Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Hotaru_Tomoe    31/10/2016    5 recensioni
Raccolta di oneshot ispirate dalle fanart o prompt che ho trovato in rete su questa bellissima serie. Per lo più Johnlock centriche, con probabile presenza di slash.
Aggiunta la storia I'll be home for Christmas:Sherlock è lontano da casa per una missione, ma durante questo periodo il legame con John si rinforza. John gli chiede di tornare a casa per Natale, riuscirà Sherlock ad accontentarlo?
Questa storia, in versione inglese, partecipa alla H.I.A.T.U.S. Johnlock challenge di dicembre.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

LA FORMULA DELL'AMORE

Lei chiese "Dimmi qualcosa di bello."
Lui rispose: "(∂ + m) ψ = 0"

Una mattina d'autunno Sherlock fu svegliato da un profumo forte e speziato.
Si stiracchiò e fece una smorfia quando i muscoli protestarono: la sera prima, dopo aver risolto un caso difficile, si era addormentato sul divano, e forse stava diventando troppo vecchio per queste cose.
“Ah, cazzo - disse John con voce imbarazzata - lo sapevo: ieri sera avrei dovuto svegliarti e farti andare a letto, ma dormivi così profondamente che non me la sono proprio sentita.”
John era in piedi davanti a lui e reggeva due bicchieri di carta, che aveva appena acquistato da Speedy, evidentemente.
"Nessun problema" Sherlock scostò la coperta con la quale John lo aveva coperto e si sedette. “Che cos'hai lì? Non è caffè."
"No. Poiché Halloween si avvicina, il barista mi ha convinto a provare la specialità della stagione, il Pumpkin Spice Latte."
Sherlock alzò un sopracciglio: "C'è della zucca per davvero lì dentro?"
"Sì."
"E del latte" proseguì, con ancora maggior scetticismo.
"Guarda, il barista mi ha assicurato che i giovani vanno pazzi per questa roba al giorno d'oggi."
John porse uno dei due bicchieri a Sherlock, i due si guardarono per un momento e poi bevvero un sorso di loro bevanda.
Un secondo dopo il volto di Sherlock si contrasse in una smorfia di disgusto, mentre John, assai meno diplomaticamente, sputò nella tazza: era troppo piccante, ma allo stesso tempo dolce come melassa.
"Merda... scusa, è terribile."
"Be’, dipende: questa bevanda è così disgustosa che potrebbe coprire il sapore dell’arsenico o della stricnina. È perfetta se si vuole uccidere qualcuno."
"Buon Dio, credo che sia letale anche senza veleno!"
Scoppiarono a ridere, poi John rovesciò i bicchieri nel lavandino, mentre Sherlock si mise a preparare il tè.
"Scusami ancora, non volevo rovinarti la giornata."
"Va tutto bene."
Dopo il fallimento del suo matrimonio, John era tornato a vivere con lui a Baker Street, quindi non aveva importanza se a volte John portava a casa delle bibite disgustose, o se insisteva più del solito perché Sherlock mangiasse e dormisse regolarmente: avere di nuovo John lì con lui era stato un dono inaspettato, un miracolo accaduto quando Sherlock si era rassegnato a passare da solo il resto della sua vita.
Quindi andava tutto più che bene, ma Sherlock non aveva trovato il coraggio di dirglielo. Non ancora.
Mentre versava la giusta quantità di foglie di tè nell’acqua calda, pensò che però il momento era propizio: John sembrava felice e rilassato da quando era tornato, e c'era qualcosa di nuovo nei suoi sorrisi quando guardava Sherlock, come una luce.
John amava molto l’autunno, perché era il periodo dell'anno in cui avrebbe potuto tornare a indossare i suoi maglioni orribili. Inoltre trascorreva più tempo a casa, dato che era troppo freddo per andare al parco a fare jogging, così, quando non era di turno in clinica, restava seduto sulla sua poltrona a leggere o aggiornare il blog.
E forse, uno di quei giorni, Sherlock poteva alzare gli occhi dal giornale e dirgli che...
"È pronto?"
La voce di John lo svegliò dal suo sogno a occhi aperti.
"Solo un minuto."
Sherlock versò il tè a entrambi, e dopo il primo sorso, John chiuse gli occhi e sospirò di piacere. "Continuerò a portare a casa beveroni disgustosi, se dopo posso avere un tè così buono" scherzò John.
"John, io..."
"Cazzo, devo correre al lavoro. È qualcosa di urgente?"
"No, non è niente."
"Va bene, ci vediamo nel pomeriggio."
Sherlock sospirò: la mattina non era un buon momento per una dichiarazione, perché John era sempre di fretta. Forse durante il pomeriggio?

Purtroppo quella settimana Sherlock fu occupato con un'altra indagine molto complicata, che lo vide anche finire in carcere per una notte per aver insultato il nuovo capo di Lestrade; nel frattempo cominciò pure la stagione influenzale e John era più preso che mai in ambulatorio, così non ebbero molte occasioni per parlare.
Dopo il caso, un pomeriggio John tornò a casa con cinque grosse zucche, e Sherlock lo guardò come se fosse pazzo.
"Ti prego, dimmi che non vuoi ripetere l'esperimento del Pumpkin Spice Latte".
John rise: "No, niente del genere: Molly mi ha chiesto se potevo aiutarla a incidere alcune zucche per il reparto pediatrico del Barts, e non ho potuto dirle di no."
"Oh."
Dio, che cosa terribilmente noiosa.
Oltretutto John aveva preso molto sul serio l'impegno ed era totalmente concentrato sui disegni da incidere: no, nemmeno quello era il momento giusto per parlare, e Sherlock ne fu talmente infastidito che si distese sul divano a tenere il broncio.
Dopo due ore, John guardò l'orologio e imprecò.
“Cristo, è tardi, non pensavo che ci sarebbe voluto così tanto tempo."
"Puoi finire domani.”
"No, ho promesso Molly di portarle le zucche questa sera. Senti, mi puoi aiutare con le ultime due?" Con riluttanza, Sherlock si alzò e raggiunse John al tavolo della cucina.
"È già svuotata, basta che ci incidi sopra qualcosa."
"Che cosa?"
"Quello che vuoi, usa la tua immaginazione."
Sherlock non era di buon umore e riversò tutto il suo disappunto sul compito che gli era stato assegnato, tagliando via pezzi di zucca con amara soddisfazione.
"Sherlock, è tutto a posto?"
"Naturalmente."
Dopo un po' John, forse preoccupato per il suo prolungato silenzio, alzò lo sguardo dalla sua zucca. "Va bene, fammi vedere i progressi della tua... e questo che cazzo è?"
“Un volto. Tu mi ha detto che potevo fare quello che volevo" ribatté Sherlock.
"Ma questo è... Sherlock, è orribile!"
L’intaglio di Sherlock sembrava provenire direttamente dagli incubi di una psiche fortemente disturbata, la psiche di uno che avrebbe dovuto passare il resto dei suoi giorni in un manicomio. Era solo un volto, sì, ma era contorto, grottesco e spaventoso. Carpenter l’avrebbe amato. I bambini decisamente meno.
“Correggimi se sbaglio, John, ma l'orrore non è uno dei pilastri di Halloween? E, da questo punto di vista, penso di aver fatto un buon lavoro, dato che ho preso spunto dal cadavere in putrefazione che Molly mi ha mostrato il mese scorso."
John si afferrò la base del naso.
"Sherlock, queste zucche devono andare in un reparto pediatrico, pieno di bambini e neonati! Pensi davvero che sia appropriata?"
Il detective guardò il suo lavoro: anche se era molto buono, John aveva ragione.
"Potresti portarla al reparto dei narcolettici: forse aiuta a tenerli svegli."
Sherlock temeva che John fosse seriamente arrabbiato con lui, invece, sentendo la sua battuta, si mise a ridere forte fino a quando non ebbe le lacrime agli occhi.
"Sei impossibile - disse con affetto - Non importa, dirò a Molly che ho rotto una zucca, queste quattro basteranno."
Si rimise al lavoro sull'ultima, intagliando Toothless, il personaggio di un cartone animato, spiegò a Sherlock.
"Sei molto bravo" osservò Sherlock.
"Anni di pratica con il bisturi" scherzò John.
"Non credo sia solo questo."
"No, hai ragione. Quando Harry e io eravamo bambini, i nostri genitori avevano un orto, così durante l'autunno c’erano sempre un sacco di zucche e ci divertivamo a intagliarle. Era uno dei pochi momenti felici della mia famiglia" mormorò, dopo una breve pausa.
"John…"
"Be’, devo andare adesso, Molly mi aspetta."
“Va bene."
"Hai bisogno di qualcosa prima che vada?"
"No."
"Non aspettarmi alzato: dopo aver lasciato le zucche a Molly, vado al pub con Mike."
"Okay, allora divertiti.”
Una volta che John fu uscito, Sherlock rifletté: se non aveva avuto fortuna con le parole, intagliare una zucca lo avrebbe aiutato.
E sapeva esattamente cosa inciderci sopra.

La sera seguente Sherlock camminava avanti e indietro nella sua stanza, ripetendo a se stesso che non era nervoso.
No, non lo era.
Affatto.
Va bene, chi stava prendendo in giro? Era molto nervoso.
John sarebbe tornato a casa presto e, davanti alla porta della sua camera da letto al secondo piano, avrebbe trovato la zucca di Sherlock, illuminata dall'interno da una piccola candela, e l’intaglio in bella vista.
Tuttavia, quando la porta del 221B si aprì, Sherlock si bloccò: c'era qualcun altro con John, una donna, e i due stavano parlando di una prenotazione al ristorante.
Non ebbe il tempo di sentirsi uno stupido: in preda al panico, corse fuori dalla sua camera e schizzò su per le scale, afferrando la zucca, ma poi si rese conto che non poteva tornare giù senza essere visto, dal momento che John e la donna erano già sul pianerottolo; era intrappolato lì, così fece l'unica cosa possibile: entrò in camera di John, aprì la finestra e gettò giù la zucca.
Cercò di non prendersela troppo, mentre la sua zucca atterrava sul selciato: era inutile che John vedesse ciò che aveva scritto, evidentemente aveva già trovato un altro interesse sentimentale e, naturalmente, non era lui. E probabilmente i sorrisi, la luce negli occhi di John non esistevano, era tutto nella sua testa.
"Sherlock? Cosa ci fai nella mia stanza?"
"Io... uh... cercavo un caricabatterie, non riesco a trovare il mio."
"E lo cerchi fuori dalla finestra?"
"No, è solo che mi sembra che in camera tua faccia troppo caldo."
"Niente affatto. Anzi, chiudi la finestra, per favore, che si gela. E riguardo al caricabatterie, controlla in bagno, l'ultima volta l'ho visto lì".
John aprì il cassetto del comodino accanto al letto e prese alcune riviste mediche.
"Donna mi ha chiesto di prestargliele - spiegò - È una mia collega. Andiamo giù, così te la presento."
Donna era piccola, carina, aveva un sorriso simpatico, e quando vide Sherlock, gli porse la mano. "Tu devi essere Sherlock, John parla sempre di te."
Sherlock non rispose, le passò davanti e si chiuse in camera da letto: aveva finto di apprezzare Mary in passato, ma non poteva farlo di nuovo con un’altra donna. Non voleva. Voleva che tutte le donne sparissero dalla vita di John, voleva che loro due restassero soli, voleva avere la possibilità di aprire a John il suo cuore, solo per una volta.
Si rannicchiò sul letto, sentendosi patetico.

Donna aveva ancora la sua mano allungata e il sorriso congelato sul volto.
"Cos’è successo?"
"Err... lascia perdere. Sai, probabilmente è solo di cattivo umore. Vogliamo andare?"

John fece ritorno a Baker Street due ore più tardi. La cena era andata bene, ma non aveva fatto altro che pensare a Sherlock e al suo comportamento. Sapeva che il suo coinquilino era ombroso, ma quell’episodio gli sembrava troppo strano, a partire dalla scusa del caricabatterie. E, oltre a questo, era un po’ di tempo che Sherlock sembrava sul punto di dirgli qualcosa, ma poi faceva finta che non fosse niente di importante, e John si chiese se fosse tutto collegato.
Donna gli aveva chiesto se voleva salire da lei, ma lui aveva rifiutato: si conoscevano da tempo, ma quella sera si rese conto che non sentiva nulla per lei e che non c’era alcuna scintilla tra di loro.
Ed essere a cena con una donna bella e intelligente e pensare a Sherlock tutto il tempo, be’... voleva dire qualcosa, vero?
Alcuni ubriachi avevano lasciato tre bottiglie di birra vuote di fronte al portone del 221B, e John, che odiava il degrado, le raccolse e le portó sul retro, nel bidone della signora Hudson. Calpestò qualcosa di mołliccio e viscido, e guardò a terra.
"Che diavolo...?"
Una zucca era esplosa sul marciapiede, non c'erano altre parole per descriverlo: c'erano frammenti arancioni sparsi per terra, sui bidoni, e addirittura sul muro, come se qualcuno avesse gettato una zucca dal piano superiore. John alzò gli occhi e si rese conto di essere proprio sotto la finestra della sua camera.
Era questo che stava facendo Sherlock nella sua stanza? Gettava zucche dalla finestra? L'ipotesi non lo lasciò perplesso più di tanto: poteva essere un bizzarro esperimento legato a un caso (ma era strano che Sherlock non gliene avesse parlato), ma poi vide un pezzo di zucca intatto, su cui era intagliato qualcosa.
(∂ + m) ψ = 0
Sembrava una formula matematica di qualche tipo: John frugò nella sua memoria senza riconoscerla, quindi non aveva nulla a che fare con la medicina.
Cercò quella formula sul cellulare e scoprì che esisteva e aveva un nome: equazione di Dirac.
Uh, meccanica quantistica, sicuramente non il suo campo.
L'equazione era incredibilmente popolare per appartenere a una branca della scienza così complicata, c’erano migliaia di siti che ne parlavano. Incuriosito, John cliccò su un link.
E rimase senza parole.
"Idiota - mormorò, dopo aver letto - Tu, meraviglioso idiota."
John raccolse il pezzo di zucca inciso e un altro pezzo più piccolo per lui, ed entrò in casa. Si fermò solo per un attimo in cucina, prese un coltello e diede forma al suo pezzo, poi bussò alla porta della camera da letto Sherlock.
"Vai via", fu la risposta scorata che ottenne, ma lo ignorò ed entrò. Sherlock era disteso sul letto e gli dava le spalle.
"Ehi."
"Sei tornato a casa presto. Non una buona serata, suppongo. "
John guardò l'equazione sulla zucca e sorrise.
"Oh, io non direi."
"Come?"
Sherlock alzò la testa, vide quello che John stava in mano, e impallidì.
"Pensavo che ... ma è ovvio che tu... tu eri con lei, quindi... per favore, dimentica e lasciami solo" balbettò, affondando la testa nel cuscino. Non era mai stato così a corto di parole e, Dio, era umiliante.
Sherlock sentì il materasso abbassarsi quando John si sedette.
"Vuoi davvero che me ne vada, senza conoscere la mia risposta?" chiese con voce calma.
"Quale risposta?"
"La risposta alla tua equazione. Bada che non capisco nulla di fisica quantistica, quindi è una risposta da sempliciotto, ma se la vuoi, è qui."
John stese la mano destra verso Sherlock: sul palmo aperto c'era un pezzetto di zucca, a forma di cuore.
"John…"
Le dita di Sherlock sfiorarono il piccolo cuore con timore reverenziale.
"Da quando sono tornato a casa, mi sento bene, mi sento felice. Quando vivevo con Mary non era mai così, neanche nei giorni buoni. Lei non era il mio sistema, e non lo è Donna, o qualsiasi altra donna. Sei tu il mio sistema, il sistema unito al mio.”
"John, io..."
"Inscindibilmente" aggiunse John, prima di chiudere gli occhi e posare le labbra su quelle di Sherlock.



Note:
Il principio alla base della equazione di Dirac dice che: "Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi sono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma in qualche modo, diventano un unico sistema.”

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Hotaru_Tomoe