Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: VenerediRimmel    31/10/2016    4 recensioni
Se dall’amicizia all’amore intercorre solamente la distanza di un bacio, dall’odio all’amicizia e poi dall’amicizia all’amore, la questione si fa un po’ più complicata: approssimando per logica, un bacio c’è di certo, ma anche qualcosa di più. Questo sarà quel qualcosa in più.
Harry, quindici anni, Grifondoro per scelta, seguendo Aritmanzia, avrebbe potuto calcolare un pronostico su che tipo di distanza ci fosse tra due persone che inizialmente si odiano, poi si vogliono bene e, infine, si amano.
Louis, diciassette anni, Serpeverde per lignaggio, supponente da far saltare i nervi anche al più paziente delle persone, come il suo migliore amico ad esempio, non avrebbe potuto calcolare tale distanza. Eppure supponeva che essa fosse una via di mezzo tra un pugno nello stomaco e un bacio a fior di labbra, e che questa strada fosse percorribile purché avvenisse nel momento giusto. Perché Louis crede nelle occasioni.
Due occasioni, quindi: una punizione col Professor Ruf e...il Torneo Tremaghi. Basteranno?
Dalla storia:Ma, appunto, fu inutile. Perché le loro labbra si schiantarono con la stessa potenza di uno Stupeficium.
[AU!Hogwarts - Harry/Louis - minilong di 62K parole]
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



IV

We’re not friends, nor have we ever been
(parte prima)
 
 
Harry era parecchio infastidito, ma ammetterlo sarebbe stato ben più complicato di quanto dimostrasse di non esserlo affatto. Complicato come ammettere perché, e a causa di chi, fosse infastidito.
Niall e Liam, seduti l’uno di fronte all’altro, accanto a lui, di tanto in tanto gli lanciavano sguardi indagatori e con la stessa frequenza Harry, accorgendosi dei loro sguardi, li ammoniva ricordando loro quanto gli mancasse ancora per finire i loro compiti di Erbologia.
«Quest’anno vi ricordo che avete i G.U.F.O. avete davvero il coraggio di perdere tempo a cincischiare?»
Se Liam annuì, convenendo che fosse giusto tale rimprovero, e riprese il suo trattato sugli effetti curativi del Frullobulbo, Niall sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo. Il comportamento di Harry non solo gli metteva ansia, ma lo facevano esasperare a tal punto da incattivirlo.
 Perciò, senza più trattenersi: «Cos’è, hai le tue cose o hai solo litigato con la tua dolce metà?» sputò fuori l’insolente frecciatina. Harry fece uno scatto col proprio capo nella sua direzione e l’occhiataccia che gli riservò, amplificò maggiormente la tensione fra loro. Liam interruppe ogni cosa stesse per uscire dalla bocca di Niall, con un calcio nelle caviglie del Grifondoro che «Ahia!» esclamò. «Perché lo hai fatto?» chiese, guardando il migliore amico.
Liam, semplicemente, gli indicò verso l’ingresso della Sala Grande, dove aveva appena fatto la sua apparizione Josh Krum, l’idolo vivente di Niall Horan. Quando Niall lo vide, sgranò gli occhi e si eclissò sulla sua stessa sedia, finendo quasi completamente sotto il tavolo.
Harry, che accantonò momentaneamente il proprio fastidio ANCHE nei confronti di Niall, lo guardò con sospetto e curiosità.
«Che gli prende, ora?» domandò a Liam. Il Tassorosso ridacchiò, ma invece di rispondere al più piccolo del trio, parlò direttamente con Niall: «Hey, lo avevi giurato. Ficcarti lì sotto non ti garantirà di venir meno alla tua promessa». Poi guardò Harry e facendogli l’occhiolino, aggiunse: «Ora vedrai» in un sussurro.
Niall, respirando profondamente e guardando Liam, si alzò coraggiosamente. «Hai ragione: ho promesso. Devo andare a parlargli» affermò, allontanandosi da loro, verso Krum, a passo deciso. «Buona fortuna!» gli augurò il Tassorosso.
Harry e Liam rimasero tutto il tempo con lo sguardo puntato sul giovane Grifondoro, tanto coraggioso da aver preso la decisione di parlare con il Devine e, poi, inevitabilmente, scoppiarono a ridere, nascondendosi malamente con le mani quando lo videro, a pochi passi dallo straniero bulgaro, che gli stava sorridendo fiducioso, fare dietro front e darsela a gambe come il migliore dei codardi.
«Che è successo?» gli domandò Liam quando li raggiunse con aria disperata. Niall mugugnò abbattuto, mettendosi una mano davanti al viso e risedendosi, stavolta accanto a Harry, per dare le spalle all’ingresso della Sala Grande.
«Allora?» insistette Harry.
Niall sbatte le mani sul tavolo e «Mi ha sorriso e non ce l’ho fatta. NON CE L’HO FATTA, OKAY?!».
Fu, allora, Liam a replicare un «Quanto sei idiota, amico» mentre Harry sghignazzava di nuovo, spogliandosi lentamente del fastidio che aveva provato fino ad ora. Ma come se questo si fosse affezionato fin troppo alla sua figura, gli si ancorò nuovamente addosso, mentre la risata scemava dal suo viso, quando «Harry» sentì Louis chiamarlo alle sue spalle.
 
Camminavano diretti verso il settimo piano, e ormai sappiamo tutti il motivo quindi è inutile che lo specifichi. C’è da sottolineare, però, il silenzio che li accompagnava e che, raramente, prima di quel momento, aveva fatto loro compagnia.
Se il motivo di Harry era ben risaputo, quello di Louis aveva ancora un minimo di riservatezza. Tale fino a quando non vi espongo il problema – che lavoro arduo: insomma, un giorno solo divideva il Serpeverde dalla prima prova del Torneo Tremaghi. Un giorno, o poco meno insomma, visto che si sarebbe svolta esattamente quella Domenica.
Anche Harry lo sapeva, ma era troppo infastidito per riconoscere l’ansia e lo stress del momento che doveva star provando il suo amico.
Era così infastidito che come sempre, non poteva rimanersene zitto senza chiedere spiegazioni. Perché, sì, come avrete ormai intuito, la causa del suo fastidio dipendeva direttamente da Louis.
«Ti ho visto parlare con una delle studentesse di Beauxbatons…» lanciò il sasso, riscuotendo Louis da quello che doveva essere un momento contemplativo su chissà quale pensiero. Louis si voltò a guardarlo con cipiglio iniziale, per poi sorridere smagliante.
Ovviamente, fu ancora più fastidioso per Harry.
«Oh sì. Con Eleanor… era proprio di questo che volevo parlarti! Volevo aspettare che fossimo nella Stanza delle Nece-»
«Ti piace?» sbottò Harry.
Louis si rimangiò il discorso che stava per fargli e al quale aveva fatto solo un’inutile premessa, per ritornare a guardare il Grifondoro con un piglio evidentissimo. «Chi?» domandò.
Harry sbuffò roteando gli occhi al cielo e per tutti gli schiopodi sparacoda quanto lo irritava quel Serpeverde ottuso.
«Ma come chi, Louis? Di chi stiamo parlando?» gli inveì contro, ormai fermi a metà strada. Louis alzò un sopracciglio, guardandolo scettico.
«Ma che hai?» gli domandò ancora, iniziando ad avere il dubbio che Harry fosse arrabbiato per qualche motivo che lo riguardava.
Alla buon ora. Su quanto fosse ottuso, comunque, Harry non aveva così poi tanto torto.
Harry grugnì «niente» mentre una scala cambiava direzione. Così mugugnò frustrato nuovamente quando, avanzando a passo svelto e abbandonando Louis dietro di lui, incominciò a trovare il modo per arrivare al settimo piano. Salì e scese due volte, poi riprese a salire.
Louis lo seguì, ancora contraddetto da quanto fosse successo. Arrivati al settimo piano e sorpassata la Signora Grassa, riprese parola: «Mi stai chiedendo se mi piace Eleanor?»
Ci era arrivato. Harry, però, non fu più certo di voler sapere la risposta e quindi allungò ancor di più il passo, facendo faticare ancor di più Louis che gli stava dietro.
«Lascia perdere» gli disse, quando si fermò di fronte all’arazzo di Barnaba, il babbeo bastonato dai Troll.
«No, non lascio perdere. Mi hai chiesto se mi piace quella ragazza di Beauxbatons con cui mi hai visto parlare?» esclamò con beffarda insolenza, accompagnata da un ghigno che quando Harry lo intercettò lo irritò, facendogli incrociare le braccia al petto.
«Che vuoi? Ti ho visto in atteggiamenti intimi e ti conosco, quindi so quanto flirti con qualcuno…»
Louis alzò le braccia al cielo e lo guardò stupefatto. «E quindi hai dedotto che mi piaccia?» replicò. «Sei proprio uno stupido e poi… la tua cos’è? Gelosia?»
Harry sbuffò ridendo nervosamente. «Ti piacerebbe lo fosse» e, beh, lo era. Che inutile spreco del congiuntivo.
Louis negò guardando dritto davanti a sé, verso la parete sulla quale avrebbe dovuto comparire la porta della Stanza delle Necessità, che però quella sera si stava facendo desiderare… più del solito, insomma.
«In ogni caso che tu lo voglia sapere o no, non ci stavo flirtando perché mi interessa ma soltanto perché ho saputo da Dean che a sua volta lo ha saputo da Mark che glielo ha detto uno di Durmstrang che le studentesse di Beauxbatons sanno qualche informazione sulla prima prova!»
Harry si girò a guardarlo confuso, ancora sulla difensiva. «Che?»
Louis alzò gli occhi al cielo ed esalò un respiro spazientito. «Stavo flirtando con quella ragazza per strapparle qualche informazione sulla prima prova, zuccone!»
Il viso di Harry si illuminò, mentre accettava di buon cuore che nemmeno lui fosse poi così sveglio.
La porta della Stanza delle Necessità iniziò a mostrarsi in quel momento. «Quindi le hai spillato qualche informazione?» domandò Harry incuriosito. Il ghigno di Louis fu la risposta che voleva e sorrise di rimando.
«Era di questo che volevo parlarti» affermò, aprendo la porta, ma si bloccarono sull’uscio quando di fronte a loro non ebbero la solita stanza nella quale aveva passato la maggior parte delle loro giornate.
Era molto più piccola e confortevole, quasi intima come un salottino. Un tavolino soltanto con due tazze di tè fumante che li attendeva.
Harry e Louis si guardavano, mentre cercavano di capire le intenzioni della Stanza delle Necessità.
Perché due erano le possibile opzioni sul perché la Stanza delle Necessità si fosse mostrata a loro in quel modo: o uno dei due aveva chiesto il bisogno di un tè in un salottino intimo – ma così non era stato – oppure era stata la stessa Stanza delle Necessità a credere che Harry e Louis avessero il bisogno di fare la pace di fronte a una bella tazza calda per distendere i nervi, in un posticino che li accogliesse, come un abbraccio, a stare vicinissimi tra loro.
In ogni caso, entrambi non indagarono ed entrarono richiudendosi la porta alle spalle.
 
 
Nel freddo pomeriggio di una Domenica di Novembre, i tre campioni scelti dal Calice di Fuoco dovettero affrontare la prima prova.
Il signor Bagman era ancora a capo dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport magici e all’interno della tenda, montata a dovere nei pressi sconosciuti della Foresta Oscura, spiegò a Louis, Josh e Kendall il tipo di prova che si sarebbe svolta quel dì.
«È giunto il momento, miei cari ragazzi, di informarvi della prova!» i tre annuirono silenziosamente.
«In questo sacco estrarrete a turno un modellino della cosa che state per affrontare. Ce ne sono diversi… tipi. E il vostro compito non sarà affrontarla in duello, bensì recuperare ciò che essa custodisce».
Bigman guardò uno ad uno con un sorriso enigmatico. Avendo il vizio delle scommesse, c’era da domandarsi su chi avesse riposto un bel gruzzoletto di galeoni.
«Prima le signore» affermò quindi, porgendo a Kendall il sacchetto che teneva tra le mani. La ragazza di Beauxbatons estrasse un esemplare in miniatura di Grifone. La sua smorfia mentre la guardava muoversi sul palmo della mano disse a Louis che non aveva risposto tutte le speranze su quella bestia. Il sacchetto poi passò a Josh che, dopo qualche secondo, estrasse un Occamy, dando così modo a Louis di capire cosa gli fosse capitato.
«E al signor Tomlinson» disse Bigman, con un sorrisetto che sembrava dimostrare tutto il suo divertimento.
«La Sfinge» sussurrò Louis, mentre infilava la mano. «Come dici, ragazzo?» domandò il signorotto. Louis negò. «Niente, niente» rispose, tirando fuori il formato in miniatura della creatura che gli sarebbe toccato affrontare. E la Sfinge, nonostante la minima altezza, sul suo palmo sembrò già sfidarlo con lo sguardo.
Perché di una cosa era certo, Louis, così come lo era stato il giorno prima assieme a Harry, se gli fosse capitata quella creatura, durante la prova non gli sarebbe stata chiesta la dimostrazione del suo coraggio o della sua forza, bensì quella della sua astuzia. Solo in quel modo sarebbe potuto riuscire ad avere un buon risultato.
«Ciascuno di voi ha estratto la creatura che dovrà affrontare. Krum, lei è il primo. Poi c’è la signorina Jenner e infine lei, Tomlinson. Alla fine di questa prova vi sarà assegnato un punteggio che va da 1 a 10 dalla giuria da me capeggiata. Mi raccomando, date il meglio di voi stessi. Ora devo andare, spetta a me anche la telecronaca. Signor Krum, al suono del cannone, saprà che è il suo turno» e detto questo, sparì.
Il momento di Josh Krum durò un bel po’,  o forse sembrò soltanto a Louis un tempo infinito. Quando un secondo cannone avvisò l’inizio del momento di Kendall Jenner, Louis iniziò a camminare per tutto lo spazio a sua disposizione. O almeno fino a quando, da quella che sembrava un’apertura tra i tendaggi non udì una voce nasale molto famigliare.
«Louis! Louis!» lo chiamava. Si avvicinò con un sorriso, sapendo già chi fosse.
«Ranocchio, che ci fai qui?»
«È la Sfinge, Louis! A te toccherà la Sfinge!» gli disse il Grifondoro. Louis intuì gli intenti di Harry e sorrise bonariamente, quando scostò le tende per vederlo. Harry quasi scivolò in avanti e fu Louis a fermarlo bloccandolo per le spalle. «Sì, lo so» gli disse, specchiandosi nei suoi occhi verde prato ora un po’ agitati. Forse più dei suoi azzurri che lo guardavano inteneriti.
«Ti ricordi come abbiamo pensato di procedere?»
Louis annuì semplicemente, ampliando il sorriso. E a quel punto, fu Harry a restituirgli indietro un’emozione di sorpresa.
Lo abbracciò d’impeto e se lo strinse forte addosso. Come se quella potesse essere davvero una possibile “ultima volta”.
«Ti prego, non morire, okay?»
Louis gli mostrò un ghigno quando il terzo cannone suonò avvertendolo che fosse il suo turno. «Ti piacerebbe, ranocchio».
 
 
Non a caso avevano scelto quelle creature per quella Prima Prova. Tutte e tre, infatti, era state utilizzate spesso come guardiani di oggetti di valore o rifugi segreti.
Tuttavia, se l’Occamy, creatura bipede, piumata con il corpo di serpente, e il Grifone, con la testa d’aquila e il corpo da leone, avevano un metodo di difesa prettamente fisico e violento – non che fosse meno difficile – la Sfinge, con la sua testa umana e il corpo di un leone, come arma di difesa utilizzava spesso l’intelligenza e l’astuzia di cui era fornita ben più di molti dei maghi viventi nella comunità magica.
Ma Louis era calmo, perché lui e Harry avevano lavorato a un piano nel quale credeva fortemente.
Mentre avanzava nel capannone e gli studenti lo applaudivano, urlando il suo nome, individuò immediatamente la Sfinge e la fronteggiò.
Fece un inchino, per mostrarle il rispetto che le doveva. Non era certo che fosse necessario, ma Harry glielo aveva consigliato. E lui si fidava del Grifondoro.
Lo vide subito, l’oggetto a forma di cubo che la creatura custodiva fra le zampe anteriori da leone.
Anche la Sfinge, in tutta la sua fierezza compita, abbassò il capo in segno di rispetto.
«Salve, umano» lo salutò la bestia.
Il Serpeverde mostrò un ghigno: «Louis, signora» affermò. «Dovete ricordarlo, perché sarò Colui che riuscirà a confondervi»
La Sfinge, a quelle parole, rise malignamente. Non doveva credergli. Il ghigno di Louis si fece, allora, più prepotente.
 
«Se dovesse invece capitarti la Sfinge, Louis… io avrei un piano» gli disse Harry, quel Sabato in cui di fronte a un tè non poterono far altro che parlare. E non per chissà quale impedimento, ma semplicemente per la Stanza delle Necessità che aveva aperto loro le porte solo a condizione che entrambi smettessero di discutere e sfogare il loro nervosismo l’uno sull’altro.
«è un buon piano?» replicò Louis, sorridendo più tranquillo, ora, nel conoscere cosa lo attendeva l’indomani.
«Probabilmente no, ma lasciami spiegare…» precisava, esasperato dal comportamento insistente di Louis che, divertito, gli stava sorridendo beffardo.
«Sai, io e mia sorella – Gemma, ricordi? – fin da piccoli ci siamo divertiti a creare degli indovinelli. Noi li elaboravamo e poi ci sfidavamo a risolverli nel minor tempo possibile. Chi ci impiegava di meno, vinceva.»
«E vinceva sempre lei, vero?»
«Ovvio» rispose obiettivo Harry, concedendo a Louis una risata sincera. «Comunque, quello a cui stavo pensando è che potresti usare uno di questi indovinelli»
Louis negò. «Dimentichi il dettaglio che solitamente è la Sfinge a porre degli enigmi e non il contrario!»
«Appunto!» esclamò Harry, con lo sguardo di chi voleva fargli capire ciò che stava pensando. «Se tu invece riuscissi a convincerla affinché sia tu a farle l’indovinello, il problema di come superare questa prova sarebbe bello che risolto!»
Louis negò di nuovo. «In che modo sarebbe bello che risolto, di grazia?»
Harry sorrise fiero. «Lascia che te lo spieghi».
 
«E cosa avresti intenzione di fare, affinché ciò accada?» gli domandò la Sfinge, a quel punto.
Louis fece spallucce. «So che le piacciono molto gli indovinelli e anche se solitamente è lei a porli, volevo proporle qualcosa di nuovo. Mi faccia spiegare, poi deciderà lei se accettare o meno la mia offerta». La Sfinge annuì.
«Grandioso! Sarò io a sfidarla con un indovinello, signora. Non lei. E sarà semplicissimo risolverlo, astuta come siete. Se doveste riuscirci avrò perso e rinuncerò a prendere ciò che state proteggendo. Se invece non doveste riuscirci, avrò vinto e mi consegnerete ciò che mi aspetta di diritto. Come vedete, non avete nulla da perdere, se avete la certezza di essere più astuta di me» la sfidò con sguardo sbarazzino.
La Sfinge colpì il terreno con una zampa e «Certamente sono più astuta di te!» rispose, punta nell’orgoglio.
«Accettate, quindi?»
La Sfinge ci pensò, senza smettere di guardarlo. Nel frattempo, attorno a loro era calato un silenzio imbarazzante. Nessuno osava dire nemmeno una parola.
«Accetterò…»
Louis mentre si inchinava per ringraziarla, impugnò la bacchetta.
 
«Quando avrai avuto il suo consenso, le farai questo indovinello: “Benché sia ciò che tutti desiderano almeno una volta nella vita, egli spesso pugnala al cuore ma quasi mai uccide. Chi è?”»
Louis ci pensò, ma non ebbe alcuna risposta. «Quale sarebbe la soluzione?»
Harry alzò le spalle. «Ancora non sono riuscito a indovinarlo, in realtà. Ma non è questo il punto. Perché tu sei un mago, Louis, e sei un Serpeverde astuto. Più o meno di lei, non importa. Perché non la sconfiggerai per mezzo di questo indovinello…»
 
«L’indovinello è questo: Benché sia ciò che tutti desiderano almeno una volta nella vita, egli spesso pugnala al cuore ma quasi mai uccide. Chi è?»
La Sfinge iniziò a pensarci e Louis, pur fingendosi in attesa, iniziò la sua azione astuta.
 
«Questa non è astuzia, ranocchio» lo interruppe Louis. «Questo si chiama barare»
Harry tirò su le spalle. «E voi Serpeverde siete i migliori a farlo, no?» rispose con sorriso sghembo.
 
 Si concentrò in quel preciso incantesimo che tanto aveva studiato assieme a Harry e se lo ripeté alla mente più volte, aumentando sempre di più l’intensità con cui voleva che accadesse.
La Sfinge sembrò ancora molto lontana dalla soluzione di quell’indovinello ma lo sembrò ulteriormente quando l’incantesimo silenzioso di Louis funzionò.
Confundus!
La Sfinge sembrava stordita, quando Louis – con lo spavento di molti che non si erano resi conto della riuscita del piano del Serpeverde – iniziò a correre, senza perdere di vista lo sguardo della Sfinge, verso l’oggetto cubico che la creatura stava proteggendo.
Quando l’afferrò senza ricevere un attacco difensivo da parte della Sfinge, Louis corse indietro mentre la platea esultava il suo successo.
Solo in quel momento, con lentezza, la Sfinge sembrò riprendersi. Louis le mostrò vincente ciò che le aveva trafugato.
«Ve l’avevo detto, signora, che sarei stato capace di confonderla».
Il corpo da Leone si animò furibondo «MI HAI INGANNATO!» perdendo però l’equilibrio ancora tramortito dall’incantesimo quando tentò di attaccarlo.
Così la Sfinge crollò al suolo, chiaramente vinta, mentre il cronista parlava del successo del Serpeverde, inducendo i giudici a dare il loro voto per l’ultima prova.
Louis mostrò a tutti la sua vittoria alzando il cofanetto che aveva tra le mani e si fermò a guardare nella direzione di Harry, che gli applaudiva con animo, chiaramente orgoglioso di lui.
«La soluzione dell’indovinello… ragazzo, dimmi qual è» lo chiamò la Sfinge, col tono non più austero ma chiaramente di chi era molto delusa da se stessa.
Louis stava guardando ancora verso Harry, sorridendogli felice, e quando si girò verso la Sfinge seppe di aver appena trovato la risposta in quei fulgidi occhi silvestri.
«L’amore» disse.
«È l’amore, signora».
 
 
Era uscito con un buon punteggio, ma ovviamente Louis era arrabbiato.
«Sono secondo» commentò schifato, per l'ennesima volta a Harry. Ma soltanto perché a loro due si erano uniti anche Liam e Niall che subito si erano complimentati per il successo della prima prova.
«Dovresti vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto» gli consigliò Liam. Louis lo guardò bieco prima di «E tu dovresti chiudere più spesso la bocca» rispondergli maleducatamente. Harry, infatti, gli calciò una gamba da sotto il tavolo che fece saltare Louis sul posto.
«Sì, sì... Non dicevo sul serio» si scusò a modo suo, mettendo il broncio.
Niall lo guardò di striscio, non affatto sorpreso di quella correzione che molto lontanamente potevano essere confuse come scuse. Ma poi ebbe modo di avvampare quando il Serpeverde: «Tu invece sarai contento» lo ammonì come fosse un’accusa. Niall si accigliò.
«Che la tua crush si sia posizionata al primo posto» continuò Louis, riferendosi a Josh Krum con una smorfia. Niall, per l’appunto, arrossì imbarazzato guardando prima Liam e poi Harry con occhi sgranati. Ci mancava proprio che pure Louis dubitasse della sua impeccabile e ovvia eterosessualità, ora.
Sbuffò e sbattendo i pugni contro il tavolo «NON HO UNA CRUSH PER J-»
Le parole gli morirono in gola, quando proprio Josh Krum – che sembrava sempre ronzargli attorno, visto che se lo ritrovava nelle vicinanze praticamente ogni volta – passando per il loro tavolo «Ciao» li salutò.
«OH! Ciao…Josh! Congratulazioni per ieri!» fu il primo a rispondergli, Niall, in piedi benché il campione di Durmstrang ce l’avesse con il Serpeverde.
Louis si concesse una risata, che seguì quella di Harry e Liam che, in malo modo, tentarono di nasconderla all’irlandese con le mani davanti alla bocca, mentre quest’ultimo li inceneriva con i suoi occhi cobalto, sebbene l’unica cosa che avesse preso ancor più fuoco, in quel momento, fossero unicamente le gote di Niall.
«Cosa dicevi, mh? Non hai una cotta per il bulgaro? Vallo a dire al Platano Picchiatore, Niall, che magari ti assesta un bel cazzotto che ti fa ragionare e accettare la dura verità» lo beffò il Serpeverde, d’un tratto nuovamente smagliante. Harry lo guardò, sorridendo felice per il suo ritrovato buon umore e annuì in risposta quando Louis riprese parola riferendosi a lui: «Rospo, io me ne vado. Ci troviamo più tardi, okay?».
Quando si allontanò dal trio, fu proprio Niall a sbarazzarsi di quell’imbarazzante – solo per lui – silenzio.
«Credimi, Harry, io sono davvero felice che il tuo amico sia sopravvissuto, ma non sai che desiderio ignobile mi fa venire quando apre bocca e le dà fiato…» affermò Niall, digrignando i denti. Liam alzò un sopracciglio, mentre sottovoce gli chiedeva se sapesse il significato della parola “ignobile”, completamente ignorato dall’irlandese che nella propria immaginazione vedeva se stesso avada kadavrizzare il Serpeverde.
Harry sogghignò: «Tipo lanciargli una maledizione senza perdono? Non preoccuparti, è un desiderio che conosco fin troppo bene».
Liam ridacchiò, mentre li osservava con quegli sguardi frustrati. Soppesò maggiormente lo sguardo di Harry, che non si staccò dalla figura di Louis fino a quando questo non sparì – e il Tassorosso lo seppe perché lanciò delle occhiate anche a Louis – e ci vide la sostanziale differenza che sussisteva da quell’occhiata a quella di Niall. Sorrise e riprese i propri compiti. Era troppo presto per fare di quel pensiero un dato di fatto.
 
 
Da quando avevano iniziato a esercitarsi nella Stanza delle Necessità, Louis non era riuscito a evocare un Patronus con la forma tipicamente animalesca di cui parlavano tutti i libri di incantesimi, e il massimo che aveva ottenuto era stata una nebbiolina argentea.
Non che fosse necessario che il Patronus prendesse la forma di un animale, ma era chiaramente un dato di fatto che il suo Incanto fosse veramente debole e che per tutto quel tempo che fosse trascorso tra la prima prova, ormai superata, e la seconda, Louis avrebbe dovuto fare del suo meglio per ottenere un miglioramento.
Harry se ne stava sul suo divano, con le gambe incrociate e un libro aperto e depositato su di esse. Louis gli dava le spalle, a un paio di metri di distanza da lui. In quei momento, Harry aveva la sensazione che la Stanza delle Necessità fosse fin troppo dispersiva.
Stava mangiando diversi zuccotti di zucca, mentre si rigirava tra le mani il cofanetto conquistato da Louis nella prima prova, con la speranza di trovare una soluzione dentro uno dei suoi nuovi libri.
All’ennesima maledizione urlata da Louis, Harry alzò lo sguardo e lo fissò attento. Il Serpeverde si voltò con aria disperata, per poi sbuffare: «Te l’ho già detto, Harry, quel coso mi servirà durante la seconda prova, è inutile perderci tempo per capire come aprirlo!»
Tradotto: ti prego, potresti smetterla di ignorarmi e venire in mio soccorso?
Harry roteò gli occhi al soffitto, depositò il libro e il cofanetto al suo fianco e si alzò per raggiungerlo. «è la cosa all’interno del cofanetto che ti servirà durante la prova e se non capisci come aprirlo prima dell’effettiva seconda prova, voglio proprio sapere cosa ti inventerai!» lo rimproverò, mentre Louis lo guardava disperatamente.
«Sì, okay, ma ora mi aiuti con il Patronus, Harry?»
E al suono di quella voce delicata e spezzata da un tono così disperato, Harry come poteva rimanere impassibile? Sorrise bonario e acciuffando il migliore amico, lo costrinse a girarlo in modo tale che gli desse le spalle. Furono proprio queste che Harry strinse con le sue grandi mani prima di «rilassati» sussurrargli delicatamente a un orecchio, iniziando a massaggiargli quella parte del corpo che sotto i polpastrelli sentì immediatamente tesa.
«Lo sai benissimo che non è il nervosismo o la tensione che tira fuori un buon Patronus. Devi concentrarti su pensieri felici...».
Louis grugnì, con gli occhi già chiusi teneva i pugni strettissimi per non cedere a un gemito di piacere causato da quel massaggio che stava alleviando, nonostante la sua non volontà, tutta la tensione accumulata dai suoi insuccessi.
Stringeva così forte che ebbe timore di rompere perfino la propria bacchetta. Quella che quasi gli cadde, poi, quando, preso alla sprovvista, sentì al suo orecchio nuovamente la voce di Harry parlargli: «Tu ti concentri sulla grandezza del Patronus e ti innervosisci se riesci ad ottenere solo un istantaneo sprazzo di luce... Ed è qui che sbagli, Louis. Non è sulla grandezza che devi puntare, ma sull'intensità! Più forte è il tuo ricordo e più sarà intensa l'energia che rifulgerà dalla bacchetta!».
Louis fece, allora, uno scatto per fronteggiarlo. Si specchiò per un momento nelle sue iridi silvestri ed ebbe timore e forse un po' di collera nei suoi confronti. Perché era facile per Harry, a parole, dirgli come fare... Non era così semplice però... Perché lui pensava a cose felici ma forse...
«Forse non ho pensieri abbastanza felici per ottenere questi risultati!».
Harry rise di lui, negando. Le sue mani tornarono in fretta sulle sue spalle, come fosse un'esigenza, quella di toccarlo. Le strinse per incitarlo: «Tutti abbiamo pensieri felici, Louis. Non ce ne sono di abbastanza forti o di deboli. È il modo in cui ci aggrappiamo ad essi che fa la differenza.»
Lo voltò nuovamente e poi: «Ascolta la mia voce» gli disse. Louis ingoiò della saliva in eccesso. Poi annuì. «Chiudi gli occhi», e lo fece.
«Ora pensa soltanto a quel ricordo che ha la capacità di strapparti un sorriso o che sappia farti emozionare nonostante sia passato. Pensaci come se non esistesse altro. Ci sei solo tu. E il ricordo che lentamente ti avvolge come un lenzuolo, pronto a cullarti nella beata sensazione di serenità».
Louis seguì quella voce come una guida e non fu un caso il fatto che fu proprio quel tono nasale a fargli trovare la strada giusta per giungere a ciò che stava cercando tanto disperatamente. Perché rivide se stesso, più piccolo, sul vagone del treno per Hogwarts che apriva uno scompartimento prima di essere investito da un sorriso genuino... Sentì qualcosa bruciargli sulla bocca dello stomaco. Il fuoco fatuo di un principio.
E poi vide il Professor Ruf e questo lo accigliò un poco, ancora con gli occhi chiusi. «Larry Stylinson!» prima di tornare a sentirsi felice nel ritrovare quel sorriso mentre agguantava con le sue mani il fumetto che il proprietario di quel sorriso gli stava offrendo.
Ancora, in guferia, un sorriso. Sempre di una sfumatura diversa. O forse era ciò che provava nel vederlo, ad esserlo.
Un altro ricordo, la stessa bocca a cuore, rossa, pronta a sorridergli.
«Ora, aggrappati a quel ricordo Louis. Fallo come se da esso ne dipendesse la vita» quelle labbra gli parlarono, dando una voce al suo ricordo felice. Rabbrividì.
In volo su una scopa, lo rivisse sentitamente come la prima volta, e quindi si sentì orgoglioso quando quel sorriso tornò a manifestarsi su quel viso da rospo, soltanto per ringraziarlo per avergli insegnato a volare.
«Conto fino a tre, poi fai scoppiare di gioia il tuo Patronus... Uno»
Harry sorrideva nello scrivere il suo nome su una pergamena che avrebbe presto dato in pasto al Calice di Fuoco.
«Due».
Tutti i suoi sorrisi dopo i loro abbracci. Li abbracciò.
«Tre».
Inutile specificarlo, ma il sorriso di Harry era il suo pensiero felice.
«EXPECTO PATRONUM».
Harry indietreggiò soltanto per assistere alla riuscita dell’incantesimo di Louis. Poi, divenne una statua di sale.
Louis, ad occhi aperti, ora, fece il suo incantesimo e questa volta con successo. Alla gioia, però, si sostituì presto la sorpresa quando un rospo argentato di medie dimensioni iniziò a zampettare nell'aria per tutta la Stanza delle Necessità.
Lo guardarono entrambi finché l'effetto di quel potente incantesimo non svanì nell'etere, come congelato dalle emozioni di Louis che da gioiose, divennero terrificate. Senza dirsi nulla ma sapendo entrambi più che bene cosa volesse significare tutto ciò, si guardarono quando Louis si voltò verso Harry. Sconvolto.
«Louis...» disse Harry, la voce un po' commossa, avanzando con una mano verso il Serpeverde.
Louis indietreggiò, gli occhi ancora sgranati, spaventati da ciò che era successo: avrebbe potuto reagire in diversi modi ma alla fine scelse quello sbagliato.
«Io… devo- devo… andare».
Il sorriso di Harry era il pensiero felice di Louis. Ma era stato inconsapevole fino a quel momento. La voce di Harry, poi, emozionata e non imbarazzata come gli era parsa, gli gettò addosso il timore che per Harry potesse non essere la stessa cosa. Forse la felicità di Harry era nel sorriso di qualcun altro.
E questo timore, che gli fece capire di dover metabolizzare tante altre inconsapevolezze, lo fece scappare via.
 
 
Da quell’avvenimento, Harry e Louis non si ignorarono. Fecero quanto di più peggiore potessero fare: ignorarono l’accaduto, come la prima volta sul campo da Quidditch. Ma anche se il bacio era stato più compromettente, quello che era accaduto col Patronus di Louis nascondeva dietro dei significati molto difficili da ignorare e per quanto ci provassero, i due Serpedoro, finirono col permettere che il loro rapporto si raffreddasse, in una situazione di stallo che gelò le attenzioni, gli sguardi e ogni atteggiamento che prima di allora era stato ingenuo e che ora portava con sé tutto un altro carico di significati.
Harry lo capì una settimana prima della vigilia di Natale, seduto accanto a Liam in Sala Grande. Ad Hogwarts non facevano altro che parlare del Ballo del Ceppo, la grandiosa festa natalizia che si organizzava durante il Torneo Tremaghi.
Niall era giorni che tentava di poter parlare con Barbara Palvin per invitarla al Ballo, ma vani erano stati i suoi tentativi, nonché le sue possibilità che ella accettasse il suo invito. Ma nessuno gli faceva premura di dirgli che non aveva speranze.
Liam, forse, era l’unico a non essere completamente impazzito per il Ballo del Ceppo. Quando Harry gli aveva chiesto chi avesse intenzione di invitare, lui aveva semplicemente fatto spallucce e «Andrò da solo, probabilmente. Per me non è un problema» rispose. Ma quando Harry vide la lettera di Zayn, giunta al Tassorosso quella mattina, capì anche il motivo del suo non avere problemi ad andare da solo.
«Cosa dice Zayn?» gli chiese e Liam, sorridendo dolcemente: «Che forse riuscirà ad unirsi a noi per il Ballo del Ceppo» rispose. Ovviamente.
Louis, orecchie da mercante, seduto di fronte ai due, ghignò: «Ottimo! Almeno avrà modo di prendere atto chi è il suo degno successore» ed esclamò, facendo accigliare Liam che subito: «Chi? Josh Krum?» lo prese in giro.
Louis lo guardò torvo senza dire nulla, anche perché l’arrivo di Kendall Jenner ammutolì tutti e tre.
Louis la guardò col mento all’insù, benché lei guardasse dritta negli occhi verdi del migliore amico.
C’era da precisare che nemmeno Harry e Louis avevano avuto modo di invitare qualcuno al ballo. E soprattutto per Louis questo era un problema, visto che lui assieme agli altri due campioni avrebbero dovuto aprire le danze con un valzer che la McGranitt stava insegnando a ballare.
Non che non avessero voglia di farlo, ma con tutto ciò che era successo fra loro, le ragazze erano diventato davvero l’ultimo problema.
Eppure, dall’ultimo, furono proprio “le ragazze” a risalire in vetta alla lista dei loro problemi. Grazie a Kendall.
«Ciao Harrì» lo salutò lei con un sorriso sfacciato. L’accento francese rendeva il nome del Grifondoro davvero strano da udire, ma non fu per questo che l’espressione di Louis si tramutò ben presto in una smorfia.
«Ciao… Kendall… ?» replicò lui, piuttosto attonito. Da quando la studentessa di Beauxbatons conosceva il suo nome? E perché?
Si voltò a guardare incredulo verso Liam che sogghignava, divertito dall’espressione di Louis.
«Senti, Harrì, ti va di essere il mio accompagnatore per il ballo?» tirò dritto la ragazza, dando modo alla smorfia di Louis di tramutarsi – ancora – in un’espressione incredula, nonché letteralmente disorientata. Louis guardò Harry e, forse, una piccola parte di lui sperò che l’amico rifiutasse. Il motivo non se lo chiese.
«Io?» domandò Harry, indicandosi. Kendall annuì. «Oui».
«Oh…» esclamò Harry, guardando finalmente Louis che, inebetito fino a quel momento, si sbrigò a guardare altrove per non dargli nessuna prova del suo turbamento.
Liam, allora, chiaramente sveglio nell’intuire cosa frullasse nella testa dei due, spinse con un gomito Harry, ridestandolo dalla sua incertezza e incoraggiandolo a risponderle.
«Va- va bene. Sì- certo… perché no!» rispose, grattandosi il capo goffamente mentre Kendall sorrideva contenta, prima di esporsi verso il Grifondoro per stampargli un bacio sulla guancia e volare leggiadramente via verso le sue compagne che l’attendevano con risolini veramente inquietanti.
«Wow, quindi aprirai le danze assieme a Louis, eh Harry?» lo pungolò Liam, sogghignando. Louis lo incenerì nuovamente con lo sguardo. Harry ridacchiò mentre guardava Louis provando veramente tanto disagio. Così tanto che aprì perfino bocca per tentare di dire qualcosa, forse una giustificazione, al Serpeverde che, però, fulminandolo con un solo sguardo, scattò sul posto, alzandosi. «Bene» esclamò.
«Ora che mi ci avete fatto pensare, è bene che io vada ad invitare Eleanor al ballo. Ci vediamo dopo» salutò glaciale, lanciando stalattiti con gli occhi verso il Grifondoro prima di scomparire alla loro vista alla velocità della luce.
Harry sospirò sommessamente. In quel momento capì che il loro rapporto si era consolidato in una situazione di stallo che aveva praticamente stagnato ogni tipo di affetto speciale che prima di allora erano stati capaci di dimostrare, l’uno all’altro, con una semplicità che non riusciva più a venir fuori in modo spontaneo. Non era più geloso di una terza persona, perché aveva visto la verità. Una verità che Louis confutava con tutto se stesso. Non era geloso, bensì frustrato.
«La vostra amicizia può sopravvivere a questa piccola spaccatura che si è posta fra voi per chissà quale misterioso motivo» gli disse Liam, sorprendentemente.
Harry si voltò a guardarlo, domandandosi se Liam non avesse capito tutto. Sospirò di nuovo: «E in che modo?»
Liam lo guardò, addolcendo nuovamente il suo sguardo e «Sii onesto con lui. Digli quello che provi». Il Tassorosso era stato inequivocabile, per questo Harry negò. «Non funzionerà».
«Perché no?»
«Perché non credo sia pronto a sentire ciò che ho da dirgli. Non credo lo sarà mai…» replicò, mentre riaffiorava in lui la paura intravista negli occhi di Louis quando era venuto a capo dei suoi sentimenti. Era scappato di fronte ai propri, chi gli avrebbe garantito che non fosse successo quando gli avrebbe mostrato i suoi, di sentimenti?
«Perché pensi questo?» gli domandò Liam, che non sembrava curioso di scoprire cosa Harry tacesse, piuttosto il suo intento sembrava quello di tirargli fuori un coraggio che il Grifondoro stava tenendo a bada.
«Perché non si tratta più di amicizia… io- io credo di amarlo»
«Oh…» esclamò di meraviglia, ma non sorpreso. Affatto. Harry avvampò guardandolo imbarazzato. Quanto si era lasciato sfuggire! Doveva rimediare: «Sì, ma soltanto un po’» tentò, mostrandogli la distanza con pollice e indice del suo affetto per Louis.
Liam ridacchiò, dandogli diverse pacche sulla spalla. «Amico mio, io forse non lo conoscerò tanto quanto te, ma riesco a vederlo. Non sta scappando dai suoi sentimenti, ma dalla paura che tu non possa provare lo stesso che lui prova per te».
Harry lo guardò incerto. Non era sicuro che fosse così. Perché Louis era corso via dopo che il Patronus aveva fatto suo il ruolo di una tacita dichiarazione, e non piuttosto per non starlo a sentire. Louis provava la stessa vergogna che aveva provato agli albori della loro amicizia. Il suo era nuovamente un rifiuto. Non paura.
Per questo, non credé alle parole di Liam. Al quale, però, si limitò a sorridere, sospirando nuovamente prima dell’arrivo di Niall.
«Amici, credo che… sì, Barbara abbia accettato il mio invito per il ballo».
E a quel punto fu Liam a non credere a ciò che aveva appena sentito uscire dalla bocca del migliore amico.
«In che modo ci sei riuscito?»

 
 
Il Ballo del Ceppo giunse veloce come se quel Natale avesse fretta di scoprire come si sarebbero svolti i fatti successivi. Va bene, va bene. Sono io che salto direttamente al 24 Dicembre perché non so che altro dirvi per quanto riguarda la settimana che trascorse dalle ultime circostanze. Pft.
Quindi, Louis aveva avuto la sua accompagnatrice, Eleanor Calder. Niall aveva avuto la conferma che Barbara fosse la sua, testimone anche Liam. E Zayn, finalmente, arrivò poco prima che le danze si aprissero con il primo ballo dei Campioni del Torneo. L’ex Corvonero salutò prima i professori, intrattenendosi con loro per qualche minuto, ma poi, per non perdersi il momento del grande inizio, raggiunse Liam affiancandolo per il resto della serata.
Niall teneva stretto a sé la figura femminea di Barbara, vestita splendidamente in un abito molto punk, rispetto a quello delle altre ragazze presenti già in Sala Grande, addobbata magicamente per l’occasione con addobbi natalizi di ogni genere, mentre col collo tirato guardava l’ingresso, aspettandosi l’arrivo di chi a gran voce aveva detto di attendere con ansia - e forse molta di più di quella che aveva provato mentre aspettava Barbara – ovvero del campione di Durmstrang, Josh Krum, il più chiacchierato, oramai, tra le mura del castello. E la maggior parte delle chiacchiere, sì, erano nate proprio dal Grifondoro in questione.
Louis, oltre la porta della Sala Grande, era molto nervoso. Non credeva di essere in grado di ballare decentemente, nonostante le prove di ballo fatte dall’inizio di Dicembre. Aveva tanto altro nella testa, ma in quel momento preferiva di gran lunga stressarsi con quel tipo di problema. Eleanor, che cingeva la sua mano, con un sorriso «Louì, non preoccuparti, segui me e andrà tutto bene» lo incoraggiò col suo splendido accento francese e il suo viso a cuore, raggiante e soddisfatta dell’accompagnatore che aveva per quella serata.
La risposta di Louis fu un sorriso stentato che si raggelò quando vide arrivare dal principio delle scale il suo migliore amico, Harry.
Erano state rare le occasione di vederlo con un vestito elegante addosso, ma fu certamente la prima volta in cui, ormai cresciuto e divenuto un piccolo uomo, Louis poté ammirarne i cambiamenti.
Harry scese le scale con agitazione, fino a quando almeno non incrociò lo sguardo di Louis. Perché poi il Serpeverde lo vide sorridere, felice di trovarlo lì, scoprendo che anche lui, in risposta, gli aveva sorriso come non faceva da settimane.
«Stai molto bene con questo maglioncino a collo alto, Louis» gli disse Harry, quando lo raggiunse, toccandogli  una parte della giacca per sistemargliela. Louis avrebbe voluto dirgli che invece lui era un incanto con quell’abito scuro e, soprattutto, con quella camicia sbottonata fino a metà petto e quella cravatta allentata sul collo, ma tacque, preferendo mandare giù un boccone amarissimo.
«Questo vestito ti sta una meraviglia, Elle» le disse poi il Grifondoro, guardando l’accompagnatrice di Louis che, sorridendo ammaliata, lo ringraziò: «Mercì».
Kendall si avvicinò molto in fretta, senza salutare, stringendo veloce il braccio del suo accompagnatore e «Harrì, da questa parte» lo spinse via per avvicinarsi all’entrata, dove presto avrebbero fatto il loro ingresso tanto atteso.
Louis lo seguì con lo sguardo, mentre lentamente anche loro prendevano posizione. Ora sapeva di essere agitato per motivi ben distanti dalla preoccupazione di sbagliare i passi di un valzer.
Harry si girò a guardarlo, proprio quando le porte si stavano aprendo per accoglierli. «In bocca al lupo» gli disse, senza avere tempo per ricevere risposta.
«Crepi» rispose Louis, iniziando a camminare verso il centro della Sala, dove tutti li stavano fissando assiduamente, mettendoli – soprattutto lui – in soggezione.
Ballare fu un disastro e non perché inciampò nei piedi della sua dama diverse volte, ma perché per più di una volta si ritrovò a fissare Harry, che danzava con Kendall in modo molto spigliato e dimostrava molto apertamente di star divertendosi anche in assenza della sua compagnia.
Fu un disastro, perché Harry sembrò essersi totalmente dimenticato della sua esistenza, durante il primo valzer, e nei successivi, mentre lui non era in grado di staccargli gli occhi di dosso, se non quando Eleanor lo richiamava alla sua attenzione.
Fu un disastro, e per questo gli montò dentro una rabbia con la quale avrebbe potuto incendiare tutto il castello con la stessa potenza e atrocità di un Ardemonio.
Zayn, seduto vicino a Liam durante la cena, ci aveva perfino tratto delle deduzioni.
«Leeyum, quanto ci impiegherà secondo te Louis a scoppiare, questa sera?» disse al Tassorosso, che alzando lo sguardo cercò e individuò il Serpeverde mentre chiacchierava con un gruppo di amici chiaramente distratto, forse troppo impegnato a tener d’occhio Harry che, a pochi metri di distanza parlottava in modo molto complice con Kendall Jenner.
«Non si tratta di tempo, Zaynie, ma di distanza. E ormai è questione di millimetri» disse semplicemente, addentando un pezzo della carne deliziosa che aveva nel piatto.
Zayn sogghignò, guardando il compagno accanto a sé. «Sei cambiato tanto in questi anni, lo sai?» esclamò.
Liam lo guardò di soppiatto, indagando i suoi modi di fare e soprattutto il suo scopo, dimostrandogli palesemente tutta la preoccupazione che tale affermazione gli aveva gettato addosso. Zayn depositò un mano sul braccio prima di «In meglio, non allarmarti» rincuorarlo. Sogghignò al sorriso sollevato di Liam e poi «Ma dietro questo uomo c’è ancora quel tenero ragazzo impaurito che più volte mi ha fatto desiderare di fatturarlo» replicò celere. Liam roteò gli occhi al soffitto. Aprì bocca per dire qualcosa, probabilmente per ricordargli quanto mancasse di intelligenza nonostante fosse un Corvonero, ma fu interrotto dall’esuberanza dell’altro che «questo per dirti che quando non ci sei, è di quel ragazzino che sento la mancanza, anche se poi è dall’uomo che sei diventato che ho sempre tanta voglia di tornare» confessò sinceramente, prima che un ciuffetto di vischio nascesse magicamente sopra le loro teste, facendoli scoppiare a ridere come due ragazzini. Come quei due ragazzini che si incontravano, fra le mura di Hogwarts, sempre per condividere sogni e passioni. Sogni e passioni che, forse non dette a gran voce, erano ciò che li univa ancora così sinceramente.
Un bacio sulla guancia, per non destare troppo nell’occhio, sancì la dichiarazione del ex Corvonero.
 
Come aveva specificato Liam, era una questione di millimetri ormai. Così quando Louis passò di proposito davanti a Harry, con l’intenzione di andare al tavolo delle bibite per prendere qualcosa da bere, e il Grifondoro lo vide, quest’ultimo si alzò, pronto a congedarsi senza troppi scrupoli da coloro con cui stava intrattenendo una chiacchierata, e lo seguì per afferrarlo velocemente per un braccio e salutarlo. «Hey».
Eppure quando Louis lo fissò non fu gentilezza né felicità quella espressa nei suoi occhi algidi. Harry lasciò quindi il braccio e si accigliò: «Che succede?»
Louis ridacchiò sarcastico, guardandosi attorno. «Ah, finalmente il mio migliore amico si ricorda che esisto. Un nuovo record» disse acidamente.
Harry si accigliò maggiormente: «Io?» domandò senza sapere cosa dire.
Quando però Louis lo piantonò col proprio sguardo con un’espressione di chi voleva accusarlo, Harry si indispettì e incrociò le braccia al petto. «Quello da record dei record sei tu che ti comporti da schifo con me da più di una settimana, da quando-»
«Sì, vabbè, ma qui non è né il luogo né il momento giusto per parlarne» lo interruppe prima che dicesse troppo, dandogli subito le spalle per riprendere la sua camminata verso il tavolo delle bibite.
Amico mio, io forse non lo conoscerò tanto quanto te, ma riesco a vederlo. Non sta scappando dai suoi sentimenti, ma dalla paura che tu non provi ciò che lui prova per te.
Sentì nuovamente le parole del Tassorosso risuonargli nella testa e, così, d’impeto, decise che sì, proprio quello doveva essere sia il luogo sia il momento giusto per mettere alla prova e far uscire fuori la verità di ciò che stava accadendo in Louis, che non aveva sicuramente paura come sosteneva Liam.
«Ti vergogni ancora di me, non è così?» gli disse, quindi, quando raggiungendolo lo costrinse a voltarsi nuovamente a fronteggiarlo.
Louis sgranò gli occhi, fissandolo come se non potesse credere in ciò che aveva sentito. Serrò la mascella guardandosi attorno. Qualche occhio indiscreto li stava osservando, cercando di scoprire cosa stesse accadendo fra loro in modo così tanto animato.
Per questo motivo, e per nessun altro, Louis lo afferrò per un braccio e se lo trascinò fuori dalla Sala Grande. Harry glielo permise soltanto perché ormai aveva parlato e doveva sapere. Ma quell’uscita di scena fu già di per sé una dimostrazione che aveva ragione lui e non Liam.
«Perché dovrei vergognarmi di te?» disse, una volta soli, davanti alla scalinata principale dalla quale poche ore prima Louis era stato capace di rimanere senza parole osservando Harry scendere con quell’abito che lo rendeva un uomo tanto affascinante.
«Non mi sono mai vergognato di te!» continuò Louis, in collera anche solo per il pensiero che Harry potesse pensarlo.
«Ah no?» insinuò Harry.
Louis lo fissò incredulo. «Stai davvero pensando al primo anno? A quando eravamo due mocciosi? Cinque anni, Harry. Cinque anni sono passati e tu vuoi insinuare che io mi vergogni di te, della nostra amicizia? Spero tu stia scherzando» lo minacciò a denti stretti.
Gli occhi di Harry si ridussero a due fessure quando «Non è di me o della nostra amicizia che sto parlando, ma di ciò che provi per me. Di quello ti vergogni!».
Louis indietreggiò, guardandosi ancora attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno.
«Non è- ma che cazzo dici, Harry?» farfugliò con un sottilissimo filo di voce. Ormai non si sbagliava nemmeno più, a chiamarlo con il suo epiteto. Era diventato semplicemente Harry. Fu un altro segno per il Grifondoro.
«Nella Stanza delle Necessità, Louis. Il tuo Patronus. È un rospo. E non appena hai preso atto di questo, sei scappato via, decidendo di ignorare l’accaduto il giorno dopo. Quindi ho dedotto che ti vergogni dei sentimenti che provi per me» gli vomitò addosso tutto il risentimento che stava provando anche solo all’idea che tutto ciò fosse vero e lo sguardo truce di Louis non gli lasciò proprio spazio a dubbi: «Sentimenti? Ma che cosa c’era nel tuo calice questa sera? Whisky Incendiario?» si prese gioco di lui, senza sapere di star ferendolo veramente tanto, soltanto perché preso troppo alla sprovvista per decidere di essere sincero. Perché poi, se fino ad allora aveva colpito con una lama poco affilata, Louis sferrò il colpo finale e fu fatale.
«Io non proverei alcun tipo di sentimento per un uomo, tanto meno per te! Neanche se fossi sotto la maledizione Imperius» affermò schifato. Come i bei vecchi tempi in cui, quando Harry gli chiedeva di essere amici, lui ritrattava trattandolo malissimo.
Ma non bastò: «Forse ti confondi con i tuoi sentimenti, visto che sei stato tu a baciarmi». E a modo suo, anche Louis lo interrogò su ciò che voleva sapere dal migliore amico. Peccato che l’avesse fatto nel modo sbagliato.
Harry, livido in volto, tentò di difendersi con la stessa arma, con la consapevolezza ormai di non fargli tutto il male che l’altro, invece, gli stava inferendo: «Quella volta l’ho dovuto fare per quel fottutissimo gioco, altrimenti non ti bacerei nemmeno se in alternativa avessi il bacio del Dissennatore!»
A farsi male, per quanto inconsapevoli fossero entrambi, erano veramente bravi.
«Bene, allora la questione è chiarita» spiegò il Serpeverde.
«Limpidamente» replicò il Grifondoro, iniziando a salire le scale. Perché voglia di ritornare alla festa non ne aveva.
Prima di abbandonarlo si girò nuovamente: «E, ah, buon compleanno» gli augurò, con gli occhi lucidi pronti a non sopportare più tutta quella sofferenza che stava provando da settimane. D’improvviso si risentì un undicenne afflitto.
Louis si voltò subito dopo averlo udito e con tono improvvisamente titubante, gli disse «Grazie».
Fu come una doccia fredda, la consapevolezza di avere diciassette anni. Era grande e voleva che gli altri lo trattassero da tale, ma se continuava a comportarsi negli affetti come un troglodita di tredici anni, facevano bene tutti quanti a trattarlo come un bambino.
Prese consapevolezza di tutto ciò, davanti alla porta d’ingresso della Sala Grande. Tornò a guardare verso la scalinata e fece in tempo a scorgere in che direzione stesse andando Harry.
E lo seguì.
 
Perché la distanza, ormai sbriciolata e ridotta ai minimi termini, non durò mesi, come la prima volta. Furono solo attimi. Atroci, lentissimi, impiegati dal Grifondoro a sfogare tutto ciò che aveva tenuto dentro.
«Harry, aspetta» lo fermò il Serpeverde che l’aveva inseguito fino al quadro della Signora Grassa, che dava l’accesso alla Sala Comune di Grifondoro.
Harry si voltò senza vergognarsi di mostrare le sue lacrime. Louis si arrestò a pochi gradini, sorpreso nel non vederlo asciugarsi le gote per nascondere orgogliosamente il suo pianto.
«Che cosa devo aspettare? Altri colpi bassi da quello che ritenevo essere il mio migliore amico?» lo interrogò. Louis negò.
«È vero, il mio Patronus è un ranocchio. Perché tutti i miei pensieri felici sono con te.  Ma non mi vergogno di questo. Lo so che non mi capirai quando te lo dirò, perché tu sei sempre pronto all’avventura, a buttarti a capofitto nelle cose, a non aver mai paura di niente…»
Harry lo interruppe subito: «E chi te lo dice? Cosa ti fa essere così sicuro che io non abbia, qui, adesso, tanta, tantissima paura? Mh?»
Louis fu sorpreso. Ancora una volta. Così «Veramente?» domandò.
Harry annuì, guardandosi attorno. Incrociò gli occhi della Signora Grassa, che sorrideva compita nonostante la palese curiosità che stava provando nell’ascoltare quei due ragazzi parlare di fronte a lei.
«È vero che non ho mai provato paura per le cose o le situazioni che sembrano spaventare tutti gli altri ma da quando ho a che fare con te, Louis, io provo sempre tantissima paura. In questo momento – e indicò verso il pavimento -, adesso, io sto provando paura. Ed è sempre a causa tua. Ho paura da quando sono tuo amico e ancor di più da quando hai deciso di partecipare al Torneo… perché ho il terrore di perderti. Ecco, esatto, è questo il termine giusto per esprimere quanto io sia terrorizzato dal potere che TU hai su di me» dichiarò onestamente, tirando su col naso. Louis salì un gradino.
«Quindi, beh, se mi parli di paura, io ti capisco perfettamente» disse, asciugandosi il naso con una manica della giacca, e sorridendo laconico.
Louis salì un altro gradino, lasciandosi alle spalle ogni timore che aveva provato fino a quel momento. Sorrise a Harry e calibrò bene le parole che stava per dirgli: «Avevo paura, Harry, fino a qualche minuto fa, che tu non provassi ciò che… provo io per te».
Harry sgranò gli occhi esterrefatto, mentre si rendeva conto che Liam aveva effettivamente ragione.
Louis salì un altro, ultimo, gradino e lo raggiunse. «Capisci questa mia paura?» gli sussurrò avvicinandosi per eliminare tutta la distanza.
Harry annuì, mentre il cuore prendeva a battergli sempre più forte ad ogni passo in più che Louis compiva verso di lui.
«Non mi vergognavo dei miei sentimenti, cercavo di tutelarli per timore che non fossi corrisposto ma, ora-» titubò, cercando una conferma negli occhi silvestri di Harry che, sorridendo dolcemente: «Quindi non è vero che non proveresti dei sentimenti per me nemmeno se fossi sotto la maledizione Imperius?» gli domandò.
Louis negò, sorridendo, ormai a una distanza veramente ridicola dalla bocca del Grifondoro. «E tu davvero preferiresti il bacio del Dissennatore al mio?» gli domandò insolente, allontanandosi appena da quella bocca piena, poco prima che potessero combaciare perfettamente.
Harry abbozzò un sorriso imbarazzato e negò, concentrando poi le sue iridi sulle labbra sottili del Serpeverde.
Incredibilmente da come si erano messe le cose fra loro due, si baciarono. Senza vergogna, davanti alla Signora Grassa, che nascose tutto il proprio imbarazzo da donna d’altri tempi dietro il ventaglio, ridacchiando per il lieto fine di quelle scena alla quale aveva avuto la fortuna di partecipare.
Non ci furono tremolii di scope o magia inaspettata da quel bacio. Perché la magia fu proprio quell’accostamento di labbra che perdurò per un tempo indefinito che né Harry né Louis ebbero il tempo di calcolare.
«Ecco, questo è un modo decisamente migliore di augurarmi buon compleanno» convenne il Serpeverde quando si divisero per riprendere fiato. Harry lo strinse dolcemente all’altezza dei fianchi.
«Ammettilo, hai fatto tutto questo solo perché non eri soddisfatto dei miei auguri!»
«Assolutamente sì, cosa credevi? Che ti amassi? Pft, sogna ragazzo! Sono pur sempre un Serpeverde: ho sempre doppi fini».
Harry sorrise, spingendoglisi addosso. «Anche perché un Serpeverde innamorato di un Grifondoro è davvero impossibile».
Louis sogghignò, negando e replicando beffardo: «No, Harry, impossibile è un Grifondoro innamorato di un Serpeverde».








Angolo VenerediRimmel

Non vi allarmate! La "parte seconda" arriverà entro stasera. Ho deciso di pubblicare dividendo la IV parte soltanto per comodità nel revisionare 22 mila parole (comprendetemi!).
Non dico nulla, mi lascio il diritto di parlare alla fine del prossimo capitolo.

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: VenerediRimmel