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Autore: cioccolatino    01/11/2016    8 recensioni

Fra Duncan e Courtney c'è sempre stato un odio molto insidioso, nonostante sia tuttora l'unico vincolo che tiene ancor saldo il loro legame.
Mentre i ricordi dell'infanzia trascorsa da Courtney continueranno a tormentarla incessantemente, riaffioreranno i lugubri e macabri segreti del ragazzo dal cuore di ghiaccio, che sembra nascondere, nel profondo della propria anima, un lato oscuro, perfido e feroce.
Un mostro raccapricciante e intricato che renderá la vita di entrambi un infido e sconcertante inferno.
Genere: Dark, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Scott | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale
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Capitolo 8 - Come Un Animale Selvatico
 
 
Dodici chiamate effettuate, andate a vuoto. Dodici occasioni consumate dall'insidioso vizio sussistente, volate via in un batter d'ali. Dodici possibilità di essere perdonato ancora, per la milionesima volta. Essere perdonato per quegli insulsi errori che si ripetevano continuamente a causa della mia personalità completamente ingenua e che non avevano alcuna intenzione di andarsene. Sbagli che avrei voluto non commettere, che avrei dovuto evitare o deviare in qualche modo, che non avrei più dovuto ricordare. Insignificanti colpe, amare come il suo caffè preferito, quello dark, nero come l'oscurità della notte, solcata da lievi aloni lunari in cielo, dal quale spiccavano sottili fili di luce brillante. Avevo provato in ogni modo a contattarla, ma sembrava essersi dissolta nel nulla, quasi come fosse stata inghiottita in un buco nero e profondo, un vortice senza ritorno verso l'oscurità più cupa e tetra.
Come avevo potuto ferirla in quel modo? Ne avevo forse il diritto? Dio, cosa non avrei dato per rivederla, per poter riosservare ammaliato ed enormemente meravigliato quel suo sorriso incandescente e allo stesso tempo misterioso, il quale non aveva la minima intenzione di rivelare alcuna emozione che andasse oltre la sua melanconica luna di mezzanotte. Lei era lunatica, lo era fin troppo...

- " Duncan. "

Con un lieve e minuto filo di voce mi parlò, pronunciando il mio nome, in un modo così dolce e sensibile che le lettere più dure e aspre potevano semplicemente sciogliersi all'istante, incantate da tale tepore e soavità nel proferirlo...
Mi girai d'un colpo e la scrutai accuratamente per avere la piena certezza che le mie false speranze si fossero magicamente tramutate in realtà, che si trattasse veramente di lei: l'unica e sola ragazza che desideravo davvero vedere in quel momento privo di luce ed emozioni. Eravamo solo io e lei in quel fottuto e misero istante, nessun altro avrebbe potuto dividerci, nemmeno lui poteva... Quel mostro viscido, malsano, scabroso e...

- " Duncan? "

- " Gwen. " - sospirai affranto - " Gwen, dov'eri finita? "

Feci per venirle incontro, ma mi respinse all'istante indietreggiando di qualche passo, riequilibrando dunque l'invadente e sovrastante distanza che ci divideva. Lei appariva così fredda e lontana, terribilmente lontana... Dovevo agire subito o l'avrei persa un'altra volta, e anche io sarei rimasto perso per sempre allora...

- " Gwen! " - le ringhiai affrettando il passo per raggiungerla e, dopodiché, l'afferrai convulsamente per le spalle rigide e sode, costringendola quindi a guardarmi negli occhi.

- " Tu devi ascoltarmi. Devi perdonarmi. Io non posso vivere senza te, lo capisci questo? " - le sussurrai compiutamente dispiaciuto, pentito delle terribili azioni inflitte a paperella che, nonostante il rancore e l'odio che riservavo nei suoi confronti, non mi aveva fatto realmente niente di male e che quindi non meritava ulteriori patimenti da subire.

I suoi occhi iniziarono a brillare e un'insignificante lacrima salata le solcò la soffice guancia bianca per poi riversarsi malinconica a terra. Continuò a scrutarmi pesantemente, esaminando ogni singolo sentimento potesse essere intravisto dalle mie fessure gelide come il ghiaccio. Era vero quello che dicevano, che gli occhi erano come gli specchi dell'anima, che ogni sensazione, pensiero, pentimento, emozione potevano scivolare involontariamente da uno sguardo inaspettato e improvviso, e rivelarsi quindi anche ad una persona del tutto indesiderata.

- " Gwen? " - le sussurrai inviperito, strattonandola scontrosamente avanti e indietro per farla reagire; in qualsiasi modo doveva mostrare un segno, almeno un accenno, qualunque cosa che andasse oltre quell'incessante silenzio che si stava prolungando fin troppo in là.

- " Duncan, smettila! " - ribatté piagnucolando, scansandomi dal suo corpo docile e indifeso.

- " Io soffro... E fa male, molto male, è peggio di una pugnalata al cuore... Non ti riconosco più, non sei più lo stesso, sei cambiato, in qualcosa di orribile, terrificante e oscuro. Che ti succede? Non ti credevo capace di cose simili... Come hai potuto picchiarla e violentarla così crudelmente?  E ora l'hai pure rapita, dannazione! E' in casa mia, cazzo! La casa in cui ti ho ospitato per otto fottuti mesi mentre tu ti sei divertito a fare il cazzone! Che farai ora? Come penserai di risolverla questa cazzo di situazione?!" – mi gridò aggressivamente contro, senza un briciolo di calma e tranquillità in sé, quasi come non fosse del tutto cosciente di ciò che stava affermando, eppure risultava relativamente convinta di ciò che stava proferendo sul mio conto, perché in effetti era tutto vero, neanche una briciola di menzogne e falsità... Come avevo potuto, io?
 
- " All'inizio credevo fossi solo uno dei tanti e ordinari delinquenti che rubano per vivere, un ragazzo come tutti gli altri che era stato abbandonato da coloro che amava di più perché considerato un abominio per la loro famiglia per bene, uno scarto da gettare, credevo che questo avvenimento ti avesse segnato emotivamente nelle torture e nei supplizi che infliggevi agli altri, credevo fossi solo un angelo solo e indifeso travestito da diavolo al fine di sfogarsi un po' con il mondo per ciò che gli era successo, al quale serviva solamente un po' d'amore e conforto. Tutto qua... " - continuò rivolgendo lo sguardo cupo a terra, desiderando probabilmente di non trovarsi in quell'inesorabile circostanza - " Ma tu sei peggio del diavolo! Tu... Tu sei un mostro, un aggressivo, feroce e crudele mostro! Sei un ladro delinquente, un criminale, uno stupratore, un fottuto maniaco del cazzo... E ricordati che sei anche un assassino, e mai potrai cancellare ciò che hai commesso, tienitelo bene a mente. "

e lì i ricordi riaffiorarono, pur non volendo emergere; anzi, ero io quello a non volere che emergessero, non lo desideravo affatto, non volevo rivivere quell'atroce e imperdonabile sbaglio, sfortunatamente commesso... Quattro anni di carcere mi erano definitivamente bastati per riflettere sulle azioni compiute; era stato un terrificante incubo senza fine. Non avrei più fatto cose simili, mai più.

Scacciai tutto d'un fiato, senza rimuginarci sopra più dello stretto necessario. Non potevo credere a ciò che Gwen mi stava infliggendo, una tortura psicologica peggiore del solito, anzi, la peggiore di tutte. Sapeva che era un argomento estremamente delicato per me, ma l'aveva tirato in gioco lo stesso; doveva odiarmi parecchio, allora. L'avrei persa, sarei rimasto solo con quel mostro violento e contorto, sarei diventato violento io stesso e avremmo inflitto puro male e perfidia al resto del mondo.

- " Ora capisco perché la tua famiglia ti ha abbandonato " - proseguì senza dare troppa importanza al mio volto, puramente contorto dal dolore, dalla tristezza e dalla solitudine che di lì a poco avrebbero iniziato ad accumularsi fino a diventare un cumolo di odio, rancore e rabbia - " Aveva già capito con chi avrebbe avuto a che fare, ha preferito sbarazzarsi immediatamente del problema, prima che diventasse troppo complicato da gestire... "

Basta. Non potevo più tenere a bada le emozioni. Non potevo più sopportare tutto questo. Non potevo accettare di perdere ciò a cui tenevo di più senza nemmeno reagire. Avrei reagito, non so in quale atroce e scontroso modo, ma l'avrei fatto. Dovevo farlo per forza, a tutti i costi.
La spinsi ferocemente a terra, facendole strappare un grido soffocato dal gesto improvviso e mi misi a cavalcioni su di lei, afferrandole e bloccandole saldamente a terra i polsi deboli e stretti. Non feci molta fatica, fui inoltre avvantaggiato dalla resistenza che ella offrì. Provò a dimenarsi e ribellarsi inutilmente per un po', quasi come se pensasse veramente di riuscire a liberarsi dalla mia possente presa. Se solo sapesse che non aveva alcuna possibilità di vincere contro di me. Eppure avrebbe dovuto saperlo, doveva per forza ricordare tutte le lotte che facevamo a casa sua per puro svago e divertimento, le azzuffate pienamente amichevoli, le scazzottate affievolite da grosse e grasse risate... Perdeva ogni santa e misera volta, senza mai dire 'mi arrendo', però. Era fin troppo orgogliosa per ammettere di essere stata sottomessa da qualcuno di più forte e robusto di lei; per me restava solo un'illusa, un'illusa che non era in grado di sbirciare al di fuori dell'orizzonte che le si parava di fronte.

- " Che fai, Duncan! Lasciami andare! "

- " Ripetilo, se hai il coraggio! " - sputai pienamente fuori di me, senza un briciolo di coscienza in me... Beh, quando mai l'avevo avuta?

- " Dimmi che non provi più niente per me, dimmi che mi stai abbandonando! " - continuai fulminandola con lo sguardo pungente e tagliente - " Dimmi che sono un fottuto mostro! Avanti, dimmelo! Che aspetti? Hai forse paura?! "

Lei mi guardò abbastanza impaurita, sperando di non doverlo dire davvero. Quelle parole fatali però le scivolarono fin troppo cautamente dalla lingua, affiochite da una dolce vocina, così angelica e innocente che quasi mi venne il ribrezzo per ciò a cui stavo assistendo.

- " Sei un mostro. "

Ecco fatto.
Le lasciai la presa e mi alzai, senza mai distogliere lo sguardo dalla sua immagine a terra, riversa nella tristezza e nella malinconia. Sapevo che era triste e delusa anche lei, nonostante credesse di aver preso la decisione giusta. Allontanarsi da un mostro era più che illecito.
O almeno era quello che speravo, che si  stesse seriamente pentendo di ciò che mi aveva scontrosamente vomitato in faccia senza nemmeno far fronte ad eventuali conseguenze. Dunque non le importava di me, per niente.
Mi voltai e iniziai ad allontanarmi dalla sua figura tremante che giaceva a terra, senza neppure degnarla di un ultimo sguardo, o di uno sconsolato e desolato addio. Questo era quanto. La lasciai lì, accasciata e avvolta nell'oceano di lacrime.
 
 

Mi incamminai verso i sudici sobborghi di Toronto, postacci dove vi era un ampio traffico di droghe e alcol, un vasto numero di ladruncoli e zingari, criminali spietati e prostitute disposti a tutto pur di entrare a far parte del gruppo più ristretto, la combriccola disagiata composta dai criminali peggiori, della quale facevo orgogliosamente parte. Mi sentii ampiamente fiero e soddisfatto quando mi accettarono, percepii un'intensa scarica di adrenalina e frenesia percorrermi tutto il corpo, quasi come un'improvvisa scossa elettrica, energetica e impulsiva. Quello era il paradiso e io ne facevo parte, era il luogo perfetto per mostri malsani come me. Ora sarebbe stata la mia unica casa, il solo e unico luogo in cui mi avrebbero compreso, finalmente.
Mi imbattei in un vicolo cieco senza uscita, lo percorsi velocemente e, dopo essermi accertato che nessuno mi stesse osservando, bussai scontrosamente a una logora porta lungo la destra del vicoletto, la quale si aprii prontamente senza neppure bisogno che la buttassi giù a terra impetuosamente, in caso avessi dovuto attendere più dello stretto necessario. La figura che mi si parò davanti non era una delle migliori, ma mi ci abituai subito. In fin dei conti, bastava che non si trattasse di Gwen, non avevo alcuna voglia di vederla dopo quello che era successo.

- " Ma guarda un po' chi si rivede! " - mormorò Scott rivolgendomi un sorrisetto malizioso, personificando un volto che avrei desiderato prendere a schiaffi seduta stante.

Era completamente sbronzo, se non stra fatto, quasi non si reggeva in piedi a causa della forte e fulminea dopo-sbronza di cui era succube e faticava addirittura a guardarmi dritto negli occhi. Il suo aspetto inoltre lasciava del tutto a desiderare: i ciuffi rossi scarlatti scivolavano rozzamente davanti la sua fronte aggrottata in un taglio arronzato, il volto arrossato e solcato da leggere gocce di sudore, l'alito pesante e irrespirabile, peggiore della morte, odorava di alcol e veleno, la canottiera bianca ormai tinta di un grigio ardesia scuro, completamente sporca di vodka ed erbe della peggior stima, i jeans vecchi e fin troppo usati, colore blu cobalto e strappati qua e là, lasciavano intravedere dei leggeri lividi lungo le ginocchia e il resto delle gambe.. Probabilmente qualche ora prima se l'era spassata un po' troppo esageratamente, divertendosi ad azzuffare ragazzini più giovani che fingevano di essere già degli adulti vissuti, con delle finte sigarette fra le dita. Provavano inutilmente ad aspirare del fumo vero senza alcun risultato se non qualche cazzotto in faccia da parte del rosso. Lui aveva la mia stessa età, ovvero ventun anni, e, proprio come me, era alto all'incirca un metro e ottantotto; io però, probabilmente per puro orgoglio e autostima, mi ritenevo più robusto e ovviamente più figo di lui.
Quasi mi venne da sboccare ad osservare inorridito quell'immagine così misera e contorta, nonostante venissi spesso paragonato a lui. Scott faceva parte della mia stessa compagnia malagevole e degradata, essendo appunto un soggetto particolarmente pericoloso e alquanto spietato. Ancora prima di conoscerlo avevo sentito spiattellare molto sul suo conto, o meglio ancora, sulle sue avventure piuttosto perverse e violente: viveva in una disgraziata fattoria di contadini in campagna, più precisamente nella periferia Ovest del Bowling Green, dove la sua famiglia faticava pesantemente durante il lavoro, gestendo quel vasto numero di campi da potare e coltivare, il bestiame da allevare, accudire, sfamare, il ricavato di tutto ciò da vendere in città nelle fiere e nei mercati durante i giorni feriali, nell'arco dell'intera giornata... Tutto questo solo per guadagnare qualche insulso centesimo necessario alla loro sopravvivenza. Erano poveri, sporchi, affamati... Erano dei fottuti agricoltori del cazzo...
La cosa più buffa era il fatto che suo padre non fosse mai presente dato che trascorreva le notti nei locali a stra farsi e a ubriacarsi invece di dare una mano a sua moglie e ai suoi figli, che supplicavano disperatamente per ricevere un minimo di aiuto. Già, proprio così. Scott aveva, se non ricordavo male, altri sette o otto fratelli maschi, ognuno con i capelli rossi ambrati, le lentiggini spruzzate qua e là sulle guance e il sudiciume appiccicoso sparso lungo gran parte del corpo.
Suo padre dunque non c'era mai stato per loro e quindi era proprio il rosso a 'prendersi cura' della famiglia, essendo il maggiore fra gli otto, o i sette. Ma del resto lui non faceva nient'altro se non ringhiare ferocemente dall'alba al tramonto, picchiando atrocemente la madre, che ormai non si reggeva più in piedi da sola, e prendendo a scazzottate i fratelli indifesi. Lui faceva solamente questo e odiava profondamente i suoi parenti per l'indigente, spregevole e agiata vita che amaramente doveva condurre a causa della disastrosa situazione economica in cui si trovavano, piuttosto miserevole.  E fu così che da un giorno all'altro scappò di casa furibondo e adirato, dopo aver incendiato la fattoria per scacciare tutti gli incubi vissuti... Non prima di aver rinchiuso i fratelli e la madre nel fienile, però. Nessuno seppe più niente di ciò che accadde dopo, riguardo la loro sorte... Io pensavo solo che avesse sparato un mucchio di cazzate, giusto per distinguersi un po' da tutti noi dato che nessuno aveva mai ucciso, apparte me.
 
Non dovevo ricordare, non potevo, non potevo, no...
 
Infine aveva chiesto rifugio qua, dove si era subito fatto valere e rispettare dagli altri spacciatori per mezzo di un'altra infinita lista di azioni crude e scabrose come prendere a scazzottate persone innocenti che camminavano tranquillamente lungo le strade, irrompere e rubare nei supermercati, nelle boutique e addirittura nelle chiese, nonostante ci fosse ben poco da prendere, lasciando ogni cosa che fosse soggetta a spazio e tempo completamente a soqquadro, distrutta, lacerata, folgorata. Imbrattava i muri della città, prendeva a mazzate le auto sportive dei ricconi provenienti dalle grandi metropoli, di alta classe, si scopava tutte le puttane dei sobborghi e le madri dei suoi amici alle loro spalle... Violentava anche. Se a lui piaceva esteticamente una donna, doveva per forza ritrovarsela nuda sul suo letto, e se lei non voleva farlo o comunque non accettava, la stuprava duramente e crudelmente, probabilmente dopo averla picchiata un paio di volte. Era un animale selvaggio, aggressivo, inviperito, brutale e crudele, oltre che essere costantemente sotto tiro dai poliziotti della città. Era un assassino nel suo paese e quindi un ricercato, era indubbiamente pericoloso. Bisognava stare alla larga da lui o si sarebbero dovute pagare delle serie e ingiuste conseguenze. Era un mostro efferato, sadico e pienamente cerfico. Lui era esattamente come me. E io esattamente come lui.

- " Beh? Che fai? Entri a sballarti o te ne stai fuori? "

- " Ma che sorpresa rivederti... " - dissi imitando un falso sorriso di gioia, meravigliato dalla sua improvvisa apparenza, di certo una delle peggiori che ci si potesse aspettare.

- " Dai, Duncan! Non fare il cazzone ora. So che preferiresti che un'auto mi investisse seduta stante. " - la sua voce tagliente e forzata mi fece quasi sentir male, ma gli diedi comunque il privilegio di proseguire, in ogni caso.

- " Già, ma non sempre devo essere accontentato. " -

- " Beh, a me sembra che negli ultimi giorni tu sia stato accontentato in tutto e per tutto " - disse mentre sul suo volto si illuminò un ghigno ampiamente malizioso, totalmente malevolo. - " Sai, una dolce ragazza dai capelli blu notte... "

E li capii subito dove stesse andando a parare, ma lo lasciai continuare lo stesso, per assicurarmi che fosse davvero a conoscenza di quanto fosse accaduto nei giorni precedenti.

- " Mi ha detto che te la sei spassato con una fanciulla estremamente presuntuosa, una vecchia amica d'infanzia se non ricordo male... Piccolo conto lasciato in sospeso, o sbaglio? "

Mi raggelai, in preda al panico. Come era riuscito l'avvenimento a diffondersi così velocemente in così poco tempo? E soprattutto, quand'è che Scott e Gwen avevano intrattenuto una conversazione? Dove si erano visti? Ma si conoscevano, addirittura? Dio, avevo così tante domande... Di certo non avrei potuto spiattellargliele tutte in faccia o avrebbe sospettato che mi ritrovassi nella disperazione più totale. Dovevo dare l'idea di avere la situazione sotto controllo, ormai gli sbirri non erano più un vero e proprio problema, se non i guai che avrei potuto riscontrare se Courtney avrebbe raccontato tutto. Speravo mi fosse rimasta fedele, ero stato così gentile con lei, mi ero preso la briga di curarle le ferite che le avevo procurato. E soprattutto, mi ero pentito.
Courtney. La ragazza che avevo violentato. Colei che odiavo più di qualsiasi altra cosa.

- " Sai com'è, Scott.  Ci si diverte a modo proprio, tu nel tuo e io nel mio. Cazzo, se solo l'idea di ammazzare i miei mi fosse passata per la testa prima di scappare. Merda, se solo ci avessi pensato! " - lo provocai piuttosto pesantemente e questo mi fu provato quando il sorriso troppo sporgente e malevolo, che brillava focosamente sul suo volto umido, scomparve improvvisamente, sostituito immediatamente da amaro rancore e risentimento.

Poche erano le alternative con le quali la conversazione avrebbe proseguito. O avremmo iniziato a darcele di santa ragione, dando avvio ad un vero e proprio combattimento di wrestling oppure mi avrebbe riso e sputato in faccia, divertito dalle mie insulse e insignificanti provocazioni del cazzo. Perché, in effetti, erano proprio delle provocazioni del cazzo.
Si piegò in due dalle sue goffe ed esilaranti risate, le quali apparivano veramente rozze, prive di alcun tipo di sarcasmo possibile e immaginario. Distolse ,per qualche attimo, lo sguardo dalle mie fessure di ghiaccio e tornò a guardarmi solo dopo che le sghignazzate si affievolirono leggermente.

- " Haha Duncan, ti credi davvero così spiritoso? Vediamo se riderai ancora quando mi sarò scopato e goduto la tua bellissima pollastrella. "

- " Provaci soltanto e giuro che... "

- " Cosa? Che farai? " -

Come osava. Quel lurido verme, sudicio figlio di una fottuta puttana. Come si permetteva di minacciarmi in quel modo così scontroso e altezzoso. Chi si credeva di essere nessuno lo sapeva affatto.
Cercai di calmarmi, tentando di prender fiato a suon di profondi e intesi respiri. Prenderlo a calci in culo sarebbe servito ben poco in quel momento. Inoltre potevo anche contare sul fatto che Gwen non fosse talmente troia da tradirmi così spudoratamente. Sì, ok, non ero neanche lontanamente il suo ragazzo, non mi ci avvicinavo neppure, però fino a poco tempo fa si era dichiarata, leggermente intimidita e imbarazzata, e sapevo che, nonostante l'intensa e vivace litigata tenutasi qualche ora prima, non avrebbe mai e poi mai accettato di fare del sesso con uno stronzo infame come lui. No, non si sarebbe mai abbassata così a tanto, di questo ne avevo la piena certezza.
Un'alternativa sfortunatamente ce l'avevo: avrebbe potuto violentarla come era solito fare, davvero brutalmente. Se fosse accaduto mentre io non c'ero, me ne sarei pentito per il resto della vita, gli atroci e indomabili sensi di colpa mi avrebbero torturato psicologicamente, troppo prepotentemente da lasciar correre un rischio simile... Dovevo tenerla al sicuro, dovevo proteggerla, era ignara di ciò che poteva essere in serbo per lei o di quello a cui era involontariamente esposta; tuttavia non era nemmeno giusto impaurirla o terrorizzarla con questi ricatti, che potevano, senza ombra di dubbio, rivelarsi quasi come delle innocue dicerie.
Dovevo semplicemente tranquillizzarmi. Sarebbe andato tutto per il verso giusto.

- " Sei solo un povero illuso. Non hai alcuna possibilità di fartela. In nessun modo. " -  dissi a denti serrati, mentre sul mio volto si dipinse una falsa espressione di indifferenza rispetto a quello che il rosso aveva ribadito qualche secondo prima.

- " Che voglia o no è l'ultimo dei miei problemi... " -

- " Tu non lo farai. " - lo minacciai compiutamente incazzato, più per il fatto di come la chiacchierata avesse preso una piega del tutto indesiderata, quasi come si stesse offuscando tra la fosca e insipida nebbia notturna, per poi scomparire nel profondo, negli abissi dell'odio e del rancore più fatali.

- " Non dirmi quello che devo fare, cresta verde. Farò ciò che mi pare di lei, sarà il mio nuovo giocattolino e assieme faremo un sacco di bei giochetti... Tu hai comunque la brunetta tutto pepe ai tuoi servizi, non capisco di cosa ti stia lamentando. Alla fine lo hai fatto anche tu, giusto? "

Serrai i pugni, colpito da un'improvvisa rabbia omicida. Sapevo fin troppo bene che sarebbe stata una questione di tempo prima che un destro sorvolasse contro la faccia da succhia-cazzi di Scott, facendolo controbattere con un'altra eventuale scarica infinita di pugni e calci, dando luogo quindi a una rissa interminabile e sconvolgente. Provai a rassicurarmi per un'ultima volta, facendo il possibile e l'immaginario per mettere a freno le mie culminanti e ingestibili emozioni, le quali avrebbero potuto scaturirsi convulsamente da un momento all'altro.

- " Lei lo meritava, Gwen no. " - mentii docilmente, ben sapendo per quale motivo gli incessabili sensi di colpa, sorti inaspettatamente qualche giorno prima, mi avessero tormentato e letteralmente oppresso, senza un briciolo di pietà.

- " Ma non mi dire! Una ragazzina di diciassette anni che ti torce un capello e merita di essere punita in questo modo! Duncan, una volta per tutte, sii realista e ammetti di aver fatto una cazzata. Ammetti di essere un coglione rotto in culo e guarda in faccia la realtà: ti piaceva e te la sei scopata da bravo cazzone, quale sei. Dico bene? "

Rimasi in silenzio, ascoltando ciò che presumibilmente avesse da dire per sé. Avevo torto e lui aveva il coltello dalla parte del manico puntato contro di me: stare zitti era la soluzione migliore ed evitava inoltre, altre sconcertanti figure di merda.

- " Sai cosa penso? Che tu abbia ferito entrambe già abbastanza. Quello che potrei fare a Gwen non è niente in confronto a tutto ciò che già le hai fatto passare, ormai non ha nient'altro da perdere. " - disse sorridendo, ampiamente compiaciuto nel vedere il mio volto accartocciarsi dall'amarezza di fronte alla triste e cruda realtà.

- " Tu non ti azzarderai a toccare Gwen. " - lo minacciai nuovamente, freddo e tenebroso  quasi come fossi la gelida e malefica morte in persona.

- " Mmm... Ma se te la lasciassi di mia spontanea volontà dove sarebbe il divertimento? In fin dei conti lo faccio solo per quello eh... "

- " Tu la devi lasciar stare. Hai capito? Trovati qualcun'altra. "

- " Allora che ne dici se invece mi faccio una gran bella sventola con la bruna grintosa dagli occhi scuri? Se la odi e l'hai addirittura stuprata non ti dovrebbe dispiacere, è più che logico... Non credi? "

- " Infatti. " - risposi del tutto indifferente a tale richiesta.

Certo che la odiavo. Perché no? L'importante era che Gwen fosse al sicuro, avvolta fra le mie braccia, confortata dal mio accogliente calore. Era questo ciò che realmente contava per me. Giusto? Non era forse così?

- " E' casa di Gwen ora. O mi sbaglio? "

- " Non ti sbagli. "

- " Beh direi che abbiamo finito allora io e te. Stasera prevedo una devastante e atroce sofferenza... Ore e ore di estrema agonia per la sudicia puttanella spagnola. Altro che cresta verde, sarò io a punirla come si deve e a sistemarla per le feste. Per tutto il tempo che trascorrerà con me, desidererà solamente di essere morta. " - mormorò più rivolgendosi a se stesso che a me e si incamminò per il vicolo buio e nebbioso.
 
 Lo guardai negli occhi un'ultima volta: potevo intravedere qualcosa, un che di orribile e malvagio... Male, puro male.
Il sangue mi si raggelò all'istante al solo pensare dell'ingiusto, tragico, afflitto e luttuoso tormento che Courtney avrebbe dovuto subire. Ciò che le avevo inflitto non era niente in confronto a quello di cui Scott era realmente capace. Non aveva la minima idea di quale atroce e angosciante destino fosse in serbo per lei. Tutte quelle emozioni mi fecero sentire piuttosto di merda, perché riuscii a scovare al nocciolo di tali sensazioni, così culminanti: la verità. Non volevo che soffrisse più, che non dovesse più subire abusi di quel tipo. Era solo una ragazza, nemmeno maggiorenne...
La verità che riaffiorava con niente, scaturita e tenuta in movimento dall'interminabile e scontroso risentimento, però. Lei, del tutto ignara e completamente melanconica, andava e tornava, senza alcun preavviso. Quando ritornava tuttavia, persisteva incessantemente, ininterrottamente.
Come un animale selvatico, la verità era troppo potente per poterla ingabbiare.
Quando paperella si sarebbe svegliata dal suo riposo, sarebbe stata violentata da un altro sconosciuto. Non era questo che volevo accadesse. Quando avrebbe riaperto nuovamente gli occhi avrei dovuto dirle ciò che l'aveva fatta tenere sulle spine durante il lungo sonno, probabilmente privo di sogni felici. Avrei dovuto dirle che mi dispiaceva davvero, per tutto quanto. Solo quelle due semplici parole, con un significato del tutto nuovo per me.

Mi dispiace, paperella.
Mi dispiace.
 
 

 
 




Ciao a tutti, ragazzi!
Spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto! Sinceramente a me è piaciuto molto di più rispetto al precedente, forse perché ho semplicemente introdotto un nuovo personaggio, e io adoro parlare della storia di una new entry: approfondire i dettagli del suo aspetto fisico, del suo carattere, delle sue azioni, del suo modo di pensare.... In fin dei conti è quasi come immedesimarsi in lui e provare a prenderne atto, bene o male!
Comunque, ve lo chiedo gentilmente

* brandisce minacciosa delle innocue forbici di plastica, puramente convinta di riuscire a terrorizzare gli altri*

Sì, lo so, sono piuttosto ridicola...

Stavo dicendo, GENTILMENTE, di recensire questo capitolo e farmi sapere che ne pensate!
Grazie ancora  per il vostro sostegno e alla prossima!

P.S. Anche se in ritardo, Buon Halloween e Buona festa dei Santi!
  
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