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Autore: StewyT    31/10/2016    4 recensioni
E se Magnus e Alec fossero due semplici studenti di Oxford che per chissà quale strana combinazione si trovano ad essere compagni di stanza e grandi amici?
E se fossero destinati ad essere i "Malec" anche nel nostro mondo? Sicuramente troverebbero il modo per complicarsi la vita per poi arrendersi al destino.
Alec, finto ingenuo etero, nascosto in una relazione falsa, che scappa da quello che prova scambiandolo per omofobia; Magnus, finto disinteressato, nascosto in una relazione falsa, che cerca qualsiasi modo per far venire fuori il vero Alec. Il dormitorio di Oxford illuminato dalle luci dell'amore e il peso delle bugie, che fa da sfondo ai piccoli grandi segreti che entrambi tengono stretti.
Dal 1° capitolo.
“Ero venuto qui con tante belle idee per festeggiarci, ma sai cosa? Ti lascio il tuo sacchetto di cibo e me ne vado al pub!” disse facendo il finto offeso Magnus.
“Festeggiarci…?”
“Oh Dio santo, che testa di merda hai” sbuffò “Che giorno è oggi?”
“Ventitré settembre?”
“È un anno che siamo compagni di stanza, zuccone!”.
“Non ho molto ben compreso cosa festeggiamo...”
“Il fatto che tu sia stato l'unico uomo a dormire nella mia camera, che non mi sono portato a letto!".
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Don't let me drown.
 
“Allora come sta la mano?” chiese Magnus girandosi verso Alec, steso sulle sue lenzuola bianche, con i capelli sparsi tutt’attorno che sembravano tanti piccoli raggi d’inchiostro su una tavoletta di carta bianca; percorse tutto il suo corpo nudo, coperto solo dal lenzuolo bianco, in un secondo, e gli sorrise. Era così bello, ed era finalmente così suo.
Alec lo guardò sorridendo, ancora incredulo di tutto quello che era successo nelle ultime ore: della sua dichiarazione, della rivelazione di Magnus sulla sua storia con Imasu, del loro bacio, della loro prima meravigliosa volta.
Il dolore delle pinze che toccavano la sua carne e toglievano via i pezzettini di vetro erano stati persino meno dolorosi della forte voglia di alzarsi e costringere il suo amico a ritornare a letto, che aveva avuto per ogni singolo momento in cui Magnus era stato lontano da lui, dopo aver fatto l’amore, per preparare la propria valigia.
“Ti sei ricordato che esisto” sbottò ridacchiando.
“Oh avanti, sai che non avrei mai voluto allontanarmi da te ma devo necessariamente partire” sbuffò triste; riusciva a vedere quella luce vitale che aveva sempre negli occhi, spegnersi dalla paura che aveva di rivedere suo padre.
“Avresti potuto almeno vestirti. È stata una tortura” disse con le guance rosse e un grosso sorriso sulle labbra.
“E chi lo avrebbe mai detto che” Magnus gli accarezzò i capelli sorridendo con malizia “Alexander Gideon Lightwood fosse l’uomo più attivo al mondo”.
Alec alzò un sopracciglio e scoppiò a ridere “Attivo in che… senso?”; Magnus rise e si abbassò per dargli un bacio “Non ti basto mai, eh?”
“Ti ho guardato da lontano per troppo tempo” sospirò intrecciando la mano non ferita alla sua.
“L’attesa del piacere è essa stessa piacere” sussurrò Magnus, stendendosi al suo fianco.
“Dio, quanto vorrei restare qui”.
Alec lo guardò e si rattristò; quanto avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per farlo stare bene, per non farlo soffrire, per non farlo partire.
O non farlo partire da solo…
“Che ne dici se…” si avvicinò a Magnus ridacchiando “Venissi con te a NY?”
“Cosa?” il viso di Magnus si illuminò, i suoi occhi tornarono a splendere e un grosso sorriso si dipinse sulle sue labbra.
“Non vuoi restare solo? Oh avanti, resterò via solo una settimana” scherzò, ma Alec scosse la testa “So che ti fa piacere, deficiente!” gli accarezzò una guancia e fissò gli occhi nei suoi.
“Voglio venire con te, se lo vuoi anche tu”.
Magnus sorrise di nuovo “Mancano meno di due ore, Alec”
“E allora? Non ho ancora svuotato la mia valigia, ho un posto in cui dormire a NY e non ci vuole poi così tanto a cercare un biglietto; tentar non nuoce”
“Come pensi di poterlo trovare!?” si lamentò lui.
“Come pensi che abbia trovato quello del mese scorso?”
“Quindici giorni prima, eh?” alzò gli occhi al cielo e gli diede un pizzicotto.
“Se non lo trovassi per questa mattina, potremmo cambiare il tuo e partire entrambi questa sera, così potremmo trascorrere tutto il giorno a letto!”
“Sei un diavolo tentatore, Alexander Gideon Lightwood”
“Magnus” ridacchiò dandogli un pizzicotto “Sarai anche il mio ragazzo, ma continuo ad odiare quando mi chiami con il mio secondo nome, piantala!”.
Magnus lo guardò per un secondo a bocca aperta; aveva davvero detto che era il suo ragazzo. Era davvero il ragazzo di Alec, il suo amico di Oxford.
“Ci sto” disse provando a riprendersi “Chiama, mago dei biglietti last minute!”
“Grazie per il permesso” sorrise Alec sporgendosi oltre Magnus per prendere il cellulare e chiamare l’aeroporto.
Magnus lo osservò per tutto il tempo; era così bello con quei suoi occhi blu come il mare, quei capelli neri come la notte e la pelle chiara come il latte. Era perfetto mentre si mordeva il labbro inferiore e annuiva alle parole dall’altro capo del telefono, mentre alzava un sopracciglio e rifletteva, mentre sorrideva e annuiva alle parole della donna e poi esultava felice, posando il cellulare.
Era così perfetto ed era suo.
“Allora” disse posando il cellulare sul suo comodino “Abbiamo esattamente due ore e mezzo prima del chek-in”. Magnus lo guardò affascinato e innamorato come non mai in vita sua.
“Abbiamo?” alzò un sopracciglio.
“Abbiamo” rispose Alec sedendosi velocemente a cavalcioni sopra di lui.
“Dici che ce la facciamo a ripassare quello che mi hai insegnato la notte scorsa?”.
Magnus sorrise scuotendo la testa “Mi vuoi morto per autocombustione, vero?”
“Oh no, dopo con chi mi eserciterei”
“Sei uno stronzetto, Alexander Gideon Lightwood”.
Alec alzò gli occhi al cielo e gli diede una pacca sul petto nudo; quello gli ricordava esattamente quello che erano all’inizio di tutto quell’incredibile casino: due amici.
Ed era così, Alec era tendenzialmente un ragazzo timido e anche se nei primi momenti non era stato proprio a suo agio con uno esuberante come Magnus, era diventato suo amico, quindi ritrovarsi in quel momento ad essere suo amante non lo metteva in imbarazzo; lo conosceva, sapeva cosa gli piaceva e sapeva che Magnus conosceva lui. Tutta quella situazione era sfociata in una cosa perfetta.
“Che ne dici se…” Magnus scattò velocemente, ritrovandosi a sua volta seduto sopra di Alec “Invece di perdere tempo qui a letto, non facciamo un bel bagno?”.
Doveva pur avverare tutti i suoi più grandi sogni, no?
Si abbassò sulle sue labbra, guardandolo attentamente negli occhi, e poi proprio mentre Alec pensava che lo avrebbe baciato, gli morse il labbro inferiore e si alzò rapidamente, scappando verso il bagno.
Alec scoppiò a ridere, e si prese un momento per osservare i muscoli del collo di Magnus, che si univano poi a quelli delle sue possenti e sexy spalle, per sfociare nel suo piccolo sedere sodo; quanto ne era innamorato!
Si alzò di malavoglia, spinto solo da quello che sarebbe successo in quella vasca, e si avvicinò a Magnus, già immerso nell’acqua.
“Non sarà una yacuzzi, ma ci divertiremo ugualmente” gli fece un occhiolino.
“Avanti, Alexader Gideon Lightwood, mio Fiorellino, festeggiamo con me coperto di panna, o vuoi essere tu quello coperto di panna?” scherzò Magnus buttandogli un po’ di schiuma addosso.
“Oh preferisco il cioccolato alla panna!” rispose a tono Alec, proprio come l’ultima volta che l’amico glielo aveva chiesto.
“Allora visto che abbiamo solo la panna, mi sa che sarai tu quello cosparso di panna, no, Fiorellino?” gli fece un occhiolino e Alec scoppiò a ridere entrando nella vasca
“Prima o poi lo faremo davvero” gli sussurrò all’orecchio prima che Magnus lo abbracciasse con forza e lo baciasse.
 
Essere amici, dopotutto aveva avuto i suoi vantaggi.
 
 
***
 
Il sole che stava quasi tramontando dietro i grattacieli di New York, si specchiò negli occhiali azzurri di Magnus, facendolo sorridere; amava quando succedeva.
Tornare in quel posto dopo tanti mesi in cui si viveva nella pace più assoluta, poteva essere un trauma per qualcuno, ma per lui era ritornare finalmente alla vita; smettere di ascoltare il cinguettio degli uccelli, in favore dei clackson delle macchine, era il vero paradiso per il ragazzo dai capelli a spuntoni, che da troppo tempo era lontano dalla sua amata città, dal suo amato loft e da tutte le migliori discoteche al mondo, solo perché non aveva voglia di rivedere suo padre.
Mettere piede a New York, quel pomeriggio, gli fece capire quanto stupido fosse stato. Era inutile scappare da suo padre, prima o poi avrebbe dovuto rivederlo: prima o poi avrebbe dovuto fare quello che stava progettando da un po’, ma quello non era proprio il momento.
Alec gli strinse forte una mano, quasi si fosse accorto della sua momentanea assenza, e Magnus si girò verso di lui sorridendogli.
Gli era capitato, prima di incontrarlo ad Oxford, di vederlo di sfuggita ad una delle sere di Gala di suo padre, eppure non si era mai soffermato particolarmente su di lui, se non per pensare che era estremamente bello, e che la sua bellezza un po’ nascosta risaltava sopra quella tutta luminosa ed energica del fratello biondo, e quella tutta forte e sensuale della sorella; Alec era il tipo di tesoro che difficilmente si nota, quello nascosto, quello che tutti cercano. E quel tesoro, in quel momento, gli stava stringendo la mano, lo stava accompagnando al patibolo facendolo sentire per una volta felice di andarci. Era così strana e complicata la vita: pochi anni prima alla stessa festa a cui si stava recando con il suo ragazzo, lo aveva notato per la prima volta; lui era sotto il braccetto della sua ragazza, Camille; Alec era dietro i due fratelli, quasi volesse nascondersi, era visibilmente in imbarazzo; in quel momento, invece, proprio quei due ragazzi che si erano scambiati a malapena uno sguardo, si stavano dirigendo mano nella mano verso quell’incubo sotto forma di festa, e proprio in quel momento, Magnus si accorse di quanto potesse essere meraviglioso il destino, di quanto il sapore della vita potesse essere diverso se la si condivideva con qualcuno per cui valeva la pena rischiare, di quanto persino l’odore e lo splendore del sole fossero diversi se ci si trovava al fianco di qualcuno che si amava.
Si girò verso Alec, con la testa poggiata allo schienale del sediolino e gli sorrise.
“Ti stai rilassando prima di andare a morire, eh Fiorellino?” gli diede un pizzicotto sulla guancia e sorrise.
“In realtà stavo pensando a quanto sia diversa questa città rispetto solo ad un mese fa” sospirò Alec guardandolo negli occhi. “Come è possibile?”.
Magnus sorrise e poggiò la testa sulla sua spalla.
“Sai cosa credo? Credo che non sia cambiata la città, ma tu. Ora sei… te stesso”
“Già”. Girò lo sguardo verso il finestrino, e prima di concentrarsi sulle persone che correvano come formiche, sui grattacieli grigi come prigioni, sul sole che incendiava le numerose finestre, si concentrò sul proprio riflesso; forse era vero, ad essere cambiato era lui. Finalmente era diventato sé stesso, e lo si vedeva persino dall’espressione del volto, più leggera e rilassata.
“Posso farti una domanda?” la voce di Magnus irruppe dolcemente nel silenzio della Limousine che li stava accompagnando a casa Bane e lo discostò dai propri pensieri.
“Certo” girò il viso verso di lui e gli sorrise.
“Come è stato…?”
“Cosa?” chiese Alec alzando un sopracciglio.
“Ritrovarti a mentire per così tanto tempo, e poi in un solo colpo ammettere a te stesso e tutti gli altri che stavi dicendo solo balle”.
Ecco, quella poteva essere proprio una descrizione perfetta per la tomba di Alec: ‘Colui che ha mentito per tanto tempo e poi in un solo colpo ha ammesso di aver detto solo balle’.
Alec deglutì e si massaggiò le tempie. Come aveva fatto? Ad essere onesti non sapeva spiegarlo neanche lui.
“Ci avevo fatto l’abitudine” rispose d’un tratto, quando Magnus aveva già iniziato a pensare che non avrebbe mai ricevuto risposta.
“Sai se ti convinci di qualcosa ogni giorno, per tanto tempo, alla fine quella diventa la tua verità. Ti è mai capitato di aver detto una bugia a qualcuno e di averla portata avanti così tanto a lungo, da essere diventata ormai una verità oggettiva?” il ragazzo si interruppe un attimo e poi sospirò uno scontento “beh è stato proprio così”.
Magnus annuì, leggendo tutta l’angoscia che aveva provato il ragazzo parlandone, e gli strinse di più la mano.
“Mi dispiace che tu abbia dovuto farti questo. Ti capisco, è… orribile avere paura che gli altri ti rifiutino”.
Alec gli sorrise e gli si avvicinò dolcemente “Hai paura di… dirlo a tuo padre?”.
Magnus annuì “Magnus Bane non ha paura di niente” sorrise “Eppure questa cosa lo terrorizza; è pur sempre un umano, no?”.
Alec ridacchiò “Di cosa hai paura davvero? Io avevo paura di essere allontanato e rinnegato, di non poter più stare con i miei fratelli, di essere odiato da loro e di essere trattato diversamente”.
Magnus alzò le spalle “Ho paura di essere obbligato a diventare quello che non sono; ho paura che mi obblighi a… lasciarti”.
Un groppo di lacrime si piantò nella gola di Magnus, che dovette fare di tutto per reprimerle, dal momento che già solo tutta la situazione era abbastanza deprimente.
“Mio padre è un demone, nel vero senso della parola. Nessuno gli ha mai detto di no. Sai com’è se hai tutti i soldi che ha lui, sei chiunque tu voglia essere, tutti quelli che sono al tuo fianco, sono chiunque tu voglia che siano; quell’uomo non è abituato a vedere le cose andare in modo diverso da come le aveva programmate. Io vado decisamente in modo diverso da come aveva programmato, e sai cosa? Lui piega tutti e fa in modo che ogni cosa venga aggiustata, quando succede qualcosa di simile”.
Alec lo guardò a bocca aperta, mentre riusciva a scorgere nei suoi occhi tutte le lacrime che aveva versato a causa del suo passato al fianco di quell’uomo; mentre riusciva a vedere tutte le sgridate, le lamentele, le botte, tutto il dolore che aveva provato.
Gli si avvicinò di più, e prima che se ne accorgesse, lo baciò; fu un bacio delicato e dolce, uno di quelli che ha un solo scopo, dire: ‘sono qui, e ci sarò fino a quando mi vorrai’.
“Tu non puoi essere piegato perché non c’è niente da aggiustare”.
Magnus gli sorrise e annuì “Mi fa piacere che persino tu l’abbia capito”.
Alec ridacchiò “Mi dispiace per tutto quello che è successo”
“Lo so” lo tranquillizzò “Sai però cosa mi chiedo da parecchio tempo?”.
Alec scosse la testa, tutto interessato.
“Come è stato baciare Imasu?”.
Alec d’un colpo divenne completamente viola e Magnus scoppiò a ridere.
“Davvero, sono curioso!” rigirò il coltello nella piaga, facendolo pentire di essere nato.
“Anche a me piacerebbe saperlo” rispose Alec salvandosi in calcio d’angolo.
“Come è stato fingere di essere il suo ragazzo?”.
Magnus sorrise, trovando in quelle parole un po’ di gelosia; amava Alec geloso e possessivo.
“Divertente” rispose lui “Una delle cose più divertenti che abbia mai fatto. Sentirlo urlare il mio nome, mentre ero lì seduto al suo fianco e lo vedevo trattenere a stento le risate, mi faceva morire ogni volta dal ridere. È un ottimo attore, comunque”.
Alec sorrise con Magnus, sentendosi un vero stupido “Lo urlava proprio bene” aggiunse, ridendo ancora; Magnus sorrise e gli sussurrò un “Lo urli meglio tu” all’orecchio, facendolo arrossire fino alle punte dei capelli.
“E chi bacia meglio?” chiese dandogli un pizzicotto.
“Tu, decisamente tu” scherzò Magnus dandogli un bacio a stampo.
“Voi…” Alec arrossì leggermente e si grattò una tempia “Voi vi siete mai baciati davvero?”.
La domanda colse entrambi di sorpresa; Magnus non si aspettava che gliel’avrebbe mai fatta, Alec non credeva ne avrebbe mai avuto il coraggio.
“Sì” ammise occhi verdi; non poteva mentirgli, sarebbe stato stupido.
“Una volta, la sera della festa di Camille. Stavamo parlando del suo passato, di quanto ti capisse per aver iniziato a mentire su te stesso e beh ci è scappato il bacio. Subito dopo però sei entrato tu” gli sorrise.
“Non hai provato niente…?”
“Speranza” disse imbarazzato “Quando hai aperto la porta ho sperato fossi lì per dirmi che mi volevi. Durante il bacio non ho provato nulla”.
Alec annuì e scoppiò a ridere “Eri davvero perso, eh”.
“Direi che lo eravamo entrambi” sbottò Magnus dandogli uno schiaffo sulla guancia.
Era divertente tutta quella situazione; fino a pochi mesi prima quei due erano solo amici che si scambiavano battute stupide a sfondo sessuale; Magnus sembrava solo un amico che faceva finta di provarci con l’altro. In poco più di due giorni, era cambiato tutto. Erano amici, sempre, ma anche qualcosa in più. Se prima ogni battuta poteva finire solo con una risatina e uno scambio di buffetti sulla spalla, in quel momento poteva finire in qualsiasi modo inaspettato; con un buffetto, un sorriso, un bacio, l’amore. Quello era il bello di avere uno dei propri più grandi amici come fidanzato.
Lo svantaggio di avere uno dei propri grandi amici come fidanzato, invece, è che come ti conosce un grande amico ti conoscono poche altre persone; come ti capisce un grande amico, ti capiscono poche altre persone.
Alec capiva alla perfezione Magnus, e allo stesso modo Magnus capiva alla perfezione Alec; in quel momento riusciva a capire dal modo in cui guardava fuori dal finestrino con fare assolto, dal modo frettoloso di respirare, da quel tocco leggermente più freddo e assente, che c’era qualcosa che lo preoccupava profondamente, e a dire il vero era così proprio da quando erano atterrati a New York, eppure non gli sembrava che fosse andato qualcosa storto. Avevano festeggiato i biglietti, erano corsi in aeroporto e in aereo avevano dormito per buona parte del viaggio, per l’altra parte aveva parlato e progettato, erano arrivata a NY e puf, improvvisamente Alec si era trasformato, era diventato leggermente più assente.
Lo abbracciò più forte e gli soffiò nell’orecchio; Alec si girò ridacchiando.
“È strano!” si lamentò ridendo.
“Proprio come te!” sbottò Magnus dandogli un piccolo morsetto al lobo destro.
“Che ti prende?”
“Cosa?” chiese Alec alzando un sopracciglio.
“C’è qualcosa che ti spaventa ma non vuoi dirmi cosa”
“No” disse lui provando a mentire. C’era qualcosa, eccome.
“Alexander” Magnus sospirò e si allontanò leggermente da lui “Ci siamo promessi che non ci saremmo più mentiti a vicenda. Quando mi hai chiesto di Imasu non ho mentito e avrei potuto farlo. Perché lo stai facendo ora?”
“Perché non voglio rovinarci il momento con una mia paranoia” fece spallucce occhi blu “Va tutto bene, davvero”
“Siamo quasi arrivati” sbuffò Magnus “E non scenderò da questa macchina fino a quando non saprò cosa affligge il mio fidanzato”.
Alec sorrise; era bello essere chiamato in quel modo. Era bello sentire il proprio nome preceduto da un aggettivo possessivo.
“Parla, avanti”.
Alec sospirò “Dopo non mi odierai?”
“Ti a- ” si fermò in tempo, prima di completare le fatidiche cinque letterine del varco; quasi sospirò per la gioia. “Non ti odierò” disse invece.
“È stata una mia idea accompagnarti e restare al tuo fianco. L’ho fatto perché non sopporto l’idea di starti lontano e perché vorrei proteggerti da tuo padre almeno per quanto mi è concesso”.
Magnus sorrise dolcemente, e ricordò a sé stesso quanto fosse fortunato.
“Ma…?” aggiunse, pieno d’ansia.
“Sono felice di essere venuto” aggiunse “E lo rifarei altre cento volte”.
Magnus annuì, il ‘ma’ era arrivato, e di sicuro c’entravano i suoi genitori.
“Ma….” Si bloccò e sospirò; era difficile da dire.
“Ma…?” lo incoraggiò ancora “Alec mi stai mettendo ansia!”.
Alec annuì e si fece forza “Non sono pronto a dirlo ai miei. Non sono pronto ad andare da loro e dire ‘ehi, sono gay e lui è il mio ragazzo’. È troppo presto. L’ho accettato da troppo poco e non ho la forza di farlo anche con loro; non avanti a te, almeno. Non voglio che tu riceva anche gli insulti di mio padre e di mia madre, quelli di tuo padre bastano e avanzano. Non so come dirglielo; magari gli manderò un messaggio quando saremo andati via da NY, magari telefonerò. Non lo so. So che ora non ne ho il coraggio”.
Magnus annuì serio, e Alec morì un secondo di ansia.
“Non voglio che tu ti arrabbi con me o lo veda come qualcosa di personale. Voglio stare con te più di qualsiasi altra cosa al mondo ma-” ma Alec non terminò mai quella frase, perché Magnus, con una tale forza e amore, lo colpì con un bacio, rinchiudendolo tra le sue braccia.
“Non voglio che tu faccia qualcosa che ti fa stare male. Stasera forse non è il momento; non posso aspettare in eterno, ma non voglio neanche metterti fretta. Voglio solo che tu sia al mio fianco, che ti interesso, che tu ci tenga a me, che io non sia solo per una notte, che tu non voglia il mondo ma me”.
Gli occhi di Magnus, verdi e oro come non mai, si fecero ancora più luminosi; Alec deglutì per non scoppiare in lacrime come una vera femminuccia con una crisi ormonale, invece lo abbracciò e sospirò contro la sua spalla un semplice quanto sentito “Sempre, sarò sempre al tuo fianco; sempre, ti vorrò per sempre e… non voglio il mondo, voglio te.”.
Erano arrivati; entrambi erano pronti ad affrontare quella serata. Che entrambi avrebbero avuto o meno la forza di dire quello che dovevano, quella sera nessuno dei due sarebbe stato solo.
*
Alec guardò a bocca aperta l’ambiente che lo circondava; era tutto così ricco e sfarzoso. Certo anche lui era cresciuto e vissuto sempre in un ambiente ricco e ovattato, ma mai così lussureggiante; quel posto con i suoi lampadari in oro, dai quali scendevano catenine di swarosky, con i suoi pavimenti in marmo color oro, con i suoi quadri colorati, raffiguranti donne nude e bellissime, aveva qualcosa di così sbagliato, di così sporco e odioso. Lo pensava ogni volta che ci metteva piede, e ogni volta una forte morsa allo stomaco lo prendeva di soppiatto facendogli venire una forte ansia; forse quella volta fu peggiore delle precedenti, perché sapeva che lì dentro, i suoi genitori aspettavano di sapere il vero motivo per cui era lì quella sera e che il padre di Magnus era pronto a sbottare contro suo figlio per qualsiasi futile motivo.
Strinse leggermente di più la mano del suo fidanzato, che ricambiò la presa e si voltò verso di lui sorridendo; salirono le scale che li separavano dalla sala dove si sarebbe tenuto il ricevimento – un enorme salone pieno di candelabri d’oro, specchi che prendevano tutte le pareti, e divanetti comodi dai motivi persiani – e si scambiarono un sorriso, prima che Magnus con un grande sacrificio, lasciasse la mano di Alec.
Alec sospirò sentendosi subito dopo più solo e freddo; aveva bisogno di Magnus, non come si ha bisogno dell’aria per respirare, ma come si ha bisogno dell’acqua quando si ha sete: Senza di Magnus avrebbe ovviamente continuato a vivere, eppure non in quel modo idilliaco in cui aveva iniziato ad andare avanti la propria esistenza.
Magnus si girò verso di lui, sorridendogli come per incoraggiarlo proprio quando l’unico a dover essere incoraggiato era lui: stava per affrontare una delle persone che più odiava al mondo, eppure ostentava tranquillità e sicurezza; era da invidiare.
“Posso starti vicino, almeno?” chiese Alec, guardandolo fisso. Era così incoerente; prima aveva paura di dire che era il suo ragazzo, poi non voleva staccarsi da lui.
Magnus ridacchiò “Come farebbe un amico. Nessuno si accorgerà di noi due. Sta con i tuoi, parlami solo quando ci becchiamo per la sala.”.
Alec annuì dispiaciuto; era andato lì per aiutarlo, invece se ne stava dietro le quinte comportandosi come il codardo che era.
“Ma” aggiunse Magnus avvicinandosi leggermente a lui, e soffiandogli nell’orecchio “Sei mio invitato, quindi sentiti libero di trascinarmi in una camera chiusa, e farmi tutto quello che vuoi, in qualsiasi momento”.
Alec scoppiò a ridere, arrossendo, e annuì “In questo momento avrei proprio bisogno di un piccolo e casto bacio”
“In questo momento, hai proprio bisogno di allontanarti leggermente, lì c’è mio padre” sbuffò Magnus, diventando di pessimo umore.
Alec guardò nel punto indicato dal suo ragazzo, e vide un grosso uomo alto, dinoccolato e magro, ma allo stesso tempo imponente e regale, avvicinarsi a loro; lo scrutò attentamente, come non aveva mai fatto prima, e si accorse di quanto somigliasse a Magnus, a partire dagli occhi di quel colore tanto particolare e stupendo – anche se comunque gli occhi di Magnus erano lucidi di gioia e vita, il che li rendeva ancora più belli – al sorriso perfetto – anche se quello di Asmodeo, il padre di Magnus, era leggermente più appuntito e spaventoso –.
“Il figliol prodigo torna a casa” sbottò quando fu abbastanza vicino, senza neanche degnare i due ragazzi di uno sguardo “Ti sei deciso a tornare”
“Purtroppo” sbuffò Magnus “Ma resto poco; sono iniziati nuovamente i corsi!”
“A proposito di corsi! So che i tuoi voti sono abbastanza alti; in qualcosa riesci, allora”. Magnus si morse il labbro inferiore, e fece finta di ridere.
“Mi hai fatto venire solo per insultarmi, quindi?”
“E Camille?” chiese il padre cambiando discorso; sul suo viso aleggiava sempre un sorriso sarcastico e cattivo che lo rendeva meno bello di quanto sarebbe stato con un sorriso più gentile, come quello del figlio.
“Non c’è” disse alzando le spalle Magnus.
La tensione tra quei due era palpabile; era possibile tagliarla con un filo di cotone, quasi; persino tra Alec e suo padre c’era un rapporto migliore.
“Vedo che hai ascoltato perfettamente la mia richiesta, a telefono. Attento come sempre”
“Ti presento Alexander Lightwood” quella volta fu Magnus a cambiare discorso, e Alec, sentendosi tirato in ballo si girò verso Asmodeo, arrossendo; quell’uomo era talmente terribile, da fargli venire voglia di infilzarlo con tutte le frecce del mondo.
“Lightwood! Ci saranno anche i tuoi genitori stasera; come mai sei qui con lui? Pensavo che i Lightwood fossero più selettivi!”
Alec lo scrutò con aria omicida, e sbottò un “Credo che andremo a cercare i miei genitori”, prendendo Magnus per mano, e dando una spallata all’uomo alto e magro.
“Capisco davvero perché lo odi, ora” disse, ritrovandosi a guardare il sorriso fiero che illuminava il volto del suo ragazzo.
La serata sembrava essere iniziata nel peggiore dei modi, eppure non era vero; il peggiore modo per iniziarla era stata staccarsi da Magnus e doversi comportare come se si conoscessero a malapena, come se non fossero fidanzati da poche ore e non avessero avuto voglia di restare avvinghiati ovunque; subito dopo aver salutato Isabelle e i genitori di Alec – sotto il loro sguardo curioso, che si chiedevano ancora come mai loro figlio fosse arrivato a quella festa senza neanche avvisarli – Magnus, infatti, si era allontanato, concedendo al fidanzato un solo piccolo sorrisino di incoraggiamento, prima di sparire. Nonostante quello, però, Alec non era riuscito a staccarsi completamente da lui, e lo seguiva con lo sguardo ovunque andasse, pronto a correre da lui nel caso gli fosse servito aiuto; non era presente davvero, non ascoltava quello che gli dicevano i genitori, rispondeva a monosillabi, addirittura era come se Jace e Isabelle non ci fossero, erano invisibili: riusciva a vedere solo Magnus, ovunque fosse, con chiunque fosse, qualunque cosa facesse.
Aveva osservato per tutta la sera ogni suo movimento: Magnus che si avvicinava a dei parenti e sorrideva cordialmente, Magnus che parlava con degli amici di vecchia data, Magnus che andava verso il banchetto per prendere un altro prosecco, Magnus che stringeva la mano alla figlia di un collega del padre e poi scendeva in pista con lei, Magnus che lo guardava negli occhi mentre ballava con quella ragazza e gli chiedeva le sue scuse con lo sguardo. Alec non era geloso della ragazza, era solo invidioso della sua vicinanza a Magnus; mentre lui in quel momento doveva starsene lì come un salame a guardarli, lei poteva stringere il suo uomo. Fu talmente accecato dall’invidia, ad un certo punto, che prese Isabelle sotto braccio e si avviò in pista da ballo, provando a mettere un passo dietro l’altro e riuscendoci miseramente.
“Si può sapere che ti prende?” gli aveva chiesto la sorella, senza ricevere risposta; Alec era troppo concentrato a guardare Magnus, e proteggerlo da lontano, mentre si allontanava dalla pista da ballo e si avvicinava ad un altro gruppo di persone.
“Ahia” Alec aveva ricevuto un forte colpo nelle costole che lo aveva fatto diventare subito attento alle parole della sorella, che lo avevano distratto per il resto della serata. Isabelle era così curiosa di sapere i dettagli di quello che era successo tra lui e Magnus – visto che quest’ultimo non aveva avuto tempo per aggiornarla – che ottenuta la sua attenzione non gli aveva dato un attimo di respiro, così mentre con gli occhi seguiva ogni minimo spostamento del ragazzo, con il cervello e le parole provava a dimostrare ad Isabelle quanto fosse presente e al tempo stesso provava a non far sentire a Jace quello di cui stavano parlando; inutilmente, ovviamente, dal momento che Jace era aggiornato quanto la sorella su tutta la faccenda.
Così aggiornato da essersi avvicinato a lui nel bel mezzo della serata e avergli sussurrato all’orecchio “Il tuo ragazzo ti stava cercando, voleva portarti in camera sua, ma non ti ha trovato”.
Alec si era ritrovato completamente paonazzo a dimenticarsi per un attimo della sua missione – proteggere Magnus, ovviamente –.
“Cosa?” aveva risposto con voce tremante, ma Jace era scoppiato a ridere e gli aveva dato una pacca sulla spalla.
“Credevi davvero che non lo sapessi?” gli aveva sorriso “Sei un idiota per non avermelo detto tu stesso”.
“Io-io” boccheggiò Alec.
“Perché non lo hai fatto?”.
Alec arrossì e scosse la testa, incassando le parole dell’amico.
“Credevi che non ti avrei accettato? Alec che differenza c’è tra un Alec gay e uno etero? Nessuna!”.
Il bruno annuì “Lo sapevi?”
“Lo sapevo, non me lo ha detto Isabelle. Si notava un pochino, non credi?”
“Allora… beh allora perché hai continuato a presentarmi ragazze e a farmi uscire con loro?”
“Perché speravo che prima o poi mi mandassi a quel paese con un bel ‘le donne mi fanno schifo! Voglio qualcosa di diverso al mio fianco. Voglio un ragazzo’ e invece non lo hai mai fatto” Jace lo guardò dritto negli occhi, scatenando tutto l’oro che ci navigava dentro.
“Posso sapere perché? Non ti fidavi di me? Avevi paura di me?”
“Non mi fidavo di me e avevo paura di me” rispose lui “Non volevo ammetterlo a me stesso. Ci sono riuscito solo ora”.
Jace annuì “Beh essere trattati in modo diverso è difficile davvero, ma tu non hai di questi problemi; sono tuo fratello, Alec. So chi sei, e so che non andare dietro alle ragazze non ti rende diverso, okay?”
“Lo so” sussurrò “È solo che.. i nostri genitori..”
“Si fottano! Non puoi cambiare te stesso per loro”
“Non cambio più me stesso”
“Finalmente hai smesso di fare il deficiente, eh?”
“Già” rispose Alec rosso in viso avvicinandosi a Jace che lo strinse in un forte abbraccio.
“Quando mi dirai che Magnus è il tuo ragazzo?” chiese ridendo Jace, in un sussurro.
“Magnus è il mio ragazzo” gli rispose con un sorrisino imbarazzato stampato in volto.
“FINALMENTE” rise Jace allontanandosi dopo avergli dato una pacca sulla spalla
dicendogli che era finalmente fiero di lui, per poi avviarsi verso il tavolo del prosecco, per essere sostituito da Max che aveva iniziato ad aggiornarlo sui propri miglioramenti a tiro con l’arco.
Quella serata era stata una delle più faticose della propria vita; tutto quello che voleva, per concluderla almeno in un buon modo, era andare nel loft di Magnus e dormire abbracciato a lui, ma ovviamente non sarebbe stato possibile. Sarebbe tornato a casa e sarebbe stato confiscato dai suoi genitori e dai suoi fratelli fino a prima della partenza.
Sospirò e si massaggiò le tempie; a forza di seguire Magnus con lo sguardo, davvero ovunque, - per non parlare dell’interrogatorio della sorella, della parlantina veloce di Max, e della confessione di Jace - gli era venuto un fortissimo mal di testa. Tutto quello che avrebbe voluto fare sarebbe stato addormentarsi, invece proprio mentre chiudeva gli occhi e sospirava, pensando che la serata sarebbe finita di lì a poco, si guardò attorno e notò Magnus, leggermente più appartato, parlare fitto fitto con Asmodeo; a dire il vero era quell’ultimo a parlare con il suo solito sorrisino incattivito e odioso: Magnus restava lì, con gli occhi determinati, e un’espressione forte sul viso, a farsi martoriare.
Avrebbe tanto voluto sentire cosa gli diceva, ma non gli era possibile, era troppo lontano e Asmodeo parlava a voce bassissima, quasi stesse sussurrando a suoi figlio i misteri dell’universo, invece che una montagna di insulti e cose ignobili.
Alec sospirò e lanciò uno sguardo a Isabelle, che capendolo al volo annuì e gli sorrise, dopodiché si allontanò e cercò di avvicinarsi quanto più possibile a Magnus e suo padre; si piantò al tavolo del prosecco, dove centinaia di bicchieri sempre pieni sostituivano centinaia di bicchieri vuoti. Prese uno dei calici lunghi e sottili ricolmi di quel liquido quasi trasparente pieno di bollicine, e ne assaggiò il sapore dolce e frizzante.
“Non puoi piegarmi” sentì dire a Magnus che parlava a voce più alta del padre.
“Sono questo, accettare o rifiutare”.
“Credi davvero di potermi parlare in questo modo? Senza di me sei nulla”
“Senza i tuoi soldi sono nulla, non senza di te. Tu non conti nulla” sbottò “E anche quello che pensi di me conta nulla. Puoi dirmi quello che vuoi e farmi quello che vuoi, ma il Magnus di otto anni che si faceva sopraffare dalle tue chiacchiere è finito”.
Il volto di suo padre si illuminò con un sorriso di sfida che Magnus pensò bene di eliminare in un solo colpo.
“Non darmi più un dollaro, non ho bisogno di te”
“E come pensi di mantenerti, eh?”
“In qualche modo farò. Non ho più intenzione di fare qualcosa che mi fa schifo, né tantomeno di mentire. Io non sono fatto così. Non ho vergogna di quello che sono. Sono bisessuale e allora? Dillo, avanti. Dimmi che sono un indeciso, che lo sono sempre stato e che era il minimo esserlo anche con uomini e donne!”.
La bocca di Alec si spalancò quasi quanto quella di Asmodeo, avanti a quella confessione talmente sfacciata da essere proprio da Magnus; dovette poggiare il bicchiere sul tavolo per non vederlo schiacciarsi a terra tanto gli tremavano le mani.
Magnus aveva avuto il coraggio di spiattellare in faccia al padre quello che ormai già tutti sapevano, avanti a tutti; quello di cui non bisognava aver paura ma che invece terrorizzava proprio a causa del pensiero altrui.
Magnus era quanto di meglio ci fosse al mondo, se fosse stato un po’più come lui e un po’ meno come sé stesso, forse avrebbe avuto persino il coraggio di avvicinarsi a suo padre e fare altrettanto; gridare al mondo un “Io sono gay e non me ne vergogno”, invece tutto quello che fece fu guardare il padre di Magnus allungarsi verso il figlio, come a volergli dare un ceffone.
In quel preciso istante però, non capì più niente; dimenticò ogni cosa. Dimenticò chi era, cosa ci faceva lì, perché era lì. Dimenticò la sua paura e le sue ansie. In quel momento vide solo che doveva tanto a Magnus, che quel ceffone non contava niente, che tutto quello non contava niente, che Magnus meritava solo di sorridere.
Non ci pensò molto, si dimenticò di dove era, di chi poteva vedere quello che stava facendo, di quale sarebbero state le conseguenze per quello che stava facendo.
Probabilmente non pensò neanche a cosa stava per fare, di sicuro non lo fece per sé stesso, ma per quello che aveva visto, per quello che aveva provato guardando l’espressione del suo amico; Alec poteva avere tanti difetti, ma se c’era una cosa che non avrebbe mai fatto, quella sarebbe stata lasciare a sé stessa una persona a cui teneva tanto. Non avrebbe mai lasciato soli i suoi fratelli o i suoi amici più stretti; non avrebbe mai lasciato solo il ragazzo di cui era innamorato.
Non ci pensò per niente: un secondo prima aveva visto Magnus confessare, un secondo dopo stava confessando a sua volta.
Corse velocemente al fianco di Magnus, probabilmente non avrebbe neanche saputo spiegare come, tanta era l’adrenalina che aveva in circolo, e strinse il suo ragazzo in un dolce e caloroso abbraccio, per poi baciarlo lì, avanti a tutti.
Finalmente fece quello che aveva desiderato per tutto il tempo in cui erano stati lontani; le loro labbra si sfiorarono in un bacio tenero e allo stesso tempo pieno di ansia, ma non appena le labbra di Magnus si curvarono sotto quelle di Alec in un grosso sorriso, tutti i timori si dissolsero.
Tutto quello che contava erano loro due, tutto quello che c’era lì, in quel momento erano loro due.
Fu come se il mondo fosse andato dissolto nel nulla, cancellato da una gomma così come viene cancellato un disegno a matita su un foglio di carta.
I loro cuori si sentirono immediatamente più leggeri e felici e allo stesso tempo soddisfatti.
Quando si allontanarono, ansimanti e con gli occhi lucidi, neanche diedero peso al viso sconvolto dei più anziani, a quelli sorridenti dei più giovani che battevano le mani, a quello di Isabelle che era rigato di mascara, a quello di Jace e Max che sorridevano fieri, a quello di Asmodeo rosso paonazzo - per ‘la figura orrenda che suo figlio gli aveva appena fatto fare’, che già stava cercando il modo di ripagare – a quelli dei Lightwood sbiancati e privi di emozioni; nulla di tutto quello che era accaduto in quella sala contava, se non il fatto che Alec aveva dimostrato a Magnus quanto bene gli volesse, perché si può parlare quanto si vuole, si possono dire tutte le cose che si desidera, ma solo con le azioni si dimostra davvero qualcosa, e Alec aveva dimostrato tanto, proprio come Magnus, che subito lo aveva preso per mano e lo aveva trascinato fuori di corsa.
Così, contrariamente a come erano entrati in quello sfarzoso posto, ne erano usciti, correndo da un corridoio all’altro, con le luci, le porte e i quadri che gli sfrecciavano attorno, fregandosene completamente di tutte le conseguenze che quello che avevano fatto avrebbero portato.
Correvano, mano nella mano, con il vento nei capelli, il loro sapore sulle labbra, le risate felici, e i cuori leggeri, con l’unica voglia di continuare a sentirsi in quel modo per sempre, di continuare ad amarsi in quel modo incondizionato per sempre, benché ancora nessuno dei due avesse ammesso completamente quello che provava per l’altro.
Correvano respirando l’aria fresca di New York, che per una volta vedeva uno dei desideri di Alec avverarsi: sentirsi giovane e felice come mai avrebbe pensato.
Correvano sperando che quel momento non sarebbe mai finito, che quella storia non avrebbe mai visto la parola ‘fine’, con la testa piena di fantasie, il cuore pieno di desiderio, e l’adrenalina che gli schizzava nelle vene facendoli sentire così come l’amore fa sentire: vivi e liberi.


Spazio autrice.
SAAAAAAALVE GENTE! Come va la vita? 
Io sono un pochino tristina per questo capitolo; insomma, è il penultimo e onestamente già so che mi mancherà da morire l'appuntamento settimanale con un capitolo da correggere e postare T^T
Grazie a Raziel però, ho già iniziato un altro progetto Malec QUINDI mi sento meno triste e desolata LOL
Ehm cosa dire sul capitolo?
Il titolo deriva da una cazone dei Bring me the horizon, Drown, che adoro da morire e mi ha ispirata durante la scrittura del capitolo; cioè davvero, ho immaginato i Malec prendersi per mano e scappare verso l'infinito ed oltre e nel frattempo questa canzone scoppiare a spaccare i timpani a tutti dal nulla. AWH beata fantasia!
Okay, nada, da quello che avete letto, tutto VA BENE finalmente e non potrei esserne più felice. Li ho fatti patire parecchio quindi si meritano tuuuuutto l'amore di questo mondo; nel mulino che vorrei tanto Malec e sesso gay, d'altronde lo dice pure Banderas, no? Okay forse no, ma ehi, diamo gioie almeno ai Malec!
Questa potevo risparmiarmela, lo so, ma non posso mettere freni alla mia mente malata.
Basta. Se dovessi dirvi una parte preferita di questo capitolo probabilmente dovrei citarlo tutto; ho amato scrivere dalla prima all'ultima lettera, forse avrei evitato il litigio con Asmodeo, ma chi avrebbe spinto il nostro cucciAlec a venire fuori?
No, non saprete mai come l'hanno presa Robert e Maryse perchè non me ne frega un beneamato cavolo, mi interessa solo che Alec sia finalmente felice!!!, ma scoprirete il futuro di questi due, nell'epiglo.
Giuro che nel prossimo capitolo - aka, il maledetto epilogo- non ci saranno guai, voglio dire, è una Malec, deve necessariamente finire bene......no?

Okay(quante volte l'ho ripetuto?) la smetto di rompervi, magari avete una vita sociale a differenza mia, e dovete andare a festeggiare Halloween, no?
Dunque vi lascio senza spoiler, perchè beh, voglio che l'epilogo sia tuuuutto una sorpresa.
Vi ringrazio già infinitamente per aver seguito me e i mei pazzi Malec fino a qui.
Alla prossima settimana!
StewyT~

Ps. Buon Halloween <3
 
  
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