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Autore: FairySweet    02/11/2016    2 recensioni
L'aveva lasciata andare o almeno ci aveva provato. Non poteva restare ancorato ai suoi occhi, non poteva vivere dei suoi ricordi perché altrimenti si sarebbe perso nel mare vuoto delle lacrime.
Ora però, in quel dipinto ancora mezzo vuoto, prendeva vita un volto d'angelo che costringeva il respiro a rallentare ...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aria fresca sul volto, il respiro della natura che accompagnava il suo senza mai come un vortice violento.
Strinse più forte le gambe attorno ai fianchi dell'animale chinandosi leggermente in avanti, il rumore sordo degli zoccoli sulla neve riempì il silenzio restituendole sorrisi.
La mente era vuota, niente pensieri, niente paure, solo l'inverno, il respiro accelerato del cavallo e il battito sempre più forte del cuore.
Abbassò il volto nascondendosi dal vento ma il sorriso sulle labbra nacque spontaneo mentre la risata allegra di suo figlio accompagnava quella corsa.
Un giovane duca dallo irriverente che le cavalcava accanto senza preoccuparsi molto del freddo o della neve.
Niklas assomigliava in modo impressionante al padre, viveva in lui lo stesso orgoglio, la stessa voglia infinita di vivere.
Sette anni sono pochi per accorgersi del tempo che passa ma il suo bambino sembrava giocare con le ore e i minuti rendendo ogni altro pensiero effimero.
Cambiava davanti ai suoi occhi ogni volta un po' di più e il ricordo di quel piccolo aggrappato al suo seno si imprimeva a fuoco nella mente.
Non avrebbe mai permesso al suo bambino di essere infelice, non era quello il mondo che sognava per lui.
Niklas era l'erede di una grande famiglia ed era certa che un domani, sarebbe stato un uomo splendido, una guida per la sua gente perché il suo cuore, era così pieno d'amore da rendere luminosa anche una giornata di pioggia.
Era giusto crescerlo così? Quante volte si era fatta quella domanda, quante volte era rimasta sveglia la notte a guardarlo riposare sereno, quante volte aveva litigato con Nils per gli allenamenti troppo duri o i giochi concessi con troppa facilità ma ora, guardandolo negli occhi, il dubbio spariva e la certezza di aver scelto per lui solo il meglio, cancellava quell'attimo di debolezza.
Le regole erano rigide, gli svaghi rari ma tutto ciò, serviva a regalargli un futuro e quando un giorno, duca e padre, si fosse guardato alle spalle, avrebbe visto solo l'amore di sua madre e l'orgoglio di un padre che lo amava più della sua stessa vita.
Donava a suo figlio ogni attimo di tempo libero che il suo rango le regalava, gli donava la possibilità di crescere, di conoscere il mondo attraverso la guida dei più bravi istitutori, gli donava la voglia di scoprire cosa viveva oltre il confine sicuro della sua casa e velocemente, davanti agli occhi era nato un piccolo uomo assetato di conoscenza, incapace di attendere il normale sviluppo della vita e per certi versi, simile al nonno.
Nel volto roseo e perfetto del suo bambino, rivedeva i lineamenti forti di Nils e il taglio degli occhi di un generale che in passato, l'aveva costretta ad oltrepassare ogni limite negando perfino sé stessa al proprio cuore.
Ma ora quel generale, viveva nei respiri di suo figlio, nella sua risata, nel modo che aveva di portarsi le mani dietro alla schiena, quel generale era il nonno irraggiungibile che Niklas immaginava nelle lunghe notti di Svezia.
Molte volte le aveva chiesto come fosse, quale profumo avesse la sua pelle e molte volte, quelle domande scomparvero veloci com'erano arrivate perché c'era un altro nonno ad occupare le sue giornate eppure, la curiosità verso un mondo che non conosceva, lo spingeva a chiedersi quanto di lui vivesse nel generale.
Strinse più forte le redini tra le mani costringendo il cavallo a bruschi cambi di direzione, si voltò appena cercando il volto di Niklas e lo vide ridere seguendo senza paura ogni suo passo poi la luce più chiara, il fischio leggero dei falchi e un'ombra nella foreste.
La mano destra scivolò sul fianco del cavallo stringendosi con forza attorno all'arco “Un colpo solo Nicke, un colpo alla base del collo” il bambino annuì deciso copiando ogni singolo gesto della madre, la vide sollevare il volto al cielo e poi sentì la sua voce alzarsi forte e decisa “Heimdallr
driva den framåt!” il falco scese rapido verso gli alberi ormai scarni, tesero l'arco come un sol uomo e le frecce schizzarono attraverso l'aria rapide e perfette.
Un tonfo ovattato, la risata di suo figlio nelle orecchie mentre tiravano con forza le redini “L'abbiamo preso madre!” esclamò estasiato Nicke scivolando giù dal suo cavallo“Avete visto com'è grande?” domandò correndo verso il corpo tremante del cervo.
Rise divertita scendendo da cavallo e riponendo l'arco, raggiunse il figlio inginocchiandosi accanto a lui “Ha dei palchi meravigliosi” “Sei stato bravo amore mio, un unico colpo alla base del collo” poi il passo degli altri cavalli e un uomo orgoglioso che applaudiva estasiato “Sei stato perfetto bambino mio!” “Davvero padre?” “Non hai esitato, non ti sei fermato. Hai scoccato quella freccia con una forza tale da lasciarmi senza parole!” la mano di Nils si posò sulla testa del figlio scompigliandone leggermente i capelli “Ora richiama il falco ...” strinse le dita attorno al polso del bambino guidandolo “ … rilassa la schiena, le spalle basse, il braccio dev'essere morbido e poi …” sollevò appena il volto del figlio sorridendogli “ … un bel fischio amore mio” Niklas seguì gli ordini del padre allontanandosi di qualche passo da loro.
“Sono così orgoglioso di lui” sussurrò Nils aiutando la giovane a rialzarsi “Diventa ogni giorno più bravo” “Riesci ad immaginarlo Helena? Un giovane uomo impavido e preparato al mondo” un dolcissimo sorriso le sfiorò le labbra “Forte, determinato e anche piuttosto piacente” “Piacente?” domandò divertita seguendo i passi del figlio.
Camminava attorno al cervo osservando ogni movimento degli uomini.
Accarezzava con la mano libera il dorso lucente del falco soffermandosi di tanto in tanto sul suo sguardo luminoso “Vostra grazia dimentica forse che è mio figlio” “Questo dovrebbe impressionarmi?” “Enormemente” la strinse a sé ridendo di quell'espressione a metà tra l'ironia e il dispetto “Hai ragione amore mio, sarà un gran bel duca” “Ti assomiglia così tanto” “Trovi?” domandò Nils staccandola appena da sé “Ulek amico mio” l'uomo chinò rispettosamente il capo avvicinandosi a loro.
Aveva il volto sporco di sangue e stringeva nella mano sinistra un coltellaccio dalla lama lucente “Secondo te mio figlio mi somiglia così tanto?” “Stessa faccia mio signore” “La dolcezza dei suoi lineamenti non conta nulla allora?” “No vostra grazia, la dolcezza della mia signora è negli occhi del giovane duca, senza contare il fatto che il sorriso appartiene a vostra grazia” Helena annuì orgogliosa “E se mi è permesso parlare liberamente signore ...” il voltò si tirò in un sorriso strano, perfino divertito “ … l'ironia e la caparbietà sono un'altra dote naturale rubata alla madre” “Visto? Ulek vede meglio di voi” ma Nils non rispose, si limitò a baciarla mentre un giovane servo si avvicinò a lui.
Nelle mani stringeva le redini del cavallo e sul volto spaurito un chiaro pallore “Perdonate la mia intrusione, non è mia intenzione disturbavi mio signore ma ...” “Che è successo?” domandò irritato stringendo la mano attorno a quella di Helena “François mi ha ordinato di raggiungervi, ci sono disordini e tafferugli che ...” “Dove?” “All'ingresso nord mio signore” la mano lasciò andare lentamente quella della giovane costringendola a cercare sul suo volto rispose che non poteva dare “Ulek, portali a casa” “Non pensarci nemmeno” “Helena, ti prego” restò immobile qualche secondo, gli occhi persi nei suoi e milioni di parole nella mente “D'accordo” la tirò tra le braccia inspirando.
Il suo profumo si attaccò all'anima rallentando i battiti violenti del cuore “Porta Ulek con te” “Non se ne parla nemmeno, non ti lascio da sola chiaro?” “Nils, ti prego, fallo per me” “Perché?” “Posso tornare a casa da sola, non ci sono pericoli qui” “L'avevi detto anche del viaggio e della permanenza in Francia e a quanto pare, il popolo è piuttosto avverso amore mio” “Sono solo arrabbiati” “Anche io spesso mi arrabbio ma non sfondo cancellate e vetri, non uccido nobili a caso” un debole sorriso colorò le labbra della sua sposa mentre Niklas si aggrappava alle sue gambe “Padre ...” si inginocchiò davanti a lui agganciando il laccio del mantello appena sotto al collo “Ci sono disordini che minacciano la nostra casa e la nostra famiglia. Devo raggiungere l'ingresso a nord per assicurarmi che nessuno entri nel parco e domani, quando tutto sarà passato, festeggeremo il Natale e la nascita della tua mamma” “E torneremo a casa?” sussurrò il bambino sollevando il volto verso la giovane “Appena dopo Natale, te lo giuro amore mio” “Ho un compito per te Niklas” lo sguardo tornò a scattare rapido inchiodandosi al volto del padre “Devi riportare la mamma a casa sana e salva, puoi farlo?” “Certamente padre” “Bravo il mio bambino” lo strinse a sé sorridendo “Ora ...” riprese alzandosi “ … via da qui, voglio vedervi lasciare la mia presenza entro pochi secondi” “Non sono una delle tue guardie Nils” sbottò ironica sistemando la staffa del cavallo “Non ho mai pensato che lo fossi” “Allora non darmi ordini” l'altro sollevò appena le mani ridacchiando “Ulek?” “Sono pronto vostra grazia” “Mi assicuri che i tuoi uomini sorvegliano la tenuta?” “Mio fratello li accompagnerà fino al palazzo. Due ore a cavallo, andrà tutto bene vostra grazia” “Non mi tranquillizzi così” “L'avete già lasciata sola altre volte in circostanze ben peggiori ricordate?” ma l'altro non rispose, si limitò a sospirare seguendo ogni passo della sua sposa “Ricordate come l'abbiamo trovata al nostro ritorno?” rise annuendo al ricordo di quegli attimi così folli “Seduta su una roccia ad affilare la spada” “Avete scelto una guerriera, come potete chiedere ad una donna del genere di comportarsi da docile moglie?” “Hai ragione. Andiamo amico mio” “Nils ...” si voltò appena incontrando due occhi di cielo pieni di domande.
“Ti ho fatto una promessa ...” si avvicinò al cavallo intrecciando le dita a quelle della giovane “ … terrò fede a questo giuramento Helena, ora vai” lesse nei suoi occhi la paura, per la prima volta da anni quel sentimento tornava a farle visita cancellando in pochi secondi ogni certezza.
Non avrebbe mai voluto vederla così ma quelli erano periodi difficili, le strade non erano sicure per nessuno tanto meno lo erano le battute di caccia per una donna così bella perché in quel clima surreale, i titoli e i gradi non contavano più.
Le mura non garantivano più protezione e i cancelli non impedivano all'odio di entrare.
Fece uno sforzo enorme a lasciarla andare, la mano scivolò nel vuoto mentre gli occhi sussurravano frasi silenziose che solo loro riuscivano a leggere.
Prese dalle mani del servo le redini e senza più fermarsi montò in sella spronando con forza l'animale, Ulek lo seguì scomparendo nel buio del bosco “Madre?” “Oss tillbaka hem!” il falco lasciò il braccio di Niklas alzandosi in volo “Andiamo amore mio” si chinò leggermente di lato sollevando il figlio, lo strinse con forza sistemandolo davanti a lei “Moég!” “Altezza reale” “Porta con te il cavallo di mio figlio e prendi tre guardie” “Mia signora voi ...” “Assicurati che non ci sia nessun altro in giro per il parco” “Ne siete sicura? Vostro marito ha ...” “Mio marito ha altro a cui pensare in questo momento” “Verrò punito per questo” ribatté montando a cavallo ma lei rise “Nessuno verrà punito questa notte” coprì il bambino nascondendone il volto prezioso nel pesante cappuccio.
Non le piacevano le guerre, e men che mai le guerre tra poveri perché se un ricco lotta e combatte lo fa per scelta ma un uomo comune, un contadino a cui il re hanno rubato ogni cosa , cos'aveva da perdere un uomo così? La Francia era piena di uomini comuni, uomini e donne che non avevano scelta alcuna e ai quali non importava nulla della divisione sociale che li separava.
Lei era una duchessa, avida, sciocca, priva di cuore, così appariva agli occhi di quei poveracci e a poco sarebbe valso tentare di spiegare la realtà.
Non conosceva l'entità di quella rivolta né voleva saperlo, tutto quello che desiderava era tornare in Svezia, lontano da quel caos di mente e cuori ma di una cosa era certa, se qualcuno avesse provato a sfiorare suo figlio, sarebbe smontata da quel cavallo e gli avrebbe trapassato la gola da parte a parte.
Fece un bel respiro cercando di ritrovare la calma, sentiva il corpo di Niklas unito al suo, la confusione del suo sguardo che perfino da lì riusciva a vedere.
Le redini si strinsero con forza attorno alle dita, il cavallo partì al galoppo e d'improvviso, ogni pensiero divenne sciocco ed effimero, c'era solo un motivo per correre verso casa e quel motivo, stringeva con forza le mani guantate attorno alle sue chinando il capo in avanti per evitare il vento.





“E così il vostro incontro non ha avuto successo” “No altezza reale” fece un bel respiro sedendo sul seggio dorato “Non va bene ambasciatore, vi ho chiesto di eliminare quel patto, non fa bene al mio popolo e voi tornate da me con un'accordo che mai firmerò” “Ho provato vostra maestà ma quella donna è piuttosto testarda e, oserei dire, anche piuttosto furba” il re sospirò appena ridendo “Furba? È stata al mio servizio per anni ambasciatore. Devo a lei molto più di quanto lei non debba a me” l'altro tossicchiò appena avvicinandosi di qualche passo “Forse, se la maestà vostra me lo concede, potremo chiedere aiuto a sua altezza reale la regina Maria Antonietta” sul volto di Luigi passò un lieve attimo di stupore.
“La regina?” “L'avete detto voi poco fa, la duchessa è stata al vostro servizio per anni e a quanto ne so altezza, è stata la guardia personale della regina” “Non ho alcuna intenzione di esporre sua maestà ad un pericolo tanto grande” esclamò perentorio stringendo più forte la mano attorno al bracciolo.
Un paggio elegantemente vestito si avvicinò al re con un vassoio d'argento ma un cenno del sovrano bastò per riportarlo al proprio posto “Sire, non avete bisogno di raggiungere la tenuta della duchessa, basterà convocarla. Un nobile francese è tenuto a rispondere ad un invito di sua maestà” “Voi dite?” l'ambasciatore annuì deciso spingendo leggermente in su gli occhiali “Ha sposato un duca svedese ma questo non vuol dire che da qualche parte, batta ancora un cuore francese” “E sia, fatela convocare ma sarà vostro compito mettere al corrente sua maestà la regina dell'intera faccenda” “Come vostra altezza ordina” rispose l'altro chinando rispettosamente il capo fin quasi a toccare terra.
“Ora lasciatemi, ci sono gravi decisioni da prendere e in questo momento, ho bisogno di riflettere” un debole cenno del capo, passi silenziosi e poi solo il niente.


“Quando è arrivata?” “Pochi attimi fa” prese la busta tra le mani sorridendo “Profuma proprio come lei” Inga le sollevò il volto studiando per qualche secondo lo sguardo della giovane “Vi manca non è così?” “Non lo so. Ho passato così tanto tempo lontano dalla Francia che ora mi sembra tutto così strano” “Strano?” “Hai mai la sensazione di vivere in un sogno che non ti appartiene?” la donnina indietreggiò di un passo portandosi una mano alle labbra “Ecco Inga, è questo che provo qui. Amo la mia terra, la amo al punto da costringere mio marito e i miei figli a lasciare la sicurezza di casa per soddisfare un mio capriccio” “Capriccio? Voler passare il Natale assieme al proprio padre non è affatto un capriccio” “No?” domandò divertita sedendo sulla poltrona “Forse hai ragione Inga, però vedi, restare qui, respirare di nuovo quest'aria, forse è colpa della Svezia” l'espressione confusa sul volto della governante la costrinse a continuare “Prima di incontrare la purezza intatta dei suoi boschi e delle sue vallate, vivevo in una gabbia, una gabbia dorata. Le scelte di mio padre mi hanno permesso di accedere a privilegi che altrimenti mi sarebbero stati preclusi ma in questa gabbia stavo soffocando. Ogni giorno diventava più piccola e mio padre vi costruiva attorno un mondo fatto su misura per lui e non per me poi è arrivato Nils ...” si fermò qualche secondo aprendo la busta candida “ … ha portato con sé la libertà e la possibilità di diventare di nuovo donna, di nuovo Oscar” “Lo siete sempre stata” sussurrò l'altra sfiorandole il volto “Solo che non avevate il coraggio di scoprire la dolcezza che viveva nel vostro cuore. Avete imparato troppo tardi ad amare ma vedete cosa siete diventata?” le sorrise seguendo con le dita i lineamenti delicati del suo volto “Siete una donna bellissima, una madre meravigliosa e una moglie perfetta per il lupo sconclusionato che ho allevato” borbottò indispettita “Avete imparato a brillare come la luna e proprio come la luna, guardate il mondo con occhi di cristallo” “Perché sei così buona con me?” ma l'altra non rispose, la tirò leggermente in avanti accarezzandola “Di cosa avete paura?” “Non è ancora tornato” “Sta bene, conosco il mio lupacchiotto, sarà a casa prima di pranzo e vi porterà un dono” “Non voglio doni, desidero solo rivedere il suo volto” “Io credo che dovreste aprire la lettera di sua maestà la regina” sorrise allontanandosi di nuovo da Inga.
La carta scricchiolò appena sotto le dita, quella calligrafia l'avrebbe riconosciuta in mezzo a migliaia.
Le lettere allungate, ordinatamente riposte una dopo l'altra, si inclinavano leggermente verso destra rendendo ogni parola colma di eleganza “Una convocazione a Versailles” “Questo è davvero un grande onore” “Tu dici?” sussurrò posando la lettera sul tavolino “Fai chiamare i miei consiglieri per favore” “E perché mai? Non è forse una convocazione privata?” “Si, ma sento il dolce aroma del sotterfugio anche da qui. I miei figli?” “Niklas ha rifiutato la colazione vostra grazia” Helena sospirò alzandosi “Falla servire di nuovo in biblioteca, mio figlio mangerà assieme a me” l'altra annuì appena lasciando la sala.
Non si sentiva per niente bene, i brividi salivano lungo la schiena e il cuore batteva così veloce da farle male.
Strinse più forte i pugni cercando di ritrovare un attimo di respiro ma vorticava ogni cosa nella stanza e il gelo che sentiva sulla pelle, sembrava diventare ogni secondo più forte, Corinne si avvicinò a lei stringendo Reine tra le braccia “Siete pallida mia signora” “Sto bene” “Ne siete sicura?” annuì distratta sorridendo al faccino imbronciato del piccolo “So cosa vi fa soffrire così” mormorò Corinne “Ma non datevi pena, molte volte è accaduto in passato ricordate?” “Già, ma non c'era una rivolta nel cuore degli uomini né così tanto odio per il mondo” “Vostra grazia mi ha fatto chiamare?” “Consigliere, venite avanti” l'uomo chinò appena il capo raggiungendola.
Aveva il respiro affannato, un lieve rossore sulle guance e la voce spezzata dalla corsa “Siete a conoscenza di questa lettera?” indicò la carta abbandonata sul tavolino, l'altro annuì ridendo “Aspettavate una risposta ed eccola qui” “Questo conferma quanto in cuor mio già conosco” “E cosa sarebbe?” “Vostra grazia ha un'influenza molto forte sulle loro maestà. Se arrivano ad usare la regina per vedervi, allora state certa che da questo incontro non arriverà niente di buono” “Non sono un sovrano né ho il potere per decidere di sciogliere regi decreti. Se vogliono giocare alla guerra che scrivano direttamente al nostro re” sbottò irritata massaggiandosi il collo “Non ho né il tempo né la voglia di assecondare capricci e non accetto insulti!” l'uomo abbassò lo sguardo colpito da quella sferzata di rabbia che da troppo tempo non vedeva.
“François!” il vecchio servitore entrò trafelato mascherando la preoccupazione. Funzionava così quel mondo di regole, ad ogni sottoposto era consegnato un compito da eseguire, un posto, una vita.
Alcuni giorni le sembrava di vivere in un teatrino fatto di burattini e bambole di pezza, uomini e donne che correvano ai suoi ordini se solo lei schioccava le dita “Preparate il mio cavallo, voi venite con me?” il consigliere annuì appena sorridendole “Ma … ma vostra grazia, non ci si presenta al cospetto di un re così e non …” “Ho giurato fedeltà a questa regina e l'ho amata ogni giorno, ogni ora di questi ultimi anni ma la mia famiglia, i miei figli, loro vengono prima di qualsiasi giuramento François! Se è suo desiderio vedermi, allora lo farà anche adesso” l'altro corse via eseguendo quegli ordini folli “Vostra grazia è sicura di ciò che fa?” “Davvero?” sbottò ironica scostandosi dal volto i capelli “Il mio compito è regalarvi consigli” “Lo farete non preoccupatevi” la porta si aprì di nuovo e un giovane dallo sguardo di mare si guardò attorno confuso “La vostra casa è piuttosto rumorosa sapete?” “Siete qui per giocare con me?” “Siete arrabbiata duchessa, non mi sognerei mai di giocare con voi” sussurrò Andrè osservandola.
Aveva il volto arrossato, il respiro accelerato e inquietudine negli occhi. I capelli sciolti arrivavano fino all'incavo della schiena oltrepassandolo, non era nemmeno certo che respirasse ancora, i movimenti erano rapidi, nervosi.
C'era qualcosa in lei che non lasciava il cuore libero di seguire il normale ritmo della vita “State bene?” domandò confuso avvicinandosi di un passo ma lei non rispose, si limitò ad autorizzare l'entrata di Corinne.
Reggeva tra le mani una scatola d'ebano lucida, Helena sfilò l'anello e la catenina riponendoli al sicuro lì dentro “Se vostra grazia è pronta” “Andiamo” “Perdonatemi” lo sguardo corse rapido al volto del giovane togliendogli il respiro “Ho bisogno di parlare con voi di una questione piuttosto urgente e non ...” “Se avrete l'accortezza di attendermi, parleremo delle vostre sciocchezze tra mezz'ora più o meno” un sorriso irriverente sulle labbra e la confusione sul volto dell'uomo “Non prendetevela giovane francese” mormorò il consigliere dandogli una leggerissima pacca sulla spalla “Abbiamo ricevuto notizie piuttosto fastidiose” “A questo proposito” riprese l'altro “Vorrei parlare con il duca riguardo alla mia permanenza qui. Non ho alcuna intenzione di esporre mia moglie a pericoli che non sono necessari” “Ho idea allora che dobbiate aspettare Andrè” “Questo è quello che ripetete continuamente!” sbottò irritato stringendo più forte i pugni “Il duca al momento non è qui” “E dove sarà mai?” ma l'uomo corrugò la fronte sospirando “Ci sono disordini attorno alla nostra tenuta. Il duca ha lasciato la sua casa questa notte e non ha ancora fatto ritorno” Andrè trattenne il respiro indietreggiando di un passo.
Era quello il motivo di tanta rabbia, una distanza imposta che bruciava più del fuoco vivo.
Era preoccupata, sola, indifesa di fronte ad un mondo che voleva mangiarla viva “Voi avete passato più tempo di chiunque altro assieme alla mia signora” “Non credo sia saggio portare a galla ricordi del genere” “Venite con noi” “Cosa?” “Accompagnatela altrimenti prevedo grandi catastrofi all'orizzonte” “Non voglio offendervi in alcun modo ma ...” i passi rapidi alle sue spalle interruppe le parole.
Non era passato così tanto tempo eppure, quella che aveva davanti era una donna colma di risentimento che sembrava cambiare volto con la stessa velocità del vento.
Indossava un abito verde così scuro da sembrare nero, la vita era alta, si stringeva appena sotto al seno dov'era cucito un simbolo che mai aveva visto.
Le maniche si aprivano a metà dell'avambraccio rivelando la lucentezza di un incarnato di pesca, il tessuto si muoveva assieme a lei e lacci di cuoio scuri erano stretti appena sopra ogni gomito chiudendosi in un nodo leggero.
Con il freddo dell'inverno a minacciare assedi, era più che certo che quel nodo servisse a chiudere la manica e che tirandolo, una dolce magia di intrecci e disegni avrebbe stretto entrambi i lembi di tessuto.
Non c'erano corpetti né scollature, il taglio dolce della stoffa si apriva leggermente sulla schiena.
Un abito semplice, forse perfino troppo povero per l'alta nobiltà francese eppure, lui coi capelli erano stati raccolti dietro alla nuca e scendevano liberi sulla schiena costretti di tanto in tanto, da un fermaglio d'argento che aveva il compito di tenerli uniti.
Una coda tanto lunga da lasciare sulle labbra un sorriso perché chiunque guardandola, né avrebbe immaginato il profumo.
Il suo volto era sereno, la rabbia resisteva ancora nel suo sguardo ma permetteva tuttavia a quel cuore di rallentare.
Indossava una collana d'argento vivo che terminava con un simbolo, una runa, la stessa che Elin gli aveva rivelato e che lui aveva ignorato “Allora, di cosa volevate parlarmi?” “Siete molto bella” la vide sollevare appena il volto, gli occhi socchiusi nel tentativo di leggergli l'anima “Non ci sono secondi fini duchessa, è solo un complimento” “Non ho bisogno dei vostri complimenti” “Io però ho bisogno di chiedervi una cosa” “Avanti, dite pure” Corinne si avvicinò a lei agganciandole sul seno la fibbia del mantello “Chiedo il vostro permesso per congedarmi dalla vostra tenuta una volta per tutte” “Forse che le mura di casa mia vi recano offesa?” “No, solo non intendo esporre mia moglie a pericoli di cui non facciamo parte. Conosco bene quello che accade là fuori, sono parte del popolo ricordate? Le voci corrono piuttosto veloci” “Se la cosa vi aggrada andate pure, François si occuperà dei vostri documenti anche senza di voi” “Siete sicura di stare bene?” gli occhi si fusero assieme costringendola a tremare “Duchessa, se avete qualsiasi ...” “Sua altezza reale sarebbe onorata se vorreste seguirla a corte” “Cosa?” domandò confusa cercando lo sguardo del consigliere “Ricordate mia signora? Sono qui per darvi consigli” “E cosa c'è di saggio in tutto questo?” tirò il cappuccio nascondendosi dentro al pesante tessuto bordato di pelliccia.
Corinne si mosse veloce precedendola, niente ordini, niente imposizioni, bastava uno sguardo per muovere ogni uomo lì dentro.
Andrè restò immobile al proprio posto ignorando l'uomo al suo fianco “Ve ne prego, non lasciate che la rabbia prenda il sopravvento” “Non ho alcun motivo per restarle accanto. Anni addietro vi avrei seguito senza alcun problema ma ora ...” sorrise appena sistemandosi la giacca “ … non credo che la vostra signora desideri avermi attorno e io non ho alcuna intenzione di contravvenire a quel desiderio” si congedò amabile dal vecchio lasciandolo solo a tentare di districare nodi di pensieri troppo stretti.








 
  
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