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Autore: Freuda Weasley    29/10/2016    1 recensioni
Di cosa parla questa storia? Di una ragazza in ricerca di avventure e della sua identità. La troverà? Beh, il suo cammino è molto lungo, pericoloso, (estenuante), e sarà ricco di sorprese! Tornate nella Terra di Mezzo ancora una volta, al fianco di Thorin Scudodiquercia e della sua compagnia! Stessa meta, stessi personaggi, ma... stesso viaggio?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice
Ciao lettori Non ho avuto tempo di pubblicare il capitolo prima, perciò ho deciso di farlo per Halloween.(Il prossimo non arriverà a Natale, tranquilli ;)) Spero vi piaccia! Lasciate un commento! Auguro un buon 'Dolcetto o scherzetto' a tutti! 
Freuda Weasley



                                                                                                         Messaggi nel vento




Gli ultimi giorni erano trascorsi monotoni. La compagnia si alzava poco dopo l’alba, cavalcava più veloce che poteva fino a mezzogiorno, quando facevano tutti una sosta breve, quanto bastava per consumare un pasto e poi si ripartiva, viaggiando fino a sera; quindi cenavano, si sedevano insieme alla luce e al calore del fuoco e si raccontavano storie. Ogni notte un nano diverso era addetto alla guardia; loro avevano cercato di sfoggiare al meglio la loro cavalleria senza mai far sì che fosse Io a stare in piedi tutta la notte, ma lei non aveva voluto sentire ragioni e così quella notte toccava a lei. Preferiva comunque restare vigile quando tutti gli altri erano più vulnerabili, perciò teneva gli occhi aperti nelle ore più scure, e riposava sdraiata lungo la schiena di BlackDust in quelle più chiare. A volte, addirittura lo guidava ad occhi chiusi, dicendogli in che direzione voltare. Non passò molto tempo prima che questa sua abitudine venisse accompagnata da risolini di sottofondo e battute silenziose, specialmente da parte dei nipoti di Thorin; un giorno, improvvisamente, la ragazza li avvisò di un ‘ramo’ e confusi, senza avere il tempo di capire a chi o cosa si riferisse, andarono a sbattere contro un largo braccio di un albero, che sembrava comparso solo in quel momento. Gli altri nani non nascosero il loro divertimento, mentre Fili e Kili risalivano sui loro pony massaggiandosi la fronte. Non avevano proseguito molto, che sentirono qualcosa.
Un suono, come un fischio prolungato, spezzò di netto le voci dei nani nella foresta illuminata dal sole. Sembrava il verso di un animale, di un uccello, forse. Un’ombra planò su di loro, ma non riuscirono a vedere con chiarezza cosa fosse, tanto era stato veloce. Qualcosa precipitò dal cielo, un oggetto minuscolo e cadde sulla mano di Ionis, già protesa per prenderlo. I nani non riuscivano a capire cosa fosse, aveva in mano una cordicella che teneva qualcosa sigillato, un foglietto. Chi mai le aveva scritto? E perché?
La videro srotolare la strisciolina di carta e leggere, un sorriso stampato le illuminava il volto.
‘Daccelo’ le ordinò Dwalin, avvicinandosi in groppa al suo pony.
‘Dobbiamo leggerlo, daccelo.’ Ripeté con uno sguardo che non ammetteva repliche, nonostante si trovasse almeno mezzo metro più in basso. Lei ebbe qualche esitazione all’inizio, ma pensò che trattenersi ancora avrebbe dato vita a dei sospetti, così tese il messaggio a Dwalin, che poi lo passò a Thorin. Io aspettò a testa alta che finisse di leggere, aspettandosi uno sguardo cattivo, una predica a denti stretti, o peggio, che lui le dicesse di andarsene per mai più ritornare, ma niente di tutto questo accadde. Quando finalmente il capo della compagnia alzò lentamente la testa, la guardò a lungo.
‘Cosa significa?’ chiese, cercando di mantenere la calma, senza riuscirci molto bene.
‘Pensavo di potermi fidare di te.’ Io deglutì silenziosamente; non aveva mai saputo fingere molto bene, ma doveva mostrarsi di pietra, impassibile. Nessuna emozione. Doveva dimostrare quanto poteva essere forte. Respira. Sei forte.
‘Puoi.’ Rispose sicura di sé, come se la cosa non la preoccupasse affatto.
‘Che cosa vuol dire? Sono sempre dietro di te? Ti guardo le spalle? ’ chiese Dwalin affianco a lui, che si era ripreso il pezzo di carta e lo teneva stretto come se fosse una prova inconfutabile. La prova di un tradimento.
‘Per me è chiaro come l’acqua, Thorin! Ha assoldato una spia! Ci sta seguendo! È evidente che si stanno scambiando messaggi segreti…’ Thorin sentiva tutto, pur avendo gli occhi incollati a Ionis: sembrava più deluso che allarmato per un ipotetico inseguitore.
‘Oh andiamo! È solo…’ Io smontò da BlackDust e distolse lo sguardo dai nani, imbarazzata… è solo la mia migliore amica… è solo una metafora, non significa niente.’ In qualche modo riuscì a strappare di mano la lettera a Dwalin, la piegò e la nascose all’interno della giaccia.
‘Tu e la tua… amica vi state tenendo in contatto?’ capì la gravità della situazione semplicemente dal tono che Thorin usò nel porgerle la domanda. Era la prima frase che pronunciava, non mostrava neanche un briciolo della foga di Dwalin nell’esprimere giudizi; invece Io sentì stanchezza e curiosità nella sua voce.  
‘No! Certo che no! So che non posso comunicare con nessuno, so bene che rivelare la mia posizione sarebbe molto pericoloso e metterei a rischio la missione. Nessuno deve sapere dove stiamo andando e perché. Ogni tanto lei mi ha scritto per farmi sapere che le manco, tutto qui. È successo anche durante il viaggio verso la casa di Bilbo.’
Tutti erano in silenzio, aspettavano il verdetto.
E di colpo, contro ogni possibile previsione, Thorin scoppiò a ridere. Una risata calda, sincera, che fece svanire tutta la tensione in una nuvola di fumo e fece sentire ridicoli coloro che fino a quel momento avevano sentito un masso opprimergli lo stomaco. Io non sapeva se ridere insieme a lui o aspettare. Ma aspettare cosa? Che tutto diventasse meno imbarazzante? Adesso tutti gli altri lo assecondavano, per il sollievo. Tutti ridevano tranne Dwalin e lei. E BlackDust. Lui si guardava intorno come circondato da un branco di pazzi isterici. Ionis decise di aspettare, aspettare che tutti smettessero di ridere. Thorin avrebbe detto qualcosa prima o poi. Successe poi:
‘Hai ragione, non puoi comunicare con nessuno. Ma questa lettera è innocua, non dimostra un bel niente e non vedo in che modo potrebbe esserci fatale. Proseguiamo, ho problemi più gravi di cui occuparmi, non interrompete più il viaggio per sciocchezze del genere.’ Lasciarono che fosse proprio lui ad aprire la fila, per poi seguirlo in fila indiana. Ma Dwalin non voleva far cadere le sue ragioni così facilmente.
‘Thorin! Non c’è da fidarsi… qualche giorno fa ci ha minacciato, ricordi?’
‘Vuole dimostrare di essere all’altezza della sua reputazione, e io non vedo l’ora di scoprire se lo è.’ Lanciò un’occhiata allusiva alla ragazza e diede di tallone. Continuarono il viaggio senza dire una parola, contemplando gli ultimi raggi della giornata illuminare le foglie degli alberi e colorare di verde e giallo la foresta.
 
 
 
Gandalf li lasciò nel pomeriggio. Non diede alcuna spiegazione logica, disse qualcosa di confuso su delle informazioni e degli amici che doveva interrogare e partì. Lo guardarono allontanarsi con tristezza: lo stregone era per loro fonte di rassicurazione e saggezza ma, come gli altri della sua specie, era anche imprevedibile. I nani proseguirono un altro po’ prima di accamparsi.
La notte sembrava essere calata più velocemente del solito. Io si rigirava il biglietto tra le dita fissando i nani stringersi attorno al fuoco, senza vederli.
Aveva assicurato che non sarebbe più successo, invece nei giorni seguenti si ripeté altre cinque volte. I messaggi continuarono ad arrivare, non poteva controllarli, così appena sfioravano le sue dita, li nascondeva, ma si accorgeva degli sguardi furtivi, percepiva la tensione come una coperta che li avvolgeva. L’aria era diventata fredda, ma non per l’altitudine. Ionis avrebbe voluto parlar loro di tutto, spiegargli, ma sapeva cosa avrebbero pensato, così preferiva far finta di nulla. Non durerà per sempre, pensava. Dwalin non era certo d’aiuto: la fissava di sottecchi e scuoteva la testa solo quando era certo che lei ricambiasse lo sguardo. In più, l’aveva visto accostarsi a Thorin ogni volta che le arrivava un nuovo messaggio; poteva facilmente immaginare cosa gli dicesse. Voleva spiegarsi, confrontarsi con Thorin e raccontare tutto… non avrebbe reso a Dwalin così facile sbarazzarsi di lei. Doveva fare qualcosa, quel nano la metteva in cattiva luce senza uno straccio di prova! E se Thorin gli avesse dato ascolto? Se avesse deciso di mandarla via? Doveva assolutamente chiarirsi con lui… ma non avrebbe capito. Forse, avrebbe solo peggiorato le cose.
 
 
 
 
Dwalin mi lanciò un’occhiata d’intesa fin troppo evidente; doveva essere arrivato un altro messaggio. Ce l’aveva proprio con quella povera ragazza! Mi avvisava ogni qualvolta gli sembrava che Io stesse tramando qualcosa, quindi diverse volte in un giorno solo. Certo non era d’aiuto: avevo talmente tante cose per la testa, dovevo preoccuparmi anche di questo! Era stato Gandalf a insistere che lei venisse, non l’avrebbe fatto se non fosse stato certo sul suo conto! Tuttavia l’atteggiamento della ragazza era sospetto… ogni volta che un nuovo messaggio arrivava, lo nascondeva velocemente e non ne parlava con nessuno. Forse si comportava così solo perché sapeva che la sua versione era stata contestata, ma così alimentava le dicerie ancora di più. Non credevo che stesse davvero condividendo informazioni, ma avvertivo l’aria fattasi più pesante nel gruppo e Dwain, che continuava a mettermi in guardia… dovevo prendere una decisione, e in fretta, per il bene dell’operazione.
 
Non ce l’ho fatta. Ho dovuto. Avevo bisogno di prove e le cercai. Non avrei dovuto farlo, ma la sua giacca era lì! Ionis si era allontanata per raggiungere Fili e Kili e aiutarli con i cavalli. Aveva lasciato la giacca a terra, accanto al bagaglio. Dovevo sapere la verità. La afferrai e la rigirai in cerca di tasche. Stavo perdendo più tempo di quanto volessi, col timore che potesse tornare da un momento all’altro. Non avevo esitazione nell’affondare la spada nel lurido corpo di un orco, ma questo mi rendeva stranamente impacciato, così teso, solo per la paura che gli altri avessero ragione, che avessero il coraggio di affrontare ciò a cui non volevo credere. Trovai una tasca, ma all’interno c’era solo un piccolo pugnale. Lo rimisi dov’era con cautela e continuai a cercare. Inaspettatamente, le mie dita si chiusero su qualcosa di sottile e ruvido al tatto, come pergamena. Avevo trovato ciò che cercavo. Una risposta sincera. Sapevo di sbagliare da prima di leggere, fin da quando avevo deciso di andare a curiosare tra la sua roba, e so che nessuna spiegazione è abbastanza solida. So solo che dovevo fare una scelta che avrebbe determinato tutto il resto del viaggio, e avevo poco tempo. Comunque, qualsiasi cosa mi spinse ad agire, ciò che lessi mi annebbiò la mente, l’incredulità si impadronì della mia ragione, offuscandola, ma tutto quello che feci, lo feci intenzionalmente e senza traccia di irrazionalità.
Riposi il biglietto esattamente come e dove lo avevo trovato. Quando Io tornò, mi trovò accanto alle sue cose, ad aspettarla. Sapeva che non ero lì per caso. Mi sorrise confusa e imbarazzata.
‘Credo che non avremmo più bisogno di te.’ Quelle parole erano solo questo, parole, tuttavia furono difficili da pronunciare. Fino all’ultimo ero stato dalla sua parte, mi era fidato, volevo darle tutto il mio appoggio. Non riuscii a dimostrare meglio la mia delusione; quella frase la colpì come un pugno sullo stomaco, era evidente, ma il colpo che io avevo incassato era ancora più doloroso. Non volevo prolungare quell’incontro più a lungo, volevo solo che sparisse. Era finita prima ancora di cominciare. Buffo. Lei cercò di spiegare, ovviamente. Troppo tardi. Tardi per le chiacchiere, era finita ormai. Niente avrebbe più retto, nessuna scusa, nessuna certezza. Per quanto tempo cercò di mettere in piedi una conversazione, non saprei dire; non l’ascoltavo. Le sue parole erano mute per me, solo lettere indistinte che si perdevano nel vento. Smettila di blaterare e vattene via. Quel momento mi parve interminabile, attendevo con ansia che si girasse, che montasse il suo destriero enorme e scomparisse tra gli alberi. Volevo che tutto finisse il prima possibile, per lasciarmelo alle spalle. Quando finalmente accadde, nemmeno me ne accorsi, fu il silenzio a riportarmi alla realtà. Era quello che volevo, mi aveva accontentato, finalmente. Ma scoprii di non sentirmi affatto meglio. Che strano. Pensavo che stessi aspettando solo questo. Avevo risolto un problema, o ne avevo creati molti altri? Era tutto sulle mie spalle, tutto sotto la mia giurisdizione. Il viaggio, l’attacco, la riconquista della mia casa. Tutto a causa mia, d’altra parte. Mia la responsabilità. Forse la risoluzione di un solo problema non può alleggerirti, se sei sormontato da una montagna come quella che cerchi disperatamente di raggiungere. Che mi importava di un’insignificante ragazza? Non era lei che avrebbe stabilito il nostro destino, ma io. Era tutto nelle mie mani. Mia la scelta, mio il dovere. Mia la responsabilità.
 
 
No. Non è vero. Non è giusto.
Non riusciva nemmeno a parlare, l’amarezza le aveva lasciato in bocca un’acidità che si ripresentava ogni volta che provava a pronunciare una parola. Era insopportabile. Non è giusto! Io non ho fatto niente! Come puoi non credermi? È solo un malinteso… uno stupido malinteso! Non mandarmi via, ti prego…
La frustrazione e la rabbia le avvinghiavano le viscere come fanno le fiamme con un tronco secco, consumandola lentamente. Aveva trattenuto le lacrime fino a farsi bruciare gli occhi. Non è giusto! Ascoltami! Non ho fatto niente! Perché non aveva voluto ascoltarla? Nemmeno l’aveva guardata in faccia mentre tentava di spiegarsi! Ogni volta che ricordava il suo sguardo, era come se venisse trafitta da un dardo invisibile. E sapeva anche chi era l’arciere nascosto nell’ombra. Ti prego… non è giusto! Doveva strattonarlo, afferrargli la giacca alla base del collo e urlargli in faccia, qualsiasi cosa servisse a farsi ascoltare, di certo non rimanere lì impalata proteggendo la sua vulnerabilità con frasi banali. E allora perché non l’aveva fatto? Perché adesso stava andando verso la zona del sottobosco dove i pony erano stati lasciati a pascolare? Pensava che se fosse saltata su BlackDust e fosse partita al galoppo, il dolore sarebbe diminuito con l’aumentare della lontananza? Sentì una voce dentro di sé ‘Vendicati. Tu sai chi è stato.’ ‘Sono stata io.’ rispose. Non era quello che la voce voleva sentire, lo sapeva. Quando la rabbia si impadroniva di lei, poteva essere inarrestabile e diventare molto pericolosa. Era così infatti che le Ombre della Notte sfruttavano al meglio le sue capacità. La irritavano continuamente prima e durante l’attacco, per renderla forte e invulnerabile. La violenza era la fonte di sfogo; quando si sentiva infiammare, quella era il mezzo più veloce per raffreddarsi. Ma quella volta era solo infuriata con se stessa, non voleva far male a nessuno. La violenza era un mezzo orribile se veniva usato per controllare le persone. Troppo spesso aveva lasciato che la guidasse e troppo tardi lo aveva capito.
BlackDust era a pochi passi da lei, alzò la testa sentendola avvicinarsi. Ionis affondò la testa nella sua criniera e lasciò che le lacrime, scorrendo calde, le portassero via un po’ di quel calore che la stava bruciando. Ringraziò il cielo che nessuno fosse nei paraggi e potesse vederla in quelle condizioni. Mai avrebbe mostrato il suo lato debole. Fortunatamente, nessuno in vista. Aspetta. Perché non c’era nessuno? Dov’erano Fili e Kili? Dovevano badare ai pony! Si guardò intorno cercando di scorgere un movimento o avvertire un rumore. Niente. C’era così tanto silenzio. Si avventurò nel folto degli alberi da sola, seguendo delle tracce invisibili, che solo il suo istinto poteva avvertire. Improvvisamente sentì qualcosa, come un tronco che cade rumorosamente a terra. E poi la terra tremò, come a causa di un passo molto pesante. Si nascose velocemente dietro una roccia. Ancora quegli strani passi. A chi potevano appartenere? Quale creatura poteva essere così imponente? Ma se davvero appartenevano a una creatura…
Fece capolino dal masso e alla luce della luna, vide un’enorme troll delle montagne, alto come un pino, dalla pelle grigiastra, dirigersi verso la luce di un fuoco, qualche decina di metri più avanti. E se fosse stato quello a prendere i due fratelli? No, non poteva essere. Che cosa fare? non poteva tornare e dare l’allarme, non le avrebbero mai creduto e poi… non voleva tornare. Non ci riusciva. Tornò di corsa nella radura dei pony, montò su BlackDust e partì al galoppo.
 
 
I nani furono sfortunati quella notte. I primi a essere catturati furono Fili e Kili, e nel tentativo di salvarli, per quanto audacemente i nani si lanciassero all’attacco, uno dopo l’altro furono chiusi in sacchi, mentre il troll che la ragazza aveva visto e i suoi due compagni discutevano per scegliere il metodo di cottura migliore. I nani potevano solo sentire, sentire quei mostri litigare sulla loro fine. Non potevano nemmeno parlarsi e trovare conforto nelle parole dell’altro; solo aspettare la morte. Non sapevano quanto tempo fosse passato, ma si accorsero tutti che quei troll discutevano sempre più animatamente, arrivarono a strillare per far prevalere ognuno le proprie idee. Di colpo, dal gran frastuono che avevano provocato, si passò a un silenzio tombale. Perché si erano ammutoliti? I nani non osavano muoversi, temendo che li aspettasse qualcosa di peggio. Thorin sentì degli strappi, come di stoffa lacerata, e quando i suoi occhi si riabituarono alla luce, vide Gandalf con un pugnale in mano, accanto al fuoco i tre troll immobili, come tramutati in pietra, e la ragazza in piedi davanti a lui, illuminata dalla luce dell’alba. 
 
 
 
  
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