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Autore: KukakuShiba    31/10/2016    14 recensioni
DESTIEL teen AU
Il mondo del giovane Dean Winchester incontrerà inevitabilmente quello di Castiel Novak, nuovo vicino di casa, affetto da un handicap invisibile. Insieme, i due impareranno qualcosa di prezioso sull'amicizia, sull'amore e sulla vita.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fanart di Naenihl

 
CAPITOLO OTTO
 
“In ognuno di noi
c’è un altro che non conosciamo”
 
Carl Gustav Jung
 
 
“Che cos’è?” – chiese Lisa, sbirciando incuriosita il foglio che Dean aveva davanti a sé.
Era ora di pranzo ed entrambi erano seduti al tavolo della mensa, insieme gli altri.
“È l’alfabeto della lingua dei segni” – spiegò lui, mostrandole il foglio.
“La lingua dei segni?” – fece eco lei, dando un’occhiata sfuggevole al foglio, per poi tornare a guardare Dean.
“Sì, sto provando ad imparare qualcosa” – sorrise il biondo.
Lisa sollevò le sopracciglia.
“Perché?” – chiese lei, confusa.
“Perché, cosa?” – rispose distrattamente lui, mentre studiava il foglio, concentrandosi sui movimenti delle dita.
“Perché lo stai facendo?” – precisò la ragazza.
Dean sollevò gli occhi dal foglio e la guardò, aggrottando la fronte.
“Non c’è un motivo…ho chiesto a Cas di insegnarmi qualcosa, tutto qui” – rispose, semplicemente – “Guarda, ti faccio vedere come si dice Lisa…” – continuò, sorridendole.
“Tu non hai bisogno di imparare queste cose, Dean” – lo interruppe bruscamente lei – “Tu non sei sordo” – sottolineò infine.
“E allora?” – ribatté Dean – “Uno deve essere per forza sordo per imparare qualche parola della lingua dei segni?”
“Beh, sì!” – sbottò Lisa, a voce alta, interrompendo il vociare la tavolo e attirando così l’attenzione di tutti su di loro.
“Lo pensi veramente, Lisa?” – chiese duramente lui. Gli occhi fissi su di lei.
La ragazza non riuscì a sostenere il peso di quegli occhi e abbassò lo sguardo, rimanendo in silenzio.
Aveva già visto quell’espressione sul volto di Dean, anche se in poche occasioni. Tuttavia, in nessuna di queste lei era coinvolta. Lui non l’aveva mai guardata così. E ora, invece…
Il suono della campanella non riuscì a scuotere nessuno dei due. Pian piano, vennero circondati dallo stridore delle sedie che si spostavano, dal vociare degli studenti che si disperdeva mano a mano che la mensa si svuotava, e dal clangore dei vassoi vuoti, impilati gli uni con gli altri sugli appositi ripiani.
“Ehi, Dean” – lo chiamò Benny, già in piedi e distante dal tavolo.
Dean indugiò un attimo.
“Devo andare, o farò tardi alla prossima lezione” – disse il biondo, alzandosi dalla sedia e raccogliendo le sue cose.
Lisa rimase seduta.
“Nel pomeriggio ho l’allenamento con la squadra, ma…se vuoi dopo possiamo vederci” – disse lei, flebile.
“Mi dispiace, ma non posso. Sono da Cas per fare matematica…ho un test la prossima settimana e sono nella merda” – sospirò lui.
“Capisco…”
Il ragazzo si abbassò verso di lei e le diede un bacio veloce sulla guancia. La ragazza chiuse gli occhi.
“Ci sentiamo più tardi” – mormorò Dean, prima di allontanarsi e raggiungere Benny.
Lisa annuì. Rimase lì, nella mensa ormai vuota, mente Dean usciva dalla porta e scompariva dalla sua vista.
 
°°°
 
“E quelli?” – chiese quel pomeriggio Dean, indicando alcuni libri sulla scrivania di Castiel.
Sono i miei compiti per domani”.
“Cosa? Per domani?” – esclamò il biondo, incredulo.
Il moro annuì.
Ieri ho iniziato il programma scolastico con il nuovo tutor”.
“Ah, sì? E che tipo è?” – domandò l’altro, curioso.
È una donna. Si chiama Naomi”.
Dean ridacchiò.
“È carina, almeno?” – chiese, ammiccando.
Castiel gli sorrise.
Non esattamente”.
“Oddio, non sarà una di quelle vecchie con la dentiera che si muove, vero?” – gesticolò il biondo, con una smorfia sul viso.
Il ragazzo dagli occhi blu rise.
No, non è vecchia e non ha la dentiera”.
Dean ghignò e si avvicinò alla scrivania, prendendo poi uno di quei libri e iniziando a sfogliarlo distrattamente.
“E devi fare tutto questo per domani?” – chiese.
Il moro annuì.
“Non ti invidio per niente, Cas”.
 
Cosa vi ha spiegato mia madre finora?”
“Ehm” – esitò Dean, sfogliando le pagine del libro di testo – “Abbiamo fatto i massimi e i minimi, con il metodo delle derivate” – scandì bene, leggendo il titolo del capitolo.
Con quale metodo?
Dean lo guardò, confuso.
“Perché, esiste più di un metodo?” – borbottò poi, con disappunto.
Castiel annuì.
Esistono due metodi”.
Il biondo si incurvò sulla scrivania e appoggiò lentamente la fronte sul libro, suscitando l’ilarità del moro.
Castiel mise una mano sulla spalla di Dean, per richiamare la sua attenzione.
Dai, ti faccio vedere”.
“Sei un angelo, Cas” – sospirò Dean.
Il ragazzo sorrise.
Beh, il nome c’è...
Il cellulare di Dean iniziò a vibrare sulla scrivania e, contemporaneamente, il display si illuminò. Il biondo lo prese in mano e guardò lo schermo, per poi posarlo nuovamente sulla scrivania, ignorandolo.
Castiel lo osservò, perplesso.
“Ok, allora iniziamo…dal primo metodo?” – chiese Dean.
Il moro indugiò un attimo, prima di annuire e mettere mano al block notes.
Va bene. Allora, il primo metodo si basa sul fatto che nei punti stazionari la tangente è orizzontale, e quindi la derivata deve essere nulla”.
“I punti stazionari sarebbero…?”
I massimi, i minimi e i flessi a tangente orizzontale”.
Dean arricciò le labbra.
Il moro riuscì a fatica a trattenere un sorriso.
Facciamo un esempio. Hai una funzione. Ci sei?
Il biondo annuì.
Devi calcolare per prima cosa la derivata f’(x) e porre f’(x)=0”.
Il telefono di Dean vibrò nuovamente. Il ragazzo si limitò ad osservarlo in silenzio, fino a quando il display si spense da solo.
Tutto bene?
“Sì, sì, tutto ok” – disse l’altro – “Andiamo avanti” – lo esortò poi.
Ok. Con questo metodo, non devi calcolare le derivate successive, devi solo risolvere la disequazione f’(x) >0. Però prima devi aver risolto l’equazione corrispondetene f’(x)=0
“Perché?”
Perché, risolvendo la disequazione, sai che tipo di funzione hai, crescente o decrescente, a seconda di com’è la derivata, positiva o negativa”.
Dean rimase in silenzio qualche istante.
“Aspetta, vediamo se ho capito: la funzione è crescente quando la derivata è positiva, e…decrescente, giusto? Ok, decrescente quando la derivata è negativa” – ripeté poi.
Esatto”.
Il biondo sorrise, soddisfatto.
Il cellulare vibrò nuovamente. Dean sospirò e, dopo un attimo di indecisione, decise di prenderlo in mano. Il display mostrava sempre lo stesso nome: Lisa.
Puoi rispondere, se vuoi”.
Dean lesse il block notes, per poi tornare a guardare lo schermo.
“No, non importa” – asserì, posando il telefono sulla scrivania.
Il moro guardò attentamente il biondo.
Sei sicuro?
L’altro annuì.
“Ok, e adesso come faccio a sapere se si tratta di un punto minimo o massimo o…come si chiamava l’altro?” – chiese Dean, riportando la sua attenzione sul libro.
Castiel esitò un attimo. C’era qualcosa che non andava, anche se non riusciva a capire cosa. Ma, alla fine, decise di non chiedere nulla.
Allora, se la derivata è crescente prima e decrescente poi, hai…
 
Dean sbuffò per l’ennesima volta.
Non ti piace proprio la matematica, eh?
Dean rise, scrollando la testa. Inarcò leggermente la schiena, stiracchiando le braccia.
Castiel lo osservò, divertito.
Ti va una pausa?
Il biondo sollevò le sopracciglia, sorpreso.
“Davvero?” – chiese, quasi incredulo.
Il moro annuì.
Che ne dici di un sandwich al burro di arachidi?
“Oddio, sì!”
 
Finita la merenda, Dean si lasciò cadere soddisfatto sul letto di Castiel. Il moro lo raggiunse con il block notes in mano, e si sedette accanto a lui. Rimasero un po’ in silenzio.
“Cas, mi insegni qualche altra parola?” – chiese ad un tratto il biondo.
Castiel sorrise e annuì. Puntò le mani sul materasso e si lasciò scivolare indietro, verso il centro del letto, mentre contemporaneamente si toglieva le scarpe. Con un gesto della mano, invitò l’altro a fare altrettanto. Entrambi i ragazzi si trovarono così uno di fronte all’altro, seduti sul letto, con le gambe incrociate.
Continuiamo con le parole di base, quelle che si usano di più in una conversazione”.
Dean annuì.
Castiel portò la mano destra al petto, e alzò la sinistra, con il palmo aperto verso l’alto. Spostò poi la mano destra verso la sinistra, facendo quindi combaciare il dorso destro con il palmo sinistro.
Questo è BENE, BUONO”.
Il biondo ripeté più volte il gesto, sotto l’occhio attento del moro.
Per la parola MALE, CATTIVO, il gesto è molto simile, ma la mano destra deve toccare la sinistra facendo combaciare invece i due palmi”.
“Così?” – domandò l’altro, eseguendo lentamente il gesto.
Castiel annuì, sorridendo.
“Sono simili anche questi” – constatò il ragazzo.
Il moro annuì, nuovamente.
Il ragazzo con gli occhi blu alzò una mano, con il solo dito indice puntato verso l’alto, facendolo poi oscillare lateralmente, come se fosse il pendolo di un metronomo.
Questo è DOVE”.
“Inteso come domanda?” – si informò Dean.
Sì, come domanda. Per esempio: DOV’E’ IL BAGNO? Unisci la parola DOVE e la parola BAGNO”.
“E come si dice bagno?”
Castiel alzò di nuovo la mano destra, chiusa in un pugno, con il palmo rivolto verso Dean, ma con il pollice intrappolato tra il dito indice e quello medio.
Dean si umettò le labbra, concentrandosi sui movimenti delle proprie dita, quando si cimentò a ripetere il gesto.
“Non riesco a mettere il pollice tra l’indice e il medio” – ammise, dopo alcuni tentativi andati a vuoto.
Castiel sorrise leggermente e prese la mano del biondo tra le sue. Con calma, il moro riuscì a guidare il pollice di Dean nella posizione corretta.
Ecco, così”.
“G-Grazie…” – sorrise timidamente l’altro.
 
Il moro sollevò entrambe le mani a palmo in su e, facendo leva sui gomiti, le spostò, facendole oscillare verso l’interno e verso l’esterno.
Questo è COSA, QUALE, sempre in forma di domanda. Una frase di base è: QUAL’E’ IL TUO NOME?
Dean annuì, attento.
E anche in questo caso unisci QUALE – TUO – NOME, che hanno gesti distinti”.
Castiel alzò la mano destra, il palmo rivolto verso l’interlocutore.
TUO”.
Il moro poi sollevò nuovamente la mano, puntando solo l’indice verso l’altro.
Anche questo è TUO. Puoi usare uno dei due gesti, è uguale”.
“Ah, ok…”
Castiel sollevò entrambe le mani, la destra più della sinistra, i palmi rivolti verso di sé, e solo il dito indice e medio estesi. La mano destra si abbassò verso la sinistra, fino a che le dita dell’una toccarono quelle dell’altra in maniera perpendicolare, creando così una sorta di croce.
NOME
“Qual è…il tuo…nome” – ripeté Dean, accompagnando alla voce i gesti che l’altro di aveva appena mostrato.
Castiel annuì.
“E per rispondere? Cioè, per dire ‘il mio nome è…’?” – chiese il biondo.
Il concetto è sempre quello: IL MIO NOME – È – il tuo nome composto con le lettere dell’alfabeto”.
“Il mio nome come si dice?”
Lo stesso gesto di prima, ma anticipato da una mano sul tuo petto, per indicare te stesso”.
“E il verbo?”
Il moro alzò la mano destra, mostrando indice e medio divaricati, richiamando il simbolo di vittoria, ma con il pollice portato alla base dello spazio tra le due dita.
Dean si morse un labbro, pensieroso.
“Allora, il mio nome…” – mano sul petto, dita a croce – “è…” – simbolo di vittoria con pollice alla base delle due dita – “Dean”.
Castiel sorrise, malizioso.
Come si dice Dean con l’alfabeto?
L’altro sospirò, arreso.
“In questo momento non me lo ricordo” – ammise, in imbarazzo.
Il moro stirò le labbra in un sorriso.
Per questa volta non importa, ma se vuoi imparare, l’alfabeto è la base e lo devi sapere a memoria”.
“Ok” – annuì il biondo.
 
“Cas, mi insegnerai anche le parolacce?” – chiese Dean, divertito.
Castiel rise, scrollando la testa.
Rassegnati, Dean. Non ti insegnerò le parolacce”.
Piuttosto…vediamo se ti ricordi cosa ti ho insegnato al parco”.
Il biondo aggrottò le sopracciglia.
“Cas, fai le verifiche a sorpresa?”
 
“Come si dice amici?”
Il moro sollevò entrambe le mani, a palmo in giù, all’altezza del petto. Le chiuse poi entrambe a pugno, lasciando in estensione solo gli indici. Avvicinò in seguito le due mani e, prima che le due dita si toccassero, con la leggera rotazione di entrambi i polsi, fece in modo che i due indici si agganciassero tra loro, come due uncini.
Dean osservò attentamente e ripeté il gesto.
“Amici” – asserì poi, facendo sorridere Castiel.
 
“Cas” – indugiò Dean – “C-come si dice ti voglio bene?”
Castiel ebbe un attimo di indecisione. Si morse un labbro e mise mano al taccuino.
TI VOGLIO BENE e TI AMO, sono pressoché sinonimi nella lingua dei segni”. [*]
“Davvero?” – chiese il biondo, sorpreso.
Il moro annuì.
Ci sono due modi per dirlo. Il primo usa le lettere dell’alfabeto e richiede una mano sola”.
Castiel alzò la mano destra, col palmo verso l’interlocutore, e puntando solo l’indice verso l’alto. Poi, in successione, mostrò anche il pollice, ed infine il mignolo.
“Assomigliano a delle corna” – sorrise Dean, divertito.
Anche il moro sorrise.
“E l’altro modo?”
L’altro modo è più complesso. Richiede anche una certa mimica facciale e soprattutto la ripetizione delle parole con il labiale”.
“Perché?”
Castiel guardò un attimo Dean negli occhi.
Perché stai esprimendo un sentimento molto forte ad un’altra persona”.
Dean rimase in silenzio.
Castiel posò il block notes e iniziò. Si portò la mano destra al petto, poi strinse i pugni di entrambe le mani, facendo in seguito incrociare le braccia a livello dei polsi. Avvicinò al cuore questo nuovo gesto creato, per poi scioglierlo in una semplice mano con l’indice puntato verso Dean. Di nuovo, ripeté con calma il gesto, scandendo le parole con il movimento delle labbra.
Dean socchiuse leggermente la bocca, piacevolmente sorpreso.
“È…molto bello” – asserì, piano – “Più bello del primo”.
Il moro abbozzò un sorriso.
“Ti…voglio…bene” – sussurrò il biondo, ripetendo i gesti dell’altro.
Entrambi si guardarono negli occhi, in silenzio.
All’improvviso, la vibrazione del cellulare sulla scrivania fece distogliere lo sguardo di Dean, e Castiel ne seguì automaticamente la direzione. Rimasero così qualche secondo.
Che ne dici di tornare a fare i compiti?
Dean lesse e fece una smorfia.
Devi ancora imparare il secondo metodo”.
“Per forza?” – pigolò il biondo.
Sì, per forza”.
 
°°°
 
Nella penombra della stanza, si sentivano solo fruscio di lenzuola e gemiti non propriamente sommessi. La ragazza, ansimò forte, al culmine del piacere. Nel giro di breve tempo, seguì un gemito roco, incontrollato. Il ragazzo rimase fermo qualche istante, per poi sollevarsi, facendo leva sulle braccia. Si accasciò supino accanto a lei, con le labbra dischiuse e il respiro corto. Poco dopo, scostò le coperte e si mise seduto sul bordo del letto. Si sfilò il preservativo e lo gettò nel cestino lì accanto.
“È stato…wow!” – sospirò forte lei, passandosi una mano tra i capelli.
Dean si voltò verso la giovane, per poi scivolarle accanto, sotto le coperte.
“Ne dubitavi?” – sussurrò lui sulla sua pelle, mentre la ragazza si copriva il seno con il lenzuolo.
“No” – sorrise lei.
Dean ridacchiò.
“Lisa, a che ora hai detto che tornano i tuoi?” – disse il biondo, girandosi meglio su un fianco.
Lei lo osservò, divertita.
“Come mai questa domanda?”
Il ragazzo mugolò qualcosa nel cuscino.
“Dean” – lo richiamò lei.
“Mi chiedevo se avevamo ancora tempo per…”
“Per?”
“Oh, andiamo Lisa, lo sai…”
“Voglio sentirtelo dire” – lo sfidò lei, maliziosa.
Lui si avvicinò e bisbigliò qualcosa nell’orecchio di lei, facendola rabbrividire piacevolmente.
Lisa si morse un labbro, trattenendo a stento un sorriso.
“Uhm…vedremo”.
 
Un breve ronzio sordo fece aprire gli occhi a Lisa. La ragazza batté le palpebre un paio di volte. E sorrise. Di fronte a lei, Dean dormiva a pancia in giù, con il volto mezzo nascosto nel cuscino. Le labbra erano leggermente schiuse e l’espressione del viso rilassata.
La ragazza allungò una mano e gli accarezzò una guancia. Muovendosi lentamente, scivolò fuori dal letto e controllò l’ora sul display del cellulare, per poi iniziare a vestirsi con calma.
Di nuovo, quel ronzio spezzò il silenzio della stanza, attirando l’attenzione della giovane. Lisa percorse la camera con lo sguardo, cercando di capire da dove provenisse quel rumore, ma invano.
Mentre si infilava la maglietta, il ronzio si ripresentò. E fu allora che capì di cosa si trattava. Si avvicinò al letto, a piedi nudi, e si chinò per raccogliere i jeans di Dean, abbandonati sul pavimento. Frugò nelle tasche e ne tirò fuori il cellulare. Lo schermo era ancora illuminato. L’immagine dello sfondo ritraeva lei e il ragazzo, sorridenti. Lisa sorrise. Ricordava bene quella foto. Era stata scattata il giorno del loro primo appuntamento. Ci aveva messo parecchio per convincere Dean a farla. E adesso, eccola lì. La prima cosa che il biondo vedeva quando accedeva al telefono.
L’attenzione della ragazza fu richiamata dall’icona dei messaggi, distogliendola così da quel ricordo. Erano arrivati alcuni messaggi. Lisa osservò per qualche secondo il display, mordendosi un labbro. Rivolse lo sguardo al ragazzo che dormiva nel suo letto, per poi riportarlo sul display. Con un veloce tocco delle dita, aprì l’applicazione dei messaggi.
 
[16:40] – Da Cas a Dean
Com’è andato il test di matematica?
 
[16:42] – Da Cas a Dean
Spero che mia madre non sia stata troppo severa.
 
[17.17] – Da Cas a Dean
Oggi, invece, Naomi ha dato il meglio di sé con i compiti per il week-end.
 
[17.25] – Da Cas a Dean
Devo ancora capire se è lei che è così, o se in qualche modo si diverte a riempirmi di lavoro. Forse non le vado a genio.
 
[17:37] – Da Cas a Dean
Quando torni, passa da me, devo farti vedere una cosa.
 
Lisa aggrottò la fronte. E un guizzo di stizza si impadronì di lei. Rilesse tutti i messaggi e, ogni volta, i suoi occhi si fermavano su quel nome: Cas. Cas, Cas, Cas. Diede un’altra occhiata a Dean, per essere sicura che stesse ancora dormendo. Lentamente poi si voltò, allontanandosi di qualche passo.
Riportò lo sguardo sullo schermo e velocemente scrisse un messaggio.
 
[17:45] – Da Dean a Cas
Castiel, lasciami in pace! Sono con Lisa.
 
E premette invio.
 
“Lisa…” – biascicò una voce alle sue spalle.
La ragazza si voltò di scatto.
Dean si sollevò e si mise seduto, stropicciandosi gli occhi con le nocche delle mani.
“Ciao…” – disse poi, soffocando il saluto in uno sbadiglio.
“Ehi…” – arrancò lei, nascondendo le braccia dietro la schiena.
“Che ore sono?”
“Sono quasi le sei…”
“Umf” – mugolò contrariato lui – “È tardi…e chi la sente mia madre adesso”.
Lisa rimase in silenzio.
Dean si sporse dal letto, per recuperare i boxer dal pavimento. Con un rapido movimento di fianchi, li indossò e scese dal letto, raccogliendo il resto dei vestiti. Mentre tirava su la zip dei jeans, si avvicinò alla ragazza.
“Tutto bene?” – chiese sorridendo e accarezzandole il viso con il dorso della mano.
Lisa annuì, abbozzando un sorriso.
“Che cos’hai lì dietro?” – si incuriosì il biondo, guardandola.
La ragazza si irrigidì, facendo qualche passo indietro.
Dean iniziò a ridere.
“È qualcosa per me?” – azzardò, avanzando verso di lei – “Dai, fammi vedere”.
Lei arretrò nuovamente.
“E dai…” – la incitò lui, sorridendo e solleticandole il fianco, nel tentativo di farla cedere.
Lei tentò si sottrarsi, contorcendosi al quel tocco e facendo così cadere il telefono del ragazzo sul pavimento.
Dean si fermò, aggrottando la fronte.
“È il mio telefono, quello?” – chiese, perplesso.
Lisa abbassò lo sguardo, senza dire nulla.
Il biondo si chinò e raccolse il cellulare, rigirandoselo tra le mani.
“Mi ha chiamato qualcuno? – domandò alla ragazza.
“N-no” – balbettò lei, in risposta.
“Sicura?”
La giovane annuì.
Dean la osservò per qualche secondo e mise mano al telefono, accedendo alla schermata di sblocco. Fece scorrere un dito sul display e subito gli apparve l’applicazione dei messaggi. Con il pollice fece scorrere lo schermo, per poi bloccarsi. I suoi occhi rimasero a fissare il cellulare per qualche istante, per poi saettare subito su Lisa, increduli.
“Che cazzo hai fatto?” – sibilò lui, stringendo forte il telefono in una mano.
La ragazza chiuse gli occhi, cingendo le braccia attorno a sé.
“Perché?” – sputò fuori Dean – “Perché l’hai fatto? Perché hai scritto una cosa così...”
“Così come?” – lo interruppe lei, sfidandolo con lo sguardo.
Dean si morse una guancia.
“Cattiva” – ribatté lui.
Lisa non rispose.
Il biondo si passò una mano sul viso e si scostò da lei per prendere la giacca dalla sedia lì accanto, e si diresse verso la porta. Con un gesto rapido, la ragazza lo raggiunse e gli si parò di fronte, fermandolo.
“Dean…io…non so cosa mi sia preso…scusami” – sussurrò lei, flebile.
Il ragazzo la guardò, umettandosi le labbra.
“Lisa…in questo momento sono molto incazzato, e…” – deglutì – “È meglio che me ne vada, perché altrimenti potrei dire cose che…cose non belle, di cui poi potrei pentirmi”.
“Dean…” – tentò nuovamente lei.
“Fammi…fammi solo sbollire la cosa, ok?”
“Ok…”
Il biondo si spostò leggermente di lato e la superò, sfiorandole la spalla e uscendo definitivamente dalla stanza.
Quando la porta d’ingresso si chiuse con un sonoro tonfo, Lisa si portò le mani al viso e iniziò a piangere.
 
“Cazzo!” – sibilò a denti stretti Dean, una volta uscito.
Si allontanò velocemente, lasciandosi la casa di Lisa alle spalle. Prese il telefono dalla tasca della giacca e scrisse un messaggio.
 
[18:17] – Da Dean a Cas
Cas, il messaggio che hai ricevuto prima non l’ho scritto io.
 
Sospirò e premette invio. Continuò a camminare lungo il marciapiede, scalciando con rabbia ogni sassolino che incontrava. Tenne costantemente d’occhio il telefono, in attesa di una risposta, ma invano.
 
[18:28] – Da Dean a Cas
Ti prego, Cas…credimi.
 
Dopo qualche secondo il cellulare vibrò nella sua mano e il display si illuminò.
 
[18.28] – Da Cas a Dean
Lo so, ti credo, Dean.
 
Il biondo tirò un sospiro di sollievo, mentre il telefono riprese a vibrare nuovamente.
 
[18:29] – Da Cas a Dean
Tu non mi chiami mai Castiel.
 
Dean sbuffò in una risata liberatoria, e si ritrovò a sorridere di fronte allo schermo.
 
°°°
 
Nelle settimane successive, la tensione tra Dean e Lisa non solo non accennò a diminuire, ma si mantenne alta. Ogni minima cosa, anche la più piccola e insignificante, faceva scattare uno dei due, in particolar modo la ragazza. Sempre più spesso, una semplice discussione sfociava in un litigio o, nel migliore dei casi, in un battibecco. E, ben presto, i loro scontri passarono dall’essere strettamente privati, al divenire di dominio pubblico. Davanti agli armadietti, in mensa, o nel cortile della scuola, Dean e Lisa davano spettacolo, attirando l’attenzione e la curiosità degli altri studenti, mentre i pettegolezzi si rincorrevano l’un l’altro come elettricità sui fili dell’alta tensione.
 
“Cosa succede tra te e la cheerleader?” – intervenne un giorno Charlie, mordicchiando distrattamente una patatina.
Aveva appena assistito all’ennesimo scontro tra i due ragazzi, prima che Lisa decidesse di alzarsi e di abbandonare il tavolo della mensa, senza dire una parola.
Dean fece cadere la forchetta sul vassoio e si passò una mano sul viso.
“Non lo so nemmeno io…” – sospirò.
Charlie alzò le sopracciglia, poco convinta.
“Credimi, davvero, non lo so…” – rimarcò lui – “È…non capisco, è nervosa, ha da ridire su tutto, certe volte mi dà così sui nervi che…” – gesticolò, fissando il tavolo.
La ragazza lo osservò, in silenzio.
“Dean…” – tentò lei.
“Non la riconosco più” – la interruppe il biondo, piatto.
La rossa sospirò. La situazione non le piaceva, per niente. E, ben presto, un brutto presentimento si fece strada nella sua mente: c’era aria di tempesta in arrivo.
 
°°°
 
“Io non so più cosa fare” – sospirò la ragazza, seduta sul letto, nella solitudine della sua stanza.
Appoggiò una mano sulle coperte, richiamando alla mente tutte quelle volte in cui lei e Dean avevano fatto sesso sotto quelle lenzuola, compresa l’ultima volta. Soprattutto l’ultima volta.
“Cosa succede, Lisa?” – chiese una voce dall’altro capo del telefono.
“Con Dean…le cose non stanno andando bene” – ammise la giovane.
“Mmf”
“Bela…” – tentò di ammonirla Lisa, sapendo già dove l’amica volesse andare a parare.
Bela Talbot era la ragazza più popolare della scuola. Capitano delle cheerleader, ed eletta più volte reginetta del ballo di fine anno, la ragazza vantava una certa reputazione, sia per il numero di cuori infranti, sia per le favolose feste che ospitava nella sua casa, alla periferia di Lawrence.
“Oh, Lisa, lo sai come la pensavo, quando hai mollato Nick per metterti con Winchester”.
“Dean è migliore di Nick” – asserì la ragazza.
“La pensi ancora così? Voglio dire…Nick era pazzo di te, Lisa. E lo è ancora adesso, lo sai. Potresti dire lo stesso di Dean?”
“Sì, lui era…”
“Era?” – la interruppe Bela – “E adesso? Lo è anche adesso?” – incalzò poi.
“Non lo so…” – sospirò Lisa, affranta.
 
“So io cosa ci vuole” – intervenne Bela, divertita.
“Cosa?”
“Una bella festa”.
“Una festa?” – fece eco l’altra, confusa – “Per cosa?”
“Come per cosa? Tesoro, tra poco è Halloween!”
 
°°°
 
“Ahio!” – pigolò Dean, massaggiandosi la mano.
“Ti avevo avvertito” – disse Mary, risoluta.
“Ma mamma…” – tentò il giovane.
Sammy, lì vicino, iniziò a ridere.
“Non fare lo spiritoso, Samuel, perché ti ho visto prima, sai?” – lo richiamò la donna.
Il minore spalancò gli occhi, sorpreso.
“Mamma, come puoi pretendere di tenere lì quel coso, e non farci nemmeno avvicinare?” – borbottò il maggiore.
Mancavano un paio di settimane ad Halloween e, come tutti gli anni, Mary aveva iniziato ad addobbare la casa a tema. Le piaceva molto creare a mano le decorazioni, e aveva dato inizio a quella che ormai era diventata una tradizione mentre Dean cresceva nel suo grembo. Ma la cosa che più attendeva con impazienza, erano le due zucche che il marito le portava a casa ogni anno, già intagliate da lui stesso. La donna aggiungeva una candela accesa in ciascuna di esse, per poi posizionarle sui gradini dell’ingresso. La signora Winchester dava il via ai preparativi diversi giorni prima della festività effettiva, compreso un grande cesto, riempito di dolcetti e leccornie varie, che lasciava sul tavolo del salotto. Cesto che, ogni volta, attirava i figli, come il miele con le api.
“Questi sono i dolcetti per i bambini del quartiere che verranno a bussare alla nostra porta, Dean” – spiegò la madre, per l’ennesima volta.
“Ne ho solo preso qualcuno, il cesto è pieno!” – insisté il biondo.
“Se continui così, non rimarrà pieno ancora per molto” – ribatté lei – “E ora forza, voi due, a lavarsi le mani. Tra poco si cena”.
 
“Allora, progetti per Halloween?” – intervenne John a tavola, mentre versava un cucchiaio di patate nel piatto.
“Io sono ad una festa” – rispose Dean con la bocca piena, guadagnandosi così un’occhiataccia dalla madre.
“Ah, sì? Dove?” – domandò l’uomo.
“Dai Talbot”.
“Umf…boriosi” – bofonchiò il padre, con la bocca piena, guadagnandosi così anch’egli un’occhiataccia da parte della moglie.
 
“Ehm” – esordì Sam, appoggiando la forchetta nel piatto – “Anche io sono stato invitato ad una festa”.
Tutti i presenti si voltarono verso il più piccolo di casa.
“Ma non mi dire…” – sorrise Dean, sornione.
“Davvero, tesoro? E a quale festa?” – gli chiese dolcemente Mary.
Sam abbassò lo sguardo, stropicciando i lembi del tovagliolo con le mani.
“È…una mia compagna di classe ci ha invitati a casa sua” – balbettò.
Il fratello maggiore faticò a nascondere un sorriso.
“E come si chiama questa tua compagna?” – domandò il padre.
Sammy esitò un attimo.
“Ruby” – smozzicò – “Posso andare?” – si affrettò poi a chiedere, rivolto ai genitori.
John e Mary si scambiarono una veloce occhiata di intesa.
“I genitori di questa Ruby saranno in casa?” – chiese la donna.
Sam annuì.
“Va bene, allora. Magari può portarti Dean, mentre va alla sua festa, no?” – asserì l’uomo, riferendosi al maggiore.
Dean guardò il fratello e i suoi occhioni da cucciolo bastonato che tirava fuori in queste occasioni.
“Certo” – sorrise. Allungandosi e scompigliando i capelli del minore con una mano.
 
°°°
 
“Ok, qui ho finito” – disse la donna, posizionando l’ultimo spillo – “Adesso lo puoi togliere, ma fai piano perché è ancora imbastito”.
“Come sto?” – chiese Dean, raggiante, allargando le braccia e girando su sé stesso.
Sam e Castiel erano seduti sul divano ed entrambi alzarono il pollice in alto, in segno di approvazione.
Il biondo si svestì lentamente, affidando poi alla madre quello che sarebbe stato il suo costume per Halloween. Il costume di Capitan America.
Anche questo faceva parte della tradizione, per la donna. Mary adorava creare e cucire personalmente i costumi per i propri figli. Nel corso degli anni, aveva dato vita a Batman, Robin, Zorro, un pirata, Superman, un lottatore di wrestling, uno zombie e molti altri personaggi.
“Castiel, forza, tocca a te” – disse la signora Winchester, facendo segno al ragazzo di raggiungerla.
Dean aveva chiesto alla madre di fare un costume anche per lui, e la donna ne fu subito entusiasta.
Il moro si irrigidì e guardò Dean, smarrito.
“Cas, è Halloween, devi avere un costume” – spiegò Dean, mentre si rivestiva.
Il ragazzo indugiò un attimo.
Io non conosco questa Bela”.
“Non importa. Ha detto che potevo portare chi volevo. Non vuoi venire alla festa?”
Ma io…
“Dai Cas, guarda” – disse il biondo, mostrandogli un foglio – “Che ne dici di questo? Secondo me è perfetto”.
Il moro osservò il foglio, alzando le sopracciglia.
Non so chi sia”.
Dean ridacchiò e si ripromise, prima o poi, di arricchire le conoscenze cinematografiche dell’amico.
“È Bucky. Era il migliore amico di Capitan America” – spiegò poi.
Era?
“È una lunga storia. Te la spiego dopo”.
Castiel prese il foglio e si alzò dal divano, per poi raggiungere Mary, riluttante.
“Dai, togliti i vestiti, così prendo le misure” – esordì la donna.
Castiel rimase fermo e abbassò lo sguardo. L’idea si doversi spogliare di fronte alla signora Winchester lo imbarazzava tantissimo.
Mary se ne accorse e gli si avvicinò, sorridendo.
“Castiel, non ti devi vergognare con me. Ho cresciuto due figli maschi” – lo tranquillizzò.
Il ragazzo abbozzò un sorriso.
“E, a dire il vero, Dean valeva per due”.
“Mamma!” – la rimproverò il maggiore dal divano.
Mary rise e Castiel con lei.
 
 
°°°
 
 
“Sammy, muoviti o facciamo tardi!” – gridò Dean dalla porta di ingresso.
“Arrivo!” – rispose il minore, scendendo dalle scale, mentre un lungo mantello rosso svolazzava leggero dalle sue spalle.
Il biondo osservò il fratello, divertito.
“Che c’è?” – chiese Sam, corrugando la fronte.
“Nah, niente. Dai, andiamo grande Thor” – incitò il maggiore, sorridendo.
“E lo scudo?” – domandò il minore.
Dean si voltò, facendo mostra dell’accessorio più importante del suo costume.
“Wow…posso toccarlo?”
“Certo”.
Sam lo accarezzò con la punta delle dita, per poi battervi sopra le nocche delle mani.
“Sembra quello vero” – ridacchiò.
“Già, papà ha fatto un gran bel lavoro” – sorrise il biondo – “E il martello?”
Il minore glielo porse, orgoglioso.
Il maggiore lo prese tra le mani e lo soppesò.
“È pesante…ehi tigre, ce la fai a tenerlo in mano?” – chiese poi, sardonico, guadagnandosi un’occhiata torva da parte del fratello.
 
I due uscirono di casa e percorsero il marciapiede, fino alla casa di Castiel.
“E Ruby, da cosa sarà vestita?” – chiese Dean, ammiccando.
“Non me l’ha voluto dire. Ha detto che sarà una sorpresa” – ammise Sam, mentre il maggiore cercò di sopprimere un sorriso malizioso.
Una volta di fronte all’ingresso di casa Novak, suonarono il campanello. Quando la porta si aprì, i due fratelli si trovarono di fronte Castiel, nel suo costume da Bucky.
“Wow, Cas! Stai benissimo!” – esordì Sam, stupito.
Il moro gli sorrise in risposta, per poi guardare Dean.
Il biondo era lì, fermo davanti alla porta, con le labbra leggermente socchiuse. Il costume di Bucky aderiva perfettamente al corpo dell’amico, delineando la linea stretta della vita e la tonicità delle spalle, delle braccia e delle gambe. E quegli occhi blu…
“Dean?” – lo richiamò Sam.
Il maggiore si riscosse dai suoi pensieri.
“Hai visto il braccio? È perfetto!” – esclamò il più piccolo, entusiasta – “Riesci a muoverlo bene?” – chiese poi rivolto al ragazzo con gli occhi blu.
Castiel alzò il braccio e lo piegò diverse volte, lasciando Sam a bocca aperta.
Anche il braccio artificiale del costume di Bucky era stato creato dalle mani sapienti di John Winchester, durante i ritagli di tempo in officina, su richiesta di Dean. Essendo una cosa da indossare e da tenere per tutto il tempo, a differenza dello scudo e del martello, era stato fatto in alluminio, un materiale molto leggero e ben adatto alla lavorazione. Indossarlo era piuttosto facile, e si fissava con chiusure sistemate appositamente per trovarsi nella parte interna del braccio e quindi non visibili. A livello del gomito John era stato costretto a lasciare uno spazio, affinché Castiel potesse muovere l’articolazione liberamente. Anche il polso è stato lasciato libero, mentre la mano sarebbe stata coperta da un guanto nero. Il tutto poi era stato completato con una mano di vernice color argento, come base, e perfezionato con il disegno di una stella a cinque punte, di colore rosso, sulla parte alta del braccio.
“Dean, ci sei?” – lo richiamò nuovamente il minore.
“S-stai benissimo, Cas…” – arrancò il maggiore, abbozzando un sorriso.
Castiel si portò una mano al mento, per poi allontanarla in avanti e verso il basso, mimando un grazie con le labbra.
 
“Uhm…chi abbiamo qui?” – intervenne una voce alle spalle di Castiel.
Balthazar fece capolino dalla porta, affiancandosi al fratello.
“Oh, un fortissimo Thor, vedo…” – aggiunse, sorridendo a Sam – “E…” – continuò, guardando ora Dean, ora Castiel – “Steve e Bucky. Ma tu guarda…” – constatò infine, stringendo le labbra in un sorriso malizioso.
 
Dopo aver lasciato Sam a casa di Ruby, con la promessa di passarlo a prendere ad una determinata ora, Dean e Castiel giunsero finalmente a casa Talbot. O, sarebbe meglio dire, a villa Talbot.
La casa di Bela era veramente enorme. Un grosso cancello in ferro battuto dava l’accesso ad un lungo vialetto, costeggiato da piccoli faretti che, al calar della sera, ne illuminavano il percorso. Intorno alla casa, il giardino si estendeva fino a perdersi nell’oscurità.
Castiel si guardò intorno, a disagio.
Dean lo notò e posò una mano sulla spalla del moro.
“Lo so, ha fatto lo stesso effetto anche a me, la prima volta” – lo tranquillizzò, sorridendo.
 
Poco dopo aver suonato il campanello, la porta si aprì, mostrando la padrona di casa avvolta in un aderentissimo costume di Catwoman.
“Winchester” – sorrise Bela, mettendosi una mano sul fianco.
Lo sguardo della ragazza passò in rassegna la figura di Dean.
“O dovrei dire Capitano…?” – ammiccò poi.
“Ciao, Bela” – le rispose il biondo, in un sorriso forzato.
“E tu sei…?” – chiese la ragazza, inclinando leggermente il viso e guardando Castiel.
“Lui è Castiel, un mio amico” – spiegò velocemente Dean – “Cas, lei è Bela” – aggiunse poi, voltandosi verso l’altro.
Il moro tirò fuori il block notes e vi scrisse velocemente qualcosa.
Piacere di conoscerti. E grazie per avermi invitato alla tua festa”.
Bela lesse il block notes e alzò le sopracciglia.
“P-prego, non c’è di che” – rispose lei, un po’ confusa – “Ma non state lì sulla porta! Entrate, la festa è dentro che vi aspetta” – aggiunge poi, ricomponendosi.
 
L’atmosfera che accolse i due ragazzi, non appena varcato l’ingresso, fu stupefacente. La casa era stata decorata con festoni e addobbi, tutti rigorosamente di colore arancione e nero, in linea con il tema della festa. C’erano parecchie persone, forse più di quanto la stessa casa ne potesse contenere. Un impianto stereo, di tutto rispetto, pompava musica attraverso le casse, mentre il vociare degli invitati si rincorreva da una parte all’altra della casa. Un lungo tavolo, vicino ad una delle finestre principali, offriva un grande varietà di cibo e di bevande, compresi anche diversi alcolici.
“Oh mio dio!” – squittì una voce, poco distante da loro.
Dean si girò, appena in tempo per vedere Charlie e gli altri venir loro incontro. Con una mano toccò il braccio di Castiel e indicò all’amico la direzione, facendo così sorridere il moro.
“Siete bellissimi!” – trillò di nuovo la rossa, per poi stringere entrambi in un grande abbraccio.
“Donna pirata, eh?” – constatò Dean, dopo averla osservata.
“Le migliori” – ammiccò lei.
“Ehi, Benny” – sorrise il biondo – “Non ti stancherai mai di questo costume da vampiro, uh?”
“Che ci vuoi fare amico, mi piacciono i classici” – fece spallucce l’altro.
“Non inizierai a brillare al sole, vero?” – chiese Dean, preoccupato.
“Piuttosto mi faccio tagliare la testa” – rispose Benny, con una smorfia.
“E…Chuck? Da cosa diavolo sei vestito?” – domandò Dean, osservando l’amico – “E quella cosa che hai in testa è…una pianta?”
Chuck sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Il ragazzo indossava una lunga tunica bianca, a maniche corte, fermata in vita con una corda color oro. I piedi calzavano dei sandali rudimentali, mentre il capo era cinto da una corona d’alloro.
Castiel richiamò l’attenzione del biondo, porgendogli il block notes.
Chuck è vestito da Zeus”.
“Zeus?” – fece eco l’altro.
Sì, è il padre degli dei. Secondo la mitologia greca è il dio più potente ed è a capo di tutti gli altri dei”.
“Oh, grazie al cielo ci sei tu, Castiel” – sospirò Chuck, alzando un braccio e minacciando scherzosamente Dean con la sua folgore di cartone.
 
“Ehm, Dean” – lo richiamò Charlie, schiarendosi la voce – “Credo che qualcuno ti stia cercando” – disse, accennando appena oltre le spalle di lui.
Il biondo si voltò e, poco distante, vide Lisa che lo stava guardando. Lisa indossava un vestito da…diavoletto. Un diavoletto decisamente molto, molto sexy. Un tubino, di colore rosso, a spalline strette, scendeva aderente fino alla vita, per poi allargarsi a poco a poco, e terminare con un orlo di pizzo tutto fronzoli. Da dietro le spalle, facevano capolino due piccole ali da diavoletto, anch’esse rosse, ricavate da un tulle imbrigliato in una solida impalcatura di velluto. I lunghi capelli neri erano sciolti e le ricadevano sulle spalle, e contrastavano con l’immancabile cerchietto rosso, sormontato da due piccole corna.
Dean le sorrise e si avvicinò.
“Ehi” – disse, cingendole i fianchi con le mani – “Sei bellissima”.
Il biondo si avvicinò alle sue labbra per un bacio, ma la ragazza si scostò leggermente, fissandolo negli occhi.
“Perché c’è anche Castiel?” – chiese bruscamente lei.
Dean la guardò con aria interrogativa.
“Bela ha detto che potevamo portare chi volevamo” – si giustificò Dean.
“Certo…” – ribatté lei, sarcastica.
“Lisa, cosa c’è che non va?”
La ragazza sospirò.
“Niente, va tutto bene” – rispose, piatta.
 
La festa procedeva a gonfie vele, come tutte quelle che si erano tenute a casa Talbot. Bela sapeva sempre come creare l’atmosfera giusta, quale musica scegliere e, soprattutto, quali persone invitare.
Lisa monopolizzò l’attenzione di Dean per gran parte del tempo. Al biondo questo non dispiacque affatto, anzi. Ultimamente, tutto quell’attrito tra loro, non aveva fatto altro che allontanarli. Per cui, il ragazzo non protestò di certo, quando lei lo condusse in un angolo della casa e lo baciò con passione. Dean ricambiò con altrettanto trasporto, mettendole una mano sulla nuca e inclinandole il viso per approfondire il contatto, mentre con l’altra mano la teneva stretta a sé.
“Sei davvero bellissima, stasera” – soffiò sulle labbra di lei.
Lisa strofinò leggermente il naso contro quello del biondo, sorridendo.
“Vieni” – bisbigliò poi al suo orecchio, mentre con una mano lo accompagnava sulla rampa di scale che portava al piano superiore.
“Cos’hai in mente, diavoletto?” – ghignò Dean, ottenendo in cambio un sorriso malizioso da parte della ragazza.
Il biondo diede un’ultima occhiata al piano inferiore e si fermò all’improvviso.
“Aspetta” – disse, bloccando Lisa.
“Che succede?”
Dean teneva lo sguardo fisso in un punto preciso del soggiorno. Un punto in cui c’era Castiel…e Nick. Il ragazzo si era avvicinato al moro e gli stava rivolgendo la parola.
Il biondo fece per sciogliere la stretta dalla mano di Lisa, ma lei lo trattenne.
“Dean” – lo richiamò.
Il ragazzo distolse lo sguardo dai due ragazzi e si girò verso di lei.
“Dai, vieni” – lo esortò la ragazza, per poi condurlo al piano di sopra.
Dean la seguì, poco convinto. Vedere Nick avvicinarsi a Castiel non gli era piaciuto affatto. Si ricordava fin troppo bene di quanto successo in piscina, e, sebbene Michael si fosse scusato due volte per il comportamento del fratello, al biondo non era di certo passata. Tuttavia accanto al ragazzo con gli occhi blu c’era Charlie, che era sempre rimasta con lui, e poco lontano anche Benny, e questo lo convinse a seguire Lisa sulle scale.
 
In un’anonima stanza, Dean si trovò disteso su un letto, mentre Lisa, ancora avvolta nel suo provocante costume, era a cavalcioni sopra di lui, dispensando sensuali carezze e baci infuocati.
“Che succede, Dean?” – sospirò ad un tratto la ragazza, notando con disappunto la poca partecipazione dell’altro.
Il biondo si morse un labbro.
“Forse dovremo tornare alla festa” – mormorò.
“Perché?” – domandò lei, accigliandosi.
“Sono…” – sospirò lui – “Ho visto Nick che si avvicinava a Cas…”
“E allora?”
“E allora…sono preoccupato” – ammise lui.
“Preoccupato?” – fece eco lei.
“Beh, dopo quello che è successo in piscina…”
“Dean è successo tempo fa. E poi, non lo mangia mica”.
“Lo so, ma…non mi piace”.
Lisa si alzò di scatto e scese dal letto. Allungò una mano sul comodino e accese una lampada.
“Io non ti riconosco più!” – esclamò all’improvviso lei, allargando le braccia.
Dean la guardò, con aria interrogativa.
“Non sei il Dean che ho conosciuto!”.
“Lisa, ma cosa…” – mormorò lui, confuso, mettendosi seduto sul bordo del letto.
“Da quando c’è di mezzo quel sordo tu sei cambiato!” – continuò la ragazza.
Dean si irrigidì.
“Lisa, quel ‘sordo’ ha un nome!” – sibilò.
“E va bene!” – sbuffò lei, irritata e alzando gli occhi al cielo – “Da quando c’è di mezzo quel Castiel, tu sei cambiato! Va bene così?” – chiese poi, sardonica.
Il biondo sospirò e si alzò dal letto, avvicinandosi alla ragazza.
“Lisa…per caso sei gelosa?” – tentò di sdrammatizzare lui, con un sorriso.
“E se così fosse?” – ribatté lei, dura.
Il ragazzo sbuffò in una piccola risata.
“Lisa…” – tentò lui, facendosi più vicino.
“Posso capire che ti faccia pena, Dean, ma tu non sei la sua balia!” – sbottò la giovane.
Il biondo fece un passo indietro e agganciò gli occhi di lei, incredulo. Rimase fermo per qualche secondo, mentre, dentro di lui, sentì un calore salire dallo stomaco e infuocargli il viso.
“Che cazzo stai dicendo?” – disse poi, la voce più alta di un’ottava.
“Quello che ho detto!” – lo sfidò lei.
“Stammi bene a sentire, Lisa! Io non provo pena per Castiel! Io e lui siamo amici! E non sono la sua balia! Castiel non ne ha bisogno, perché è in grado di badare a sé stesso!” – gridò lui.
Dean si passò una mano sul viso e scrollò la testa.
“E sai che ti dico, Lisa? Lui sarà anche quel sordo, come hai detto tu” – si interruppe – “Ma rimane comunque una persona migliore di te!”.
Indietreggiò ancora di qualche passo, per poi voltarsi e dirigersi verso la porta. Uscì dalla stanza e scese velocemente le scale. Una volta al piano inferiore si bloccò. Tutti gli occhi delle persone presenti erano puntati su di lui. Nell’aria c’era un silenzio quasi surreale, interrotto soltanto da un lieve brusio di voci sommesse. Dean si rese contro ben presto che dovevano aver sentito lui e Lisa gridare e litigare. Deglutì un paio di volte e, abbassando lo sguardo, cominciò a farsi strada per raggiungere l’uscita.
“Ehi, amico, tutto bene?” – gli si affiancò una voce bassa.
Il biondo alzò gli occhi e incontrò quelli azzurri di Benny, che lo guardava preoccupato.
“S-sì” – smozzicò.
E poi, oltre le spalle dell’amico, lo vide. Castiel era vicino a Charlie e…stava bene. Castiel stava bene. Dean si sentì quasi sollevato. Il moro lo stava osservando con aria interrogativa e il biondo provò di nuovo sollievo, al pensiero che il ragazzo non avesse capito cosa fosse appena successo.
“Devo andarmene da qui” – mormorò, rivolto a Benny – “Puoi…potresti portare a casa Cas, dopo la festa? Per favore…”
Benny lo osservò attentamente, e annuì.
“Grazie…” – bisbigliò l’altro, per poi superare l’amico e arrivare alla porta di ingresso.
“Se esci da quella porta, tra noi è finita, Dean”.
La voce di Lisa gli arrivò alle spalle, come una frustata sulla schiena. La ragazza lo aveva raggiunto e ora era lì, a pochi metri da lui, con le braccia incrociate al petto.
Dean appoggiò la mano sulla maniglia, serrò le palpebre e sospirò. Infine aprì la porta, e se la richiuse alle spalle.
 
 
 
 
~ L’Angolo Dell’Autrice Disadattata ~
 
Ciao a tutti!
E buon Halloween! Vi giuro che la coincidenza tra i fatti narrati in questo capitolo e il giorno della pubblicazione del capitolo stesso è solo puramente casuale :D
Spero che questo aggiornamento vi sia piaciuto e che, questa volta, il cliffhanger sia stato di vostro gradimento, visto che ha portato a un qualcosa che tutti voi aspettavate con impazienza: una frattura nel rapporto tra Dean e Lisa. Chissà come andrà a finire…In ogni caso fatemi pure sapere cosa ne pensate o le vostre impressioni su questo punto della storia. Su, su, coraggio, fatevi avanti!
Devo assolutamente ringraziare la mia beta MadGirlWithABluBox, per avermi aiutato con i costumi di Halloween da far indossare ai diversi personaggi, soprattutto quelli di Dean e Castiel. Io sono proprio negata in queste cose. Non la ringrazio invece per avermi dato una nuova ship per cui soffrire, la Stucky, appunto. È proprio una badperson, ma questo lo sapete già xD
Bene, è tutto. Vi lascio alla sezione “varie ed eventuali”, dove troverete delle cose carine, tra cui un video meraviglioso che vi consiglio caldamente di vedere, perché è molto istruttivo. Qui, infatti, ritroverete le parole della lingua dei segni che Castiel insegna a Dean in camera sua.
Leggete, recensite se volete e divertitevi!
Alla prossima!
Sara
 
 
 
~ Varie ed eventuali ~
 
1) Ecco qui il video: https://www.youtube.com/watch?v=c8WIr61r1Do
[*] Vi ricordo che la lingua dei segni che usa Castiel è la LSA (Lingua dei segni americana), quindi è ovvio che, come nella lingua parlata, i termini che corrispondono ai nostri TI AMO e TI VOGLIO BENE sono espressi dal semplice I LOVE YOU, che pertanto può assumere un significato piuttosto che l’altro, a seconda del contesto dove viene inserito.
Il gesto per questa espressione è questo, primo modo e secondo modo:


 
Amici, invece, è così:
 

 
2) Un paio di fan art, così per gradire
 
      
 


 
   
 
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