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Autore: JennaHerondale    05/11/2016    0 recensioni
Le istruzioni erano semplici: sedurre e distruggere Harry Styles. Non hanno mai pensato alla possibilità che Louis potesse innamorarsi davvero. Quindi, naturalmente, è esattamente quello che ha fatto.
________
“Sai qualcosa su di lui?” chiede Louis dopo un attimo.
[…]
“È un bravo ragazzo, il nostro Harry Styles. Reputazione pulita. Non vuole frequentare nessuno – è concentrato sui suoi studi e basta.”
Oh, oh, oh. La situazione si fa molto, molto,
molto più interessante.
“Questo è il motivo per cui è migliore di te,” Louis sorride, e il ghigno scivola via dal viso di Liam.
“Rovinalo, Louis,” dice Liam dopo un attimo, e tutta la delicatezza è evaporata dalla stanza. “Distruggilo in qualsiasi modo tu voglia. Ti sto dando carta bianca.”
“Perché?”
“Perché non mi hai mai deluso.”

________
[Louis/Harry] [Zayn/Niall] [201k] [LeRelazioniPericolose!AU] [HighSchool!AU]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XVII

Made to Love---John Legend;
Nights in White Satin---The Moody Blues

 
La prossima settimana saremo in Aprile. Mancano solo tre settimane all’annuncio di Brenton.
Louis fissa il messaggio, gli occhi inespressivi mentre i raggi del sole esitano sullo schermo del telefono.
Sono solo parole. Può cancellarle. Può bloccare il telefono e silenziarlo e può distogliere lo sguardo tutte le volte che vuole.
Perché sono solo parole.
Ma comunque le fissa, il suo corpo immobile e stanco e veramente freddo nonostante il bel tempo, mentre sta sdraiato sul divano di Stan. O è da Anthony? No… no, è da Stan.
A volte è difficile ricordarsi a casa di chi si trovi. Cose del genere diventano un po’ complicate quando tutto quello che fai è essere ospitato perché sei un casino nomade e incostante. E diventa molto, molto stancante dopo un po’…
Un altro messaggio in arrivo.
Dice ‘Chiamami stasera’.
Si acciglia, gli occhi che guizzano sulle parole più e più volte. È stufo di chiamare Liam.
Negli ultimi mesi, Louis ha adottato un nuovo approccio: comunica periodicamente con lui pur mantenendolo costantemente a debita distanza. Questo comporta chiamate sporadiche nel cuore della notte durante la settimana, solitamente quando Louis sta tornando da casa di Harry, il vento che sussurra contro la sua pelle secca, il colletto tirato su. Si tratta principalmente di “Ti spiego dopo, Liam. Ma è tutto a posto” ed è accompagnato da una piacevole e ricolma porzione di senso di colpa e panico insieme, perché ha ancora addosso il profumo di Harry e la sua immagine sul retro delle palpebre.
Lascia poco margine al sonno, non lascia spazio ai sorrisi sinceri, e spiana la strada per un sacco di ansia, un crudo tormento che in questi giorni sembra essere sempre presente nello stomaco di Louis. Quando fissa i libri senza vederli. Quando guarda fuori dalle finestre con occhi spenti. O, più frequentemente, quando conta i secondi nella sua testa come una condanna a morte mentre riempie i boccali di birra, apparentemente senza un motivo valido.
Ma. Ma non sa cos’altro fare. E sa che non gli resta molto tempo, vedete. Lo sa. Ne è consapevole. È solo che… è solo che non ha il coraggio di fare niente.
Sa che deve dirlo ad Harry. Ci ha anche provato. Non funziona mai, però. Se sia per colpa sua o di Harry, non lo sa… Ma non funziona mai.
E quindi adesso, mentre fissa le parole di Liam, tutto quel che sente è solo un po’ più di ansia, e tanta realtà.
È un modo di merda per iniziare la giornata, davvero.
Quindi Louis si limita a bloccare lo schermo mentre fa scivolare una mano fredda sugli occhi, ficcando il cellulare dove non può vederlo.
“Sei sveglio, amico?” lo chiama Stan dalla cucina. La voce suona molto alta nelle prime luci del mattino, quando tutto è immobile e inondato di giallo.
“Sì,” risponde Louis mentre qualcosa, da qualche parte, scrocchia nel suo corpo quando si stiracchia.
“Figo. Ricordati di chiudere a chiave la porta quando esci, okay?” Stan appare all’improvviso, la giacca chiusa, mentre si avvia verso l’uscita. Lancia uno sguardo a Louis, un sorriso amichevole sul viso che Louis ricambia mentre sfrega via il sonno dai suoi occhi. E poi Stan posa la mano sulla maniglia, pronto ad uscire.
“Oi, aspetta,” lo chiama Louis alzando una mano, mentre si alza dal divano, sbadigliando mentre cerca il suo portafogli nella tasca posteriore dei suoi nuovi jeans. (Ahah, sì, vi rendete conto? Nuovi jeans. Harry l’ha letteralmente costretto a comprarli, insistendo che gli altri puzzassero di cane bagnato. Non aveva torto.) Si trascina verso Stan, tirando fuori un paio di banconote e posandole sul suo palmo ignaro.
Per qualche secondo, Stan rimane a fissarle, preso completamente alla sprovvista.
Quindi Louis scrolla le spalle con nonchalance, rimettendo in tasca il portafogli mentre si volta e si muove verso le sue scarpe. “Quelli sono per aver ospitato il mio culo per tutto questo tempo,” mormora un po’ in imbarazzo. Non è mai stato bravo a… ringraziare, o quel che è. Tipo, ringraziare a voce. “Io, uh, ti ringrazio per avermi lasciato dormire qui.”
“Sì, amico, nessun problema,” dice Stan lentamente, quasi sospettoso. Fa una pausa. “Ma Louis, davvero, non è necessario…”
“Sì, lo è,” insiste Louis, fissandolo abbastanza a lungo per zittirlo. “È più che necessario. E, uh. Be’, se non è un problema, stavo pensando…” si muove appena per la stanza, temporeggiando perché non è bravo a chiedere le cose. La sua nuca prude e le mutande cominciano a stargli strette. I suoi piedi sono freddi. La moquette sotto di lui ha una chiazza arancione sopra.
Stan attende, impaziente, le sopracciglia ancora perse tra i suoi capelli, i soldi ancora accartocciati sulla sua mano.
Louis si schiarisce la gola, assumendo una postura decisa. Sputa il rospo e basta, Tommo. “Mi chiedevo, se, magari, questo potrebbe diventare un po’ più regolare. Il dormire qui ogni notte, ecco. Se per te va bene. Inizierò a pagare metà dell’affitto, ovviamente…”
“Metà dell’affitto? Porca troia, Lou, non è…”
“Pagherò metà dell’affitto,” continua Louis, più deciso, “e ti darò una mano con… lo sai. Quelle robe di casa. O quel che è. se vuoi. Decidi tu.”
Cristo, fa schifo con le parole. Forse ha davvero bisogno di tornare a scuola, dopotutto…
Passano alcuni secondi di silenzio, trasportati dalla brezza all’esterno che scuote leggermente le finestre. Produce un suono che Harry probabilmente insisterebbe a chiamare “il vento che fa le fusa” o qualche cazzata simile. Dice sempre cose come quella, dice tutte quelle piccole cose preziose. Louis le scrive tutte nel suo diario perché lo divertono un sacco. Il che è alquanto buffo, considerando il fatto che Harry gliel’ha regalato affinché Louis potesse scrivere i suoi pensieri; e lo fa, non fraintendetelo – ma Harry ne occupa gran parte al momento. Quindi il suo diario è tanto suo quanto di Harry e pensa che probabilmente questo significhi tanto, significhi tutto, ed è qualcosa che stranamente non gli dispiace.
Alla fine, Stan parla.
“Va bene, amico. Va bene. Sarebbe figo, sì,” annuisce, ancora palesemente scioccato, i suoi occhi più grandi di quanto Louis sia abituato a vedere. Gli fa sbuffare una risata il che, a sua volta, fa ridere anche Stan. “Va bene,” dice di nuovo, questa volta un po’ meno sconcertato. “Sembra divertente, Louis. Apprezzo l’aiuto, amico. Puoi rimanere per tutto il tempo che vuoi. Posso sgombrare la stanzetta che uso come armadio…”
“Nah, il divano andrà bene,” gli assicura Louis, mostrandogli il pollice in su mentre si infila le scarpe. “Sul serio. Mi basta un divano. Dormo meglio lì dopo tutti questi anni, in ogni caso.”
Ma Stan lo sta guardando con aria incerta. “Sei sicuro?”
“Assolutamente.” Fa una pausa. “Ma ti ringrazio.”
Stan sbuffa un’altra risata mentre si volta verso la porta. “Figurati.” Scuote la testa, aprendola. “Sei diventato davvero un piccolo e nobile gentiluomo ultimamente, eh? Dev’essere la vita coniugale. Ti ha sistemato.”
Vita coniugale, Cristo.
Ma Louis riesce con successo a buttare giù i suoi accenni di imbarazzo, adottando invece un sorriso sereno accompagnato da un cenno della testa. “Sono solo un noioso anziano adesso,” sogghigna, proprio mentre Stan esce di casa.
Riceve una risata allegra in risposta prima che la porta si chiuda.
 
**
 
È tutto un casino, al momento.
Consiste tutto esclusivamente in Louis che sta lentamente andando in frantumi. In Zayn e Niall che sono esattamente gli stessi, tutto serenità e profezie e luce-e-buio. In Harry che va a scuola e studia e farnetica sulle sue passioni mentre Louis lavora al pub, si riempie di mance e si fa il culo perché lo fa sentire bene. Negli orologi che ticchettano in ogni cazzo di stanza in cui entra. Nel sole che è sempre alto nel cielo, solitamente quando Louis è a casa degli Styles, calzini puliti ai suoi piedi. In Harry che è… tutto. La parte essenziale di Louis, almeno. E il tempo sta scadendo.
C’è tensione dell’aria. Ci sono le sabbie mobili da qualche parte. C’è Louis nel mezzo, che finge silenziosamente di stare davvero bene quando non è davvero così. Ci sono notti insonni e ansiose torsioni delle mani e unghie smangiucchiate e piedi che battono a terra e ginocchia che si scontrano e occhi che guardano il cielo per innumerevoli ore. C’è una voce stanca e tranquilla, una risata triste, uno sguardo latente ogni volta che Harry non sta guardando. Ci sono mani disperate e baci senza intenzioni e abbracci iniziati solo perché Louis ha bisogno che le sue ossa siano plasmate a quelle di Harry, ha bisogno di memorizzare completamente il suo corpo e come i suoi angoli si incastrino nei propri.
Perché ha paura che tutto stia giungendo a una fine. E vuole aggrapparsi a tutto ciò che può.
“Cosa hai intenzione di fare dopo il diploma, Zayn?” Harry gli chiede un giorno al negozio, tutto innocenza e curiosità mentre se ne sta lì nella sua maglietta gialla sbiadita e nei suoi skinny jeans. Tiene in mano un album dei Turtles perché Louis ha detto che li ama e vuole sentirli.
La domanda, comunque, strattona i nervi di Louis. Si raddrizza impercettibilmente, le orecchie dritte mentre finge di esaminare dei dischi hair metal degli anni ottanta.
“Io e Niall vogliamo viaggiare per il mondo,” mormora Zayn, giocando con le spille sopra il bancone. Le sta disponendo nel segno della pace.
Accanto a lui, Niall annuisce vivacemente nel suo maglione bianco e pulito. “Assolutamente. Abbiamo intenzione di viaggiare per almeno un anno. Forse sistemarci da qualche parte lungo il tragitto e costruire un impero.”
“Già,” concorda Zayn, serio. “Credo che lo faremo. Potremmo sposarci. Ma non so ancora se mi piaccia la prassi.”
L’ha detto con tale naturalezza.
“Potremmo organizzare noi il nostro matrimonio,” suggerisce Niall con un’alzata di spalle, sedendosi sul bancone e facendo dondolare le gambe. Picchietta le spille con le dita mentre guarda Zayn. “Per conto nostro, tipo. Al diavolo le tradizioni.”
Ovviamente, gli occhi di Zayn si illuminano come stelle a quelle parole, fissando Niall come se fosse la più grande montagna d’oro del mondo. Il che potrebbe essere, a dirla tutta. “Niall. Sì, amico. Sì, facciamolo,” sussurra in estasi.
Si scambiano sorrisi e il gesto porta Harry a nascondere il sorriso sul petto prima di lanciare un’occhiata a Louis.
 Louis ricambia il sorriso, sentendosi ancora leggermente a disagio riguardo l’argomento in questione. Sta sperando che lo chiudano lì, che la conversazione sia chiusa lì, ma poi Niall continua, cazzo, e chiede, “Tu cosa farai, Harry? Andrai a Brenton, no? Se non prendono Liam?”
E, merda. Se il mondo intero non sta collassando per quella manciata di parole, allora Louis non sa cosa voglia dire collassare.
Ma Harry si limita a mormorare e fare spallucce, la risposta vaga mentre sistema il disco sul piatto. “Non lo so. Ora vedo le cose in maniera diversa rispetto a prima…” Lancia nuovamente un’occhiata a Louis, dolce. “Ma sì. Staremo a vedere, suppongo,” è quel che dice, abbinato a un sorriso che lampeggia sul suo viso, e Louis sente il suo battito nella sua maledetta gola mentre agisce con disinvoltura, finge indifferenza, le orecchie che fischiano.
Lasciano poi cadere l’argomento, passando oltre con naturalezza, e Louis può respirare di nuovo.
Ma. Non è mai completamente chiuso, vero? L’argomento? Non se ne va mai del tutto. È sempre lì, in silenzio. In attesa di essere colpito, di essere innescato.
3 settimane’ riceve di nuovo via messaggio un paio di notti più tardi mentre sta guardando qualche schifoso film su Jane Austen con Harry appiccicato al suo fianco, mormorando le battute sottovoce perché è Harry ed è sentimentale e dolce.
Il messaggio fa inspirare Louis bruscamente, spegnendo immediatamente lo schermo del telefono mentre un blocco di cemento cade nel suo stomaco.
Harry si volta verso di lui, le sopracciglia inarcate. “Tutto bene?” domanda, gentile, curioso.
Louis deve fissare la tivù per un secondo in più, giusto il tempo di deglutire e placare il suo battito. Abbastanza perché Harry passi gentilmente le dita lungo la sua mascella.
“Sì, certo,” sorride mentre si volta verso di lui.
E se Harry vede qualcosa che non va nei suoi occhi, non dice nulla, limitandosi invece a baciarlo.
“Lo sai,” sussurra un paio di minuti dopo, la fronte premuta contro il collo di Louis. Il battito di Louis è ancora un po’ sfasato. “Mamma e Gem non ci sono questo weekend. Vanno a trovare mia nonna.”
Louis annuisce, gli occhi ancora sulla tivù. “Tu perché non vai, cucciolo?”
Sente Harry alzare le spalle. “Ho chiesto se potevo rimanere a casa.”
Accigliandosi, Louis gli lancia un’occhiata dall’alto. “Perché? Tua nonna è cattiva, o…?”
Harry ridacchia, scuotendo la testa nel sollevarla, incontrando gli occhi di Louis con i suoi, caldi e velati. “No, per niente. È una nonna adorabile. La nonna migliore che un giovane fiorellino con me possa desiderare.” Sorride, sghembo.
“Giovane fiorellino?” ripete Louis in tono impassibile e Harry ride, forte e luminoso. Una minuscola esplosione nella stanza buia. Louis sorride da un orecchio all’altro, tirandoselo ancor più vicino.
“Sì, sono un giovane fiorellino,” soffia Harry, la sua risata che ancora colora le parole. Ma si tranquillizza un po’, il viso che si calma mentre torna nuovamente a guardare Louis. Gli occhi fissi negli occhi. “Ma, uhm. Sì. Ho chiesto di stare a casa. Perché, uhm. Be’. Ho pensato che magari…” Fa spallucce, imbarazzato, senza battere ciglio. “Magari potresti… rimanere qui? Saremmo… solo noi.”
Le parole sono silenziose, davvero silenziose, e sono le più forti che Louis abbia mai sentito.
Il suo cuore batte una, due, tre volte come un fottuto tamburo.
“Solo noi?” domanda, la voce troppo acuta. Si schiarisce la gola.
Harry annuisce lentamente, gli occhi che non sbattono mai. Un grande vecchio gufo. “Sì,” bisbiglia. “Da soli.”
Sesso.
È letteralmente tutto ciò a cui Louis riesce a pensare in questo momento. Sesso. Harry gli sta chiedendo di rimanere per il weekend, in questa casa, da solo con lui, così possono fare sesso. Per la prima volta. Sesso. Sesso con Harry.
Porca puttana. Questo è…
È terrificante. E, sicuro, Louis è lungi dall’essere qualsiasi tipo di verginello, ma… Merda. Non ha mai, tipo, fatto sesso con qualcuno a cui tiene, prima d’ora. Non ha mai… guardato negli occhi di qualcuno o quelle stronzate lì. Non ha mai… Non è mai stato importante. Quello che facevano, come lo facevano, come Louis lo faceva… Non è mai stato importante.
Sarà importante con Harry.
E porca puttana, è terrorizzato. Elettrizzato, eccitato, addirittura grato. E assolutamente terrorizzato.
“Sì,” annuisce ancor prima di riuscire a ricomporsi. “Sì, assolutamente.” Suona come se ci fosse un gabbiano nella sua gola.
Ma Harry non deve averlo notato perché sta annuendo a sua volta, un debole rossore sulle sue guance, e il sorriso catturato tra i denti. “Bene,” sorride lentamente, le parole intrappolate tra loro. Il film è debole e molto lontano, la stanza è essenzialmente un abisso. “Sono felice.”
“Sì,” mormora Louis, annuendo ancora. “Anche io.”
E poi Harry arrossisce ancora di più prima di lasciare un timido bacio a stampo sulle labbra di Louis e sistemare nuovamente la testa sulla sua spalla.
E Louis Tomlinson è terrorizzato da morire.
 
**
 
“Sono terrorizzato,” dice a Zayn mentre beve un altro sorso della sua birra.
È mezzogiorno e il cielo sembra troppo luminoso, il vento troppo forte, quindi si sono ritirati in un pub poco illuminato dall’altra parte della città. Harry sta facendo qualche progetto musicale con alcuni ragazzi del coro. Era un po’ riluttante ad andare (“Perché non vuoi venire con noi?” aveva chiesto a Louis, imbronciandosi. “Be’, per iniziare, io non canto, Harry.” “Ma dovresti! La tua voce è meravigliosa.”) ma Louis aveva insistito, promettendogli che avrebbero avuto tutto il tempo del mondo durante il weekend e questo li aveva zittiti entrambi, sul serio. Perché Harry aveva sorriso e si era colorato di un’incantevole sfumatura di vermiglio mentre Louis si era ritrovato a ospitare un calamaro davvero gigante nel suo stomaco. Si era allontanato un po’ tremante, sentendo gli occhi di Harry su di lui per tutto il tempo, e anche ora, due ore dopo, si sente ancora come se fosse composto di tentacoli e membra viscide.
In un certo senso è regredito, ed è umiliante e molto stressante. Tutto a causa del sesso, tra tutte le cose.
“Non esserlo,” lo rassicura Zayn, piegando il suo tovagliolo in un piccolo triangolo. Si è già bevuto tre pinte. Non è uno che beve a sorsi – gli piace trangugiare, i suoi occhi che sfrecciano nei dintorni con leggera paranoia. Sempre in allerta. Eppure mai in allerta. Quello è Zayn in sintesi. “È naturale voler fare l’amore con la tua anima gemella.”
Louis appoggia il suo bicchiere con un tonfo, causando un po’ di sciabordio dai lati. Prova a non lanciargli un’occhiataccia. “Devi sempre parlare come una canzone dei Moody Blues?”
Zayn scrolla le spalle, indisturbato. “Le parole sono parole.”
Mh. Profondo.
“Be’, ad ogni modo,” continua Louis, curvando appena le spalle. “Sono… sono comunque terrorizzato.”
“Perché?”
“Cosa vuol dire ‘perché’? Questo weekend è il… Harry mi ha invitato a… Probabilmente faremo… lo sai…” Sarebbe splendido se la pelle di Louis non fosse al momento rossa. Sarebbe splendido. Ma il suo corpo negli ultimi mesi è stato proprio un piccolo traditore.
Sorridendo, Zayn lo guarda da dietro il boccale che sta stringendo tra le sue dita, osservandolo attraverso il vetro appannato e catturando i prismi con i suoi occhi. “Non hai mai avuto problemi a dirlo prima d’ora,” riflette.
Louis arrossisce. “Be’, questo è perché non l’ho mai fatto con Harry prima d’ora,” sibila in difesa e questo fa brillare gli occhi di Zayn come perle nere, tutto intenerito e solidale.
“Non essere nervoso,” dice dopo un attimo prima di tornare a ispezionare il suo bicchiere con riverenza.
“Perché?” grugnisce Louis, un occhio ancora su Zayn. A questo punto, non riesce davvero a seguire i suoi saggi consigli dato che il suo punto di vista esiste da qualche parte lontano dai confini dell’universo. Dice cose come “fare l’amore”, per l’amor del cielo.
“Perché,” continua Zayn, le parole che si riversano dalle sue morbide labbra. Gli occhi sono ancora persi nel boccale. “Lui ti ama. Tu ami lui. È naturale e i vostri corpi diventeranno uno solo, amico. Il sesso è come un altro piano dell’esistenza. È raggiungere un altro livello dentro di te, è vivere davvero nel presente.”
Come ha detto – Zayn esiste da qualche parte lontano dall’universo.
Louis si limita a fissarlo. “Ho fatto un bel po’ di sesso nella mia vita, Zayn, grazie,” borbotta sarcasticamente. “Eppure non penso di aver ancora raggiunto nessun nuovo piano dell’esistenza finora. Sai com’è.”
Ma Zayn respinge la frase con un movimento della mano. “Quello non era sesso. Quello era solo… usare qualcuno per masturbarti.”
Louis ride, sorpreso.
“Il sesso è più, tipo, un’unione,” continua Zayn, lo sguardo che vaga lontano. “Di anime.” Annuisce a se stesso, apparentemente soddisfatto del suo discorso.
Il che non riesce assolutamente a placare il terrore cieco nello stomaco di Louis.
“Giusto. Grazie, amico,” soffia comunque, tamburellando le dita sul tavolo e alzando gli occhi al soffitto in una preghiera silenziosa. Una preghiera a se stesso.
Datti una cazzo di calmata, Tommo.
“Figurati,” risponde Zayn con saggezza, posando finalmente il bicchiere. Muove le mani per appoggiarle sul tavolo, fissandole, segnalando così la fine della conversazione, di ogni conversazione.
“Già. Be’, andiamo, Fratello Carissimo?” domanda Louis, scorrendo già fuori dal tavolo, i nervi che ancora tintinnano dentro di sé. Li ignora, comunque. perché ovviamente non smetteranno, quindi… Quindi ’sti cazzi.
Zayn mormora il suo assenso, seguendolo con tre secondi di ritardo, com’è consuetudine.
Escono nella strada calda e soleggiata, il vento che frusta allegramente i loro capelli, Zayn che biascica qualcosa su Niall. E Louis finge di ascoltare, prova ad ascoltare, davvero.
Il problema è che è troppo impegnato a essere fottutamente terrorizzato.
 
**
 
Toc, toc.
Louis abbassa la mano, le nocche che formicolano. Il suono sembra più forte oggi, sembra in qualche modo brutale nella quiete della giornata.
Deglutisce, spostando il peso da un piede all’altro. La borsa che ha preso in prestito da Stan sta scavando la sua spalla – è appesantita da un paio di jeans extra, un’altra maglietta, alcuni boxer, del tè. Giusto le solite cose. Se ci sono altri, uh, rifornimenti, allora… be’, ha portato anche quelli.
Louis deglutisce, rabbrividendo per una folata di vento.
Sta per bussare di nuovo quando improvvisamente la porta si spalanca. Dall’altro lato c’è un Harry Styles dai capelli arruffati e un sorriso enorme sul viso. Il suo cardigan è verde pisello e sgualcito, poggiato sulle sue spalle larghe e appare peloso e di lana e bellissimo e Louis lo fissa, fissa il dannato cardigan invece del viso di Harry, perché è improvvisamente colpito da un’ondata di timidezza.
Sembra tutto così… grande. Un sacco.
“Sei qui!” trilla Harry, il sorriso a riempirgli le guance, ed è rosso e luminoso ed eccitato. È giovane, è bellissimo.
Ci siamo. Questo è il loro weekend. Ci siamo. Tutto ciò… tutto ciò che ha costruito… questo è ciò in cui culmina. Innamorarsi e…
E Liam voleva che Louis andasse a letto con Harry. Questo era uno dei suoi obiettivi. Era parte dell’accordo.
Il pensiero è brusco e spaventoso.
È così inaspettato che coglie Louis di sorpresa, colpendo i suoi polmoni. Merda.
Liam. L’accordo. Harry. Liam…
Ma Harry sta ancora inconsapevolmente sorridendo e improvvisamente tutto sembra meno amaro.
Deglutendo, Louis raduna tutta la forza che ha per sorridere. “Sono qui,” ripete a pappagallo, stringendo la cinghia della sua borsa, e Harry ride, senza un motivo particolare, mentre continua a fissarlo.
Passano un paio di secondi, il sole che risplende. E poi Harry si riprende di scatto, sbattendo le palpebre più volte mentre indietreggia appena.
“Scusa,” biascica, arrossendo, facendo cenno a Louis di entrare. “Ho solo un po’, uhm. La testa da un’altra parte, credo?” Ride non appena Louis attraversa la soglia, chiudendo la porta dietro di sé.
“Allora,” dice Louis, una volta all’interno, dove c’è silenzio. Molto silenzio. Appoggia la borsa per terra con un tonfo, togliendosi le scarpe. Sorride a Harry e ignora lo strisciare della sua coscienza. “Che facciamo?”
Harry sorride immediatamente. “Be’. Hai fame?”
Louis sbuffa. “Io ho sempre fame, cucciolo.”
“Oh, bene!” Harry batte le mani (batte veramente le mani) prima di trovare le mani di Louis, trascinandolo immediatamente verso la cucina. I loro piedi scivolano sul pavimento e i loro sorrisi crescono ad ogni passo, le dita intrecciate insieme. “Perché ho preparato la cena. Come si deve,” aggiunge, fiero, facendo ridere Louis. “E ci sono le candele e tutto il resto.”
“Candele?” domanda Louis, il cuore che si stringe. “Che cosa potrei mai aver fatto per meritare delle candele?”
A quel punto si fermano, Harry che si arresta di colpo, facendo saltare Louis. Senza una parola, lo attira a sé, avvolgendogli le lunghe braccia attorno al collo in un modo che sente più familiare contro la sua pelle rispetto a un qualsiasi indumento. Profuma di cucina – profuma di spezie e burro e calore. Sorride dolcemente a Louis, sfiorando il suo naso col proprio, un gesto che Louis desidera non aver trovato così adorabile.
“Tu sei tu,” biascica Harry, premendo rapidi baci sulla bocca di Louis. “E per questo ti meriti un intero mondo di candele.” Louis si sente sorridere, il petto caldo. “Ma. Ahimè. Purtroppo ne ho solo due e una cena per iniziare. Quindi spero che ti piaccia.”
“Ovvio che mi piacerà,” bisbiglia Louis immediatamente, le mani premute sulla schiena di Harry, ed è perso, non è vero? È perso, perso, perso. “Potresti infilare la tua scarpa in una friggitrice e mangerei con piacere fino all’ultimo pezzo, lo mangerei ogni giorno per sempre. Questo è il prezzo che pago per essere debole con te. Goditi il potere, ragazzino.”
Harry sorride a trentadue denti, ridendo sotto i baffi. “Non debole,” afferma. “Forte.”
Ovvio che l’avrebbe detto. Louis può solo sorridere.
“Ora vieni,” continua Harry, trascinandoselo dietro. “È ora di cena.” Sorride sghembo, i suoi ricci che tremano con i suoi movimenti, e le sue dita si aggrappano a quelle di Louis con calore e ferma intensità.
E, improvvisamente, Louis non è più così terrorizzato.
 
**
 
È stata una cena eccezionale. Il che non sorprende – Louis non ha mai avuto dubbi al riguardo.
Ma ora è fin troppo pieno e sazio e caldo, le gambe sollevate mentre si distende sul divano; Harry è sdraiato sul pavimento accanto a lui, gli occhi chiusi con un sorriso ad aleggiare sul volto. Le luci sono soffuse, le ombre sono calde, e il silenzio riecheggia piacevolmente, inframezzato dal crepitio del fuoco nel caminetto.
“Mi sento grasso,” grugnisce Louis, osservando Harry.
Le labbra di Harry si piegano ancora di più. “Bene,” mormora lentamente, il corpo pesante e assonnato. “Voglio farti ingrassare. Renderti un bellissimo marito grassottello.”
Oh Gesù.
Malgrado il torpore del suo corpo, Louis scoppia a ridere. “Bene, allora. Almeno finalmente stai rivelando le tue vere intenzioni,” lo prende in giro, cercando svogliatamente di colpirlo da dove si è accovacciato. “Cosa stai cercando di fare… farcire il maiale prima di cucinarlo? Hai dei piani, Mr. Styles?” Sogghignando, si volta sul fianco per fronteggiarlo.
Harry apre un occhio. “Ce li ho, ce li ho,” borbotta, sorridendo ancora di più. “Tutti i piani con te.”
“Mh.” Louis chiude gli occhi, lasciandosi cullare dal momento di quiete, respirando soddisfatto e tranquillo, il corpo completamente rilassato. “Bene. Organizzeremo dei bei piani.”
“Sì…”
C’è una breve pausa prima che Harry apra nuovamente un occhio.
“Potremmo, uhm… Sai, potremmo organizzare dei piani adesso…” suggerisce.
“Certo,” mormora Louis, gli occhi di nuovo chiusi. “Perché no?”
Crede di sentire Harry deglutire prima che continui. “Okay. Be’, magari… Magari la prima cosa che dovremmo programmare è, tipo… Far visita a qualcuno. Sai… Insieme? O da solo, se vuoi.”
Eh?
Inarcando le sopracciglia, Louis sorride, incapace per il momento di aprire gli occhi. “Far visita a chi? E perché dovrei voler andare da solo? Non mi piacciono le persone, Harry, ho bisogno di te per intrattenerle.”
Passa un secondo di silenzio.
“Be’, tipo. Magari potremmo far visita… alla tua famiglia.”
Gli occhi di Louis si spalancano all’istante.
“È che, tipo, pensaci, okay?” si affretta a dire Harry, tirandosi a sedere e sollevando le mani per tranquillizzarlo, il suo viso scolpito con cauta apprensione. “Prova solo a considerarlo. Perché lo so che ti preoccupa ed è, tipo, una di quelle cose nella tua stanza metaforica, ricordi? Quella che è tutta buia e piena di tutte le opportunità che non riesci a vedere? In effetti, penso che potrebbe essere l’interruttore, Louis. Penso che sia quel di cui hai bisogno per voltare pagina e–”
“Harry,” lo interrompe con decisione, ma Harry continua a parlare.
“Lo so che ti fa paura e lo so che non capisco ma so anche che devi almeno provarci, Louis, perché non ti perdonerai mai se–”
“Harry,” ripete con più fermezza e, fortunatamente, questo chiude la bocca di Harry. Sospira, sedendosi a sua volta. “Senti, ho capito cosa stai dicendo, okay? E lo apprezzo. Ma non ho intenzione di discutere di questa cosa con te.”
“Oh.” L’espressione di Harry si sgretola.
“Non… non perché sei tu, o qualcosa di simile. È solo che… è solo che non voglio parlarne. Non questo weekend. Okay? Non voglio…” Sospira di nuovo. “È solo che è davvero complicato e non voglio parlarne.”
Alle parole segue un silenzio pesante, abbastanza per Louis per sentire un senso di colpa fastidioso nel suo stomaco. Ma, il fatto è che non ha intenzione di discuterne. Non ne ha assolutamente intenzione.
Tuttavia, lancia un’occhiata a Harry. Il ragazzo è triste, i suoi occhi sono rivolti verso il basso sulla moquette, le mani flosce sul suo grembo. Le sue gambe sono allungate di fronte a lui e sembra il ritratto di un bimbo sconsolato. Louis vuole arrampicarsi sulle sue ginocchia.
Quindi lo fa.
“Ehiii,” strascica, in una pessima imitazione della voce di Harry mentre cade goffamente di peso sul pavimento e comincia a gattonare. Straordinariamente, il gesto fa fremere le labbra di Harry e permette a Louis di sistemarsi sopra di lui, facendosi piccolo e carino così da accomodarsi meglio. Solitamente a Louis non piace essere piccolo. Ma non gli importa con Harry. “Non sto cercando di fare lo stronzo. Scusa se sono uno stronzo. Ma mi piaci veramente tanto. Quindi ti chiedo scusa. Apprezzo che ti preoccupi abbastanza per me da pensare a queste cose, figurarsi parlarmene. Scusami.”
Ma Harry sta già scuotendo la testa, le mani sistemate sui fianchi di Louis. “No, scusami tu,” biascica, chinando la testa. “Devo smetterla di impicciarmi.”
“Non ti stai impicciando,” puntualizza Louis. “Per niente.”
Harry scrolla le spalle. “Qualsiasi cosa io stia facendo, allora. Scusami. Devo rispettare il fatto che tu abbia dei limiti e… cose così.” Si acciglia. “A volte mi faccio coinvolgere troppo. A volte esagero.”
“No, no, no,” lo zittisce Louis, avvolgendo le braccia attorno al collo di Harry così intensamente da schiacciarlo contro il suo petto. Harry soffia un sorpreso “oof!” ma Louis lo ignora, trattenendo una risata mentre lo blocca nel suo abbraccio, facendoli dondolare per quanto riesce in questa posizione. “Mi piaci esattamente come sei. Non sei per niente esagerato, sciocchino. Sciocco cucciolino.”
“Io sono il tuo cucciolo e tu sei il mio musling,” dice la voce ovattata di Harry da qualche parte lì sotto.
Louis alza gli occhi al cielo. “Mi piaci, ma. Fottiti.”
Harry ridacchia sotto i baffi.
Rimangono così per un po’, attorcigliati e in silenzio, le pance ancora piene, prima che Harry alla fine si scosti appena, gli occhi assonnati che incontrano quelli di Louis.
“Ti amo, Louis,” dice sottovoce, dal nulla, le parole che suonano graffiate.
E una parte di Louis vuole rispondere…
Quasi quanto non vuole. È solo che…
È solo che non gli piace davvero quella frase, okay? E non solo perché è apparentemente impossibile da dire (sarà mai pronto? Probabilmente no, decisamente non ancora), ma nella sua vita, per le poche persone che ha amato (Zayn, Jo, le sue sorelle…) non ha mai usato quelle parole prima. Non le ha mai sentite usare nei suoi confronti prima.  Quelle parole non significano niente e Louis…
Perché dovrebbe dire qualcosa che non ha assolutamente nessun cazzo di valore per lui? Sì, ama Harry. Ma perché deve dirlo, se può provarlo? Sono solo parole, dopotutto.
Quindi Louis si limita a sorridere prima di baciarlo, tutto latente e dolce e totalmente non-nel-suo-stile.
Allora Harry lo approfondisce, lo approfondisce sempre.
E Louis è ancora sulle sue gambe, sapete. È ancora lì, che scivola per sistemare le sue ginocchia su entrambi i lati dei fianchi di Harry mentre regola il suo peso in maniera differente, sentendo concentrarsi ogni cosa mentre la bocca di Harry si aggancia alla sua, le mani che vagano, vagano, vagano. È tutto molto abituale – qualcosa che hanno già fatto prima.
Ma è il modo in cui Harry respira che lo tradisce. È il leggero tremore delle sue mani, l’insistenza dei suoi movimenti…
Ogni gesto è significativo. Ogni gesto ha uno scopo preciso.
Harry lo vuole. Anche Louis vuole Harry.
E dovrebbe essere così semplice.
Ma. Ma è in quell’esatto cazzo di momento che Louis improvvisamente sente la voce di Liam rimbombare nel suo cervello, un’eco acquosa.
Il suo nome è Harry Styles.
Lo sente come una scossa dentro di sé, gli fa frenare i suoi movimenti. Harry lo nota, inarcando appena un sopracciglio prima di rituffarsi nel bacio. Le sue mani scendono sui jeans di Louis, incendiate e intenzionali. Ha un profumo meraviglioso, familiare, bellissimo… Louis lo ama, ama il modo in cui sente la sua bocca morbida e aperta e… il modo in cui riesce a sentire il sapore di Harry.
Quindi chiude gli occhi, desiderando che il suo corpo dimentichi. Che si concentri sul presente. Su Harry. Il suo Harry.
Ma le parole striscianti continuano ad arrivare, rimbombare, scorrere nella sua testa, verso la sua nuca; la sua coscienza e il suo senso di colpa stanno ruggendo, creando piccoli squarci sulle sue labbra e nel suo cuore…
Non sta frequentando nessuno – a proposito, è vergine…
Lo stomaco di Louis si contrae, le parole di Liam forti. Harry lo stringe più forte.
E poi. Poi Louis sente la sua stessa voce, l’increspatura delle sue stesse parole. Brevi, irritabili, arroganti. Vuote.
Non ci credo. È vergine? Quanti anni ha? Diciassette?
Qualcosa del genere, sì. È un bravo ragazzo, il nostro Harry Styles.
Cazzo. Cazzo.
Trasalendo, Louis si tira indietro, coprendosi il viso con le mani.
“Louis?” domanda Harry, sorpreso. “Lou, cosa c’è che non va?”
Ha detto lui stesso quelle cose. L’ha fatto, ha parlato di Harry in quel modo. Ha detto quelle cose e ha riso di lui e…
E Liam. Continua a chiamare Liam. Parla con lui ogni settimana e gira attorno alla fottuta questione e sta per andare a letto con Harry, sta per prendere la sua fottuta verginità, porca puttana, e continua a parlare con Liam.
Tutto questo è ancora parte del gioco. Anche se non lo è, lo è, cazzo.
Gesù Cristo, ha la nausea.
“Louis?” insiste Harry con ansia e le sue mani sono dappertutto, cercando di staccare quelle di Louis dal suo viso. “Louis?” suona quasi terrorizzato, nel silenzio.
Louis vuole vomitare. O forse piangere. Fare qualcosa.
“No,” si sente dire, molto, molto piano. Delle macchie lampeggiano dietro le sue palpebre quanto più forte spinge le sue mani contro di esse.
“Che succede?” domanda Harry, avvicinandosi appena per sentire. “Cosa c’è che non va?”
“Io non ti merito,” biascica Louis sui suoi palmi; parte di lui spera che Harry non lo senta. Non vuole discutere su questo, non vuole attirare l’attenzione su quella che è solo una semplice affermazione. Un dato di fatto. I suoi occhi si stringono più forte mentre il suo stomaco ruggisce le sue proteste. “Mi dispiace. Mi dispiace così tanto.”
“Louis,” continua Harry, gentile e lento nel rimuovere con delicatezza le mani di Louis. Lo fissa, spostando i capelli di Louis dalla fronte con dita attente, un sorriso paziente ma preoccupato sul suo viso.
Louis può solo guardarlo, il cuore che batte all’impazzata, tutto che sembra pesante e freddo. Lo ama davvero, profondamente, ecco il punto.
Ma non può farlo. Non così. Non quando c’è un Liam che aspetta ancora una chiamata.
Eppure Louis non riesce a muoversi. Non quando Harry sta facendo scorrere delicatamente le dita sulle linee tese del suo viso, rallentando il suo respiro, distendendo i suoi muscoli. Non riesce a muoversi.
“Louis,” sussurra di nuovo, il nome totalmente intriso di adorazione. “Ti amo. Da morire.” Le dita tracciano il suo zigomo. Louis respira, dentro e fuori. “E voglio farlo. Voglio te. Lo voglio davvero, davvero tanto. Ti amo e voglio… voglio ogni cosa con te.”
Le parole sono tutto ciò che vuole sentire, tutto ciò che sente a sua volta. ma in qualche modo sono ancora taglienti e Louis sa il perché.
Sa cosa deve fare. Sa come risolvere il problema, anche se risulta solo caos e panico.
Lentamente, Harry afferra una delle sue mani, posandola delicatamente sul suo cuore. Louis può sentire il battito sotto il suo palmo, può sentire il calore del suo petto attraverso la sua maglietta.
“Hai già questo,” continua Harry a bassa voce, con entusiasmo. I suoi occhi sono spalancati e luminosi, così luminosi, proprio come quando Louis l’ha incontrato quel primo giorno in biblioteca. “Anche tutto il resto è tuo. Voglio che tu ce l’abbia. Ti amo e voglio–”
“Non posso.”
Le parole gli scappano di bocca prima che Louis possa anche solo realizzare che si siano formate nella sua testa. Sbatte le palpebre, sorpreso da se stesso, ma realizzando che non può rimangiarsele.
Harry si immobilizza. Le sopracciglia sono completamente corrucciate. “Eh?”
“Io…” Louis si interrompe, fissando Harry con un battito che è, ancora una volta, alle stelle.
Non può più scappare dai suoi cazzo di problemi. Non può continuare a comportarsi così.
Deve sistemare le cose se ha intenzione di fare questo passo. Deve fare le cose nel modo giusto, deve smetterla di prendere per il culo Harry.
Deve sistemare le cose. Sa come farlo.
“Devo andare,” farfuglia, sbattendo le palpebre più veloce di quanto respiri, e incespica mentre si alza in piedi.
“Eh? Louis, dove stai…” lo chiama Harry, il viso pallido mentre cerca di alzarsi.
E, merda. Non vuole che Harry pensi che… Cristo. Sta rovinando tutto, vero?
Louis si blocca, girando sul posto per osservare Harry che appare piccolo e terribilmente fragile, le braccia avvolte attorno al petto. Cercando di tenere insieme tutti i suoi pezzi. I suoi occhi cercano quelli di Louis, quasi imploranti, ma non tenta di avvicinarsi, non tenta di colmare le distanze o raggiungerlo. Appare piccolo e tradito e imbarazzato e…
No. Louis non può andarsene così.
È un groviglio confuso quando si muove verso di lui, stringendo le sue guance e premendo ferocemente la bocca sulla sua. E Harry si lascia baciare, allungando una mano incerta per sistemarla sul braccio di Louis, gentile e speranzosa.
Ma Louis si tira indietro prima che questo possa condurre da qualche parte.
“Tornerò. Tornerò presto,” promette con fermezza, senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi di Harry. “Ti prometto che tornerò presto. Devo solo… devo andare adesso, devo… Tornerò. Te lo prometto, Harry.”
“Ma dove stai andando?” domanda Harry, la voce rotta, e Louis sente qualcosa vacillare dentro di sé.
“Tornerò,” è tutto quel che risponde, suonando disperato e folle mentre indietreggia verso la porta, gli occhi ancora su Harry. “Ti prego… Devo solo… Tornerò, Harry. Mi dispiace tanto, ma tornerò e… andrà meglio.”
“Cosa andrà meglio? Louis, di cosa stai parlando?”
“Ti prego non chiudere la porta,” è tutto quel che dice prima di chiudersela alle spalle.
E quando i suoi piedi colpiscono l’asfalto mentre corre nella notte, i passi risuonano attraverso l’aria come crepe, spaccandosi dritte nel suo cuore.
 
**
 
Le porte dell’ascensore si aprono con un ding. Il suono è terribilmente pesante nel silenzio della notte e coglie di sorpresa Louis, facendolo sobbalzare, prima che assimili le stanze buie e vuote di fronte a sé.
Le sue scarpe strisciano sul pavimento mentre compie un passo all’interno. Le ombre sui muri sono immobili, l’arredamento è freddo e rigido. È così silenzioso da essere fragoroso.
Continua a camminare, gli occhi saldamente di fronte a sé. Il suo battito è di nuovo aumentato – se mai si è placato, insomma.
Ce la può fare, okay? Ce la può fare. Deve farlo. Non può passare un giorno di più con Harry mentre questa cazzata è in corso.
Ha intenzione di finirla. E ha intenzione di finirla in questo cazzo di istante.
La luce che passa attraverso lo spiraglio della porta di Liam guida il resto del tragitto di Louis. Sente i palmi appiccicosi e sudati, gli occhi asciutti da far schifo, ma ignora tutto questo mentre bussa, il suo respiro incastrato nel profondo del suo petto.
Calmati, Tommo. Calmati.
Non aspetta la risposta di Liam prima di aprire la porta.
Com’era prevedibile, Liam è lì, disteso sul suo letto, stringendo il telefono con una mano mentre fissa il soffitto con aria assente. La stanza odora di erba e sigarette e calzini con una sfumatura di patatine alla cipolla. Si soffoca.
Sobbalza quando vede Louis, mettendosi immediatamente a sedere.
“Tommo?”
Louis rimane lì in piedi, in silenzio, respirando. È fin troppo consapevole dei suoi muscoli mentre Liam lo fissa, gli occhi che scattano sul suo petto.
“Hai una giacca nuova,” osserva, quieto.
Louis annuisce, la testa piena d’aria. “Me l’ha regalata Harry.”
La risposta fa contrarre le labbra di Liam, qualcosa di cupo ad avvolgere i suoi lineamenti. Passa un altro momento di silenzio prima che parli di nuovo. “Che ci fai qui–”
“Ho chiuso.”
Liam lo fissa. Lentamente, scivola fuori dal letto. “Hai chiuso?” domanda con cautela ma è chiaramente confuso, perplesso addirittura. Le sue larghe sopracciglia si uniscono lentamente, i suoi movimenti prudenti.
Louis annuisce solo una volta, senza battere ciglio o distogliere lo sguardo dall’uomo che una volta desiderava così tanto. Ora, non prova niente. Disgusto, al massimo. Rancore. Forse pietà. “Ho chiuso,” ripete, lento. “Con i tuoi giochi del cazzo. Ho chiuso. Quella cosa con Harry? È fuori discussione, Liam. Lo è da molto tempo. Dall’inizio, in realtà. Ho chiuso.”
Le parole sono melodiche, costanti. Viaggiano attraverso la stanza come un ronzio e ogni cazzo di respiro dona libertà al petto di Louis, ai suoi polmoni, alla sua fottuta coscienza, e persino le sue articolazioni sembrano un po’ meno rigide.
Ce la può fare, lo sta facendo.
Andrà tutto bene.
Allora respira, dentro e fuori mentre gli occhi di Liam si scuriscono, immobili nei movimenti ma calanti nel colore. Il suo viso sembra fatto di pietra in questo momento; Louis si chiede se gli tirerà un pugno, se gli romperà qualcosa. Se lo farà in mille pezzi per poi lasciarlo sul pavimento.
Alla fine però, Liam parla.
“Pensavo… pensavo di averti dato qualche incentivo,” dice piano, le parole polverose, che lasciano cenere nell’aria tra loro. “Avresti avuto me, Louis…”
“Ormai non ti voglio più,” dice Louis, lento, agitato, triste. Senza fiato. “Voglio solo lui.”
Liam sembra fisicamente malato. “Styles?
“Sì,” annuisce Louis, chiudendo gli occhi al nome. “Styles. Harry Styles. Il mio Harry Styles.”
“Il tuo Harry Styles?” Liam solleva un sopracciglio, incredulo, il dolore sul suo volto che muta rapidamente in un ghigno. “Tuo? Cazzo, Louis, ma sei serio?”
Ma Louis ignora gli spilli nel suo respiro, focalizzandosi invece sulle parole e continua, imperterrito. “Ho chiuso, Liam. Non sono più il tuo cagnolino. Ne ho abbastanza di tutto questo, cazzo. Ne ho abbastanza di te.”
“Di me?!” ruggisce Liam all’improvviso, scettico, il viso che riguadagna il suo colore. È rosso e infuriato, qualcosa di rabbioso e terribile che colpisce la sua espressione.
Louis non fa una piega, il suo corpo inflessibile nel mantenere la sua posizione. Annuisce bruscamente, gli occhi che penetrano negli occhi.
Allora Liam si fionda in avanti, perdendo il controllo nell’avvicinarsi, i pugni stretti ai suoi fianchi. “Tu eri d’accordo, Louis!” urla, la voce frantumata in ogni sillaba. “Tu eri parte di tutta questa cazzo di storia tanto quanto me! Siamo uguali, Louis Tomlinson, uguali. Pensi di essere migliore di me? Solo perché ti sei scopato un cazzo di ragazzino dal bel visetto…”
“Chiudi quella cazzo di bocca,” ringhia Louis, i muscoli che si irrigidiscono.
Liam lo ignora completamente. “Pensi di essere cambiato? Pensi di valere finalmente qualcosa? Be’, ti sbagli di grosso. Sei come me, proprio come me. Sarai sempre come me. Siamo uguali, Louis. Siamo sbagliati e non abbiamo nient’altro in questo mondo di merda che noi stessi e tu non chiuderai mai definitivamente con me…”
A quello, Louis ride, esageratamente e istericamente e più feroce che può. Perché queste sono stronzate, queste sono… queste sono… no. Non lo farà di nuovo, non si farà influenzare da Liam. Ha chiuso con tutto questo. Per sempre.
“Ho scelto lui,” dice con calma, articolando ogni lettera mentre scuote la testa divertito, osservando dilatarsi le pupille di Liam, i suoi pugni che tremano. Sta cercando con tutte le sue forze di rimanere aggressivo, dominante, tirannico. Ma Louis conosce Liam – riesce a vedere quando comincia a incrinarsi. “Pensa quello che ti pare, amico. Ma ho scelto lui. E ho chiuso.”
Con quello, Louis comincia a indietreggiare ed è come se stesse spezzando i cavi con ogni movimento, ogni singolo groviglio nelle sue cellule improvvisamente sbrogliato.
È come aria, come ossigeno, come libertà.
È così patetico quando ci pensa – ecco, ha sempre sostenuto di essere così vivo, così diverso da tutti gli altri. Libero dal peso della società e dalle sue pretese e disposizioni. Si è sempre vantato della sua autoproclamata libertà e ha indossato il suo egoismo come una medaglia eppure, tutto questo cazzo di tempo, non è stato altro che un prigioniero. Di se stesso, di Liam Payne, del mondo che lui ha sempre lasciato vincere lasciandogli deformare ogni parte di se stesso.
Ha lasciato che il mondo forgiasse armi che Louis ha usato contro se stesso.
E ora? Ora è finita.
Ora sa cosa sia la libertà. Cosa sia davvero.
È proprio quando sta raggiungendo la porta che Liam grida, incauto e in preda al panico come un animale in trappola nei suoi ultimi istanti di vita. Fottutamente debole.
“Glielo dirò,” grida, le parole che tremano contro le finestre. “Gli dirò ogni cosa – lo sai che lo farò. Lo tormenterò, tormenterò te, farò… farò tutto quel cazzo che posso e quando saprà la verità, ti lascerà, Louis. E allora rimarrai solo…”
Qualcosa di strano, affilato e intenso riempie improvvisamente il petto di Louis quando si volta, le parole che si riversano dalla sua bocca prima che possa anche solo registrarle. “Gliel’ho già detto.”
La bocca di Liam si chiude immediatamente.
Il cuore di Louis batte forte, forte, forte, ma il suo viso non lo tradisce mai nonostante il ronzio dei suoi pensieri, il panico della sua bugia. “Ne abbiamo parlato, Liam. Ecco perché sono qui. Sa tutto. Sa tutto di te, di noi. E sa che non lo lascerò mai. Buttaci addosso tutto quel cazzo che vuoi – non mi interessa. Vincerò io. Vinco sempre io. Sono l’unica persona a non aver paura di te, Liam Payne. Non hai munizioni. È finita.”
“Non ti credo,” gracchia Liam, l’intero corpo che si sgonfia. Sembra così piccolo. Louis aveva sempre pensato che sembrasse enorme, ricco, potente. Sexy. Aveva sempre pensato che fosse forgiato in acciaio e platino.
Liam era importante. Il pensiero diffonde qualcosa di sgradevole e affilato dentro di lui. Forse è senso di colpa o sentimentalismo. O disgusto.
Ma, qualsiasi cosa sia, è abbastanza da far deglutire Louis mentre fissa l’ombra del ragazzo di fronte a sé, indugiando sulla porta.
“Mi dispiace, Liam,” si trova a gracchiare inaspettatamente, e le parole suonano tristi quando strisciano sulla lingua di Louis e fuori dalla sua bocca. “Ma è finita.”
Liam lo fissa, le mani ora mosce e pallide. Il suo orologio è largo, brillante, sembra che lo stia trascinando a terra. I suoi occhi sono stanchi e annebbiati, le ombre profonde. I suoi capelli sono spettinati. I vestiti non sono più immacolati, solo sgualciti e troppo larghi. Le sue labbra sono socchiuse sulle parole che non riesce ad esprimere mentre lo fissa, sta in piedi e lo fissa.
Passa un momento di pesante silenzio, la mano di Louis ancora ferma sulla maniglia. Liam lo sta ancora fissando.
“Addio,” dice Louis alla fine, deciso e a denti stretti, un mix di rabbia e tristezza, di senso di colpa, di indignazione e sollievo, mentre gira sui tacchi ed esce.
Liam non lo segue, non lo chiama. Lascia semplicemente che Louis se ne vada, lascia che strisci ogni passo verso l’ascensore, passando oltre la stanza silenziosa di Zayn e il soggiorno vuoto e in ombra, oltre il balcone che si affaccia sulla città, oltre il corridoio che conduce alla camera di Martha e Ray, più lontani che possono dai loro figli.
Louis cammina fino a che non raggiunge l’ascensore, premendo il pulsante freddo e immacolato.
E se ne va, lasciandosi Liam alle spalle, il suo battito finalmente sereno.
 
**
 
È sollievo accecante e irrefrenabile quello che riempie Louis quando scopre che la porta di casa degli Styles è effettivamente aperta.
È aperta. Harry non l’ha chiuso fuori, è aperta.
Grazie a Dio.
Louis espira profondamente.
La casa è silenziosa quando entra, appena illuminata dagli sporadici lampioni e dalle braci nel camino. Non vede Harry da nessun parte, però. E il pensiero strattona Louis ma è così sollevato, libero, felice in questo momento per fregargliene qualcosa.
Perché ora ha Harry. Per sempre. Non c’è più niente a trattenerlo e ora può amarlo incondizionatamente, prendersi cura di lui, stare con lui.
Non sa perché non ci abbia mai pensato prima – mentire a Liam, dirgli che Harry sapesse. È geniale, cazzo. E dato il talento di Louis nel mentire (o, il passato talento, semmai) è sorprendente, quasi scandaloso, che non gli sia mai passato per la mente prima d’ora.
Oh be’. Non importa.
Tutto quel che conta adesso sono Louis e Harry. E basta.
Incapace di tenere a bada il sorriso, Louis sale le scale, ogni passo saltellante e leggero, significativo. Ogni cosa sembra al posto giusto adesso.
Harry è suo. Louis sorride, raggiante.
Trova il ragazzo in questione nella sua stanza, avvolto nel suo piumone a fissare fuori dalla finestra, una piega triste sulla sua bocca, le dita intrecciate sul suo stomaco. Si volta quando sente Louis; è triste, gli occhi vigili, i capelli spettinati e crespi. Sono arricciati in strane direzioni e scendono in maniera irregolare e i suoi occhi sembrano disegnati e c’è un brufolo vicino alle sue labbra.
Ed è perfetto e Louis vuole venerarlo.
Vuole prenderlo tra le sue mani, nella sua bocca, nella sua anima, e vuole divorarlo e lasciarsi divorare a sua volta perché è innamorato di Harry e non è mai stato innamorato prima e ora che lo è, si appartengono.
Il pensiero rende respirare molto più semplice.
“Harry,” quasi sospira, fermandosi e limitandosi a fissarlo.
“Lou,” mormora Harry in risposta, ma è cauta, quasi una domanda. “Va tutto bene?”
Louis si concede di sorridere. “Sì,” annuisce in modo esaltato, precipitandosi immediatamente in avanti mentre si inginocchia sul letto di Harry, avvolgendo le braccia attorno al ragazzo più forte che può. “Sì,” respira tra i suoi capelli. “Va tutto bene. Benissimo, addirittura. Andrà tutto bene.”
Riesce a sentire la confusione nelle braccia di Harry mentre gli respira addosso, sentendo le sue mani poggiarsi con esitazione sulle proprie.
“Cos’è successo?” domanda, sottovoce.
Louis scuote la testa. Non c’è bisogno che Harry lo sappia. Non più. Lo ferirebbe e basta, giusto? Giusto. Quindi. Non c’è bisogno che lo sappia. Louis non vuole ferirlo e ormai non ha più importanza.
Solo un’altra minuscola bugia. Una piccola bugia innocente per l’ultima volta.
“Avevo solo bisogno di riflettere un po’,” dice lentamente, chiudendo gli occhi. “È solo, uh, è solo che mi sentivo così in colpa a stare con te. Perché non ti merito. Quindi avevo solo bisogno di… schiarirmi un po’ le idee. Prendere un po’ d’aria e pensarci su. E, Harry?”
Harry si tira indietro, sbattendo le palpebre mentre incrocia lo sguardo di Louis. Deglutisce, gli occhi che guizzano sul suo viso, la sua presa ferrea.
“Harry, io voglio solo te. Voglio che tra noi funzioni. Non mi sento più in colpa ormai, okay? Sono… sono completamente, tipo, preparato per questo adesso, okay? Nel senso, non sono bravo, tipo, con i sentimenti e cazzi vari” – Harry ride, il viso che si scalda e si apre nel più meraviglioso e delizioso sollievo – “ma sarò la versione migliore di me stesso che posso. Ed è perché tu mi fai desiderare di esserlo. E lo voglio. Voglio te. E possiamo averlo, okay? Possiamo averlo e me ne assicurerò io stesso. Non ti farò mai soffrire, Harry.” Le parole sono veloci e appassionate, sgorgando dalla bocca di Louis mentre stringe intensamente le sue mani, ma dice sul serio, okay?
Ha bisogno che Harry capisca.
“Va bene,” Harry sorride, annuendo mentre attira Louis più vicino, sempre più vicino. “Va bene,” sussurra contro le sue labbra, ed è come se l’ossigeno venga riversato direttamente nei polmoni di Louis quando Harry lo bacia.
Il mondo è buio ed è notte e il calore dei loro respiri inumidisce le loro labbra e le loro guance, e il letto cigola quando ci si sdraiano sopra, cigola quando le loro ginocchia sbattono e premono sul materasso, le mani che scivolano, vagano, scorrono sulla pelle.
“Ti amo,” soffia Harry nell’orecchio di Louis.
Louis annuisce, può solo annuire perché la sua gola è piena fino all’orlo di qualsiasi cosa, di Harry, mentre sfiora con il naso le delicate curve delle sue clavicole, venerando Harry nel modo che finalmente gli è permesso. Perdendosi. Perdendosi nelle mani di Harry e nella sua pelle e nelle scosse del suo petto e nei sospiri che crepitano dalla sua gola mentre il mondo si confonde lungo i margini e mette a fuoco solo i confini di Harry.
Louis pensa che potrebbe perdersi per sempre.
Ed è l’unica cosa che vuole.









Buongiorno! <3
Non ho idea del perché, ma mi è sparito l'header. Cercherò di farne uno nuovo a breve. <3
Come avevate già intuito dal rating, questa fanfiction è smut-free. L'autrice non descrive mai, ma sono dell'idea che sia oltremodo superfluo ai fini della storia. Voi che ne pensate? :)
Siamo quasi alla fine, mancano due capitoli, e l'ultimo è... lunghissimo. Più del doppio di tutti gli altri. La settimana prossima dovrei anche iniziare a lavorare, quindi forse potrei metterci un po' più del solito. Sorry, I love you <3
Fatemi sapere se vi sta piacendo, sì? Ho avuto un po' di problemi a tradurre alcune parti di questo capitolo, ma Sole mi ha tolto dall'inghippo. Grazie amica <3
Buon weekend! :)
All the love,

Giulia
  
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