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Autore: BeautifuDiamonds    03/11/2016    0 recensioni
Tra tutti i ragazzi newyorkesi, solo un paio di occhi avevano catturato l'attenzione di Jennifer, troppo orgogliosa per confessare i suoi sentimenti. E se quest'amore fosse corrisposto? Dal canto suo, Logan Handerson era il tipico bad boy. Spaventosamente bello, egocentrico e arrogante. Ma chi l'ha detto che i ragazzi più cattivi non possano innamorarsi? E se qualcosa andasse storto? Passato e presente saranno due facce della stessa medaglia. Il passato mostrerà il loro primo incontro, l'evolversi della loro storia, ma il presente racconterà ciò che è successo dopo il liceo. Cosa spingerà Jennifer ad odiarlo così tanto? E se dopo tutti questi anni dovesse rincontrarlo nuovamente?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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5.Past day

Rimasi senza fiato. Paralizzata. Era come se mi avessero inchiodato al pavimento. Le gambe si fecero pesanti e i piedi divennero come un blocco di cemento. Sentivo le urla di tutti gli invitati, ma per quanto volessi gridare fino allo sfinimento, non ci riuscii. Persi il controllo di ogni cellula del mio corpo, come se fossi un'estranea, intrappolata nel corpo di un'altra. Qualcuno mi chiamò, probabilmente Taylor, ma non riuscii a voltarmi. Mi strattonò dal braccio, ma non ottenne niente. Una ragazza stesa al centro della stanza con una pasticca in mano e il sangue che le usciva dappertutto formando un'enorme pozza rossa. Era morta.

Percepii un forte senso di nausea e cominciai a tremare come un'ultima foglia attaccata a un ramo di un albero un attimo prima di cadere. Questa volta capii cosa Taylor mi stesse dicendo. "Dobbiamo andare via da qui".

Tentai nuovamente di pronunciare qualche parola. Niente.

Cominciò a girarmi la testa ed ebbi le prime vertigini. Non so come, né da cosa fu stimolato ma riuscii a ottenere il controllo delle mie gambe. Il blocco di cemento scomparve e le mie gambe si rassestarono. A grandi passi mi allontanai da tutto quel caos. Mi lasciai alle spalle tutta quella gente, e Taylor. Cominciai a correre come non avevo mai fatto prima. Non sapevo neanche di esserne in grado. L'ascensore che mi avrebbe dovuto portare all'ingresso era spento. Qualcuno non voleva che noi ce ne andassimo. Si annebbiò la vista e tremai ancora di più. Un enorme telo bianco si distese sui miei occhi bloccandomi la visuale. Respirai molto faticosamente e iniziai a sudare ovunque come se mi trovassi in una stanza con una temperatura di cinquanta gradi. Sentii dei passi farsi sempre più vicini, secondo dopo secondo, ma non potei fare nulla. Non vedevo più. Mi appoggiai alla parete, l'unico sostegno che riuscii a trovare in tutto quel casino. Qualcuno mi fece girare e mi chiamò per nome. Non riconobbi la sua voce o forse ero troppo stordita per riuscirci. Stavo per perdere i sensi. Faticai a tenere gli occhi aperti, cominciarono a chiudersi lentamente finché non vidi un buio, nero come la pece.

Aprii gli occhi molto lentamente, abituandomi alla luce della stanza. Come sono arrivata in questa stanza? L'ultima cosa che ricordavo era l'ascensore, il corridoio e qualcuno che mi chiamava per nome. Era come svegliarsi dal coma dopo aver dormito per diverse settimane. Mi trovai distesa su un letto con la testa appoggiata a un morbido cuscino. Mi alzai leggermente per scorgere qualcuno ma ero sola. Mi misi seduta cercando di capire cosa stesse succedendo. La ragazza morta al centro della stanza! Mi venne nuovamente in mente, spaventandomi terribilmente. Mi alzai di scatto, dovevo andarmene da lì se non volevo finire in guai seri. Qualcuno mi precedette aprendo la porta.

Logan era lì, davanti a me. Ero così spaventata e sollevata allo stesso tempo. Stavo provando così tante emozioni che non avrei mai più dimenticato questa serata.

«Che stai facendo in piedi? Torna a letto». Mi riproverò chiudendosi la porta alle spalle.

«Devo andare via da qui. La ragazza morta. Gente che urlava. Tutto quel sangue». Il senso di nausea stava ritornando. Parlai così velocemente che neanche mi resi conto di essere tornata a parlare.

«Che cosa ci fai qui? Sei sola? Queste non sono feste adatte a te, non saresti dovuta venire». Continuò a rimproverarmi senza accorgersi che stavo per sentirmi male di nuovo.

«Non urlare ti prego». Mi accovacciai in un angolo, prendendomi la testa fra le mani. Chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi su qualcos'altro. Perché non ero rimasta a casa a dormire? Mi schiaffeggiai mentalmente per aver ascoltato Taylor e sua cugina. Logan si avvicinò sedendosi di fronte. Mi prese le mani e se le portò al petto.

«Andrà tutto bene. Te lo prometto. Non svenire di nuovo, ti prego». Sembrava quasi una supplica ma non poteva esserlo. Dov'era finito quel Logan egocentrico e arrogante? Forse era il suo gemello.

«Voglio andare via di qui. Portami via da qui».

Non se lo fece ripetere due volte. Mi aiutò ad alzarmi afferrando la mia mano. In meno di un secondo ci ritrovammo vicino l'ascensore, l'ultimo posto in cui ricordavo di essere stata prima di svenire. Si avvicinò a una porta che non avevo visto prima, la aprii e cominciammo a scendere le scale.

«Che cosa succederà adesso?». Mi uscii come un sussurro tremolante.

«Fidati di me». Come potevo fidarmi di una persona che conoscevo da meno di una settimana?

"Eppure di Taylor ti sei fidata".

Merda. La mia coscienza aveva ragione.

Lo seguii senza dire più niente. Si sentivano solo i nostri fiati e il rumore dei nostri passi. Scendemmo sei rampe di scale prima di arrivare a un'altra porta. L'ingresso dell'albergo fortunatamente era libero. Evidentemente eravamo le uniche due persone a essere uscite. Mi sentivo come uno di quei serial killer che stavano fuggendo dalla scena del crimine, eppure noi non avevamo fatto nulla. Nonostante il maglioncino pesante, sentivo freddo. Guardai in basso, mi accorsi che avevamo ancora le mani intrecciate. Per tutto il tragitto non aveva lasciato la mia mano, neanche per un secondo. Fu un gesto rassicurante che mi provocò una fitta al cuore. Era tutto così strano.

"Forse ti piace."

La mia coscienza non rimaneva mai in silenzio.

«Dove stiamo andando?». Mi avvicinai al suo corpo, stringendolo, per riscaldarmi. Mi venne così spontaneo che mi spaventai. Non potei neanche guardarlo in faccia per vedere che reazione avesse avuto.

«Ti porto in macchina.» Portò il suo braccio destro intorno al mio collo, avvicinandomi ancora di più a lui. Da lontano potevamo sembrare una coppia, ma tutto potevamo essere tranne quello. Neanche lontanamente. Accettai l'invito e mi ancorai al suo corpo, appoggiando una mano sul suo petto. I muscoli duri, come l'acciaio, s'irrigidirono al mio tocco. Non so cosa stesse prendendo a entrambi. Sembravamo due persone diverse da quelle che eravamo a scuola. In quel momento dimenticai il suo egocentrismo, non era più il ragazzo insopportabile, era perfetto. Risi al pensiero di aver collocato la parola "perfetto" e "Logan" nella stessa frase. Nonostante tutto ciò che era successo, mi fece sorridere. La macchina era parcheggiata dietro a un angolo, nascosta cosicché nessuno potesse vederla. Mi fece accomodare nel sedile anteriore accanto al suo, mettendomi la giacca che indossava sulle spalle.

"Si è accorto che stavi tremando dal freddo".

«Mi stai lasciando qui per caso?». Lo dissi con superiorità, ma in realtà tremavo dentro.

«Dylan è rimasto lì, devo andare a controllare». Disse porgendomi le chiavi della sua auto. «Chiuditi dentro, così sarai più tranquilla. Tornerò subito».

Si allontanò dalla macchina, da me, ma non così tanto da non sentirmi. «Puoi portare qui anche Taylor? Mi starà cercando sicuramente e sarà preoccupata». Perché improvvisamente mi sentivo vuota? Come se mi avessero strappato una parte di me.

«Quindi è lei che ti ha portato a questa festa?». Percepii rabbia dal suo tono di voce. Non mi diede il tempo di rispondere, che si era già voltato e aveva ripreso a camminare.

Forse non era stata una buona idea, sarei dovuta rimanere con lui e tornare dentro. Le strade erano poco illuminate e inoltre non era un bel quartiere, da come stavo vedendo; dunque se mi fosse successo qualcosa, nessuno sarebbe arrivato a salvarmi.

Dieci, venti. Passarono ben venti interminabili minuti. Ma di Logan non c'era nessuna traccia. Se non fossi stata nella sua preziosa auto, avrei già pensato che se ne fosse andato lasciandomi lì da sola. Ma non avrebbe mai dimenticato la sua Porsche. Pensai di nuovo a quella ragazza, a come la sua vita era finita. Non poteva avere più di vent'anni, eppure era morta. Vidi delle luci in lontananza, un'alternanza di luci in realtà. Quando si fecero più vicine, capii: erano due macchine della polizia. Perché Logan ci sta impiegando così tanto?

Mi abbassai leggermente per non farmi vedere. Lasciarono la macchina quasi in mezzo alla strada, e immediatamente piombarono correndo dentro l'albergo. Se Logan non si fosse sbrigato, sarebbe finito in un mare di guai. E, in un certo senso, era anche colpa mia. Provai a chiamare Taylor nel cellulare, ma mi dava la segreteria. Lo aveva spento. Il suono della sirena della polizia non si spense, nonostante i poliziotti avevano già fatto irruzione dentro. Mi preoccupai terribilmente e cominciai a pensare a tutte le cose brutte che potevano capitare. Chiusi gli occhi, sperando di potermi isolare da tutto ciò che mi circondava. Invece fu solo peggio. Perché vidi nuovamente l'immagine di quella ragazza morta e mi venne il voltastomaco per l'ennesima volta. Scesi dall'auto, stanca di aspettare senza fare nulla. Stavo per chiudere lo sportello quando qualcuno mi mise la mano in bocca impendendomi di gridare. Era Logan. Mi lasciò subito, intimandomi di rimanere in silenzio e risalire di nuovo in macchina. Era già la seconda volta che mi spaventava e mi tranquillizzava contemporaneamente. Quante sorprese mi riservava ancora questo ragazzo? Dietro Logan, trovai Dylan e Taylor, che non appena mi vide, mi saltò addosso.

«Mi hai spaventata a morte, lo sai?». Mi rivelò contenta di vedere che stessi bene.

«Andiamocene subito. Ho visto la polizia entrare. Non vi hanno visto vero?». Mi voltai verso Logan, che mi sorrise, facendomi capire che era andato tutto liscio. Almeno finora. Salimmo tutti nella sua auto, questa volta mi accomodai nei sedili posteriore, dato che il mio posto era già stato occupato da Dylan. Logan partì all'istante, ansioso di lasciare quel posto. Di lasciarsi alle spalle ciò che era successo, dimenticandosi di tutto.

«Tua cugina?». Ero così contenta di vederli, che avevo dimenticato la cugina di Taylor.

«Se n'è andata via con uno.». Si rabbuiò non appena la nominai.

«E non si è minimamente preoccupata di ciò che poteva succederci? Poteva almeno aspettarci.».

«Non ti preoccupare. Se è furba, non si farà vedere da me. Comunque, mi dispiace di averti trascinato in questo casino, è colpa mia.».

«Va tutto bene.». La rabbia di prima era svanita, mi bastava sapere che eravamo al sicuro. Il resto non aveva più importanza.

Accompagnò tutti a casa, lasciandomi per ultima. Non vedevo l'ora di andare a dormire. Solo che la mia tranquillità si spense, non appena ricordai che dovevo stare attenta a non farmi vedere da nessuno.

«Lasciami qui. Così non correrò il rischio di svegliare mia mamma.». Scesi dall'auto, e sperai che anche lui lo facesse. Che idee strane mi stavo facendo?

«Sei uscita di nascosto?». Spense il motore e mi accompagnò alla finestra della mia camera.

«Si. Non mi avrebbe mai mandato. E sinceramente potevo dargli retta.». Dissi sottovoce. Aprii la finestra che avevo lasciato leggermente aperta per entrare. Dopodiché mi appoggiai al davanzale. Non so cosa mi stavo aspettando di preciso.

«Vai a dormire, ci vediamo domani a scuola.». Mi salutò per poi andarsene.

Rimasi delusa, senza capire il motivo. Come potevo aspettarmi qualcosa da un tipo come lui?

M'infilai il pigiama, sistemando il letto, ma prima di spogliarmi, mi accorsi di avere ancora il suo giubbotto. In un modo o in un altro mi ritrovo sempre una sua giacca. Odorava di lui. Ero tentata a non toglierla. Tuttavia l'idea mi abbandonò all'istante, dovevo smetterla di comportarmi come un'idiota. Mi misi a letto, facendomi cullare dalle braccia di Morfeo, anche se avrei preferito che fossero le braccia di qualcun altro.

⃰⃰⃰ 

«Ho sentito delle voci. Dicono che ci sarà un compito a sorpresa di matematica. Io non so nulla.». Kelly spuntò all'improvviso, allarmata per ciò che aveva sentito. Ci mancava anche questa per completare il quadro delle "brutte giornate".

«Prenderemo un voto basso entrambe. Neanche io so niente. E se entrassimo dopo? ». Dove stava la fortuna? Se solo l'avessi saputo, sarei andata tutti i giorni a bussarle.

«E' alla quarta ora. Ma non possiamo uscire prima, lo farebbe recuperare. E sinceramente preferisco farlo con tutta la classe che sola; avrò più probabilità di riuscire a copiare».

Non avevo completamente dimenticato ciò che era successo alla festa, come se fosse stato marchiato con un inchiostro indelebile nelle pareti del mio cervello. Non sarebbe andato più via.

«Mi sa proprio che faremo uso dell'arte del copiare.».

Agguanti il quaderno delle regole, avrei avuto tre ore per ripassare qualcosa. Non sarei mai stata in grado di recuperare oralmente il mio voto scritto.

«Aspetta un attimo.». Kelly mi bloccò. «Perché indossi una giacca di pelle maschile?».

"Si infatti. Perché indossi la giacca di Logan?"

«E' di mio cugino.». Sperai che se la bevesse.

«Però, si mantiene bene. Cos'è Dolce e Gabbana?». Si avvicinò per esaminare meglio la giacca.

«Già. I miei zii lo viziano abbastanza. Andiamo in classe?». Perché nessuno si faceva gli affari propri?

"Non hai ancora risposto alla mia domanda!"

Forse, se non le rispondo, non s'intrometterà più.

"Ricordati che sono parte di te. Non potrai liberarti di me."

Ignora. Ignora.

«Jennifer mi stai ascoltando?». Kelly mi sventolò una mano davanti per risvegliarmi dal mio monologo.

«Mi ascolti quando parlo?». Sembrò offendersi.

«Mi dispiace. Oggi non ci sono con la testa.». Ero frastornata e confusa. La festa, la ragazza uccisa, il comportamento di Logan. Merda, Logan! Come si sarebbe comportato oggi?

«Lo vedo, che sei assente. ». Mi fissò attentamente con i suoi occhi scuri, socchiudendoli leggermente per studiarmi meglio.

«Possiamo andare in classe?». Le chiesi insistentemente.

«Sì. Comunque stavo pensando. Se ci sedessimo accanto a Samantha? L'anno scorso ha preso i voti più alti.».

«Approvo pienamente. Senti, hai visto Taylor in giro? Devo parlargli prima di entrare in classe.».

«Mi sembra di averla vista vicino alla mensa.».

Per non perdere altro tempo, cominciai a correre per raggiungerla il prima possibile. Non mi ero mai accorta di quante aule ci fossero. Leggendo i volantini dei corsi, avevo pensato di iscrivermi a cinematografia. Due volte alla settimana, ci saremmo riuniti per vedere un film insieme e commentarlo. Niente di più bello. E non lo dico perché è un corso leggero, bensì perché sin da piccola sono sempre stata un'appassionata di film o telefilm. Tutto il lavoro che c'è dietro, la realizzazione, mi ha sempre emozionata e affascinata. Una di quelle cose che ti crea scintille dentro. Intravidi due ragazze nuove, spaesate, esattamente come lo ero io il primo giorno di scuola. Mi sarei anche fermata per aiutarle, non è bello essere soli in un posto nuovo senza alcun amico, se solo non avessi dovuto dire una cosa importante a Taylor.

«Dobbiamo parlare.». La vidi, intenta a mangiarsi con gli occhi i muffin che avevano appena preparato alla mensa.

«Di cosa? Quei muffin mi stanno chiamando. Non li senti anche tu?». Si avvicinò al bancone lentamente così come farebbe un predatore al momento della cattura della sua preda.

«E' importante.».

«Prendo il muffin e poi possiamo parlare. Può darmene uno?». Disse indicandolo. Non appena lo ebbe in mano, la ringrazio.«Mettiamoci in un angolo, così possiamo stare tranquilli.»

Ci sedemmo negli ultimi tavoli in un posto riservato. «Non so come comportarmi con Logan.». Era molto meglio andare dritto al punto anziché girarci intorno.

«Per il fatto della giacca? Guarda che l'ho capito che è sua.». Mi rivelò ridendo.

Sbarrai gli occhi nell'udire le sue parole. «Scusa, è perché ieri non hai detto niente? ».

«Come potevo dirlo se c'era anche lui? Te l'avrei detto oggi.».

«Per favore prima mastica e poi rispondimi.». Risi nel vederla abbuffarsi come se non mangiasse da giorni.

«Scusa. Sinceramente non so che dirti. E' strano, questo si deve dire. Ma stiamo parlando di Logan. Potrebbe anche essere una sua tattica per farti cadere a suoi piedi. L'ha già fatto con altre ragazze. Nel caso te lo stessi chiedendo. Sì, ne è capace.».

«Tu credi? Forse è meglio che gli restituisco la giacca. Ieri sembrava così diverso.». Perché era così complicato?

«Non fare l'errore che fanno tutti. Ti prego. Non devi pensarci più, anzi è meglio che ti allontani completamente non appena vedi che si avvicina. Vedi che io lo dico per te, non voglio vederti piangere.».

«Hai ragione. Vieni con me? Gliela restituisco adesso.». Mi alzai di scatto e costrinsi anche Taylor ad alzarci. Buttò la carta del muffin e insieme ci dirigemmo verso la sua classe.

«Dagli la giacca e ce ne andiamo. Non merita nessuna spiegazione.». Sembrava che Logan avesse fatto qualcosa di veramente brutto a Taylor. Era l'unico modo per spiegare questa crudeltà nei suoi confronti. Era insieme a un gruppetto di amici, tra cui Dylan, che si passavano la palla l'un l'altro nel frattempo che aspettavano il professore.

«Logan.». Lo chiamai in lontananza. Preferivo parlargli in privato, che davanti a tutti i suoi amici. Sorpreso, si girò nel sentire il suo nome. Non appena mi vide, mi guardò per pochi secondi prima di avvicinarsi.

«Che succede?». Diede la palla a uno dei suoi amici, e insieme ci appoggiamo a un armadietto.

Come poteva essere un piano per farmi cadere ai suoi piedi? Se così fosse, era davvero bravo a recitare. Avrebbe potuto fare l'attore!

"E se invece Taylor si sbagliasse? Ci hai pensato a questo?"

E chi me lo garantirebbe?

"E chi ti dice che è tutto un piano?"

«Sai cosa è successo alla festa, dopo che ce ne siamo andati?».

"Tra tutte le domande che avresti potuto fargli, gli chiedi proprio questo?!"

«Sinceramente non lo so. E forse è meglio non saperlo. Non ditelo a nessuno. Meno persone lo sanno, meglio è.».

«E se qualcuno dovesse fare i nostri nomi alla polizia?».

«Faranno il mio allora. Neanche vi conoscevano.».

«Dovresti essere spaventato.».

«In realtà, mi sto chiedendo se hai ancora freddo, dal momento che non hai tolto la mia giacca.». Mi guardò sorridendo, ma non ci vidi alcuna malizia nascosta. Sembrava un sorriso sincero, genuino.

«In realtà ero venuta per restituirtelo.»

«Tienilo.»

«Logan, dobbiamo entrare.». Uno dei suoi amici lo avvertì e lo trascinò dal braccio.

Mi morsi il labbro per non essere riuscita a tirargli fuori altre parole. Avevo solo bisogno di sicurezze. Di dimostrazioni.

«Che è successo?». Non appena se ne andò, Taylor si avvicinò, facendomi trasalire dallo spavento.

«Nulla. Andiamo in classe.».

Anche quando mi sedetti al mio posto, non tolsi il giubbotto. Qualcosa mi spingeva a non farlo. Ma allo stesso tempo, qualcosa mi incollava al pavimento, mi impediva di perdere il mio lato razionale. Una parte di me voleva credere che forse non era poi così egocentrico. L'altra parte invece mi aiutava a non perdere il controllo, a non farmi coinvolgere troppo. Ognuno di noi è costituito da due parti: la prima piena di gentilezza, amore; quella parte che ti permette di restare aggrappata alla speranza, che ti fa credere che ognuno merita amore; l'altra parte invece ti fa dubitare di ogni cosa, è il lato razionale, quel lato che ha bisogno di una logica spiegazione su tutto. Entrambe le parti cercavano di prevalere, ed ebbi paura nel pensare a quale delle due avrebbe vinto e sopraffatto l'altra.

   
 
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