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Autore: sorridopernullawow    30/10/2016    0 recensioni
Sequel di |Belthil|.
Dopo la battaglia, niente è più come prima. Belthil comincia a perdere perfino se stessa pur di ritrovare Calen, l'Elfo che ama. Ma qualcosa di inaspettato le farà aprire gli occhi dal buio di solitudine in cui si era rifugiata.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Custode'
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CONSIGLIO PER LA LETTURA : “ Million reasons” di Lady Gaga. Buona lettura! 
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Passò una settimana dal mio arrivo nel Reame Boscoso, durante la quale iniziai a chiamare a raccolta gli Istari, fermamente convinta che possedessero le capacità per salvare Calen. 

Mi recai personalmente alla dimora di Radagast il Bruno sul lato opposto del Bosco, ma la trovai vuota e per tre giorni consecutivi continuai a recarmi lì, fino a quando Thranduil decise di mandare due messaggeri che sarebbero rimasti alla dimora finché Radagast non sarebbe tornato. Di Alatar, ormai l’unico Stregone Blu rimasto dopo la morte di Pallando, non si avevano notizie da secoli; alcune leggende raccolte in antichi e polverosi manoscritti dicevano che si fosse recato nel profondo Est, inviato da Oromë per convincere le popolazioni locali a non cedere al potere di Sauron, e che da lì non avesse fatto più ritorno. Inviai invece numerose lettere a Saruman, anche se dopo la battaglia di Dol Guldur non avevo più avuto notizie di lui, se non che si fosse ritirato a Isengard, un’antica fortezza númenoreana situata all’estremità meridionale delle Montagne Nebbiose. Non ricevetti alcuna risposta. A Mithrandir invece inviai dei messaggi sussurrati alle farfalle, animali in grado di volare ovunque e molto cari allo Stregone in quanto suo mezzo di comunicazione con l’intera Terra di Mezzo. La lingua delle farfalle era una lingua ormai inutilizzata perfino dagli Elfi, una lingua che proveniva da Valinor e che si era lentamente dispersa nel tempo. 

Ma nonostante la mia volontà di volerlo salvare in qualunque modo possibile, non feci più visita a Calen. Ogni volta che ripensavo a lui mi comparivano nella testa i suoi tremendi occhi da demone e sentivo una pesante stretta al cuore. Spesso sentivo delle urla provenienti dalle prigioni, amplificate dalla roccia, e subito dopo vedevo dei soldati correre in quella direzione con le armi in pugno e i volti contratti dalla preoccupazione. Difficilmente avrebbe potuto liberarsi da tutte le catene, in particolare da quelle di mithril, ma la nuova forza di Calen aveva messo a dura prova anche i miei poteri dati dalla Fiamma, per cui ogni sua mossa poteva costituire un pericolo. Eppure nonostante tutto continuavano a rimanere aggrappata a quell’unica fragile possibilità di farlo tornare il mio Calen, l’unica ragione per cui non mi lasciavo sopraffare dal dolore che mi faceva restare sveglia la notte. Avevo un milione di ragioni per pensare che le mie speranze fossero vane, eppure le scansavo una ad una facendo finta che non esistessero.

Ma in realtà esistevano ed erano pesanti come macigni. 

Passai la maggior parte delle mie giornate a leggere libri riguardanti la magia oscura oppure ad a esplorare il Reame, addentrandomi nei numerosi corridoi labirintici. Spesso facevo visita a famiglie di Elfi Silvani per conoscere meglio quel popolo e per non rimanere sola nella mia stanza. Thranduil veniva a farmi visita raramente, quando non era occupato con i suoi numerosi impegni che richiedevano l’attenzione del Re; quegli incarichi che avrei dovuto avere anche io se Dormor non fosse stata distrutta. 

A volte mi chiedevo come sarebbe stata la mia vita se Sauron non avesse deciso di distruggerla: avrei avuto ancora la mia famiglia, il mio amato popolo di cui sarei diventata la Regina, ma probabilmente non sarei vissuta così a lungo. Non avrei mai incontrato Calen, Thranduil, i Valar, e tutte quelle persone che avevo amato in quegli anni. Non sarei stata la stessa persona che ero. Nonostante tutte le disgrazie che mi avevano segnato profondamente, avevo provato anche nuove intense emozioni che mi avevano fatto andare avanti fino a farmi arrivare dove ero.

Stavo leggendo un libro seduta su una sedia di vimini sullo stretto balcone della mia stanza, cullata dal fresco vento che proveniva da Nord ed illuminata dal pallido sole d’autunno, quando sentii bussare alla porta. Appoggiai il libro sulla sedia lasciando che il vento sfogliasse le sue leggere pagine ed andai ad aprire, ritrovandomi faccia a faccia con Thranduil. Rimasi per qualche istante interdetta, non mi aspettavo affatto una sua visita, mentre il suo volto era tutt’altro che calmo e rilassato.

-Thranduil! È successo qualcosa?- chiesi preoccupata.

-Questa notte si terrà la commemorazione funebre per i caduti e desidererei che tu partecipassi al mio fianco. - rispose tutto d’un fiato.

Lo guardai negli occhi e attraverso di essi capii che aveva bisogno di non rimanere solo in quella straziante cerimonia, aveva bisogno di qualcuno che non lo facesse ripiombare nel dolore e nell’ebrezza del vino per dimenticare gli orrori vissuti. Quella situazione lo stava lentamente logorando: aveva la possibilità di vendicare sua moglie, ma così facendo avrebbe lui stesso ridotto in frantumi un altro cuore e un’altra anima.

-Ci sarò. 

-Ti manderò delle ancelle per prepararti, non fare tardi. - disse infine Thranduil, per poi voltarsi ed andarsene velocemente così come era arrivato.

Rimasi così immobile sulla soglia, senza avergli veramente parlato e chiesto maggiori dettagli sulla cerimonia. Chiusi la porta e ritornai sul balcone, appoggiandomi alla balaustra di pietra lasciando che il vento mi scompigliasse i capelli. Da quando avevo fatto visita a Calen Thranduil aveva cercato il più possibile di rimanere a distanza ed evitarmi, ma poi tutto ad un tratto aveva deciso di volermi al suo fianco in un’occasione così importante emotivamente per lui. Non ero mai stata capace di  comprenderlo, ed avrei continuato a non esserlo.

Alcune ore dopo al tramonto arrivarono le ancelle, e quando la luna era ormai alta nel cielo ricolmo di stelle fui pronta per recarmi alla cerimonia. Thranduil mi attendeva davanti alla scalinata che portava alle stanze reali, impaziente e teso, ma quando mi sentì arrivare alzò lo sguardo e rimase attonito. 

Indossavo un abito blu scuro come il cielo notturno, sul quale al posto delle stelle vi erano centinaia di minuscoli diamanti che aumentavano verso l’ampia coda del vestito. Lo stretto corpetto era ricamato con del pizzo dalle sfumature argentate ed era chiuso da bottoni perlacei sul retro, mentre le spalle e le braccia erano coperte da lunghe maniche di pizzo blu impreziosito anch’esso dai diamanti; a dividere il corpetto dalla gonna vi era una cintura d’argento con altri diamanti incastonati all’interno. Una collana di zaffiri e diamanti mi copriva il petto, mentre lunghi orecchini argentati si univano alla punta delle orecchie. I capelli erano raccolti in numerose trecce che erano state poi racchiuse in un’alta crocchia, nella quale erano stati inseriti dei fermagli che riprendevano la collana.
Le mie labbra erano state tinte di un rosso intenso, mentre il resto del viso era stato lasciato naturale. 

Scesi lentamente le scale e Thranduil non distolse mai lo sguardo da me, nemmeno per un singolo istante. Mi porse la sua mano come per attirarmi più velocemente a sé, ed i suoi occhi riflettevano la luce dei diamanti che illuminavano la mia pallida carnagione.

Thranduil indossava una lunga casacca scura intessuta con fili d’argento che formavano un’elaborata trama, mentre i semplici pantaloni neri seminascosti dalla giacca scendevano morbidi lungo le gambe, per poi infilarsi nei lucenti stivali di cuoio color ebano. Sulle spalle portava un morbido mantello argenteo, lungo abbastanza da fargli da strascico, impreziosito da minuscole pietre preziose e ricami elaborati. Alle dita vi erano numerosi anelli, mentre una maestosa corona gli cingeva la nuca: era costituita da rami dorati intrecciati tra loro, tra i quali erano state inserite delle foglie dai colori del tramonto e delle bacche, e le cui punte vertevano verso l’alto. Un tempo quella corona apparteneva ad Oropher, e dal padre era passata al figlio.

Strinsi la sua mano mentre scesi gli ultimi gradini, e da quel momento le nostre mani non si separarono più per il resto della cerimonia. Thranduil mi condusse fuori da un portone secondario, ritrovandoci in un ampio prato circondato dagli alberi del Bosco e delimitato dal torrente che scorreva impetuoso. Al centro del prato vi erano dei bracieri disposti in cerchio, attorno ai quali si erano riuniti gli Elfi Silvani; molti di essi reggevano in mano delle lanterne spente ricoperte da un sottile strato di carta, ognuna delle quali rappresentava un proprio caro caduto in battaglia. 

Quando raggiungemmo i bracieri Thranduil strinse ancora più forte la mia mano, per poi fare un leggero cenno agli arcieri che stavano accanto ad ogni braciere. Essi misero le punte delle loro frecce nel fuoco, mentre gli Elfi attorno cominciarono lentamente a lasciare andare le lanterne che vennero trasportate in alto dal vento. Gli arcieri incoccarono le frecce infuocate e mirarono alle lanterne.

-Namariee melloneamin! Hiro hyn hîdh ab “wanath! * - esclamò Thranduil.

Subito le frecce lasciarono gli archi e con dei sibili raggiunsero le lanterne incendiandole e rendendole simili a stelle. Esse continuarono a salire verso il cielo, fino a quando il fuoco le consumò facendole sparire nella volta celeste. 

Un canto malinconico si levò dalla folla, sovrastando lo scroscio dell’acqua e il fremito delle foglie scosse dal vento. Il canto si fece via via sempre più forte e ritmato, e molti Elfi iniziarono a danzare attorno ai bracieri: nonostante il lutto bisognava continuare a vivere e festeggiare coloro che erano tornati vivi dalla battaglia.

Thranduil si mise davanti a me e con un piccolo inchino mi invitò ad unirmi alle danze.

-È tradizione che il Re partecipi con la propria Regina, ma in questo caso farò un’eccezione.

-Allora accetto volentieri il tuo invito.- dissi avvicinandomi di più a lui, lasciando che a guidarmi fosse l’istinto.

Thranduil fece un lieve sorriso ed iniziammo a danzare stretti l’un l’altra, lasciandoci finalmente andare sulle note del canto. Entrambi sapevamo esattamente cosa fare, semplicemente guardandoci negli occhi: in quel momento ringraziai mentalmente mia madre per tutte quelle noiose lezioni di ballo che a quel tempo mi erano sembrate completamente inutili.

Da fuori potevo apparire finalmente in pace con me stessa, ma la realtà era ben diversa.

Thranduil si stava legando sempre di più a me, nonostante non volessi ammetterlo. Tra le sue braccia mi sentivo protetta e potevo non mascherare le mie vere emozioni, potevo essere veramente me stessa.

Ma il mio cuore era ancora rivolto a qualcun altro. 

*Addio amici miei! Che essi trovino pace dopo la morte!

   
 
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