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Autore: Happy_Pumpkin    13/05/2009    2 recensioni
Storia ambientata nell'Antica Roma, nel periodo di Crasso e Cesare. L'ambizione di un viaggio verso l'Oriente sconosciuto e la visita di un'Atene in cerca di se stessi, fino a che qualcosa non avesse cambiato il loro fato.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: questa è una fiction a sfondo storico, anche se non sono tanto esperta da evitare anacronismi. Penso di non averne compiuti ma nel caso non dimostrate troppo orrore: non c'é nessuna pretesa di raccontare il passato quanto di viverlo.
Poteva essere benissimo una one-shot ma sarebbe stata troppo lunga, così l'ho divisa in due capitoli, l'ultimo dei quali lo posterò a breve. Di tanto in tanto ci saranno termini magari inusuali: per questo fornirò delle spiegazioni a fondo pagina, che fa molto figo e permette a tutti di comprendere la fiction, senza far pensare che io sia più malata di mente rispetto al reale.
Buona lettura, commenti sempre graditi *O*




IL FILO DI ATROPO





Tessere




Naruto si incamminò lungo il corridoio d'accesso, passando in rivista le maschere degli antenati appese al muro intonacato. Ridacchiò, giudicando piuttosto stupida la tradizione romana di fare un calco in argilla dalla faccia di persone morte: certamente erano stati insigni personaggi in passato, consoli che davano lustro alle generazioni future, ma questo non toglieva che fosse pur sempre una tradizione raccapricciante.
Alzò le spalle e si affrettò a seguire il servo lungo le stanze della casa, passando oltre l'impluvium centrale che aveva il compito, oltre che raccogliere l'acqua piovana, anche di far filtrare la luce. Proseguirono oltre fino a non entrare in una sorta di luogo di studio dove, presso ad una scrivania, sedeva un giovane intento a stare chinato su rotoli di papiri svolti.
Il ragazzo, ormai uomo di quasi diciott'anni, alzò lo sguardo quando il servo annunciò la loro presenza e allora, con calma, appoggiò il pennino per scrutare Naruto. Quest'ultimo abbozzò ad una smorfia quando disse:
“Sono il greco che deve farti da balia.”
Incrociò le braccia ma ottenne il curioso risultato di far infuriare il servo, che gli lanciò un'occhiata rancorosa per quell'uscita, e parallelamente l'espressione piuttosto impassibile del giovane ottimate(*) che replicò:
“Credo che avvenga il contrario, piuttosto. Non fosse per la mia famiglia a quest'ora ti ritroveresti a zappare i campi... sei comunque libero di farlo, la cosa mi è indifferente.”
Naruto fece per aprire bocca ma si zittì improvvisamente: forse era anche impulsivo ma non stupido. Per uno straniero finire prigioniero di Roma non implicava molte alternative: o si finiva per diventare schiavi agricoli, oppure nel migliore dei casi si poteva aspirare ad entrare nelle case di persone d'alto rango, in grado grazie al reddito di mantenere una servitù corposa.
Il fatto che lui fosse di madrepatria greca, anche se macedone, lo aveva avvantaggiato: in quel periodo il bilinguismo era la prerogativa degli appartenenti agli ottimati – i quali potevano fare sfoggio di cultura nei circoli letterari dove si dilettavano. Non tutti i romani erano favorevoli ad un'apertura culturale nei confronti della Grecia, ma fortunatamente c'erano famiglie – come gli Uchiha – che consideravano i grandi letterati greci una parte fondamentale della formazione culturale di un onesto cittadino.
Quindi Naruto era arrivato alla logica conclusione che non poteva permettersi di lamentarsi: un giorno sarebbe divenuto un liberto e prima o poi avrebbe potuto fare ritorno in Macedonia, quella volta da vincente. Lui non era tipo da sottostare agli ordini degli altri ma, seppur malvolentieri, avrebbe dovuto accettare la superiorità di Sasuke Uchiha Purpureo: almeno fino a che non avesse raggiunto i suoi obiettivi, ai quali non avrebbe mai rinunciato, così come alla sua dignità.
“Che devo fare?”
Chiese allora Naruto portandosi le mani sui fianchi e gonfiando quasi inconsapevolmente il petto, come per darsi una maggiore importanza. Sasuke si alzò in piedi, osservando senza particolare espressività il suo futuro assistente personale scelto personalmente dal padre: aveva i capelli chiari tipici dei greci tanto decantati nei classici letterari e la pronuncia latina un po' zoppicante. Fosse stato per lui avrebbe fatto volentieri a meno di avere qualcuno tra i piedi, ma il genitore insisteva che il prestigio di una famiglia come la loro sarebbe stato ulteriormente accresciuto, dimostrando di avere i fondi necessari per mantenere uno schiavo greco, peraltro acculturato.
Tutto stava nelle apparenze, senza di quelle difficilmente il giovane Purpureo avrebbe potuto avanzare nel cursus honorum(*) che lo avrebbe portato ad essere finalmente console, proprio come i suoi antenati prima di lui.
Sasuke con un cenno intimò all'altro servo di allontanarsi mentre, spalancando lentamente le braccia, ordinò a Naruto:
“Sistemami la tonaca sulla spalla.”
Il greco aggrottò le sopracciglia poi, dando prova di deprecabile tatto e sottomissione, alzò gli occhi al cielo e di malavoglia portò il lembo di tessuto sopra la spalla, facendolo incrociare al di sotto dell'ascella. Sospirò e chiese, incrociando le braccia.
“Serve altro?”
“Sì – confermò il ragazzo abbandonando la stanza, così che Naruto dovette venirgli dietro – accompagnami fino al foro.”
“A che ti servo io? Puoi benissimo andarci con i tuoi piedi, mi pare, o devo portart...”
Tacque quando ricevette l'occhiata fulminante dell'ottimate che avanzò ancora, dandogli le spalle: “Mi servi, il come e il perché non sono tenuto a dirtelo. Ora muoviti.”
Il macedone borbottò qualcosa ma, alla fin fine, suo malgrado fu costretto a seguire il giovane Uchiha fuori dalla grande abitazione situata in una delle zone più prestigiose di Roma: d'altronde la sua famiglia aveva celebri origini, abitare nel fulcro della società elitaria era il minimo che ci si potesse aspettare.
Per un lungo tratto di strada Sasuke non parlò mentre il suo nuovo assistente greco gli si affiancò e, meravigliato come un bambino, non poté fare a meno di contemplare quella civiltà che – vitale – si espandeva davanti ai suoi occhi. Le strade erano sudice ma questo non gli impediva di alzare la testa oltre esse e scorgere in lontananza il foro, centro dell'attività politica romana, con a proteggerlo il tabularium(*) e i porticati dove ci si dedicava agli immancabili commerci.
Vedere quei luoghi lo riportava alle agorà sulle quali i più grandi pensatori nel corso di secoli avevano esposto le loro dottrine ed istruito i pensieri di tantissimi uomini, importanti o meno.
Finalmente giunsero presso l'enorme foro, affollato di gente di ogni tipo, dai filosofi senza troppe pretese a politici inventati, senza dimenticare affaristi e rigorosi ottimati che cercavano il decoro perduto dell'età dell'oro.
Il giovane Uchiha annunciò semplicemente: “Ecco, questa è Roma.”
Naruto non aprì bocca, girò un istante su se stesso per contemplare quel luogo brulicante di vita, almeno fino a che Sasuke – accennando ad un sorrisetto – non avanzò ancora così da portarlo di fronte ai rostri, impalcature sopra le quali si tenevano discorsi di vario tipo, dalle arringhe di sedicenti avvocati agli enunciati filosofici che potevano avere più o meno fondamento; in ogni caso vinceva l'eloquenza oratoria, che faceva da padrona in qualsiasi argomentazione degna di tale nome.
“Atene è molto meglio.” commentò Naruto senza troppi problemi.
Sasuke assottigliò gli occhi e replicò freddamente: “Atene è in piedi da molti più anni di Roma, direi che ha avuto parecchio tempo per crescere. Malgrado ciò il centro del mondo è qui e così sarà per ogni annale(*) che verrà redatto.”
Il servo gonfiò le guance, roteando infantilmente gli occhi, ma non ebbe il tempo per dare una risposta pienamente soddisfacente in quanto il suo interlocutore aveva già portato lo sguardo oltre, intento a scrutare un politico che aveva iniziato da poco a parlare.
Allora si girò a sua volta, per scoprire cosa vi fosse di tanto interessante in quel tizio ma, nonostante tutto, gli risultò difficile da comprendere; non conosceva la situazione politica di Roma se non per mezzo di alcune voci passate di bocca in bocca durante il viaggio in nave, ma non era sufficiente per determinare il motivo della crocchia di gente che si era radunata ad ascoltare quell'uomo.
Sasuke sussurrò a fior di labbra con lo sguardo rabbuiato:
“Quello è Manilio, tribuno della plebe. E' un uomo di Pompeo; sta facendo pressioni per proporre quest'ultimo come uomo risolutivo in un'eventuale spedizione in Oriente.”
“Credo ci sappia fare – osservò Naruto tranquillamente, dopo aver ascoltato un istante – anche se non mi interessa particolarmente.”
“Potrebbe essere diversamente? – ironizzò Sasuke, poi aggiunse – Da che zona della Grecia provieni, esattamente?”
“Macedonia.” rispose orgoglioso.
“Come Alessandro Magno. Ti ritieni all'altezza del tuo antenato?” chiese beffardamente il giovane Uchiha, cominciando ad incamminarsi lungo una delle vie che conducevano al foro.
Naruto annuì, confermando senza esitazioni: “Ovviamente. Sarò schiavo ma sono pur sempre macedone e dotato di intelletto, nessuno mi può privare di questo.”
Sasuke accennò ad un sorriso, piuttosto stupito: “Interessante. Ora dimmi, hai mai assaggiato il vino romano?”
Naruto scoprì, qualche passo più tardi, che il rampollo degli Uchiha lo stava conducendo in una taverna d'alto borgo che si affacciava su una strada, incastrata nel basamento di una delle moltissime insulae(*) che popolavano l'Urbe.
Scoppiò in una risata allegra: “Il vino greco non ha paragoni. Lo mesciamo con acqua altrimenti un solo goccio basta per far girare la testa per giorni, il vostro a confronto è robetta per bambini.”
Il ragazzo inarcò un sopracciglio; stranamente quel tipo fastidioso e perennemente in competizione per difendere stupidaggini della propria patria non gli risultava così insopportabile come credeva. Per la prima volta aveva incontrato qualcuno con cui confrontarsi senza troppi giri di parole o servilismi, dati dalla posizione che ricopriva: la cosa gli aveva fatto molto più piacere di quanto non credesse, lui che si apriva ben poco con gli altri.
Così Sasuke schioccò la lingua e senza aggiungere altro entrò nella taverna conosciuta come La Casa del Sileno(*), mentre Naruto si guardava attorno, contemplando divertito gli affreschi ritraenti il dio Bacco accompagnato da foglie d'uva e tralci di vite, secondo la ben più antica tradizione dionisiaca.
“Due coppe di mulsum(*), per me e per il celebre Naruto, servo di Sasuke Uchiha.”
Lo disse con tono quasi gelido, nonostante l'ironica trionfalità della frase. Naruto borbottò qualcosa ma l'oste allegro gli porse un bicchiere contenente del vino fortemente aromatizzato, estratto grazie ad un mestolo da grandi giare incastrate nel bancone.
Sasuke sorseggiò lentamente il liquido mentre il suo sguardo si perdeva verso un punto indefinito, triste e allo stesso tempo determinato; Naruto lo scrutò da oltre il suo contenitore, inebriato dal profumo degli aromi che rendevano dolce il vino. Quel ragazzo dal volto pallido sembrava non volersene più andare, forse perché quello era il luogo che più gli si adattava: era il foro, era la politica il mostro dell'Ade dal quale fuggiva.
Così improvvisamente il greco commentò: “Certo, non praticate il gioco del cottabo(*)e tantomeno bevete in prestigiose kylikes(*) ma direi che questo mulsum è davvero buono.”
Senza pensarci troppo si passò la lingua sulle labbra inaridite, bagnate da gocce dell'alcolico rosso, sangue inebriante preparato come se fosse raffinata ambrosia. Sasuke suo malgrado fissò quel gesto infantile e allo stesso tempo sensuale, ma si affrettò a distogliere lo sguardo, appoggiando un dito sulle proprie labbra così da distrarsi e posare la coppetta svuotata.
Pagò con una moneta il conto all'oste che ringraziò, infine commentò:
“Solo dei perditempo come voi greci possono divertirsi a centrare un contenitore con i fondi di una bevuta. Patetici.”
“Ma pensa un po'. E' stata proprio la nostra cultura da perditempo a rendervi dotati di pensiero logico: se non ci fossero stati i nostri grandi pensatori da chi avreste copiato?”
Sbottò Naruto. Sasuke inaspettatamente accennò ad una risata e, altrettanto sorprendentemente, lasciò perdere, evitando una qualsiasi diatriba sulle origini della cultura e i vari meriti.
Nuovamente in strada scrutò il cielo che si stava rannuvolando e disse quasi perentorio:
“Rientriamo a casa.”
“Tutto qui?” si lasciò scappare Naruto, dopo aver creduto di fare effettivamente qualcosa di utile.
“Sì – confermò Sasuke, camminando con i calzari alti fino ai polpacci ancora miracolosamente puliti – quello che dovevo fare l'ho fatto.”
Naruto si grattò distrattamente il naso e perplesso, oltre che curioso, chiese:
“E cosa avresti fatto esattamente, più che camminare?”
“Quello che hai appena detto tu stesso. Ho camminato, con te al fianco. Dovevo pur farmi vedere con il mio nuovo acquisto dalla gente politica che conta.”
Naruto rimase un po' interdetto; piuttosto risentito scosse la testa ma mancò di ribattere visto che tutto sommato era ancora un miracolo se Sasuke non lo aveva cacciato in strada a malo modo. In fondo a quello serviva portarsi dietro un greco: far vedere che si aveva la cultura e il reddito necessario per aspirare a cariche di rilievo.
Il suo ruolo in quel raffinato gioco era solo presenziare, nient'altro; odiava dover essere un mero ma impassibile strumento, preferiva spaccarsi la schiena pur di produrre qualcosa con le sue stesse mani piuttosto che essere un prodotto. Sospirò, pensando che forse almeno momentaneamente la sua condizione non era affatto deprecabile, per quanto Sasuke Uchiha fosse strano ed insopportabilmente superiore agli altri.
“Anche bere vino faceva parte dei tuoi progetti di dominio?” chiese con una punta di malevola ironia.
Sasuke onestamente rispose, in maniera piuttosto diretta: “No, quello l'ho fatto per diletto.”
Dopo quella frase Naruto sorrise. Capì che Sasuke Uchiha Purpureo forse non era solo l'arrogante figlio di una famiglia celebre, ma anche capace di quei gesti umani celati dietro freddezza e apparente insofferenza al mondo.

Passarono diversi mesi da quel primo giorno ma per Naruto la situazione non cambiò granché, anche se lui, nel suo inguaribile ottimismo, era riuscito ad adattarsi e oltretutto aveva instaurato con Sasuke un rapporto piuttosto particolare. Non si sentiva così subordinato quanto avrebbe dovuto far pensare il proprio ruolo, di netta inferiorità, bensì era divenuto una sorta di presenza indispensabile per il giovane Purpureo: quest'ultimo aveva capito di necessitare di qualcuno che gli dicesse come stessero esattamente le cose; aveva sempre detestato i servilismi, dunque un rapporto di freddo ma di reciproco appoggio lo aiutava, anche se non lo avrebbe mai ammesso – come d'altra parte lo stesso Naruto.
Naruto fissò un istante Sasuke, intento a stare seduto presso la grande vasca termale, il tepidarium, dopo aver saltato il precedente passaggio del caldarium. Era una persona anticonvenzionale, doveva ammetterlo, e in questo al pari di altri aspetti gli assomigliava parecchio; a quel punto si sedette a gambe incrociate su una panca in marmo, tenendo in mano un panno da consegnare al padrone una volta che fosse uscito.
Il vapore leggero danzava sopra lo specchio d'acqua e Sasuke ad occhi chiusi respirava silenzioso, come se dovesse inghiottire quelle nuvole; sembrava volersi lasciare tutto alle spalle: la pressione del padre, la situazione politica, persino se stesso. Appoggiò il collo magro al bordo della vasca, accompagnato dal movimento del torace pallido che si alzava in un'inspirazione moderata, sfiorando il pelo dell'acqua.
Naruto si guardò le unghie, gonfiando le guance mentre si teneva la testa con l'altra mano, visibilmente annoiato. Però si riscosse quando sentì la voce di Sasuke che, sempre con le palpebre semichiuse, annunciò:
“A breve raggiungerò le truppe di Pompeo in oriente. Manilio ha convinto l'assemblea a demandare a Gneo il compito di sistemare la questione dei pirati.”
Naruto spalancò gli occhi, visibilmente sorpreso, poi esclamò: “E' la tua occasione di gloria! Potrai fare davvero qualcosa per il tuo paese.”
Sasuke accennò ad una risata triste e replicò: “No, non la mia. E' la gloria di Pompeo, io contribuirei solo a dargliela. Ma sono un personaggio importante e secondo mio padre sostenendolo posso sperare di avanzare di carriera facilmente. Punta addirittura di farmi entrare in senato.”
“Ma non bisognerebbe avere t...” accennò Naruto perplesso ma Sasuke lo interruppe.
“Non è questo quello che conta, basterebbe l'intercessione di un censore nella posizione in cui mi troverei una volta che Pompeo esca vincente.”
“Cesare ti infastidisce così tanto?” ironizzò Naruto, giocando con un lembo del tessuto morbido che avrebbe dovuto asciugare il giovane Purpureo.
Sasuke gli lanciò un'occhiata severa, come un maestro che ammonisce l'allievo poco studioso:
“Naruto... – sospirò appena – Cesare non patteggerà mai per gli ottimati.”
Il giovane assistente alzò gli occhi al cielo, mostrandosi scettico, ma non ribatté. Abbassò la testa puntandola sul panno, così da tornare a pizzicarlo con le dita asciutte giusto per trovare qualcosa da  fare – almeno fino a che Sasuke improvvisamente non domandò:
“Com'è la Grecia, Naruto?”
Continuava a tenere gli occhi chiusi eppure le sopracciglia scure erano appena corrucciate, come se quel corpo magro fosse stanco di portarsi il peso e la responsabilità di erede. Naruto si illuminò e sorridendo iniziò a raccontare a ruota libera ciò che si ricordava della propria patria natale, per quanto a causa di una serie di vicende negative lui fosse stato costretto ad entrare a Roma, sopportando l'umiliazione della schiavitù.
Parlò di Solone, della democrazia ateniese e dell'orgoglio spartano, si riallacciò ai miti, alle meraviglie architettoniche dell'Acropoli ed infine parlò di Alessandro, il grande re macedone che aveva riunito e viaggiato per tutto l'ecumene. Sasuke aprì appena una palpebra e vide la gioia, l'orgoglio del giovane greco nel parlare di un uomo morto oltre duecento anni fa ma che destava la sua completa ammirazione, per le gesta compiute e il genio creativo della strategia bellica.
Improvvisamente Sasuke indagò, impassibile:
“Com'è morto?”
Ovviamente lo sapeva. Ma voleva sentirlo pronunciare da quelle labbra entusiaste.
Naruto si rabbuiò e un po' cupamente rivelò: “Di malattia(*) mentre era a Babilonia.”
“Non è la morte che ci si aspetterebbe da un eroe, questa.”
Non c'era stata un'ultima, gloriosa battaglia finale: solo un letto, del sudore e lo sfarzoso palazzo babilonese impregnato di morte. Quale condottiero avrebbe voluto terminare in quel modo i suoi giorni?
“Che importa com'è morto? Ancora oggi tutti si ricordano le sue gesta; l'immortalità ormai l'ha guadagnata.” rispose Naruto infine, mostrando un sorriso trionfante.
Il giovane greco viveva di sogni, di speranze e lottava per conquistarli, anche solo per afferrarli di sfuggita. Continuava ad amare il luogo da cui si era allontanato, eppure non gli riusciva di odiare chi lo aveva preso sotto di sé: non era capace di provare realmente rancore, forse perché nel suo convinto ottimismo vedeva in Sasuke prima di tutto una persona – arrogante e probabilmente anche vittima della propria superiorità – ma sicuramente fragile, a sua volta animata da tanti desideri e obiettivi non sempre realizzabili.
Erano a modo loro straordinariamente simili; questo fece sì che spesso si dimenticassero le rispettive posizioni per cercare invece un dialogo, dato che dagli altri ricevevano solo muti assensi o altrettanto muti dinieghi.
“Vieni in viaggio con me.” disse improvvisamente Sasuke, il quale scrutava oltre l'arcata, perdendosi con lo sguardo verso l'ampia sala che ospitava il frigidarium.
“Va bene.” confermò spontaneamente Naruto, fissando intensamente il proprio interlocutore.
Quest'ultimo si girò verso di lui ma, dopo un attimo di sorpresa, distese il volto in un accenno di sorriso. Era il suo silenzioso modo di ringraziare, in maniera tale da non dover nemmeno ammettere che desiderava la presenza del greco, per timore di morire solo nello sconosciuto oriente, lontano da quella vasca nella quale doveva tenere i piedi saldamente ancorati al fondo per impedire loro di galleggiare.
“Faremo tappa ad Atene. Così mi mostrerai il tanto decantato Partenone e tutte quelle meraviglie architettoniche di cui ti vanti.”
Fece una risata debole, piuttosto sarcastica, ma la sua espressione era stranamente contenta. Fu per questo che Naruto ignorò l'ironia e si limitò a dire, traendo una bella boccata d'aria mentre teneva i palmi delle mani appoggiati sulle cosce:
“Vedrai. Dall'acropoli, che sovrasta tutta la polis, potrai vedere il mondo e l'orizzonte. Non vorrai più andartene.”
“Già.” concordò Sasuke, questa volta senza adottare il solito tono secco. Fu una morbida concessione di ipotesi, quasi un rassegnato quanto forse desiderato assenso.
La prospettiva di fermarsi per sempre in cima ad una città che in passato aveva primeggiato sulle altre quanto a bellezza e governo, non gli sembrava tanto male; la guerra, le futili questioni di suo padre, non gli erano mai interessate. Aveva già perso troppe cose in vita, rinunciare anche a se stesso non gli conveniva.


Significati:


Ottimate: Gli optimates erano i membri dell'aristocrazia romana e spesso amavano definirsi come gli uomini buoni, difensori del buon costume e della tradizione.

Cursus honorum: La carriera politica che terminava con la carica di console e infine di censore, incarico prestigioso per l'influenza che aveva sul senato.

Tabularium:  Era l'archivio di stato, creato nel 78 a.C., all'interno del quale si conservavano gli originali di tutti i documenti ufficiali creati.

Annale: Ogni anno veniva redatto un resoconto molto parziale degli eventi per mano del Pontefice Massimo, che riprendeva i fatti elogiando la propria famiglia di appartenenza. Non sono molto affidabili storicamente ma rappresentano un ottimo sistema di datazione.

Insulae: L'insula era la tipica abitazione su più piani, a volte addirittura di cinque, dove vievano i romani di ceto medio; al basamento della casa, che si ingrnadiva in altezza, più che in larghezza, vi erano generalmente i negozi.

La Casa del Sileno: Nome da me inventato senza alcuna attendibilità storica. Il Sileno è una creatura mitologica parte del corteggio dionisiaco; il nome è stato ripreso dalla denominazioni date alle abitazioni pompeiane, come la Casa del Fauno, ad esempio.

Mulsum: Vino aromatizzato con miele e speziato, dal gusto dolce, che generalmente andava bevuto caldo.

Cottabo: Gioco d'abilità greco che si svolgeva durante i simposi. Consisteva nell'usare i fondi del vino che, lanciati dalla kylix, grazie alla spinta dell'avambraccio venivano fatti cadere nel cratere (tipologia di vaso per contenere liquidi) da dove si era preso il vino.

Malattia: Ci sono diverse ipotesi sulla morte di Alessandro Magno; alcuni sostengono che sia stato avvelenato, altri che abbia subito una ricaduta dalla malaria.


Sproloqui di una zucca

Ebbene sì sono pazza. Anche bugiarda, perché in qui avevo dichiarato che Naruto e Sasuke non mi interessavano granché: ebbene, ci ho ancora scritto sopra.
Con il risultato di essere una malata da internare ma pazienza: cercate di non odiare troppo questo capitolo e aspettate invece il prossimo, vero cuore della narrazione.
Tra parentesi: il rapporto tra Sasuke e Naruto è d'amiciza, forse molto forte. Detto da me suona strano, sconcertante magari, ma è così *O*
Per chi non sapesse chi sia Atropo c'é Wikip... ok, non importa a dire il vero, perché tanto si chiarirà tutto con il prossimo capitolo; quanti invece già lo sapessero buon per loro, sono fiera di voi ^^

Alla prossima ^^




   
 
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