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Autore: crystalemi    12/05/2009    1 recensioni
[3° Posto al concorso "The survey of a vampire - II edizione" indetto da Ghen e Marian Yagami]Cloud Prince non veniva visto di buon occhio nel paese in cui viveva ma nessuno si era mai lamentato delle sue stranezze, non ne aveva mai dato valido motivo, in fondo.
Questo fu per anni e anni: tutto cambiò quando, in un giorno di pioggia come un altro, un uomo fu ritrovato morto sul sentiero per il villaggio da un povero commerciante. Alla decima vittima in trenta giorni, a scoprire il caso fu Scotland Yard e per la tranquillità di Thorntree Hamlet – e di Cloud Prince in particolare – iniziò la fine.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3° Posto al contest ”The Survey of a vampire – II edizione” indetto da Ghen e Marian Yagami.
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Le Probabilità del Morto



Cloud Prince non veniva visto di buon occhio nel paese in cui viveva ma nessuno si era mai lamentato delle sue stranezze, non ne aveva mai dato valido motivo, in fondo.
Cloud Prince non era infatti un uomo che poteva permettersi passi falsi dato che lui non era nemmeno un uomo. Conduceva la sua vita di notte e nei giorni di pioggia – molto frequenti in quella zona – e non aveva mai dato alcun fastidio. Si diceva, a Thorntree Hamlet, che, nonostante i lunghi capelli rossi e gli occhi di un profondo blu oltremare, Cloud Prince soffrisse di una malattia che permetteva al sole di bruciargli la pelle e quindi nessuno si preoccupava se se ne stava sempre in casa a leggere durante quei pochi giorni all’anno in cui l’astro infuocato spuntava dalle nuvole.
Nonostante la classica curiosità, nessuno era mai entrato nella sua villa al limitare del bosco e, ad unisono, nessuno desiderava farlo di persona.
Questo fu per anni e anni: tutto cambiò quando, in un giorno di pioggia come un altro, un uomo fu ritrovato morto sul sentiero per il villaggio da un povero commerciante.
Ma ciò in principio aveva solo infastidito gli abitanti, la vittima – chiaramente morta dissanguata nonostante l’assenza di grosse quantità del liquido vitale nei dintorni – era un poveraccio, un ubriacone e un perdigiorno.
I guai cominciarono dopo la terza morte sospetta, ossia quando la polizia del luogo cominciò ad allarmarsi seriamente. Poi alla decima vittima in trenta giorni, a scoprire il caso fu Scotland Yard e per la tranquillità di Thorntree Hamlet – e di Cloud Prince in particolare – iniziò la fine.


***



«Andiamo, Sir Prince! Siamo certi della vostra innocenza! Giusto il tempo di convincere i piani alti e vi lasceremo in pace!» L’uomo che blaterava da ben più di mezz’ora circondato da quel lusso intimidatorio era il Commissario Jonathan Walker. Egli era un uomo buono e semplice, nato e vissuto all’ombra di una grande città senza mai averla vista in più di sessant’anni. Invece, colui con cui parlava – benché sembrava stesse tenendo un monologo fino a pochi secondi prima – era uno degli abitanti più facoltosi della cittadina.
«Mio signore, il vero problema è questa vostra alquanto bizzarra idea di sorveglianza in casa. Ripetetemi: per quale motivo dovrei ospitare vostro nipote?» chiese quello per la seconda volta. Era, questa, una delle frasi più lunghe che Walker si era sentito rivolgere dal fulvo compaesano.
«Sir Prince, mio nipote è un ispettore di Scotland Yard. Starà da voi per controllarvi, cosicché voi non dobbiate abbassarvi a risiedere nelle carceri.» Il poliziotto aveva appena accennato un sorriso quando l’altro lo aveva smontato nuovamente, stavolta con una semplice occhiata da dietro il bicchiere di Madera.
«Effettivamente sarebbe noioso condividere un buco con dei ratti. Fatelo entrare.» Il commissario annuì al comando e chiamò da fuori la stanza uno dei membri che erano rimasti a perlustrare la residenza.
Il ragazzo che entrò era effettivamente l’unico che Cloud Prince aveva notato essergli sconosciuto. Non che lui fosse solito girare molto ma gli abitanti del luogo li conosceva tutti, non erano poi così tanti, d’altro canto.
«Seth Walker, Ispettore Speciale del Servizio di Polizia Metropolitana. Piacere.» Cloud Prince osservò scettico la mano che gli veniva tesa e la afferrò svogliatamente.
«Sir Prince, piacere vostro.» Il ragazzo ritrasse la mano bruscamente ma senza mostrare espressione in volto. L’uomo poté constatare che non appariva affatto un giovane di comune stampo.
«Quindi, vi lascio mio nipote! Sono certo che non avrete problemi!» Il commissario si intromise nel silenzioso studio che i due facevano l’uno sull’altro. Il più giovane sembrava osservare con una strana inclinazione delle sopracciglia il signore seduto sulla poltrona in velluto rosso.
«Scotland Yard dev’essere caduta in basso se manda agenti così giovani contro un potenziale serial killer.»
Esclamò tutt’a un tratto Cloud, fissando con malizia il ragazzo, aspettandosi uno scoppio di ira. Ma quello si limitò ad inarcare un sopracciglio, unico segno della sua irritazione.
Gesto che al facoltoso abitante di Thorntree Hamlet diede molto fastidio, tanto quanto ne proverebbe un bambino vedendo uno scherzo non funzionare a dovere.
Furono tutti e tre distratti da due colpi alla porta e, quando il padrone di casa diede il permesso, un quarantenne dai folti baffi neri entrò informando il commissario dell’esito nullo dell’ispezione nella villa.
«A questo punto, credo proprio sia il caso che io vada.» Esclamò quando il sottoposto si fu chiuso la porta alle spalle il Commissario. Il padrone di casa annuì e posò il bicchiere sul tavolinetto in vetro di murano davanti alle sue gambe.
Per tutto il tragitto fra il salotto e la porta principale l’agente londinese si perse in complicate elucubrazioni che lo lasciavano comunque con l’amaro in bocca. Ciò che non comprendeva era per quale assurdo motivo un uomo che sembrava avesse tutto doveva voler compromettere il suo stile di vita. Non aveva senso per lui.
Si rese conto di essere solo con l’indiziato unicamente quando questi si abbassò, colmando la distanza che lo separava dall’orecchio dell’altro, e con tono suadente esclamò:
«E così, siete finito nella tana del lupo.» Ebbe solo il tempo di fare un passo indietro che sentì le sue stesse labbra muoversi, mentre affondava la mente in quei mari di cupo ghiaccio che l’uomo si ritrovava per occhi.
«Così pare. Anche se, permettetelo, qui dentro chi assomiglia a Cappuccetto siete solo voi» Aveva forse ingenuamente creduto – sperato – di frenare qualsiasi intenzione di Cloud Prince nei suoi confronti in quel modo.
Non aveva idea di come quell’uomo potesse essersi sentito respinto mentre usava uno dei suoi poteri. Sir Cloud decretò intimamente che quel ragazzo particolare era decisamente un ottimo stuzzichino fra un po’ di noia e un po’ di vino.
Per somma sfortuna dell’ispettore.


***


Seth Walker era nato poco meno di vent’anni prima in quel piccolo paesino nei pressi della capitale. Era stato prelevato dalla sua famiglia a quattro anni ed era cresciuto con l’Intelligence, questo non a caso. Il ragazzo dai capelli di un biondo serico, chiari che davano riflessi bianchi e gli occhi in un delicato verde tendente all’azzurro non era una persona normale. Non era un qualcuno che s’incontra spesso al mercato o per le vie affollate della capitale. E, in ogni caso, se ti capita di conoscerne uno non saprai mai della sua anomalia congenita. Seth Walker appariva come un ragazzo allenato ma dalla corporatura sottile, con un bel viso e un sorriso – quelle poche volte che lo si poteva ammirare – degno di sciogliere le donne come neve al sole. Ma non era in quell’incantevole bellezza la sua diversità.
Extra Sensorial Power. Più semplicemente, ESP.
Seth Walker era nato così e fin dai primi anni di vita era stato in grado di far muovere piccoli oggetti leggeri con la sola forza di volontà. O come dicevano gli scienziati, del pensiero.
A lui non era mai interessato granché cosa quegli uomini dicessero della sua stranezza, ciò che gli premeva era dominare quei poteri enormi. Perché se ne rendeva conto da solo di essere pericoloso per se stesso. C’era stato un giorno, quand’era piccolo, in cui la febbre alta gli aveva fatto perdere il controllo sulla sua facoltà di leggere nella mente e aveva finito per rischiare di impazzire, schiacciato dal peso di idee, voglie, dispiaceri non suoi. E dopo quello spavento aveva compreso l’importanza di essersi trovato nell’Intelligence. Senza gli insegnamenti degli ESP più anziani, sarebbe morto molto prima.
Seth Walker era quindi capace di leggere nei ricordi e nel pensiero, di muovere oggetti e di percepire le forti emozioni delle persone che lo circondavano.
Per questo Cloud Prince non gli piaceva: era vuoto. Sentiva solo una leggera noia provenire da quell’uomo ma negli occhi non vi erano pensieri o passato, come se fosse un morto.
Ma Seth lo sapeva bene che le persone profondamente annoiate sono le più pericolose: potrebbero fare qualsiasi cosa pur di svagarsi. Anche uccidere.
Così, era finito a tenerlo d’occhio ventiquattr’ore su ventiquattro.
Il reale problema non consisteva nella quantità di alcolici ingerita o nel numero di sigarette fumate in poco tempo, no, quello che più lo lasciava inacidito era quella calma e compostezza di qualcuno che sa di essere innocente e che nulla lo può inchiodare visibile sul suo volto irrisorio.
Che importava quel capello rosso su una delle vittime? Era certamente suo e nessuno in quel paesino aveva capelli di quel colore dacché ne rammentasse. E la sua memoria era formidabile: non aveva mai sbagliato ed era totalmente certo che nessuna delle foto dei cittadini incollate sui dati anagrafici fosse di quel rosso purpureo e acceso.
Seth Walker scosse infine la testa. Non aveva ancora indizi ed erano tre giorni che “abitava” lì.
Cielo, una cosa non era accaduta: da quando era arrivato non c’erano stati morti, per fortuna. Sperava che quel dettaglio – non così piccolo – potesse diventare un indizio. Era solo questione di tempo e lui si sarebbe scoperto da solo, no?
«Ehi moccioso, piantala di pensare a come incastrarmi e portami dell’altro whisky!» Seth pensò che se fosse stato un serial killer almeno avrebbe avuto il buon costume di non trattarlo come un serviente. Non che volesse incutere timore, ma almeno un po’ di rispetto poteva concederglielo quel caprone aristocratico!
«Ecco!», sbottò consegnandogli la bottiglia. Era certo di aver preso del Rum ma non aveva guardato dall’armadio cosa stava afferrando.
«Dì, sei scemo, per caso? Ti sembra Whisky?» Scosse non curante il capo. E poi soggiunse ciò che pensava fosse. L’uomo si limitò a sbuffare e accavallare le gambe. Sembrava nervoso quella mattina, nonostante non riuscisse a scorgere alcun sentimento nell’aria.
«’Stasera devo assolutamente incontrarmi con una persona. Ce la fai a seguirmi senza perderti?» chiese d’un tratto il padrone di casa. Seth s’irrigidì sul posto: non sarebbe riuscito a tirare avanti un giorno di più con quel balordo a prenderlo in giro!
«Sempre che voi non mi leviate di mezzo.» L’uomo storse il naso e non rispose. Scene come quelle erano tre giorni che accadevano, eppure di solito l’uomo sbuffava e rispondeva con qualcosa che gli facesse intendere di essere tranquillo e innocente.
«Senti, io non so cosa ti abbiano messo in testa in centrale ma quel capello non ce l’ho lasciato io. Quell’uomo non lo conoscevo nemmeno.» Era stato uno sbuffo soltanto ma sembrava aver rigettato nella stanza un’incredibile stanchezza.
«Ma è vostro, no? E poi come potevate non conoscere il panettiere? Vive qui da sempre, come voi.» rispose dopo qualche minuto il più giovane e l’altro lasciò cadere lì la conversazione.
Seth non poteva credere che quell’uomo non conoscesse il panettiere. Non mangiava, forse?
Proprio in quel momento gli venne in mente quel piccolo particolare: l’uomo si nutriva solo con latte e miele, prima di cena e la mattina presto. Cosa abbastanza inusuale per il corpo che si ritrovava.
Non era certo magro: longilineo, sì, ma muscoloso!
«Con cosa stai sodomizzando i tuoi poveri neuroni, questa volta?» l’agente sobbalzò, preso di sprovvista e poi arrossì alle parole dell’uomo.
«Voi non mangiate.», esclamò una volta ripresosi. L’uomo – nuovamente – mostrò indifferenza.
«Problemi di stomaco.»
La conversazione cadde ancora. Seth si perse ad osservare quell’uomo seduto sulla poltrona in velluto carminio. Osservava soprappensiero fuori dalla portafinestra ma, per quanto ci provasse, quell’uomo sembrava immune ai suoi poteri.
«Sta scendendo la notte. Dopo cena usciremo.» Lo avvisò l’indiziato, senza distogliere lo sguardo dalle candide rose in giardino. Seth annuì – inutilmente, non poteva sicuramente vederlo – e andò in cucina a preparare il loro veloce e frugale pasto.
Suo zio aveva avuto la geniale idea di allontanare per precauzione tutto il personale lì presente. Tanto, non era certo lui a dover fare i mestieri...


***


Camminavano da poco più di un’ora e si erano addentrati parecchio nel boschetto accanto alla villa. Il silenzio era rotto solo dai loro respiri e dai loro passi.
Dopo pochi minuti ancora si ritrovarono sulla vecchia strada che portava a Londra, parallela a quella dove solitamente avvenivano gli omicidi.
«Sarah, il moccioso è con me» Dopo quelle parole si avvertì il frusciare delle foglie e una donna bellissima si portò alla luce della luna.
«Sono tre giorni che non ci vediamo. E’ successo qualcosa? Tutto il clan è preoccupato.» Il tono era apprensivo e Cloud si limitò ad indicare il ragazzo accanto a sé.
«Scotland Yard.» La donna annuì e fissò gli occhi sulla figura del ragazzo. Seth tremò quando gli parve di vedere gli occhi di lei cambiare da scuri che erano ad un rosso brillante. Ma pensò di essersi immaginato tutto, dato che fu solo un attimo.
«Cos’hai combinato?» Domandò ignorando il ragazzo che inconsciamente si era avvicinato all’uomo. Questi sorrise maliziosamente alla donna che sospirò e gli tese una borraccia. Lui bevve avidamente e riconsegnò il contenitore vuoto. Seth scoprì che nel suo naso pizzicava l’odore del sangue, ma non riuscì ad elaborare l’informazione ché sentì le gambe piegarsi da sole e la stanchezza assalirlo. L’unico ricordo che gli rimase oltre all’odore di sangue furono due incandescenti iridi sanguigne.

«Sarah! Perché l’hai addormentato?!» Esclamò Cloud Prince prendendo al volo il ragazzo.
«E’ un così bel bocconcino! Solo un assaggio Cloudy! Solo uno.» il suo tono di voce era suadente e sensuale, la fame prepotentemente risvegliata in lei dalla dolce fragranza del biondino e dall’odore stesso del sangue che beveva il fratello.
«Non è roba mia e se si ritrova con due buchi nel collo certamente capirà. Già mi infastidisce con quei suoi dannati poteri! Non ho voglia di finire in carcere per il tuo ennesimo capriccio!» La donna fremette d’ira ma poi s’acquietò, vagamente imbronciata. Il vampiro sospirò rilassandosi.
In quei giorni, ammise con se stesso, l’odore del ragazzo lo aveva disturbato più dei suoi tentativi d’infiltrarsi nella sua mente. Gli era servito un controllo incredibile per non mangiarselo.
«Quando diverrà tuo schiavo voglio assaggiarlo.» Riprese la donna, continuando a fissare il ragazzo addormentato con uno sguardo materno ma al contempo famelico.
«Non diventerà mio schiavo, chiaro?» Ringhiò lui ma Sarah sorrise serafica. Era certa che quell’odore avrebbe inchiodato il caro, piccolo, ribelle Cloudy alle più dolci regole del loro clan.
«Bene, il mio lavoro è finito. Che ne dici di sfamarti con questo bel boccone la prossima volta?» Sussurrò suadente, piegandosi a carezzare una guancia di Seth.
«Domani Sarah. Grazie.» Lei sorrise e, indietreggiando, scomparve in uno sbuffo di ombre nere. Solo in quel momento Cloud Prince si accorse del frusciare inusuale delle foglie oltre la strada. Fu in grado soltanto di afferrare stretto il ragazzo ed evitare di poco che l’ombra glielo strappasse dalle mani. Un vampiro? No, peggio: una Striges.
L’ombra dalle sembianze di un enorme corvo riprese il suo aspetto umano con una risatina sardonica. Era una donna dai lunghi capelli rossi, paffuta ma dall’aria dolce e gentile.
Cloud odiava le Striges, le aveva sempre odiate quelle dannate streghe succhia sangue. Non erano vampiri ma sporcavano la loro razza facendosi chiamare così. Vecchie racchie pestilenziali.
«Cosa vuoi?!» Domanda stupida, era chiaro il suo desiderio. Dannato ragazzo dal profumo intossicante!
«Se me lo consegni ti lascio andare vivo, vampirello» Cloud Prince ringhiò in risposta e la donna ridacchiò.
«Sei diventato adulto da poco più di un secolo, no? Pensi di poter competere con me?» No, era ovvio che non avrebbe potuto nemmeno sognare di competere. Ma mica poteva mollare lì il ragazzo, no?
Teoricamente avrebbe dovuto farlo. Ogni vampiro intelligente l’avrebbe fatto. Era solo un umano qualsiasi... no, diamine, no! Non era un “qualsiasi”! Era l’unica cosa che lo teneva lontano dal carcere! E non aveva assolutamente voglia di finire lì.
«Davvero, non vorrai sfidarmi!» la donna che sembrava non aver meno di quarant’anni gli sorrise dolcemente. Cloud strinse a sé Seth, tentando di trovare una soluzione a quel disastro. Se solo sua sorella fosse rimasta lì...
«Do-dove sono?» chiese la voce di Seth, ancora impastata dal sonno e attutita dalla stoffa della sua camicia.
«Oh che piacere! E’ sveglio!» trillò la strega facendo tremare il ragazzo che si strinse di più al vampiro.
«Taci e fidati di me.» Si sentì sussurrare Seth.
«Striges, hai intenzione di metterti contro il clan dei Prince?» la donna smise il sorriso e lo osservò attentamente, cercando di capire se quella storia fosse o meno un bluff. Quando decise che, no, il vampirello era serio, si avventurò un po’ più alla luce della luna. Cloud strinse il volto di Seth nella sua giacca, impedendogli la vista.
«E così tu sei Cloud, il pargoletto dei Prince. Ho sentito parlare di te, ma non credevo vivessi ancora nei pressi di Londra.» Il vampiro fece un sorriso affabile, scoprendo i canini affilati che ebbero un baluginio sinistro nell’oscurità.
«La vita monotona di questo paese è decisamente rilassante. Perché mai dovrei andarmene?» La donna scosse i capelli e si ritrasse fra le ombre.
«Ora dammi il piccolo.» Esclamò imperiosa, senza tuttavia un po’ della precedente sicurezza.
«No. Fra poco passerà un viandante. Sono certo che senti i suoi passi. Vai a prendere lui.» Propose pacatamente aggiungendo poi che avrebbe taciuto sull’incontro.
La Striges sembrò pensarci e avvisò gentilmente:
«Prima della fine, avrò il suo sangue nelle mie membra. Che la cosa ti aggradi o meno.»
Poi, riprese le sembianze di corvo, volò via.


***


«Stai bene?» Lo sguardo scettico che il ragazzo gli porse a risposta gli fece intuire di aver detto l’ennesima idiozia di quella notte.
«Che cos’è successo? Mi ricordo tua sorella... perché è venuta? Cos’hai bevuto? Perché mi sono addormentato?!» Andò avanti con le domande per tutto il tragitto ma l’altro era solo interessato a tener salda la presa attorno alla sua vita. La Striges era, dopotutto, una creatura della notte e, come lui, basava la sua intera esistenza su menzogne. Ed era di normale prassi la scenetta “ti lascio andare” per poi tornare indietro. Aveva addirittura perso il conto di tutte le volte che l’aveva fatto lui stesso con qualche graziosa fanciulla senza ombrello.
«Non mi ascolti.» Sbuffò ad un certo punto Seth, interrompendo le domande. Ormai erano a metà strada: una volta fra le mura di casa avrebbero potuto organizzarsi.
«Evidentemente no.» Si rispose il ragazzo. Gli sembrava di star vivendo qualcosa di strano e spaventoso ma non aveva paura. Si sentiva come su una nuvola: ogni cosa gli arrivava ovattata e lontana. Gli sembrava addirittura di vedere in modo più chiaro quel poco che vedeva.
L’unica cosa che avvertiva forte e limpida era la stretta attorno ai fianchi. Sì lasciò condurre da quel braccio fino alla villa, continuando a porre domande che, sapeva, non avrebbero ottenuto risposte.
Arrivati alla porta di casa, Seth si stupì della quantità enorme di oscurità che l’avvolgeva. Non l’aveva mai vista di notte, di solito dormiva. Con i sensi allerta ma dormiva.
Cloud non accese nessuna candela, semplicemente lo guidò per le scale fino in una stanza piena di cianfrusaglie dove aprì una botola del soffitto da cui uscì una scala in corda.
«Sali.» Cloud aveva utilizzato un tono imperioso che non si addiceva all’immagine di uomo svogliato e pigro che ricordava Seth. Con un brivido l’agente obbedì in silenzio.
Non capiva più nulla, si sentiva tremendamente spaesato. Gli era sembrato che Cloud fosse innocente. Ma se fosse stato tutto un gioco per depistarlo? E perché diamine si era addormentato, poi?!
«Poi ti spiego qualcosa, ora ho bisogno di trovare...» l’uomo interruppe lì la frase senza preoccuparsi della dannata curiosità della preda.
«Questo posto è tutto muffito.» Esclamò dopo qualche minuto Seth. Sentiva il freddo pungergli la pelle, l’umidità attaccarsi alle ossa e l’odore di carta ammuffita solleticargli il naso. La cosa positiva, si disse ironico, era il fatto che ora sembrava che i suoi sensi fossero tornati a funzionare.
«E’ una vita che non ci entro. Alla tua destra c’è una candela, accendila.» L’agente sollevò mentalmente la candela e la picchiettò – stando attento a non romperla – sul capo dell’uomo.
«Non sono in grado di accendere una candela solo guardandola.» Disse, stirando un sorriso di scherno. In certi casi si sentiva davvero inutile.
«I fiammiferi sono sul tavolo a sinistra.» Seth si guardò intorno ma la poca luce proveniente dalla finestrella tonda non era abbastanza per vedere tutto. Eppure, scovato il tavolino di cristallo, riuscì senza problemi a trovare i benedetti fiammiferi. Accenderne uno fu un parto: erano così vecchi che quasi si spezzavano in mano. Dopo averne sprecati sette riuscì ad accendere la candela e portare un po’ di luce nella soffitta.
«Hai sofferto un qualche trauma infantile? Stupro, violenza fisica... cose del genere, intendo.» Domandò d’un tratto Cloud. Il ragazzo rimase spiazzato per un attimo, poi scosse la testa.
«Di solito l’odore delle persone viene dalla vita che hanno condotto. Un pescatore avrà sempre addosso un po’ del tanfo dei pesci anche dopo anni che non vede il mare. Capisci?» Seth annuì piano, non capendo cosa stesse dicendo.
«Tu hai addosso un odore forte e dolciastro... miele. Hai vissuto in un posto pieno di miele?» Negò ancora. Gli unici posti in cui aveva vissuto erano Thorntree Hamlet, la centrale e Londra. E aveva visto così poco miele in vita sua che addirittura non ne rammentava il gusto.
«Come fai? Non capisco, sinceramente. La prima volta che ti ho visto ho pensato ad uno stupro. Le donne che lo subiscono da piccole di solito hanno aromi molto dolciastri. Simile al tuo, diciamo. Ma meno forte. Sei fastidioso.» Seth inarcò un sopracciglio. Aveva smesso di seguire il filo logico di quel discorso da un po’. Perché dovevano per forza averlo violentato?!
«Potrei utilizzare un’acqua di colonia, no?» L’uomo distolse la sua attenzione dalla ricerca e lo guardò vagamente ironico.
«So riconoscere l’odore della pelle da quello di un profumo, sai?» Borbottò tornando a cercare dentro ad una grossa cassapanca piena di libri muffiti.
«A quattro anni ho cominciato il mio addestramento. Al contrario di tutti i miei compagni io non ho mai subito punizioni fisiche. Nessuno ha mai alzato le mani contro di me.» Rivelò chiedendosi se quel particolare potesse essere utile al pensiero contorto dell’uomo. Che poi cosa centrava il suo odore in quella serie di omicidi?!
«Questo è il tuo primo incarico, allora?» Scosse la testa con un sorriso mesto.
«Come ispettore sì. Come spia ne ho conseguiti quattro.» Cloud annuì facendogli capire di voler sentirlo continuare. Eppure lui preferì annegare il suo dolore in una scrollata di spalle e un cambio di discorso piuttosto azzardato.
«Cos’era quella donna? Un HLV?» una bassa risata si levò dall’uomo.
«Palloni gonfiati ma innocui, ecco cosa sono quelli. Invece lei era una Striges una specie di strega vampiro. Però c’è da dire che noi vampiri siamo diversi da lei in molte cose. Ad esempio, al contrario di loro, noi siamo...» Alzò di scatto la testa guardando il ragazzo che stava sbirciando fra le pagine di un libro vecchio quanto il mondo, a giudicare dalla copertina. Sembrava avesse avuto una rivelazione divina.
«Immortali.» Disse piano, assaporando lentamente il significato di quella parola che continuava ad aleggiare nella stanza, coprendo tutto con il suo dolce-amaro significato. Seth si fermò ad osservarlo attentamente mentre rifletteva. Aveva la testa inclinata di poco verso sinistra e gli occhi persi oltre il muro, ad accarezza chissà quali pensieri contorti e strani.
«Ragazzino, sei un genio. Te l’hanno mai detto?» Esordì alla fine della sua elucubrazione, alzandosi e dirigendosi verso di lui. Gli prese il massiccio volume dalle mani e si mise a sfogliarlo con una reverenziale velocità.
Scherzosamente Seth cominciò a pensare ad alta voce a tutti gli appellativi che si era sentito dare durante la sua breve vita, contandoli sulle dita.
«Pazzo, mostro, folle, sciacquetta... No, mai sentito, ma me lo ricorderò!» Cloud pensò che aveva un sorriso molto dolce nonostante la tristezza che adombrava il verde degli occhi.
«Come mai ti han chiamato così?» Chiese, giusto per il piacere che le parole gli davano. Più ascoltava meno pensava al sangue che scorreva senza sosta sotto quella pelle di seta.
«Pazzo e folle per il semplice motivo che se comincio qualcosa lo porto a termine, anche a costo della mia stessa vita. Mostro perché... lo sono e basta, sciacquetta... per il fatto che pensavano mi facessi perdonare dal mio maestro così.» Seth, vedendo che l’altro sembrava troppo impegnato per ascoltarlo rimase in silenzio, stringendosi nel cappotto. Cominciava ad avvertire la stanchezza e le palpebre farsi pesanti. Probabilmente erano passate le due di notte. Non gli sembrava così tardi. Un brivido gli percorse la schiena facendolo tremare. Starnutì e sembrò un tuono. Sorrise pensando che era anche stato accorto a fare meno rumore possibile. C’era un silenzio innaturale ma, nonostante il freddo, stava bene così. Si chiese se tutto quello non fosse davvero un modo per depistarlo nelle indagini. Ma che bisogno avrebbe avuto di uccidere tutte quelle persone se la sorella gli portava da bere? E quell’essere?
«Trovato! Sapevo che era qui!» Cloud gli mostro la pagina antica ma non riuscì a decifrarne la scrittura.
«Non capisco-» Fu interrotto dalle parole concitate del vampiro.
«Ovviamente. Se le capissi ci sarebbe da preoccuparsi! Questo è il nostro linguaggio. Siamo sparsi in tutto il mondo ma dobbiamo tenere i rapporti anche con quelli oltreoceano e voi uomini avete troppi linguaggi. Per non far torto a nessuno i capi si riunirono e misero giù questo linguaggio. E a noi tocca impararlo.» Seth annuì.
«In parole povere c’è scritta la formula abbozzata per la preparazione dell’elisir di lunga vita. Indovina qual è l’ingrediente principale.» Il ragazzo senza accorgersene porto la mano al collo quando vide gli occhi rossi e luminosi dell’altro fissarlo insistenti e bramosi.
«Sangue?» Sussurrò timidamente, la paura di risvegliare la sua fame troppo prepotente per essere ignorata.
«Bingo. Il problema è che questo è solo una bozza. C’è scritto più o meno su cosa basarsi ma non c’è scritto come farla o altri ingredienti.» Disse cupo Cloud, facendo scorrere gli occhi sul foglio.
«Ma... come fa ad usare il sangue di cui si nutre? Non rischierebbe di morire?» Il vampiro scosse la testa, ma poi aggiunse, chiarendo il punto:
«Nessuno necessita di cinque litri per sopravvivere. Basta anche un quarto di litro. Certo, dopo tre giorni resti comunque molto debole ma è sufficiente. Non uccidiamo umani da qualche millennio. Siamo pacifici, e abbiamo dei donatori volontari che ci nutrono ottenendo in cambio protezione e altre cose.» Seth annuì anche se tutto quello gli sembrava sospetto. Un essere umano che decide di vendere il proprio sangue per un po’ di protezione? E da cosa, poi?
«Guarda che esistono i donatori, non sto mentendo. Fra vampiro e donatore poi non c’è un rapporto preda-cacciatore, spesso si instaura un rapporto forte, anche se basato sulla dipendenza. Come noi dipendiamo dal sangue il donatore dipende da noi. L’unico problema è che se il vampiro può cambiare donatore – non che accada spesso – il donatore senza il vampiro si sente perso. Per questo troppo volentieri si crea un legame padrone-schiavo. Perché quella faccia?» Chiese alla fine della spiegazione guardando il colorito smorto del ragazzo. Sembrava avesse visto un fantasma.
«Schiavi? Dipendenza? Ma è pazzesco!» Gracchiò Seth con la voce bloccata in gola.
«Lo penso anche io. Ma sono pur sempre il minore. Ci sarà una ragione e a quanto pare capirò prima o poi. Questo è quello che dicono loro. Io preferisco bere sangue da persone sconosciute e che so di non rivedere mai più.» Scrollò le spalle tornando a leggere quei caratteri incomprensibili per l’ispettore.
«Sei vergine?» chiese dopo qualche minuto di silenzio il vampiro, facendo sobbalzare e arrossire il ragazzo.
«Che razza di domande sono?! Che interesse ha?!» Cloud lo guardò con un ghigno irrisorio e divertito.
«Qui dice che l’ultima vittima deve avere un corpo puro e un profumo dolciastro. Se sei vergine sei nei guai, piccolo.» Seth spalancò gli occhi e indietreggiò di poco, tremando e chiedendosi quale male avesse fatto per meritarsi tutto quell’interesse da delle creature oscure e fuori di senno.
Completamente fuori di senno, specificò a se stesso osservando l’uomo puntare la giugulare.
«Deduco che tu sia vergine. Comunque, ora abbiamo un movente.» Il ragazzo si riprese quando Cloud fissò fuori dalla finestra.
«Non abbiamo il colpevole e soprattutto le prove. E comunque non credo tu sia innocente. Sei imputabile di concorso in omicidio, dopo quello che hai detto alla Stiges!» Il vampiro sospirò.
«Striges. Non salverò mai più la vita ad un uomo di legge. Che noia che siete. Fra qualche ora partiamo per Londra. Sperando che piova.»
Seth, imbronciato come un bambino, seguì lo sguardo del vampiro fuori dalla finestrella e vide delle nubi avvicinarsi.
«Ora scendi e vai a dormire. Io finisco di cercare alcune cose. L’aria della soffitta non ti fa bene, stai tremando dal freddo.»
Sopprimendo il pensiero spontaneo che correggeva l’ultima affermazione con un timido “veramente è paura” spense la candela e scese la scala in corda, lasciando solo il vampiro che, non visto, prese una boccata d’aria liberatoria e si asciugò due lacrime.
«Quel moccioso mi ucciderà.»
Sussurrò Cloud Prince alla luna che sembrava sorridergli complice.

***


«Non dovevamo andare a Londra?» Chiese Seth Walker vedendo allontanarsi la città alle sue spalle. «Mentito.» Sussurrò piano il vampiro, tornando a bere il suo vino rosso.
«Avrei dovuto immaginarlo, direi.» Questi sorrise sornione.
«Mai fidarsi di una creatura che punta solo al tuo sangue.» Il ragazzo sbuffò, osservando oltre il vetro della carrozza.
«Terrò a mente.» Rispose dopo qualche minuto perso ad osservare il paesaggio cittadino sostituirsi a quello industriale.
«Soprattutto dove andremo. Non parlare con nessuno, non sorridere e cerca di non fare sguardi spauriti. Basta una sola mossa falsa e ti sbranano, chiaro?» Il ragazzo lo fissò innervosito.
«Hai una bella considerazione dei tuoi familiari!»Sbottò tornando a guardare fuori il tetro grigio del fumo che si levava dalle ciminiere.
«Credimi, molti di loro sono davvero come dei fratelli ma restano comunque vampiri. E tu sei un porto franco.» Il ragazzo fissò gli occhi acquamarina in quelli blu del vampiro. Gli sembrava fossero più vivi, in un certo senso allegri.
«Porto franco?» chiese riportando tutta l’attenzione alle raccomandazioni. In un certo senso ne era felice: nessuno aveva fatto certi discorsi con lui, erano cose che “impari sul campo”. Certo, ne era anche un po’ annoiato.
«Non hai marchi di appartenenza. Quindi, come dire, sei una fonte pubblica.» Seth lo guardò scettico e l’uomo annuì, tornando a spiegare:
«Da noi funziona così. Se non hai un proprietario tutti possono usufruire di te.» L’agente storse il naso e l’altro scrollò le spalle.
Calò il silenzio nella carrozza, rotto solo dai classici rumori come lo scalpiccio dei cavalli e lo stridere delle ruote sul terreno. Seth si ritrovò a tossire e tremare di freddo. Quel tempo in soffitta doveva avergli fatto più male di quel che pensava prima di coricarsi.
Ci vollero ancora pochi minuti prima che il cocchiere fermasse i due animali e andasse ad aprir loro la porticina.
Una volta sceso, Seth poté stupirsi davanti a quella cittadina di stampo antico. Una donna che correva dietro al figlio si bloccò davanti a loro e sorrise dolcemente.
«Bentornato a casa, Cloudy» Sussurrò e Seth vide il viziato, svogliato e pigro abitante della villa ai confini del boschetto di Thorntree Hamlet abbracciare la donna con uno sguardo pieno d’amore. E si sentì di troppo. Stava per intristirsi – stupidamente! – quando il bambino cominciò a tirargli l’orlo della giacca.
«Signore, posso darle un bacio?» Chinò gli occhi sulla figura del piccolo e tutto quello che venne dopo fu troppo rapido perché capisse. Si ritrovò stretto fra le braccia di Cloud mentre la donna sgridava il figlio e si scusava. Il moccioso, per nulla pentito si dimenava con ancora i canini visibili.
Ad un soffio basso e cattivo del suo “salvatore” – non sarebbe stato in quei guai se lui fosse stato un serial killer normale! – il dolce pargoletto si quietò, impaurito. Sollevando gli occhi sul volto accanto al suo fu spiacevolmente sorpreso dalla presenza di due lunghi e affilatissimi denti appena sopra la sua giugulare. Si dimenò e la donna rise.
«Cloud, metterò in giro la voce che è il tuo compagno. Il resto lo capiranno» Il vampiro annuì e ringraziò, scoccando ancora un’occhiataccia al moccioso.
«Cosa ti avevo detto?» Ringhiò una volta allontanatisi il vampiro. Seth sbuffò e mugugnò un flebile “era un bimbo” che fece andare su tutte le furie l’altro.
«Mi sembrava di essere stato chiaro ma te lo dirò meno gentilmente: abbassa la guardia e ti ritroverai cadavere in qualche via. E credimi, sarai felice di essere morto, finalmente!» Seth si limitò a guardarlo, intimamente disgustato dalle immagini che gli erano passate in testa.
Attraversarono tutto il paese e Cloud salutò dolcemente le persone che incontrava e tutti lo trattavano come un ragazzino. Le poche volte che lo sguardo del rosso si posava su di lui Seth intravedeva solo rabbia repressa e qualcos’altro a cui non riusciva a dare un nome.
Ogni tanto qualche vampiro si rivolgeva a lui ma l’agente taceva e non degnava nessuno di uno sguardo, teneva gli occhi fissi sulla schiena di Cloud.
Nella piazza centrale c’era una villa molto sfarzosa e vi entrarono. Incontrarono Sarah e il suo schiavo con cui Cloud lo lasciò per qualche minuto; per “mangiare”, gli comunicò distrattamente.
Lo schiavo di Sarah era molto educato ed aveva una sottile vena ironica piacevolissima. Si divertì con lui, nonostante continuasse a sobbalzare ogni volta che veniva sfiorato da qualcuno.
«Qui non devi preoccuparti. Qui c’è il nucleo della famiglia, i vampiri più anziani. E comunque nessuno farebbe un torto a Cloud: non sembra ma ha molte potenzialità per diventare il prossimo capoclan. E solo un po’ inesperto.» Seth sorrise tristemente. Non volle nemmeno chiedere quanto bene lo conoscesse.
Poi tornò Cloud e sembrava veramente felice. Non l’aveva nemmeno guardato male!
Con lui c’era un uomo sui quarant’anni ed un altro di, all’incirca, la sua età.
«Seth, loro sono Thomas e James. Sentiti libero di conversarci, non ti faranno del male.» Il tono era tornato svogliato, e, si accorse, lo era solo con lui.

«Quindi hai incontrato Malvera, la Striges.» Esordì il suo presunto coetaneo e Cloud asserì.
«Ho la certezza che stia creando l’elisir di lunga vita.» Nello stanzino appartato dove si erano riuniti tutti era caduto il silenzio.
«E’ una follia disumana.» Biascicò ancora James. Alzandosi e andando a sedersi in braccio al suo compagno. Sembrava triste e sinceramente risentito. L’uomo lo abbracciò stretto, passandogli una mano fra i capelli, per tranquillizzarlo, probabilmente.
«Cloudy, fammi indovinare, vuole la bellezza qui presente, eh?» Tutti gli occhi si diressero verso Seth alla maliziosa domanda di Sarah. L’interpellato rispose affermativamente e Seth si sentì tremare.
«Vergine, dal sapore dolciastro e potente. E’ un ESP» Tutti assimilarono le informazioni e Seth cominciò ad innervosirsi.
«Ma scusa, non avrebbe senso ucciderlo. Perché non farlo accoppiare e tenerlo molto vicino alla madre? Così sarebbe nato un vampiro tanto potente da poterle assicurare l’eternità, no?» James aveva un tal velo di candore nel parlare anche di cose simili che per l’agente sembrava troppo puro per essere seriamente un vampiro. Ma era anche vero che Sarah era maliziosa e Cloud svogliato e irritante. Forse anche i vampiri avevano caratteri diversi. Forse non erano le bestie descritte nelle leggende. Forse.
«Troppo tempo. Probabilmente ha gli anni contati.» Esclamò Thomas e Cloud asserì.
«Malvera è troppo vecchia per aspettare più di un secolo.» Dopo quell’affermazione del vampiro rosso la stanza cadde in un silenzio assorto.
Ad un certo punto a Seth salì la tosse e quasi rischiò di strozzarsi trattenendola.
«Devo ricordarmi che gli umani si ammalano...» Mugugnò Cloud guardando di striscio Jean – lo schiavo di Sarah – aiutare l’ispettore.
«Oh mio Dio...» Gemette Jean alla vista del sangue uscito con la tosse. I vampiri già avevano tutta l’attenzione su di loro e James sembrava essere trattenuto solo dal suo compagno, fisicamente più forte.
Seth non diede importanza a ciò che lo circondava, tremando osservava il sangue sulle sue dita, tremendamente spaventato da ciò che poteva significare.
«Seth, vai a lavarti le mani, presto!» Lo trascinò via Jean mentre Cloud tratteneva a stento Sarah e se stesso.


***


«Ora ho solo bisogno di tirarmi fuori dai guai, quindi.» Esordì con un pallido sorriso Cloud Prince, fissando il ventenne seduto davanti a lui sobbalzare alle scosse della carrozza.
Ottenne solo silenzio in risposta.
«Sei preoccupato? Per quel sangue, intendo.» Seth Walker pose infine la sua attenzione sull’uomo. «No.» Era la prima parola che Prince si sentiva rivolgere da quando il ragazzo era stato male e non era molto piacevole che fosse un semplice “no”.
«Hai qualche idea in proposito?» Vide il ragazzo annuire semplicemente e tornare a fissare fuori dal finestrino. Erano passati parecchi minuti – e il vampiro aveva perso la speranza di avere qualche spiegazione - quando Seth tossicchiò appena e riprese a parlare.
«Non è una reazione nuova. Da piccolo rimasi molto malato: avevo la febbre altissima, deliravo e non riuscivo a controllare i miei poteri. Così il mio corpo, incapace di sottostare all’azione di malattia e ESP cominciò a logorarsi. Lo manifestò così e tuttora se mi deconcentro accade. Solo, non mi ero accorto del problema. Voi vampiri, e ho notato anche gli schiavi, siete inespugnabili e quindi ciò che proviene dalla vostra mente è impercettibile ai miei sensi. Ciò non toglie che il mio corpo si sia sentito schiacciato e si sia... diciamo rivoltato.»
Cloud lo vide tossicchiare ancora e pensò che quel ragazzo non era poi così debole come poteva sembrare esteticamente. Doveva avere un autocontrollo incredibile per non abbassare mai la guardia con i suoi stessi poteri.
«Prima non volevo chiedertelo ma ora sono certo che non avrai problemi. Vorrei che facessi da esca per la Striges.» Un sorriso gentile affiorò sul volto dell’agente che annuì, serenamente.
«E’ il mio lavoro, no?» Cloud rimase a guardarlo per tutto il tragitto, incantato dalla forza che sembrava scaturire in quel momento da quella candida rosa che nulla aveva da invidiare a qualunque vampiro.

Il ritorno fu rilassante per entrambi, Seth in particolare si lasciò libero di scorrere fra i pensieri degli umani che passavano fuori dalla carrozza.
Arrivarono alla villa che era ormai tarda notte.
Cloud costrinse Seth ad indossare qualche vestito pesante ed uscirono come la sera prima.
Tornarono nella stessa radura e incontrarono di nuovo Sarah che ridendo maliziosamente fece altri apprezzamenti sul ragazzo. Seth si sorprese di come tutto sembrasse normale, da copione.
E infatti, quando Sarah sparì nelle tenui ombre fumose la strega si avventò di nuovo contro di loro.
Eppure, questa volta, Cloud non riuscì ad afferrare in tempo Seth.
Il corvo scomparve in uno sbuffo di fumo biancastro e nella radura comparvero altri vampiri.
Cloud Prince fissava ancora il luogo dove aveva visto sparire un Seth calmo e controllato.
Lui, ovviamente, non sapeva che il rapimento non era contemplato nel piano.


***


«James, non fare mosse azzardate, chiaro?» L’interpellato sbuffò e annuì, pazientemente.
Cloud era gelido con chiunque da quella notte di due giorni prima. Se solitamente con loro era più caloroso e spontaneo, ora era tornato il Matthew Spot che aveva vampirizzato poco più di centocinquanta anni prima: dispotico, gelido, controllato, crudele.
Mentre lo guardava bussare seccamente alla porta di casa del Commissario Walker, James ringraziò di non aver mai toccato quel ragazzino.
«Signor Prince?» La voce assonnata e tremante dell’uomo li raggiunse, facendo sobbalzare il vampiro più anziano.
«Dovrei parlarle in privato. Riguardo suo nipote.» Walker spalancò gli occhi e li fece entrare.
«Vera, cara, c’è il signor Prince. Non ci prepareresti un tè?» La voce di una donna li raggiunse, affermativa.
«Non sapevo foste sposato. Come mai gli incensi a quest’ora del mattino?» Domandò freddamente Cloud, cercando un modo per iniziare il discorso.
«Ci sposeremo a breve, sa lei si è appena trasferita dalla Scozia mentre gli incensi sono per via dei topi in cantina.» Il vampiro sospirò e si sedette al tavolo in salotto, dove l’uomo gli indicava. Il fratello fece lo stesso, silenzioso e guardingo. Avvertiva un odore strano sotto tutti quei fumi d’incenso, un odore conosciuto, nonostante non riuscisse a ricollegarlo a nulla sotto tutto quel tanfo speziato.
«Suo nipote è stato rapito. Non mi è pervenuta ancora nessuna richiesta di riscatto.» L’uomo sbiancò alle parole di Cloud, forse troppo immediate. James avvertiva chiaro il dolore del fratello ma molto probabilmente il Commissario aveva preso tutto come uno scherzo, data l’isterica risata che stava emettendo.
«Oh andiamo! Controlli nello scantinato! Come possono averlo rapito?! Era nell’Intelligence!» Gracchiò Walker, il volto bianco e stirato. Terrore puro negli occhi.
«Ho mai scherzato?» Cloud Prince sorrise affabile ma severo al contempo. L’uomo si alzò e scosse il capo indicando la porta con l’indice della mano destra.
«Inizierò a cercarlo. Vi prego di starne fuori.» Poi li accompagnò all’uscita e sbatté la porta.

«Allora genio, che pensi di fare?» Camminavano altezzosamente per le stradine campagnole piene di vita e fretta ma la gente riusciva sempre a gettare un’occhiata a Cloud Prince, il sogno di ogni bambina di Thorntree Hamlet.
«Starne fuori...» James si bloccò sul posto, scandalizzato. Quando si accorse che Cloud aveva la testa altrove e non sembrava nemmeno essersi accorto di non essere più seguito, si rilassò.
«Non ti sembra strano? Starne fuori... io sono il maggior indiziato!» Borbottò poi, quando, affrettato il passo, il fratello lo raggiunse.
«Effettivamente, sembra quasi che fosse certo della tua innocenza.» Cloud si fermò a guardarlo e annuì.
«Sì, me l’aveva detto.» Ammise, riprendendo a camminare, senza smettere di meditare. «Senti Cloudy, non hai sentito una fragranza conosciuta lì dentro?» Alle parole del fratello l’altro scosse la testa.
«Il tanfo era osceno. Ho smesso di respirare. Comunque potrebbe essere stato un incenso che hai usato in passato. Potrebbe addirittura venire dalle tue sensazioni umane.» James annuì non del tutto convinto.
«Forse stiamo cercando di incastrarlo e basta.» Mugolò James con il morale sotto le lussuose scarpe laccate.
«D’altronde è suo zio ed è umano.» Aggiunse sconfitto Cloud. Sembrava stesse affrontando un mare in tempesta con il solo supporto di una zattera.
«Chissà perché ha detto di cercare nello scantinato...» Soggiunse mestamente James. Due giorni passati a cercare il ragazzino ovunque in Inghilterra.
«Cosa? Scantinato?» Domandò riscuotendosi dal turbine di pensieri. L’altro vampiro lo guardò brevemente e annuì.
«Ha detto di cercare nel tuo scantinato. Ma tu ce l’hai lo scantinato?» Cloud annuì brevemente e poi si fermò in mezzo alla strada.
«Come fa a sapere che ho uno scantinato?» Domandò a se stesso ma fu l’altro a rispondergli:
«L’avrà visto durante l’ispezione, no?»
Cloud scosse la testa con vigore e James lo guardò stranito in attesa di spiegazioni.
«C’è un unico accesso per i sotterranei ed è situato nel salone sotto ad un tappeto persiano di altissimo valore.» James inclinò il capo, non comprendendo.
«L’avranno alzato» Cloud negò nuovamente.
«Impossibile. Ho fatto in modo di rimanerci seduto sopra per tutta l’ispezione.» Si guardarono allarmati e si affrettarono verso un vicolo buio per dissolversi con le ombre.


***


«Ma, esattamente, cosa dovremmo cercare?!» Sarah, accorsa lì con il suo schiavo poche ore prima era intrappolata fra un polveroso attaccapanni e una mensola colma di libri di magia oscura.
«Non ne ho idea.» Ammise Cloud appoggiandosi ad un muro e giocando con un grosso ragno lì vicino. La donna guardò l’altro fratello che scosse il capo sconsolato. Erano ad un punto morto.
«Cosa diamine pensavamo? Che l’avesse nascosto proprio in casa mia?» Mormorò Cloud con mesta autoironia.
«Fermi tutti!» Gridò Sarah, tossendo polvere, poi continuò più pacatamente «Lui ha detto esattamente di cercare nel suo scantinato?» James scosse la testa e alzò le mani ai lati del volto.
«Questo non me lo ricordo.» La donna spalancò la bocca e pestò un piede.
«Ma quanto siete idioti voi uomini?! Ma non riuscite proprio a fare due più due?! Pensateci: incensi a non finire, chiedere di starne fuori e al contempo di cercare in uno scantinato?» Cloud lasciò il ragno su una cassettiera e si allontanò dal muro su cui stava poggiato.
«Sarah, non ha assolutamente detto così! Non era affatto concatenato il discorso!» James rimase fermo in un angolo della stanza ad osservare i due fratelli urlarsi contro. C’era qualcosa che non gli tornava in quella storia. Oltre ai topi – in quel periodo? Col freddo che faceva? – gli sfuggiva il nome della donna. Eppure credeva fosse importante...
«Per favore, basta litigare e venite a cenare! Stanotte è anche l’equinozio, James. E sarete di certo tutti e tre stanchi!» Alle parole del suo schiavo James salì la scala di corda, con un’informazione che gli martellava in testa, senza sapere esattamente quale fosse.
Si fece un bagno, facendosi aiutare da Thomas, tentando di calmarsi abbastanza da reperire l’informazione di cui necessitava.
«Jamie, vuoi mangiare qui?» Si sentì chiedere e annuì distrattamente, osservando le mani del suo compagno sbottonare la candida camicia. Si protese verso il suo volto e posò un bacio casto e leggero su quelle labbra che lo chiamavano. Mordicchiò la pelle del collo attorno ai vecchi morsi e scelse un punto dove poter affondare con tranquillità.
«James, so che non dovrei chiedertelo e che non ti piace ma potresti mordermi dove c’è già una cicatrice? Lì impiego meno tempo per rigenerarmi.» l’interpellato alzò il volto e si rispecchiò nelle iridi scure del suo schiavo e poi, con un sibilo dovuto ai canini già estratti domandò:
«Perché mai?» Thomas lo fissò stranito per un po’ ma sorrise bonario.
«Te l’ho detto, stanotte cade l’equinozio di primavera e i tuoi poteri si riducono, lasciando me quasi mortale. Dovresti saperlo dopo seicento anni che ci conosciamo!» Il vampiro sorrise e sarebbe arrossito anche se avesse avuto un po’ di sangue in corpo: certe cose non se le ricordava mai, anche dopo secoli che si ripetevano!
Con la sua solita dolcezza si lasciò baciare e, interrotto il bacio, scese a leccare le due piccole vecchie cicatrici che aveva scelto. Con reverenza le umettò e con estrema delicatezza lasciò che i suoi denti lacerassero pelle e muscoli fino ad arrivare alla giugulare.
Come ogni volta che si nutriva James ascoltò il suo cuore tornare a battere e sincronizzarsi con quello del suo compagno. Sentì il sangue passare dai piccoli capillari nei suoi canini fino alle grosse vene, riempire il cuore e venir pompato in tutto il suo corpo. Una lacrima rossa, ormai consueta e familiare, scivolò dal volto del vampiro fino alla spalla dell’umano.
Quando si fu nutrito a sufficienza si ritrasse con gentilezza, asciugò con parsimonia le piccole gocce fuoriuscite dai fori mentre Thomas raccoglieva la lacrima sanguigna con un dito.
L’uomo posò la minuscola gocciola sulle labbra, ricevendo poi un dolce e al contempo passionale bacio.
«James Prince, sei troppo buono per fare il vampiro!» Esordì bonariamente, carezzandogli il capo pieno di biondissimi capelli riccioluti.
«E così, domani è primavera.» Mormorò il ragazzo secolare, lasciandosi cullare dalle braccia forti dell’uomo.
«Per noi lo sarà sempre, finché tu lo vorrai.» Rispose Thomas, gentile e cupo al tempo stesso. Ad un certo punto James scattò in piedi nella vasca, lasciando stordito il suo schiavo. Afferrato un asciugamano si precipitò, ancora fradicio, nel salone dove sentiva provenire le voci di Cloud e Sarah.
«Vera! Era Vera!» Urlò entrando e lasciandoli tutti di stucco. Notò solo in quel momento che altri membri del clan erano giunti lì e arrossì lievemente.
Cloud lo fissò per un attimo confuso poi capì e spalancò gli occhi per la sorpresa.
«Malvera! La donna si chiamava Vera!» Gridò ancora James, per farsi capire anche dagli altri.
«E stanotte è l’equinozio...» soggiunse Cloud, il volto più pallido del normale. Sarah riuscì a bloccarlo proprio poco prima che si smaterializzasse.
«Dio, Cloud! Aspetta!» Lo sgridò la donna e quello si lasciò risedere sulla sua poltrona preferita.
Gli fu messo un bicchiere di sangue in mano e James si vestì di corsa.
Verso le undici di sera tutti i vampiri si smaterializzarono diretti allo scantinato di casa Walker.


***


Seth era innaturalmente tranquillo. Non comprendeva se si era arreso all’ipotesi di morire così giovane o se non aveva ancora metabolizzato le rivelazioni ottenute in quei giorni.
Che poi non era certo fossero giorni. Forse solo ore. Magari anche anni. Si corresse mentalmente: anni no di certo, non mangiava da quando era entrato lì dentro e – dato che sentiva fame – di certo non era ancora morto. Per il momento, per lo meno.
E non aveva idea di dove si trovasse, anche di questo era certo. Un tanfo dolciastro e rivoltante arrivava nella stanza umida ogni volta che veniva aperta la porta in cima alle scale.
Sentiva di conoscere quel posto ma era un ricordo troppo lontano per essere chiaro.
Poteva ipotizzare fosse il luogo dove era vissuto per i primi anni della sua vita, assieme a suo padre.
O forse poteva essere il luogo dove – sempre da bambino – si nascondeva quando sentiva parlare i grandi di cose spiacevoli: principalmente riguardanti il suo futuro come spia o il suo essere mostro.
Se così fosse stato, sarebbe riuscito a capire il perché di tutta quella calma. Aveva comunque trovate esatte le informazioni pervenute. O meglio, quasi tutte.
Lei si chiamava davvero Malvera ed era davvero una Striges. Ma non voleva l’elisir di lunga vita.
Oh no, stava fabbricando l’elisir dell’eternità. L’ingrediente secondario era sì il sangue – sì, suo – ma quello principale era una polvere dorata, tra l’altro unica fonte luminosa lì dentro.
Il nome era “cinabro” e lui sarebbe stato il sacrificio finale. Con tutte le precedenti vittime la donna aveva semplicemente studiato come eseguire l’incantesimo in previsione dell’equinozio di primavera, momento adatto per unirsi ad un mortale. Quindi, alla fin fine, era mossa da amore.
E questo era ciò che più intristiva Seth. Perché non bastava vivere il soffio di amore che Dio concedeva? Perché cercare di relegare ad un’eternità terrena un sentimento tanto profondo ed eternamente spirituale?
Spesso, dopo quei pensieri il suo volto correva a Cloud Prince e dopo ancora si chiedeva per quale motivo non aveva accettato le avances del suo capo nell’Intelligence. Eppure, ora che si fermava a pensarci, era una donna davvero bella. Non quanto Sarah, ma comunque bella.
Probabilmente, se si fosse svenduto come molti suoi compagni ESP avevano fatto per salire ai piani alti, non si sarebbe ritrovato in quell’assurda storia.
E non avrebbe conosciuto Cloud Prince.
Ma non sarebbe morto.
Sbuffò malinconico al rendersi conto che gli stava bene così. Aveva come il presentimento che dopo aver conosciuto quel vampiro non avesse altro da fare nella vita. Un pensiero pericoloso ma che, decise, si poteva permettere a poche ore dalla morte.
«Su, mio caro pasticcino, è il momento!» Trillò Malvera distogliendolo da tutti i suoi pensieri.
Il nauseante tanfo di incensi gli investì i sensi stordendolo e si limitò a seguire la Striges. Che senso avrebbe avuto fare resistenza?
Nel pieno della domanda sentì delle mani paffute e umidicce passargli sul collo e poi sbottonargli la camicia, con una fretta condita di bramosia.
Fa che le serva vergine, ti scongiuro, Dio! , pregò imponendosi di restare concentrato e di non perdere il controllo sui suoi poteri. Sentiva la calma defluire da suo corpo ma i sensi restavano comunque attorniati da ovatta soffocante. Non avrebbe nemmeno potuto reagire, intento com’era a controllarsi.
Quando fu a petto nudo percepì delle disgustose immagini di se stesso in atti assolutamente non casti e si sentì morire. Mugolò un “no” così flebile che fece ridacchiare la strega.
«Bricconcello! Guardi nei miei pensieri? Ahimè avrò un’eternità di tempo per tradire il mio futuro marito con dolcezze sensuali come te!» Seth fu assalito dalla nausea ma non seppe dire se dall’ondata di immagini sconce arrivate al suo cervello – segno che ormai stava per perdere il controllo – o se dalle mani che gli accarezzavano voluttuose i fianchi. Ma, con un ultimo barlume di autoironia, penso che sarebbe potuta benissimo essere colpa di quelle parole smielate e canzonatorie.
Lasciò perdere il mondo esterno e schermò la sua mente, riprendendo il controllo di sé. Come da bambino, quando i suoi poteri lo spaventavano, bloccò ogni possibilità di avere contatti con l’esterno. I suoi sei sensi furono bloccati, i pensieri – suoi o di chiunque altro – vennero inglobati dal nero che la sua mente aveva formato. Era ora una bambola vuota, nessuna emozione, nessun pensiero, nessuna sensazione.
Quando rilasciò i suoi poteri si ritrovò incatenato ad un muro con i canini della strega ben piantati nella sua carne.
Il trauma dovuto al dolore lo costrinse a annullarsi ancora e riprese i sensi poco per volta, abituandosi al dolore e alla coscienza di sentire il proprio sangue defluire dal suo corpo.
Le gambe cedettero e fu sostenuto solamente dalle catene attorno ai suoi polsi. Se fosse stato meno debole sarebbe anche riuscito a vomitare o a piangere. Magari anche ad urlare...


***


Fu un attimo di caos. Apparvero tutti e dodici in contemporanea.
Ebbero solo il tempo di osservarsi attorno che Cloud avvistò la strega e Seth riversi in un angolo.
Seth aveva gli occhi appannati e “guardava” nella sua direzione. Praticamente morto.
Non riuscì nemmeno a pensare. Corse e tolse la Striges di dosso al ragazzo. Si dilettò sadicamente a prenderla a pugni e calci, ignorando la possibilità di ridurla subito in cenere.
Ogni colpo gli riportava alla mente lo sguardo vuoto del ragazzo biondo e la furia lo muoveva. Non era mai stato così furioso. Mai.
Sentì delle mani tirarlo e se ne liberò con uno scossone. Quelle mani tornarono ad infastidirlo e si voltò inferocito, interrompendosi. Davanti a lui c’era James che lo fissava con superiorità e poi lo chiamò.
« Matthew John Spot, ti ordino di fermarti.» E Cloud obbedì. Di malavoglia, ma il suo sangue ribolliva in corpo. Era un ordine di suo padre. Non gli rimaneva che chinare il capo.
Sarah intanto aveva intrappolato la strega assieme ad altri due membri del nucleo famigliare e Cloud le gettò solo un’occhiata d’odio.
«E ora, decidi, Cloud Prince. Decidi della vita di Seth Walker.» L’interpellato alzò il volto con una flebile luce speranzosa sul fondo delle iridi oltremare. Si avvicinò piano a Seth, soccorso dai restanti vampiri e si chinò a guardarlo in volto. Aveva perso i sensi: non avrebbe potuto di certo chiedergli parere.
Aveva solo due opzioni: lasciarlo morire e renderlo suo schiavo.
Vampirizzarlo era una pratica preclusa, constatata la quantità di sangue rimasta nel corpo del biondo agente.
Si prese qualche secondo – nonostante sapesse di non avere così tanto tempo e decise.
«Scusami, moccioso.»


***


«L’imputato Jonathan Walker è ritenuto colpevole.
L’imputato Cloud Prince è ritenuto non colpevole.
La seduta è tolta»
Il giudice si alzò e l’aula si svuotò in breve.
James Prince fece un sospiro di sollievo. Non che ci fosse stata necessità di preoccuparsi ma è sempre piacevole sentirsi dire che “E’ finita”.
Cloud gli tirò addosso la giacca e lui ridacchiò rivestendosi rapidamente. Sarebbero partiti a breve per l’America. Tutti i Prince. Il che era un bel da fare ma di certo non potevano più restare in Inghilterra con un morto in famiglia.
Non che fosse strano vedere dei morti fra di loro ma il loro nuovo famigliare acquisito era un morto a tutti gli effetti, per gli inglesi.
Si incamminarono fuori dal tribunale e appena giunti in una via secondaria scomparvero fra le ombre e l’acqua piovana.
«Ciao.» Salutò pacato Seth, ricevendo un bacio sulla guancia. Come un gatto innervosito si allontanò da loro ma fu seguito dal suo “padrone”.
«Mi spiace per tuo zio.» Disse Cloud tentando di sembrare dispiaciuto.
«E’ ok. Ne abbiamo parlato qualche notte fa e lui preferisce morire che vivere con la coscienza sporca.» Seth sorrise in quel modo che faceva ringraziare Cloud di essere già morto.
«Andiamo, ci stanno aspettando.» Esordì il vampiro appendendo la giacca e dirigendosi in salotto.
E, in fondo, Seth Walker ammise che le probabilità di essere morto e in paradiso aumentavano in modo esponenziale ad ogni sguardo che posava sullo scorbutico, svogliato e passionale Cloud Prince.









Note d’argomento:
Tempo La storia si svolge fra il 1890 e il 1907. Questo per il semplice motivo che Scotland Yard in quel periodo era in modernizzazione e ampliava il suo raggio d’azione da 10km a 15 miglia (sempre da Charing Cross).
Thorntree Hamlet. Il paese citato non esiste, o meglio: se esiste io non lo sapevo! In ogni caso il nome ha un significato: Paesino dell’acacia. Ha un senso la scelta dell’acacia: Per i Franchi Muratori questa pianta era simbolo di morte ma richiama anche concetti come l’immortalità dell’anima e della resurrezione, conseguite da coloro che riuscivano a vincere le tenebre. Mi piaceva come idea e l’ho messo, nessun paesino dovrebbe chiamarsi così sotto Londra... altrimenti sono in buona fede!
Personaggi. Per Cloud Prince mi sono ispirata per certi versi a Cross Marian del manga di D.Gray-man. Spero non sia un problema, e non dovrebbe esserlo dato che, qualche caratteristica a parte (ad esempio i capelli rossi e il vizio dell’alcool), sono personaggi molto differenti.
Striges. Una strega-vampiro che può trasformarsi in un corvo e bere il sangue umano. Viene classificata tra i vampiri viventi.
Il Cinabro. Ah, il mio amato cinabro. E’ un minerale che si dice provenga dalla Cina. Non ho mai compreso di che colore fosse ma, dato che su di esso si dice crescano funghi color dell’oro e visibili di notte, ho sempre pensato ad un colore oro o giù di lì. Serviva a preparare una pozione che rendeva immortali ma non sono nemmeno sicura di come potesse essere assunta. Effettivamente non ne so ancora molto ma è presente in un mio romanzo e ho pensato di usare il cinabro al posto della classica pietra filosofale.
Il Processo. E’ da prendere così com’è. Soprattutto la pena di morte. Mi sono affidata ai miei e questo è il risultato.
I vampiri. Mi sembra infine chiaro che sono vampiri “speciali” e completamente frutto della mia fantasia malata. Sono i miei vampiri e spero che piacciano.
Il finale. Quest’ultima nota è per puro scopo informativo (perché devo scriverlo da qualche parte, in parole povere) la fic doveva terminare a “Scusami, moccioso” ma dato che mi sembrava troppo bastardo l’ho continuata. Per me, ferma lì sarebbe il massimo ma rileggendola ho visto che lascia l’amaro in bocca, così ho messo un piccolo epilogo che mi ha fatto sforare con le pagine ♥

Note dell’autrice: Al momento sto sistemando i tag HTML e devo dire di non essere molto connessa, quindi le note saranno parecchio sconclusionate.
Intanto, ci tengo a ringraziare Ghen e Marian Yagami per la pazienza e per aver indetto il contest. Poi passo a ringraziare le mie “avversarie”: Kanako91, Ro-chan, _ayachan_ e storyteller lover. Vi invito caldamente a leggere anche le loro storie. A tal punto sorge la domanda: qualcun altro? Sì. Devo ringraziare Rei-chan per avermi sostenuta durante la stesura e per essersi sorbita prima i miei scleri su Cloud e poi l’ansia da risultati xD

Detto ciò vi prego di commentare se siete perfino arrivati a leggere questa nota.
Ps. Ok, con le note ho superato me stessa xD



Edit: vi informo che seguendomi su facebook potrete leggere anteprime, vedere le facce dei personaggi e scoprire le tante storie interessanti che leggo ogni giorno!
   
 
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