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Autore: Crystal25396    05/11/2016    3 recensioni
Una normale giornata in una normale via di una normale città, tutto sta per essere sconvolto. E le stranezze iniziano da lì, dal numero 4 di Privet Drive, dove Teo, fin dalle prime luci dell’alba, l’aveva vista fissare immobile la casa del signori Dursley.
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Non l’aveva neanche calcolato! Riscossosi dallo stupore e prendendo quel silenzio come una sfida, salì agilmente sul muretto, avvicinandosi.
«Non ti ho mai vista da queste parti…» tentò di nuovo, non ricevendo alcuna risposta. Stizzito, le si sedette accanto, spostando lo sguardo confuso da lei alla casa dei Dursley. Cosa c’era di così interessante in quell’odiosa famiglia?
«Allora… Come mai una bella gattona come te è così interessata ai Dursley?»
Finalmente riuscì ad attirare la sua attenzione, perché la vide voltarsi verso di lui con aria sconvolta.
«G-Gattona?»
[… ]
«Mi sembra di capire che lei conosce questa famiglia, Signor Teo.»
«Capisci bene.»
«E cosa sa dirmi su di loro?»
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry, Contesto generale/vago
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La strana giornata di Teo
 

 

Ah, le passeggiate mattutine! Non c’era niente di meglio dello sgranchirsi un po’ prima di colazione. Era un toccasana e un’abitudine a cui ormai non riusciva a fare a meno. Così, come ogni mattina, all’alba era uscito di casa senza fare il minimo rumore, concedendosi la sua quotidiana passeggiata in Privet Drive.
Gli piaceva la via in cui abitava. Era tranquilla e tutti, o quasi, si facevano gli affari propri.
Lui, poi, era amato da tutti. Tutti tranne i Dursley, ovviamente. Quelli lo odiavano sul serio e lui era ben felice di ricambiare il sentimento. Quella famiglia era l’emblema della normalità. Erano estremamente noiosi. E petulanti. Da quando la signora aveva dato alla luce il suo primo figlio, poi, erano diventati ancora più insopportabili.
Durante il suoi girovagare per il quartiere, di bambini ne aveva visti parecchi, ma nessuno grosso, affamato e viziato come Dudley Dursley. Quella piccola palla di ciccia aveva poco più di un anno e già da tempo aveva imparato ad avere sotto il suo potere quei due idioti dei suoi genitori. Gli bastava scoppiare a piangere per avere tutto ciò che voleva. Non osava immaginare come sarebbe diventato fra qualche anno… Gli venivano i brividi al solo pensiero.
Ed eccola lì, la casa dell’odiosa famiglia. Il signore e la signora dovevano essersi svegliati da poco, perché si era appena accesa la luce in cucina, dove l’allampanata Petunia Dursley si era recata per preparare la colazione a quel facocero del marito.
Quasi quasi avrebbe potuto giocargli un piccolo scherzetto… Così, giusto per vendicarsi della settimana scorsa, quando la donna aveva tentato di cacciarlo buttandogli un secchio d’acqua addosso.
Stava giusto valutando l’idea di rotolarsi - per puro caso, ovviamente - fra le preziose orchidee della signora Dursley, quando qualcosa attirò la sua attenzione. C’era qualcuno davanti l’anonima abitazione al numero 4.
“Però… Carina.” pensò fra se dimenticando completamente il suo piano di vendetta e dirigendosi verso quella misteriosa figura femminile. Era seduta rigidamente sul muretto del giardino, gli occhi fissi sulla casa.
«Ciao.» disse cercando di attirare la sua attenzione. Lei si limitò a gettargli un’occhiata fugace, per poi tornare a fissare davanti a se, senza dire una sola parola.
Non l’aveva neanche calcolato! Riscossosi dallo stupore e prendendo quel silenzio come una sfida, salì agilmente sul muretto, avvicinandosi.
«Non ti ho mai vista da queste parti…» tentò di nuovo, non ricevendo alcuna risposta. Stizzito, le si sedette accanto, spostando lo sguardo confuso da lei alla casa dei Dursley. Cosa c’era di così interessante in quell’odiosa famiglia?
«Allora… Come mai una bella gattona come te è così interessata ai Dursley?»
Finalmente riuscì ad attirare la sua attenzione, perché la vide voltarsi verso di lui con aria sconvolta.
«G-Gattona?» disse osservandolo per qualche secondo, poi scosse il capo e tonò a concentrarsi sull’abitazione.
«La prego di non rivolgersi più a me in quel modo…»
«Teo. Mi chiamano Teo» disse con noncuranza. Quella tizia lo incuriosiva sempre di più. Aveva una voce ferma e severa, oltre ad un portamento elegante. Chi lo sa, magari veniva da una famiglia aristocratica, anche se non portava niente che potesse spingerlo a pensare che avesse una famiglia. Di una cosa però era sicuro: era molto più grande di lui… Ma quello era un piccolo particolare che in quel momento non gli interessava più di tanto.
«Mi sembra di capire che lei conosce questa famiglia, Signor Teo.»
«Capisci bene.»
«E cosa sa dirmi su di loro?»
«Non molto» rispose sdraiandosi a pancia in su e osservandola incuriosito, con la testa a penzoloni dal muretto. «Sono le persone più anonime e noiose che abbia mai conosciuto, interessate solo a quello che la gente possa pensare di loro. Hanno anche un figlio, un divoratore di dolci col pannolino, ma ti consiglio di starci alla larga. La prima volta che mi sono avvicinato per vederlo, mi ha tirato la coda e i suoi genitori, invece di riprenderlo, non hanno fatto altro che elogiarlo.» ricordò non riuscendo a trattenere una smorfia mista fra il dolore e il disappunto.
«Come mai tanto interessata?» domandò, ma ancora una volta non ottenne alcuna risposta.
Rimase lì con lei, in silenzio per diverso tempo, ma poi fu costretto a tornare indietro. Non voleva far preoccupare la cara vecchia Arabella e a dirla tutta, aveva anche un po’ di fame.
Durante la giornata, lanciò spesso dalla finestra un’occhiata verso il numero 4 e lei era sempre lì, immobile. Non si era mai spostata e quello strano comportamento non fece altro che insospettirlo. Nessuno parve notarla, neanche quando, poggiando di sfuggita lo sguardo su di lei, la vide intenta a studiare una mappa. Gli ci era voluto un po’ prima di realizzare che in quel punto della strada non vi era alcuna mappa e quando tornò a guardarla, lei era tornata nella stessa posizione di prima. E la mappa era sparita.
“Avrò visto male” si disse scuotendo la testa e tornando a ronfare sulla sua poltrona.
Eppure, le cose strane non erano finite. Teo non aveva mai visto un solo gufo, figuratevi la sua espressione quando si rese conto che diversi stormi non facevano altro che volare da una parte all’altra dell’Inghilterra, come impazziti. Uno entrò perfino dalla finestra. Teneva nel becco una busta e quando Arabella la prese e lesse il contenuto della lettera, la vide scoppiare a ridere. Saltellò per tutta la casa ridendo, con le lacrime agli occhi. L’aveva perfino preso in braccio all’improvviso, stritolandolo in un abbraccio, gridando «E’ finita, Teo! Se n’è andato, è finita! Siamo liberi! E’ finita!»
Non l’aveva mai vista tanto felice in vita sua. Era talmente euforica che per festeggiare a pranzo ottenne una doppia razione di pesce.
E in mezzo a tutta quella gioia, lei era ancora lì. Non una macchina, non un gufo, niente di niente era riuscito a distrarla.
Quando la sera, dopo una cena degna di nota Arabella si addormentò, Teo sgattaiolò di nuovo fuori casa. Privet Drive si stava lentamente addormentando, ma lei non dava segni di stanchezza.
«Non ti sei mai mossa…» le fece notare sedendosi accanto a lei.
«No» confermò con tono piatto.
«Oggi è stata proprio una strana giornata, sai?» disse tentando di far conversazione «Gufi ovunque, Arabella che riceve una lettera da uno di loro e si mette a saltellare e a piangere dalla gioia perché è finita non so cosa, le stelle cadenti in pieno giorno –sentito cosa hanno detto al telegiornale?- e poi tu.»
Lei lo osservò fugacemente con la coda dell’occhio.
«Tanto ho capito che non mi risponderai mai» sospirò esasperato, dirigendosi verso casa.
«Ma lascia che te lo dica… Sei il gatto più strano che io abbia mai visto
 
Teo era l’attuale gatto della signora Arabella Figg e quello, il 31 ottobre 1981, era in assoluto il giorno più strano che avesse mai vissuto. Aveva assistito alle cose è più bizzarre di questo mondo e il tutto si era concluso con l’arrivo in Privet Drive di un vecchio mago dalla lunga barba bianca e gli occhiali a mezzaluna, con una conseguente, spiacevole e imbarazzante constatazione: aveva parlato, cercato di flirtare e chiamato gattona un’anziana strega chiamata Minerva McGranitt.
 
«Meglio non raccontare in giro che ci ho provato con un Animagus…»

 
 






 
 
***
Angolo dell’autrice
Dopo secoli, ecco che ritorno a scrivere su EFP! Allora, che dite, ce l’ho fatta a fregarvi? xD
Spero davvero di essere riuscita ad ingannarvi e a farvi credere che Teo fosse un uomo, nonostante qualche piccolo indizio qua e là xD
Beh, questa cosa completamente folle è nata nel pomeriggio, mentre facevo un po’ di coccole al mio gatto, che sì, nel caso ve lo stiate chiedendo, si chiama Teo. Non so, è stata una specie di folgorazione e improvvisamente mi è venuta in mente questa folle scena in cui la McGranitt, trasformata in Animagus, entra in contatto con un altro gatto che la chiama, appunto, gattona. Non lo so, la cosa mi è sembrata talmente geniale (che modestia…) e folle (mi sto ripetendo, lo so) che sono scoppiata a ridere al solo pensiero e mi sono fiondata al pc per scriverla.
Mentre scrivevo, ho poi preso involontariamente spunto dal gatto più amato di tutti (chi non ama Romeo, er mejo der Colosseo) e questo è il risultato.
Sono stata indecisa fino all’ultimo se inserire o meno la McGranitt fra i personaggi, ma poi ho deciso che no, se dovevo fregarvi, dovevo farlo bene xD
Ringrazio tutti quelli che hanno avuto la pazza idea di addentrarsi in questa piccola OS e vi invito a lasciarmi una piccola recensione. Mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate e se avete consigli da darmi. Le critiche, positive o negative che siano, sono sempre ben accette :) ovviamente, se trovate errori, non esitate a segnalarmeli!
-Crystal-
 
P.S. Nel caso qualcuno di voi stia seguendo qualche mia storia, mi scuso infinitamente: sto avendo problemi con il pc (che spero di essere riuscita a risolvere) e non ho idea di quando potrò tornare ad aggiornare, senza contare il fatto che ho un maledetto blocco da non so quanto tempo e che sto facendo veramente fatica a superare.
   
 
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