Pezzi di carne

I.
Ha una voce sottile, mentre ti saluta per la prima volta.
È solamente un « buongiorno » appena mormorato, fiacco quanto la maniera con cui si siede sulla sedia dinnanzi alla tua ―― ti fissa e tu non sai bene se sia il caso di dire qualcosa o di lasciarti sfuggire un sorriso di circostanza. Sei nervoso e lei continua a squadrarti come se dovesse scegliere tra una carne bianca già presente e una rossa che potrebbe arrivare.
Sei diventato un pezzo di carne che cerca i denti più soffici che possano sbranarlo.
Ti guarda, ti giudica.
« Mi aspettavo, almeno, che scostassi la sedia. »
Alla fine parla.
Sorridi.
 
II.
Le sue labbra sono screpolate dal freddo invernale, mentre si scontrano con le tue.
Il bacio è leggero quanto l’aria fioca che va scontrandosi con le possenti ali d’una aquila.
Non è inesperta – non più di te – eppure ti senti in colpa, quando osi incrementare un contatto quasi inesistente.
Le tue dita bianche sfiorano il tessuto verdino che copre i suoi deboli fianchi, in un impeto – che poi tanto impeto non è – di coraggio. Eppure, trattieni il fiato.
Hai paura del rifiuto, Draco Malfoy.
Hai paura di un repentino abbandono, di una scusa borbottata prima di sfuggire.
Patetico.
Le mani gelide ti carezzano la pelle del viso.
Poteva andarti peggio.
 
III.
L’abito bianco la impallidirebbe ancor più del solito, non fosse per l’espressione vispa che la caratterizza, mentre cammina verso di te. La bocca è distesa in un piccolo sorriso e tu non puoi che ricambiarlo.
Sei ridicolo, in quest’abito elegante che ti fa sembrare una persona nobile.
Di nobile, Draco Malfoy, adesso ha solo la sposa.
La stessa sposa che anni prima lo aveva scelto – e chissà per quale motivo, una donna dal cuore buono decide di sposarsi con un uomo che ha portato la morte. Un uomo che ci è andato a braccetto, che l’ha accompagnata a mutilare innocenti.
Forse voleva salvarti, Asteria.
L’ami, la sposi.
Ti lasci salvare.