornata a studiare per il fatidico esame che, piano piano, si avvicinava in maniera sempre maggiore.

-Buongiorno eh? Quale onore sentirti cantare così bene la mattina, mamma- si annunciò lei con voce ancora impastata col sonno, stropicciandosi gli occhi semichiusi.

-Fai la spiritosa già di prima mattina?- 

-Non vedo dove starebbe il problema… ridi un po’, suvvia- si buttò sul divano del soggiorno accanto ad Eun intanto che accavallava le gambe.

-Per favore non metterci anche il tuo carico! Sto già combattendo con tua sorella, mancheresti solo tu!- strillò lei stile cornacchia indicando la figlia, intenta a farsi la sua solita manicure mentre masticava una gomma alla fragola.

Oh bene, era la prima volta che sua madre se la prendeva con Eun… questa voleva godersela tutta.

-Insomma, la vuoi piantare!? Se oggi non voglio uscire con Shin non è un problema tuo!- staccò rapidamente la schiena dal divano Eun girandosi talmente di scatto verso la madre che i lunghi capelli la seguirono fino a creare in aria una semicirconferenza invisibile.

-Lo so che c’è qualcosa che non va! So che me lo nascondi! Hai problemi con lui, per caso?-.
Il modo indagatore della madre non dava fastidio solo a Eun, persino alla sorella che non era coinvolta nella situazione le stavano smuovendo i nervi. Eun non rispose, non aveva più voglia di parlare con una persona ottusa cui passatempo preferito era occuparsi delle faccende altrui e mettere la sua appendice nasale alla francese dentro affari che non la riguardavano.

-Cielo! Lo sapevo, lo sapevo! Ma perché capitano tutte a me!?- esclamò imitando gli stessi acuti di un tenore facendo cadere per terra l’aspirapolvere ancora accesa per intrecciarsi le mani e guardare dritta al soffitto. Quello era sempre stato il suo modo di reagire, impossibile che sarebbe mai cambiata.

-Smettila di fare la drammaturga, mamma! Lascia stare Eun, avrà i suoi motivi per farlo!- esplose anche Jieun, stufa di sentirle uscire dalla bocca discorsi senza capo né coda.

-E tu la assecondi anche? Brava!-.
Anche se non aveva mai sopportato sua sorella in quel momento si sentiva fiera del fatto di aver preso le sue difese, in fondo era pur sempre il suo stesso sangue.
Mentre la donna continuava a parlare senza che nessuno la stesse degnando di una benché minima attenzione, Jieun prese per il braccio sua sorella e la trascinò via dal soggiorno dove ormai predominava la terza guerra mondiale con annessa bomba atomica.

-Vedi di trovarti un ragazzo invece Jieun!- si sentiva udire da dietro le loro spalle insieme ad un rumore di aspirapolvere in sottofondo.

Consiglio: non lasciate mai da sole tre donne in una stessa stanza... si sbranerebbero a vicenda.

Non erano neppure le undici che già la ragazza si ritrovava con un gran mal di testa, neanche avesse assistito ad un concerto heavy metal. Quel mondo era diventato fin troppo opprimente per lei, lo studio da una parte, sua madre e le sue pretese dall’altra: avrebbe trovato mai un po’ di meritata pace?

-Okay, si può sapere cosa è successo?- chiese Jieun a braccia conserte e con un piede che batteva ritmicamente contro il pavimento di coccio.

-Non lo sopporto!- fece Eun che per poco non si staccava i capelli dalla testa per l’isterismo:-Dico, è normale che una persona venga a dirti che non vuole vederti più solo perché sei malata di shopping?-

-…quante cose hai comprato Eun?- disse con voce tremante l’altra la quale già si aspettava una montagna di vestiti ammucchiati dentro la stanza della sorella dando l’impressione di essere nella fabbrica tessile di Gucci.

-Ho comprato solo tre paia di scarpe, due jeans e cinque maglioni- affermò con nonchalance.

“Solo” ha detto!?

-Tu sei più pazza di mamma… mi pare ovvio che Shin venga a dirti queste cose! Non pensi che dovresti darti una regolata?-.
Eun era sempre stata così, spendacciona, superficiale, materialista, viziata, capricciosa e chi più ne ha più ne metta: diciamo che queste doti sono andate a progredire da quando aveva fatto la plastica facciale e la liposuzione, mancava poco e si sarebbe proclamata da sé Reginetta di bellezza.

-Rispondi alla mia domanda con sincerità: lo ami davvero Shin?-

-Ovvio che sì, Jieun! Lo sai benissimo che sono pazza di lui!-

-Allora se non vuoi perderlo chiamalo, digli che ti dispiace del tuo comportamento… magari ti perdonerà- le fece l’occhiolino sorridendole, cosa che non era mai stata da lei. Accennato un sorriso l’altra prese il telefono e compose il numero del suo ragazzo, rinchiudendosi in camera sua e buttando fuori sua sorella come fosse spazzatura.

-Giusto- disse sarcasticamente Jieun bloccandosi davanti la porta di Eun dopo aver ricevuto un calcetto nel sedere. Sospirando si diresse in camera sua e sbuffando si buttò a capofitto sulla sedia della scrivania, approfittando di un po’ di tranquillità per concentrarsi adeguatamente sulla tesi da esporre in sede di esame.
La sua mano lasciava rapidamente sul foglio brevi tratti di inchiostro nero l’uno di seguito all’altro che, la maggior parte delle volte, venivano cancellati completamente: era mentalmente disconnessa e ciò lo si notava dalla moltitudine di errori commessi concretizzatisi in tanti fogli accartocciati gettati nel traboccante cestino dell’immondizia posto all’angolo della stanza.
Perché non riusciva a concentrarsi a dovere?

-Jieun, devi fare un esame il mese prossimo, cerca di non perdere la concentrazione- sussurrò dentro quella stanza vuota schiaffeggiandosi il viso ripetutamente. Provò ancora una volta a studiare ma il tentativo fallì miseramente: doveva assolutamente distrarsi.
Passatole in mente l’idea di vestirsi di tutto punto fece l’ennesimo azzardo, nella sua vita ne aveva fatti talmente tanti che ormai aveva perso il conto e se solo li avesse ricordati tutti sarebbe riuscita a stilare una lista più lunga di quella di Santa Claus.
Si era già fatto mezzogiorno e fuori la pioggia a catinelle decorava splendidamente il grigio e scuro ambiente urbano. Jieun non aveva assolutamente voglia di fare veleno del suo pranzo così decise di addentrarsi nel temporale, sicuramente meglio delle urla assatanate di sua madre.

-Sto uscendo!- urlò la ragazza senza ottenere risposta da nessuno, men che meno da sua madre che stava ascoltando a tutto volume le canzoni dei BigBang alla radio.
Stare per strada con quel tempaccio equivaleva al suicidio: il vento ciclonico si era appena preso la briga di spintonarla verso avanti e far sì che il suo ombrello mezzo rotto si rompesse ancora di più, rivoltandolo verso l’esterno e permettendo a Jieun di godere di una rigenerante doccia ghiacciata.
Ammettiamolo… Jieun era bravissima nel fare cazzate.
Dopo aver sopportato almeno dieci minuti di quella tortura medievale si ritrovò completamente fradicia a causa di una stupidissima macchina che, passando a tutta velocità, le catapultò addosso un’intera pozzanghera.

-Perfetto! Cos’altro deve succedermi adesso?- disse tenendo saldamente sopra la testa l’ombrello che ormai le serviva a ben poco.
All’angolo di un incrocio immerso nei più svariati toni grigiastri vide presentarsi davanti ai suoi occhi un umile ristorantino, cui insegna era illuminata per metà.
Entrata all’interno quel locale caldo dominato dagli odori delle più svariate spezie si fermò all’ingresso, grondante dalla testa ai piedi.
Lì dentro non c’era anima viva.
Il suono della campanella posta sopra la porta del ristorante richiamò, all’entrata della ragazza, l’attenzione di qualcuno sul retro che aveva appena riversato per terra una modesta quantità di pentole.

-Buongiorno signorina, come posso aiut-?- si fermò di scatto il ragazzo dal grembiule arancione.

Jieun assottigliò gli occhi, poi li stropicciò per mettere bene a fuoco e, alla sola vista di colui che aveva di fronte, li sgranò del tutto tanto che sembrava dovessero uscirgli fuori dalle orbite.

-Cosa… come…? No... aigoo- fece cadere la borsa per terra.

Il ragazzo di fronte a lei emise una risata aspirata, sbattendo la mano sulla gamba dopo essersi piegato leggermente in avanti:-Quale onore rivederti! Ma è mai possibile una cosa del genere? Adesso perseguiti anche oltre a ficcare gomitate sui fianchi degli altri!?-

-Jimin!? Che ci fai qui!?-

-Nel caso non l’avessi capito dolcezza, questo è il mio lavoro. Tu piuttosto che ci fai qui!- formò un angolo piatto con le braccia mettendo in mostra il grembiule.

-Nel caso non l’avessi capito dolcezza, sono bagnata dalla testa ai piedi e fuori fa un tempo di merda- disse Jieun imitando il ragazzo in tutto e per tutto.
Quello si fermò per un attimo e posando lo sguardo sulla ragazza se la rise di nuovo nel soffermarsi sulle condizioni pietose in cui era ridotta.

-Che ci trovi di tanto divertente, eh? Vorrei vedere te in questo stato!-

-Scusa- continuò a ridacchiare sotto i baffi:-Ti prendo qualcosa per asciugarti, aspetta- si diresse sul retro lasciandola impalata sulla soglia.
Tutto lì dentro era tremendamente stupendo, l’ambiente era a dir poco accogliente: le pareti color pesca trasmettevano una sensazione di calore e i tavoli sistemati in tre file da cinque riempivano alla perfezione l’area del locale.

-Ecco a te- disse Jimin tornando da lei con un asciugamano da doccia in mano.

-Che ci fa un telo del genere in un ristorante? Sembra tanto il rimpiazzo degli accappatoi negli hotel-.
Senza esitare Jieun lo prese con entrambe le mani e aprendolo completamente se lo buttò sopra la testa, cominciando a strofinarselo contro i capelli come se non esistesse un domani.

-L’ho portato da casa. Sai, con questo tempo non si sa mai- gli fece una ripassata Jimin, concentrandosi ancora sulle goccioline di acqua che le cadevano ai piedi:-Vuoi che ti preparo qualcosa?-.
Lo stomaco di Jieun cominciò a brontolare.

-Sì, te ne prego. Sto morendo dalla fame- si portò entrambe le mani sull’addome sperando che questo sarebbe riuscito ad arrestare il brontolio perpetuo.
Con quello spugnoso telo bianco sulla testa Jieun dava l’impressione di essere un fantasma, bloccata ancora all’ingresso.

-Puoi accomodarti se vuoi, eh. Non c’è mica la peste qui dentro- esclamò ironico Jimin prima di entrare nelle cucine.
Appeso il cappotto sull’appendiabiti all’ingresso per permettergli di gocciolare si diresse verso il primo tavolo che le capitò di fronte: da lì godeva della vista di tutto il locale poiché posizionata proprio al centro di esso. In poco meno di dieci minuti Jieun vide arrivare con un piatto fumante in mano Jimin il quale, per poco, non riversava la pietanza sul pavimento per non essersi accorto della presenza di un tovagliolo di carta sotto ai suoi piedi.

-Buon appetito! Spero ti piaccia il kimchi!- le porse il piatto sotto al naso e le si sedette di fronte.

L’odore invitante di quel piatto succulento fece venire a Jieun più fame di quanto già non avesse e ciò la portò ad ingozzarsi di cibo prima ancora che il kimchi si fosse adeguatamente raffreddato.
Dato un primo assaggio fin troppo esagerato la sua bocca stava letteralmente prendendo fuoco sia per via della temperatura che per le troppe spezie.

-Allora? Com’è?- chiese Jimin mentre sbatteva le quattro dita fra loro.

-Bollente- rispose lei con le lacrime agli occhi.

-Grazie, genio-

-Cosa vuoi che ti dica, chef?- esclamò stizzita Jieun che, dopo aver ingoiato il boccone, prese a mangiare con foga.

-Ci vai giù pesante, eh? In casa tua non ti fanno mangiare? A giudicare dal tuo fisico mi sembra probabile la cosa…-. Jimin si beccò un’occhiata assassina da parte di Jieun la quale riuscì a zittirlo immediatamente, impedendogli di aggiungere altro.

-Visto che sono qui direi che possiamo organizzare il nostro prossimo incontro- cambiò discorso in un battito di ciglia per evitare che quello potesse sparare altre cavolate.

-Oh mio Dio-

►Angolo autrice:
Rieccomi con un altro nuovo capitolo, spero vi piaccia e che sia scritto decentemente perché per adesso non sono molto concentrata; fatemi sapere se eventualmente c’è qualche errorino, ok?
Detto questo vado ad aggiornare l’altra fanfiction.
Kisses -Giu:) 
  
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